REDDITOMETRO: ATTENZIONE ALLA RESPONSABILITA’ PENALE

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Attenzione al redditometro: oltre ai noti problemi legati alla natura “induttiva” di questo tipo di accertamento fiscale – consistente nel ricalcolo sintetico del reddito attraverso il possesso di alcuni beni (vecchio redditometro fino al 2008) o attraverso il sostenimento di alcune spese (nuovo accertamento dal 2009 in poi) – si profilano gravi problemi (forse inaspettati) di tipo penale.

Per comprendere meglio quanto detto, si ritiene opportuno evidenziare la fattispecie di reato denominata “Dichiarazione infedele “.

L’art. 4 del Dlgs n.74/2000, infatti, prevede che “Fuori dai casi previsti dagli articoli 2 e 3 (ossia il reato di dichiarazione fraudolenta) è punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relativa a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente:

a) L’imposta evasa è superiore con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro cinquantamila;

b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi fittizi, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni “.

In pratica, il superamento dei due limiti previsti dalla norma (ossia cinquantamila euro di imposta evasa e il 10% di ricavi occultati) comporta l’automatica denuncia penale.

Ciò risulta a dir poco sconvolgente e non solo perché, come già anticipato, ci si trova dinanzi ad un tipo di accertamento avente carattere presuntivo (si veda sentenza della Corte di Cassazione n.23554 del 20/12/2012, liberamente visibile su http://www.studiolegalesances.it/2013/12/10/sent-corte-cass-n-23554-del-20122012-rilevanza-penale-redditomentro/ ) ma soprattutto perché in casi analoghi il legislatore ha escluso conseguenze penali.

Si pensi, ad esempio, agli studi di settore dove la legge prevede espressamente che ” I maggiori ricavi, compensi e corrispettivi, conseguenti all’applicazione degli accertamenti di cui al comma 1, ovvero dichiarati per effetto dell’adeguamento di cui all’articolo 2 del regolamento recante disposizioni concernenti i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, non rilevano ai fini dell’obbligo della trasmissione della notizia di reato ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale ” (art. 10, comma 6, legge n.146/98).

Nel caso del redditometro, invece, l’assenza di una disposizione del genere potrebbe portare all’automatica denuncia alla Procura della Repubblica da parte dei funzionari del fisco.

Oggi più che mai, dunque, il contribuente è tenuto a valutare attentamente le spese che sostiene e le opportune giustificazioni onde evitare non solo pesanti accertamenti fiscali ma anche inaspettate responsabilità penali.

Avv. Matteo Sances

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