Protesi, al via studio Inail-Usa sulle tecniche per la realizzazione delle invasature

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Migliorare forma, adeguatezza e comfort dell’invasatura personalizzata delle protesi di arto inferiore, per influire positivamente sulla qualità della vita delle persone che le utilizzano. È questo l’obiettivo dello studio scientifico italo-americano che ha preso ufficialmente il via in questi giorni e nell’arco del prossimo triennio coinvolgerà il Centro Protesi di Vigorso di Budrio, il Minneapolis Veterans Affairs Health Care System, struttura ospedaliera e di ricerca per i militari americani, e la Northwestern University di Chicago, a cui spettano le funzioni di coordinamento. A finanziarlo con circa due milioni e mezzo di dollari, di cui quasi 800mila destinati al Centro Inail, è un bando del Dipartimento della Difesa Usa.

Bettoni: “È un’importante apertura alle partnership internazionali”. “Per la nostra attività di ricerca – spiega il presidente dell’Inail, Franco Bettoni – questa iniziativa rappresenta un’importante apertura anche a livello internazionale dei percorsi di collaborazione con altre realtà di eccellenza avviati negli ultimi anni, che puntano allo sviluppo di dispositivi sempre più evoluti, sia per la prevenzione degli infortuni sul lavoro sia per la riabilitazione e il reinserimento socio-lavorativo degli infortunati”.

Lucibello: “Per l’Istituto è la prima ricerca finanziata dagli Stati Uniti”. Come sottolineato dal direttore generale, Giuseppe Lucibello, “è la prima volta in assoluto che il nostro Istituto partecipa a un progetto di ricerca finanziato dagli Stati Uniti. Si tratta di un importante riconoscimento per l’attività svolta dal Centro di Budrio e ci auguriamo sia anche il punto di partenza di una collaborazione stabile e strutturata, che possa dare risposte concrete ai bisogni di tante persone con disabilità”.

Un requisito fondamentale per il successo del trattamento. L’invasatura è la parte più importante di una protesi, perché andando a contenere il moncone, cioè la parte residua dell’arto amputato, costituisce l’interfaccia con la persona. Se non è adeguata può causare lesioni e dolore, portando a una minore accettazione della protesi e a una riduzione di autonomia nelle attività quotidiane. Un’invasatura personalizzata, in grado di adattarsi perfettamente alle caratteristiche del paziente, è quindi un requisito cruciale per il successo del trattamento protesico-riabilitativo.

Fatone: “Costruire più versioni aumenta stress, tempi e costi di produzione”. “Benché sia fondamentale – precisa la coordinatrice del progetto, Stefania Fatone, della Northwestern University – non esiste un unico modo per la costruzione dell’invasatura, che spesso dipende dall’abilità e dall’esperienza del tecnico ortopedico”. Ci sono infatti più opzioni per la scelta dei materiali, per la realizzazione del calco del moncone e per l’allineamento con gli altri elementi che compongono il dispositivo protesico. “Non è quindi raro – aggiunge Fatone – doverne realizzare più versioni prima di giungere a quella che più soddisfa il paziente, con un notevole stress per la persona che la deve indossare e un incremento di tempi e costi di produzione”.

Cutti: “Vogliamo colmare la lacuna presente nella letteratura scientifica”. In alternativa alle tecniche manuali tradizionali, una tecnica innovativa, denominata “idrostatica”, supporta il tecnico ortopedico nel definire i volumi e la forma dell’invasatura. Nonostante sia già abbastanza diffusa a livello internazionale, in letteratura non esiste ancora uno studio comparativo di efficacia fra tecnica manuale e tecnica idrostatica. “La nostra ricerca intende colmare questa lacuna – spiega Andrea Giovanni Cutti, responsabile di progetto per l’Inail – e verificare se il metodo di sospensione idrostatica permetta davvero di costruire invasature più confortevoli, in modo più semplice, efficiente e affidabile rispetto alla tecnica completamente manuale, rendendo l’esperienza per il paziente meno stressante e con maggiore probabilità di successo”.

Nei test coinvolti 30 pazienti in ognuno dei centri partner. A questo scopo, lo studio prevede il coinvolgimento, in ognuno dei centri partner presenti sui due lati dell’Atlantico, di 30 pazienti – 10 con amputazione transfemorale (sopra al ginocchio) e 20 con amputazione transtibiale (sotto al ginocchio) – che collaboreranno attivamente con i ricercatori, testando più invasature e individuando quella per loro più confortevole. I risultati potranno supportare la scelta della tecnica di costruzione da adottare e porteranno alla stesura di linee guida applicative, fondamentali per i pazienti e per chiunque operi in ambito tecnico-protesico.