Eolico: l’intervista a Lorenzo Partesotti, imprenditore del vento

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Fanno troppo rumore. Hanno un forte impatto sulla mortalità degli uccelli. Rovinano il paesaggio. Attraggono gli interessi della criminalità organizzata. Sono queste le maggiori critiche che si sentono muovere dalla popolazione nei confronti dell’energia eolica. La crisi economica e il problema dell’approvvigionamento energetico, però, stanno riaprendo la strada alla proposta del nucleare in Italia. Proposta che comporterebbe costi elevati, sia di costruzione che di gestione, smantellamento e stoccaggio delle scorie, nonché un impatto ambientale estranei al sistema delle rinnovabili. Secondo i dati diffusi da La Nuova Ecologia, l’eolico “garantisce 25mila posti di lavoro, fornisce energia a 4 milioni di famiglie, evita l’emissione di 4,7 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, e fra 10 anni la sua produzione potrebbe triplicare”. Se da un lato, dunque, ci troviamo davanti ad una società confusa che vuole l’energia verde ma non conosce bene il sistema, dall’altro iI Governo sta già preparando il terreno per il suo progetto energetico approvando il nuovo Decreto sulle rinnovabili che mette un freno allo sviluppo delle stesse e pone davanti agli italiani la questione del ritorno al nucleare. Abbiamo affrontato la questione con Lorenzo Partesotti, esperto di energie rinnovabili ed imprenditore nel campo del mini e macro eolico.

Dott. Partesotti, in quanto imprenditore del settore, ci può spiegare qual è l’attuale situazione delle aziende che operando nell’eolico?
“Purtroppo, in Italia, le aziende che realizzano o sono proprietarie di impianti eolici sono inserite in un quadro in cui è assente una industria nazionale dell’energia del vento e ora devono fare i conti anche con il nuovo Decreto che farà crollare il settore. Questo è un comparto che, dal 2008, ha avuto anche in Italia una crescita a due cifre nonostante la crisi economica. La tecnologia hanno raggiunto un ottimo livello di affidabilità e convenienza: nonostante ciò, quando mi sono recato al salone internazionale dell’energia eolica tenutosi in Germania nel 2010, su molte centinaia imprese espositrici solo 4 o 5 erano italiane. Questo è dovuto all’arretratezza tutta italiana della politica, ma pure dell’industria e della società civile nel suo complesso, mentre tutto il mondo guarda alle potenzialità di questa fonte energetica per puntare alla fuoriuscita dal petrolio e dal nucleare”.

Oltre alle riserve del Governo in fatto di incentivi alle rinnovabili, le imprese si trovano anche doversi interporre con cittadini restii a far costruire le turbine sul loro territorio. Come va affrontato il dialogo con la popolazione?
“Quando ci sono stati dei referendum sull’eolico, le persone interrogate si sono espresse a grande maggioranza a favore di questa tecnologia. Questo risultato si è ottenuto informando le persone, facendole incontrare con esperti, portandole a visitare gli impianti. Certo ci sono zone in cui l’eolico è fatto male e si è sviluppato il malaffare, ma questo succede anche in altri settori come la sanità, per esempio. Questo non vuol dire che non deve essere realizzato, perché si tratta comunque di una tecnologia ad impatto zero sia nei costi che nelle emissioni (anche se un minimo di impatto nelle opere naturalmente c’è), ma che ci debbano essere progetti sensati e che rispettino i vincoli ambientali. Se si guarda all’estetica, invece, il bello e il brutto sono assolutamente relativi per questo le scelte tecnologiche non possono essere influenzate da questi fattori perché il paesaggio è non è un elemento fermo e immutabile ma cambia con l’evolversi della società, si vedano il caso delle autostrade e dei tralicci dell’alta tensione”.

Oltre al fattore paesaggio, le maggiori problematiche ambientali legate all’eolico sono il rumore e la mortalità dell’avifauna. Come vengono superate?
“Per quanto riguarda il rumore, la invito ad andare sotto una turbina di ultima generazione. Noterà che non si sente nulla. Secondo gli studi realizzati, misurando il rumore del vento tra gli alberi si è constatato che più forte di quello di una pala eolica. Questo perché le foglie degli alberi non sono areodinamiche, ed infatti non sono state studiate nelle galleria del vento, come che invece viene fatta per le turbine. Certo, più veloci andranno le pale, più rumore si produrrà ma a 200 mt di distanza non si sentirà comunque nulla. Per quanto concerne il problema dei volatili, la questione nacque tutta dagli eventi che si realizzarono in California negli anni ’80 in un parco che annoverava 5700 impianti. Allora si trattava delle prime turbine eoliche prodotte e, quindi, non paragonabili con quelle di oggi. Inoltre, nel caso italiano, il numero delle pale è decisamente inferiore: si attesta sulle 10/20 turbine che, in base agli studi degli ornitologi (primi nemici dell’eolico), si avrebbe una mortalità al massimo di 0,2 uccelli all’anno per turbina. Nel caso californiano la mortalità era molto più alta, non fosse altro per le migliaia di turbine per ogni impianto eolico”.

Prima del Decreto sulle rinnovabili, l’eolico ha potuto godere di diversi incentivi. Questo elemento, secondo lei, ha rischiato di attirare gli interessi della criminalità organizzata,oltre che quelli di natura puramente speculativa?
“Il mercato energetico nazionale non è libero. Gli incentivi che vengono messi a disposizione vanno a diverse fonti energetiche: si vedano quelli per lo smaltimento dei residui della raffinazione del petrolio (altamente inquinanti) fino al nucleare pagati interamente dallo Stato. Si tratta di costi esterni (le cosiddette esternalità ambientali e sanitarie) che vengono scaricate sulla popolazione. Costi che, nel caso dell’eolico, sono zero perché non inquina. Dove si guadagna sicuramente c’è il rischio di infiltrazioni mafiose ma io ho la netta impressione che, in Italia, ci sia un diffuso sistema di tangenti che tocca tutti i settori. Quindi, credo che la questione del malaffare non dipenda dagli incentivi ma dal sistema italiano”.

Carmela Mariano