Italia. Paese ricco, infelice e in lenta decadenza

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L’Italia è diventata una società stagnante; non è più un Paese con alcune imperfezioni da riformare, ma un nuovo tipo di società con cui dovremo fare i conti; l’economia non cresce, la massa accede a consumi opulenti e il numero di cittadini che non lavorano ha superato il numero di cittadini che lavorano, se non cambiamo radicalmente sistema, la stagnazione si trasformerà in declino lento e inesorabile, prima o poi i soldi finiranno.

La ricchezza accumulata dalle generazioni precedenti rende possibile il consumo opulento dei nativi a dispetto del non-lavoro dei più, la distruzione della scuola e dell’università: un formidabile generatore di disoccupazione volontaria e connesse disillusioni, l’immigrazione incontrollata, che ha favorito la formazione di un’infrastruttura para-schiavistica.

La cruda realtà:3.5 milioni di addetti, più o meno il 15% della forza lavoro occupata in segmenti strettamente legati all’economia illegale: raccolta di frutta e ortaggi in territori controllati dalla criminalità organizzata, prostituzione di strada, manovalanza dello spaccio di droga , lavoro domestico (specie  badanti); il lavoro irregolare in agricoltura, edilizia, e nel settore del trasporto e magazzinaggio; le esternalizzazioni di servizi in favore di cooperative; alcune situazioni della cosiddetta gig-economy (economia dei lavoretti), inclusi i rider, o ciclo-fattorini delle consegne a domicilio, nei casi in cui le condizioni di lavoro sono particolarmente vessatorie (contratti-capestro, gestione dei lavoratori da parte di un algoritmo).

L’economia non cresce più, i cittadini che accedono al surplus senza lavorare sono più numerosi dei cittadini che lavorano,si va riducendo il risparmio a favore del consumo, si sta utilizzando la ricchezza accumulata come una sorta di “polizza di assicurazione” contro le avversità future, l’esistenza di questa polizza permette ai figli degli strati medio-alti di prendersela con comodo negli studi e di ritardare l’ingresso nel mercato del lavoro.

Dopo un decennio di crescita zero sono verosimili due scenari: il ritorno alla crescita o il passaggio a un regine di decrescita, più o meno felice a seconda del conto in banca, i ricchi non ne risentirebbe minimamente, ma la pagherebbero cara operai e quanti si trovano negli strati bassi della piramide sociale: per loro la decrescita non è affatto felice.

La decrescita felice è l’ideologia dei “signori”, che possono permettersi di nulla cambiare mentre il paese affonda. L’effetto principale è anestetizzare i suoi beneficiari, sempre meno capaci di riconoscere le storture del consumo signorile, e soprattutto il piano inclinato su cui viaggia l’Italia.

L’Italia è ricca, ma non felice, afflitta da molte patologie psicologiche e sociali che si accompagnano al benessere italiano; dalla diffusione di comportamenti autodistruttivi (stupefacenti) e vari tipi di dipendenza, ha il record mondiale del gioco d’azzardo, con una spesa che supera quella dello Stato per il servizio sanitario nazionale.

I giovani saranno vittime e privilegiati al tempo stesso; vittime perché non hanno un lavoro, prima o poi pagheranno il debito pubblico che la politica continua ad aumentare, spesso per sostenere l’elettorato anziano, come quota 100, privilegiati perché questa è la prima generazione in cui una parte non trascurabile della gioventù può permettersi il lusso di consumare senza lavorare.

Il doppio legame di vittima e di privilegiato vale per chi non lavora, ma anche per chi lavora: il genitore occupato ha la fortuna di avere un lavoro, ma al tempo stesso è oppresso dal rapporto di obbligazione che lo lega a chi consuma senza lavorare.

Le colpe principali sono di chi ha avuto la responsabilità della deriva della società italiana; politici e tutta la classe dirigente, e non solo,l’assistenzialismo che ha spesso unito Confindustria e sindacati, la remissività d’insegnanti e docenti di fronte alla distruzione della scuola, la superficialità e il sensazionalismo del mondo dei media, a queste colpe bisogna aggiungere quelle dei genitori, che trasformandosi in sindacalisti dei propri figli hanno completato l’opera di distruzione della scuola, più in generale di noi tutti, che a questa classe dirigente abbiamo permesso di perpetuarsi.

Il caso italiano è un unicum anche se alcuni Paesi, per esempio Francia e Belgio, sembrano avviati sulla medesima strada, la situazione, per quanto compromessa, è reversibile, a patto che si abbia il coraggio d’invertire la rotta.

Anche quest’ultima manovra economica ci aiuta a consumare di più e produrre di meno facendo più debito pubblico e mettendo ulteriori ostacoli all’economia, la manovra accelera il passaggio dalla stagnazione alla decrescita, di questo passo, ci troveremo come nobili decaduti: nevroticamente impegnati a sostenere il nostro modo di vita facendo debiti, mestamente coscienti che il mondo dorato in cui siamo vissuti non tornerà più.
Alfredo Magnifico

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