Sud in recessione: dal 2000 fuggite 2 milioni di persone, la metà giovani

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Il Rapporto Svimez segna per il 2020 una debole ripresa, con il Sud che crescerà intorno allo 0,2%, mentre l’Italia crescerà complessivamente dello 0,6%, il 2019 vede il Sud entrare in recessione, con un Pil stimato in calo dello 0,2%, a fronte del +0,3% del Centro-Nord (+0,2% la media nazionale).

Si allarga il divario occupazionale tra Sud e Centro-Nord, nell’ultimo decennio è aumentato dal 19,6% al 21,6%: ciò comporta che i posti di lavoro da creare per raggiungere i livelli del Centro-Nord sono circa 3 milioni.

La crescita occupazionale del primo semestre del 2019 riguarda solo il Centro-Nord (+137.000), cui si contrappone il calo nel Mezzogiorno (-27.000).

Dall’inizio del 2000 hanno lasciato il Mezzogiorno 2 milioni e 15 mila residenti, la metà sono giovani fino a 34 anni, di questi, quasi, un quinto laureati.

Nel 2018 si è raggiunto un nuovo minimo storico delle nascite, al Sud sono nati circa 157 mila bambini, 6 mila in meno del 2017, purtroppo, il contributo garantito dalle donne straniere non è più sufficiente a compensare la bassa propensione delle italiane a fare figli.

SVIMEZ invita a puntare sul Sud come piattaforma verde del Paese, la bioeconomia meridionale si può valutare tra i 50 e i 60 miliardi di euro, equivalenti a un peso tra il 15% e il 18% di quello nazionale, opportunità di rinascita economica del Mezzogiorno»,  rendere cogente la clausola del 34% degli investimenti ordinari al Sud», visto che “nel 2018 mancano nel Mezzogiorno circa 3,5 miliardi di investimenti, la clausola del 34% determinerebbe un’accelerazione della crescita del Pil meridionale dello 0,8%, riportandolo ai livelli di crescita del Centro- Nord».  

Svimez giudica utile il Reddito di cittadinanza ma sostiene che la povertà non si combatte solo con il contributo monetario: occorre ridefinire le politiche di welfare ed estendere a tutti in egual misura i diritti di cittadinanza, l’impatto del Reddito sul mercato del lavoro è nullo, in quanto la misura, invece di richiamare persone in cerca di occupazione, le allontanando dal mercato del lavoro.

L’Italia segue il profilo di crescita europeo con un’intensità sempre minore, mentre il Mezzogiorno aggancia la ripresa in ritardo e anticipa le fasi di crisi.

Nel 2018 il PIL del Mezzogiorno è di oltre 10 punti al di sotto dei livelli del 2008; mentre, al Centro-Nord mancano 2,4 punti percentuali.

Senzaun miracolo che porti ad un’inversione di tendenza, nel 2065 la popolazione in età da lavoro diminuirà del 15% nel Centro-Nord (-3,9 milioni) e del 40% nel Mezzogiorno (-5,2 milioni)», scenario insostenibile, viste le conseguenze economiche: nei prossimi cinquant’anni con i livelli attuali di occupazione, tra produttività e saldo migratorio l’Italia perderà quasi un quarto del Pil, il Sud oltre un terzo.

Le possibilità di contenere tali effetti sono legate ad un significativo incremento del tasso di occupazione, in particolare di quello femminile.

Il premier Giuseppe Conte, presente alla presentazione del rapporto, assicura che “il Piano per il Sud sarà varato entro fine anno; il riequilibrio della spesa ordinaria degli investimenti è il primo obiettivo, sanando un vulnus che ha accresciuto le disuguaglianze attuali.

Il quadro che emerge dal rapporto è che il Sud è bloccato e indietro rispetto al resto del Sistema Paese, il reddito di cittadinanza, come era prevedibile, non ha stimolato il mercato del lavoro, unito a denatalità e assenza di opportunità per i giovani (che infatti emigrano) mostra un futuro molto preoccupante per il Mezzogiorno (e per la spesa pubblica).

La burocrazia, inoltre, spinge alla fuga dalle campagne 3 giovani su 4 che si sono visti respingere il sogno di diventare agricoltori per colpa degli errori di programmazione delle Amministrazione regionali.

Alfredo Magnifico

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