Piani individuali di risparmio a lungo termine (Pir) In una circolare le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate

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Arrivano i chiarimenti delle Entrate per risparmiatori e operatori del settore sui piani
individuali di risparmio a lungo termine, dopo le linee guida sul regime di non
imponibilità introdotto dalla legge di bilancio 2017 pubblicate nel mese di ottobre
scorso dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. La circolare n. 3/E di oggi, infatti,
illustra le principali caratteristiche del nuovo regime e individua le soluzioni ad alcune
criticità emerse nel confronto tra Ministero, Entrate e principali associazioni di categoria
(ABI, ANIA, Assogestioni).
Cosa sono i Pir – La legge n. 232/2016 ha introdotto nel nostro ordinamento un regime
di non imponibilità per gli investimenti operati tramite piani individuali di risparmio a
lungo termine. I redditi generati da questi prodotti finanziari non sono soggetti a
imposizione, pertanto non sono tassati come redditi di capitale e diversi di natura
finanziaria e non sono soggetti all’imposta di successione. L’obiettivo della norma è
canalizzare il risparmio delle famiglie verso investimenti produttivi di lungo termine,
favorendo in questo modo la crescita del sistema imprenditoriale italiano. Condizione
per fruire del regime è effettuare investimenti in attività finanziarie riconducibili ad
imprese italiane ed estere (radicate in Italia), rispettando determinati vincoli di
composizione, limiti di concentrazione e divieti nonché mantenere gli investimenti per
almeno 5 anni.
Il perimetro della disciplina – In generale, il nuovo regime di non imponibilità
introdotto dalla legge di bilancio 2017 riguarda le persone fisiche fiscalmente residenti
nel territorio dello Stato che conseguono redditi di natura finanziaria al di fuori
dell’esercizio di un’attività di impresa. Dal punto di vista oggettivo, invece, a essere
coinvolti sono i redditi di capitale (art. 44 del Tuir) e i redditi diversi di natura
finanziaria (art. 67, comma 1). Tra le principali caratteristiche del regime, vi è il divieto
di essere titolari di più di un Pir e il limite massimo dell’importo investito, che non può
superare complessivamente il valore di 150mila euro, con un limite annuo di 30mila
euro. Inoltre, per poter fruire del regime di non imponibilità, bisogna detenere gli
investimenti per almeno 5 anni. Per quanto riguarda gli adempimenti fiscali relativi al
Pir, questi sono svolti esclusivamente dall’intermediario presso il quale il Piano di
risparmio è costituito o traferito.
Principali nodi affrontati dalle Entrate – Nel documento di prassi, l’Agenzia affronta
molte criticità e aspetti operativi. In particolare, il chiarimento più importante riguarda
gli strumenti finanziari derivati, che sono ammessi nell’ambito del Pir solo a
determinate condizioni. Altra precisazione rilevante per gli operatori riguarda la
possibilità di utilizzare il criterio del costo medio ponderato complessivo in caso di
dismissione degli investimenti in alternativa al costo medio annuo previsto dalla
normativa specifica.
Come comportarsi in caso di cessione o rimborso prima dei 5 anni – In caso di
dismissione prima del quinquennio o di mancato rispetto delle condizioni previste dalla
Legge, i redditi percepiti sono soggetti a tassazione secondo le regole ordinarie e senza
applicazione delle sanzioni. Se l’attività viene ceduta o rimborsata, è possibile restare
nel regime agevolato previsto dal Pir se entro 90 giorni viene effettuato il
reinvestimento in altri strumenti finanziari, nel rispetto dei vincoli di investimento
previsti dal regime. In caso di mancato reinvestimento, invece, il versamento delle
imposte e degli interessi va effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a quello in
cui cade il termine ultimo per il reinvestimento.
La circolare n. 3/E di oggi è disponibile sul sito www.agenziaentrate.it, nella sezione
Normativa e prassi.

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