Perché la banca non ti presterà mai i soldi

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Il rapporto tra le imprese e le banche non è mai stato semplice. Tanto meno semplice se si incrementa la dimensione della banca e diminuisce la dimensione delle imprese. Ma oggi, in tempi di crisi e di depressione economica, la situazione sta diventando ogni giorno più difficile. Nonostante il Governo italiano e il Ministro dell’Economia, Tremonti, si stiano spendendo molto affinché il credito alle imprese più piccole non sia ristretto, l’evidenza di ogni giorno ci suggerisce l’esatto contrario. Il punto è che la logica della banca, ed anche la sua attuale organizzazione strutturale, non la pone in condizione di erogare prestiti in modo efficiente ed avendo tutte le informazioni necessarie per compiere, con un rischio contenuto, tale delicata operazione. Quello che oggi sta prevalendo è un sistema affetto da gigantismo bancario, in cui grandi agglomerati finanziari, estremamente diversificati, giungono anche allo sportello per raccogliere il risparmio dei cittadini. E per dare prestiti alle famiglie e alle attività produttive che ne abbiano bisogno. Ma è qui che il cerchio non si chiude. Un colosso bancario come prima cosa perde progressivamente i contatti con la realtà con cui opera. Le direzioni generali si spostano in luoghi lontani, a volte neanche nella stessa nazione. Restano a presidiare le filiali onesti burocrati senza grandi poteri, ossia i direttori di filiale. La soluzione data a questo fenomeno di spersonalizzazione del credito è stata quella del computer con software, più o meno intelligenti, che provano a misurare, dall’esame delle carte e dei dati forniti dai clienti, l’affidabilità e il merito di credito degli stessi. Una vera follia, una sorta di incesto finanziario. Il merito di credito, infatti, non è per sua natura standardizzabile, come è stato dimostrato più volte da autorevoli economisti, alcuni dei quali hanno vinto anche premi Nobel (vedi Akerlof con la sua teoria del mercato dei limoni) perché è inevitabilmente oggetto ad asimmetrie informative difficilmente sanabili. Il merito di credito di un’azienda dipende da infiniti fattori, alcuni dei quali legati al tempo, allo spazio, alla psicologia e spesso semplicemente al caso. Il bilancio di un’azienda descrive una situazione storica, non descrive nulla di quello che potrà succedere né delle intenzioni dei suoi protagonisti. Se il miglior operaio si trasferisce alla concorrenza, se il miglior manager decide di andarsene all’estero, se l’imprenditore si rompe una gamba o va in depressione per un divorzio inatteso, cosa potrà mai saperne il computer? Ma sono tutti fatti che incidono sul merito di credito di un’azienda, sulla sua capacità di restituire i soldi prestatigli, di avere la redditività posta alla base del prestito stesso. Eppure l’omino al computer nella sua filiale priva di poteri tutto questo alla direzione centrale fidi non potrà comunicarlo. Gli potrà solo comunicare un form in cui sono raggruppati mille dati che, privi di un interprete e di un osservatore da vicino hanno poco senso o descrivono la realtà in forma alterata. Ed ecco perché le banche hanno deciso di chiudere i rubinetti alle piccole imprese. Guadagnano di più rifilando bidoni ai risparmiatori, vendendo derivati alla pubblica amministrazione, prendendo laute commissioni da megaoperazioni di merger&acquisitions. Eppure la banca è nata con il compito di prestare soldi. Ma per fare banca devi essere uno che conosce la comunità in cui operi, in cui sai tutto di tutti ed hai le informazioni giuste per dare i soldi a chi sai che lo merita. Ma questa realtà dai palazzi del potere bancario certamente non si può vedere.