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Vino/ Una guida alla produzione cinese 

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(Da: Aislights) Il vino in Cina non ha avuto grande importanza fino alla fine del Novecento, quando il paese ha iniziato a subire il fascino dello stile di vita occidentale. La vera svolta è arrivata nel 2001, con l’adesione al WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio. Da allora, un’ondata di importazioni non ha solo permesso agli abitanti di conoscere meglio una bevanda sino ad allora poco conosciuta, ma ha dato una grossa spinta alle iniziative dei governi locali, che in poco tempo hanno individuato 8 regioni vinicole. Con oltre 200 aziende, oggi la Cina si colloca tra i primi dieci paesi produttori del mondo.  Tra i rossi internazionali dominano Cabernet Sauvignon e Merlot. Il Cabernet Gernischt, identico al Carménère, una volta era il vitigno bandiera, ma oggi è stato sostituito dal Marselan.  I bianchi più piantati sono Petit Manseng, Riesling, Welschriesling, Viognier, Vidal e soprattutto Chardonnay, adattatosi così bene da produrre vini eccezionali, purtroppo snobbati dal mercato interno: i consumatori cinesi, infatti, guardano male i bianchi, tanto da avere causato una pesante svalutazione dei prezzi. 

Tra le regioni vinicole, Ningxia è la più conosciuta. Si trova al centro-nord: arida e protetta dalle montagne Helan, la sua irrigazione è garantita dal fiume Giallo. L’altitudine media è superiore a 1.000 metri e le uve garantiscono aromi concentrati, alti livelli di alcol e tannini saldi. Qui il governo ha introdotto dal 2013 un sistema di classificazione qualitativa ripartito in cinque livelli, da riesaminare ogni due anni. L’ispirazione a quella del 1855 di Bordeaux salta subito all’occhio.

 Lo Xinjang produce Cabernet Sauvignon e Chardonnay “ricchi di aromi fruttati e minerali”, ed è considerato dai cinesi un vero paradiso per la viticoltura, tanto da ospitare numerose cantine – boutique che puntano al turismo. Lo Shandong vanta la storia vinicola più lunga e anche se “le estati umide e piovose ne hanno frenato la crescita”, i suoi bianchi sono “puliti, freschi e fruttati, con acidità vibrante e sentori di mineralità”. Meno note le regioni di Hebei, Huailai (i Pinot Nero e Merlot più eleganti della Cina si trovano qui), Yunnan (dove si produce l’ormai famoso Ao Yun, da vigneti alti 2.600 metri), Shanxi e Gansu. E il futuro del vino cinese? Secondo Terry Xu dipende da alcune questioni, tra cui quella, annosa, della mancanza di giovani talenti enologici, per ora risolta con importazioni di professionisti dall’estero. Qualcosa però sembra stia cambiando: negli istituti d’Europa e USA è tutto un ribollire di studenti cinesi ansiosi di riportare a casa ciò che hanno imparato.

Accoglienza/ Oltre 200 pellegrini in un mese: la Via Francisca del Lucomagno riparte

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Riparte la Via Francisca del Lucomagno e con lei anche l’economia locale fatta di una rete di accoglienze che si trova lungo tutto il percorso. Merito delle progressive riaperture, ma anche dell’avvicinarsi della bella stagione, nel solo mese di maggio sono stati oltre 200 i pellegrini che si sono incamminati lungo i 135 km che uniscono il suggestivo lago Ceresio, che si trova al confine con la Svizzera, con la città di Pavia, o meglio la basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, sostando per oltre 1.000 notti nelle strutture di accoglienza. Chi a pezzi nei fine settimana, chi tutta d’un fiato seguendo le otto tappe in cui è scandita, chi addirittura centellinando i passi sfruttando il tempo libero nei pomeriggi dopo il lavoro; chi in bicicletta, chi spingendo un passeggino, chi in sedia a rotelle: tutti hanno sperimentato un turismo di prossimità, fatto di passi lenti ma costanti e di pedalate scandite dalla natura, ma sempre con l’occhio attento alle testimonianze storiche e culturali che il territorio tra Varese e Pavia custodisce.

Dopo la scorsa stagione, quando nei soli tre mesi estivi il cammino ha generato oltre 250 mila euro per le economie locali, la Via Francisca del Lucomagno si appresta quindi a vivere una nuova estate con un nuovo record di presenze. Il valore aggiunto è in almeno quattro elementi. Innanzitutto, la facilità di percorrenza: la Via è adatta a tutti e adattabile da tutti. Certificata come “accessibile” dalla associazione “Free Wheels Onlus”, che ha collaborato al tracciamento del percorso, è quasi priva di dislivelli e adatta anche alle persone con mobilità ridotta. In secondo luogo: è un cammino adatto a tutte le tasche. Muniti della credenziale del pellegrino, il documento gratuito rilasciato a chi la percorre, i camminatori hanno prezzi calmierati a loro riservati nelle attività che hanno aderito al circuito e posizionate lungo la Via. A questo si aggiunge, grazie all’accordo con Trenord, il 10% di sconto sui prezzi dei biglietti ferroviari delle tratte che interessano la Via Francisca.

Terza, la rete di accoglienza. Sono oltre 40 le strutture pronte a ricevere i pellegrini e per restituire vigore a una ripresa dopo una stagione difficilissima e fortemente penalizzante. Una rete destinata ad ampliarsi nel breve periodo perché altre strutture hanno fatta domanda di inserimento nel circuito nelle ultime settimane. Non ultimo, i valori naturalistici, storici e culturali dei territori che la Via Francisca del Lucomagno attraversa. Tra siti Unesco, pittoreschi borghi e scorci mozzafiato si passa dal Sacro Monte di Varese all’abbazia di Morimondo per approdare alla basilica di San Pietro in Ciel d’Oro sulla tomba di Sant’Agostino; dalla terra dei sette laghi si arriva ai navigli milanesi fino al Ticino, attraversando cinque parchi naturali, il parco archeologico di Castelseprio e “l’isola di Toscana in Lombardia” quale è stato definito il borgo di Castiglione Olona. Per non perdersi nemmeno un passo della Via, oltre al sito ufficiale sono disponibili due utili strumenti pensati per l’esigenza del pellegrino in viaggio: la Guida Ufficiale edita da Terre di Mezzo editore da Alberto Conte e Marco Giovannelli e l’App gratuita per smartphone, versione Android e IOS.

LINK UTILI:

www.laviafrancisca.org
Video-presentazione della Via Francisca del Lucomagno: https://www.youtube.com/watch?v=ij3Bju0kI7M&ab_channel=ViaFranciscadelLucomagno
Mail: info@laviafrancisca.org

Facebook https://www.facebook.com/laviafrancisca

Instagram: @laviafrancisca https://www.instagram.com/laviafrancisca/

YouTube: https://www.youtube.com/channel/UCnfJtQdDXyVu7WvEfoHDNsg

IEo Ipso srl

Lavoro domestico: la componente italiana è preponderante in Puglia, Molise, e in Sardegna

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Dati Inps lavoro domestico. Caratteristiche regionali.

Il lavoro domestico è una realtà diffusa in tutta Italia, con quasi 850 mila lavoratori regolari censiti dall’Inps nel periodo pre-pandemia, senza contare che, secondo le stime dell’Osservatorio DOMINA, considerando anche il sommerso si raggiungono i 2 milioni di lavoratori domestici totali.

Tuttavia la situazione è abbastanza variegata sul territorio nazionale. Il Rapporto annuale DOMINA sul lavoro domestico 2020 analizza la nazionalità dei lavoratori, evidenziando come solo in tre regioni (Puglia, Molise e Sardegna) gli Italiani superano il 50% dei lavoratori domestici. In Sardegna, addirittura, i lavoratori domestici italiani rappresentano oltre l’80% del totale. Mediamente, a livello nazionale, gli Italiani rappresentano il 29,7%. La presenza straniera è, quindi, maggioritaria a livello nazionale e in diciassette regioni su venti.

Fig 1. % lavoratori domestici ITALIANI per Regione (2019)


Lazio18,2%

Emilia -Romagna19,0%

Lombardia20,0%

Veneto25,8%

Umbria26,1%

Toscana26,9%

Liguria28,1%

Trentino A.A.28,3%

Friuli V.G.29,1%

Valle d’Aosta29,6%

ITALIA29,7%

Piemonte30,7%

Marche31,6%

Campania36,9%

Abruzzo42,6%

Sicilia43,0%

Calabria45,0%

Basilicata47,4%

Puglia51,2%

Molise56,3%

Sardegna81,0%

Elaborazioni Osservatorio DOMINA sul lavoro domestico su dati INPS

Domestici stranieri in Italia

In particolare, i lavoratori dell’Est Europa rappresentano il 40,9% a livello nazionale e superano quota 40% in ben 12 regioni. Le regioni con la maggior presenza di lavoratori dell’Est Europa sono quelle del Nord Est: in Emilia Romagna questa componente rappresenta il 59,6% del totale, e anche Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige superano il 56%. La più bassa incidenza di domestici dell’Est Europa si registra invece in Sicilia (18,4%) e Sardegna (12,6%).

Se consideriamo invece le nazionalità straniere (escluso l’Est Europa), a livello nazionale rappresentano il 29,4% dei lavoratori domestici totali. In questo gruppo troviamo, ad esempio, Filippine, Perù, Ecuador, Marocco, Tunisia. In due regioni questa componente supera il 40% dei lavoratori domestici totali: Lombardia (46,5%) e Lazio (40,2%) ed in particolare in queste regioni ad elevata presenza di colf si concentrano il 63% dei Filippini. In Liguria il 24% dei lavoratori domestici proviene dall’America Centrale.

Distribuzione di colf e badanti in Italia

Il numero di lavoratori domestici è in progressivo calo dal 2012, anno di picco massimo (oltre 1 milione) dovuto principalmente al provvedimento di regolarizzazione degli stranieri (“sanatoria”). In realtà, secondo l’associazione DOMINA il fabbisogno delle famiglie è aumentato costantemente in questi anni. Infatti, parallelamente, il tasso di irregolarità nel settore (attività di famiglie e convivenze come datori di lavoro) è passato dal 54,6% del 2012 al 57,6% del 2018 (ultimo dato disponibile).

Come riportato nel Rapporto annuale DOMINA sul lavoro domestico 2020, un terzo di tutti i lavoratori domestici si concentra in sole due regioni: Lombardia (18,3%) e Lazio (14,5%). Analizzando il dato in base al numero di abitanti, tuttavia, si evidenzia come siano addirittura cinque le regioni che hanno un numero di lavoratori domestici regolari piuttosto alto, superiore alle 18 unità ogni mille abitanti. In Sardegna si registrano ben 28,7 lavoratori domestici ogni mille abitanti, segue il Lazio con 21 lavoratori domestici e l’Umbria (20,7 ogni 1.000 ab.). Infine, Toscana e Liguria registrano rispettivamente 19,8 e 19 lavoratori ogni mille abitanti.

La distribuzione delle due tipologie di lavoratori domestici è eterogenea nel territorio; il 37% delle badanti totali si concentra in tre regioni (Lombardia, Emilia Romagna e Toscana), ma se rapportate al numero di anziani residenti, viene registrata una maggiore incidenza nelle regioni del Centro-Nord, rispetto a quelle del Sud (fatta eccezione per la sola Sardegna).

Risulta ancora più caratterizzante l’analisi delle colf, concentrate per quasi il 41% in Lombardia e nel Lazio. In particolare nel Lazio si registrano quasi 14,9 colf ogni 1.000 abitanti, quando il dato nazionale è pari a 7,3 colf. Nella provincia di Roma lavorano 81mila colf, il 18% del totale nazionale, altre 58mila si trovano a Milano (13%). In queste due province lavora il 15% di tutte le badanti: quasi 32mila a Milano e 30mila a Roma, su un totale nazionale di 407mila badanti.

Secondo Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di DOMINA, “la presenza straniera nel lavoro domestico è ormai un fenomeno radicato e stabile da molti anni. Se mediamente gli stranieri rappresentano il 70% dei lavoratori domestici totali, in alcune Regioni – Lazio, Lombardia, Emilia-Romagna – si raggiunge l’80%. Tuttavia, in alcune aree d’Italia la componente italiana è preponderante: è il caso della Puglia (51,2%), del Molise (56,3%), e della Sardegna, dove i domestici italiani sono addirittura l’81% del totale”.

Infanzia e Coronavirus, Save the Children: “bambini e adolescenti sempre più invisibili e soli” 

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Nonostante abbiano trascorso oltre un anno davanti agli schermi di tablet e pc, alle prese con la didattica a distanza e con un nuovo tipo di socialità, quasi solo virtuale, studenti e studentesse in Italia sembrano ancora impreparati e senza le necessarie competenze per affrontare il mondo digitale che si è loro aperto davanti. La chiusura e l’apertura a singhiozzo delle scuole, la mancanza di strumenti e di abitazioni idonee a seguire la didattica a distanza hanno contribuito ad aumentare la povertà educativa e la dispersione scolastica, lasciando molti bambini indietro.

La povertà minorile, in poco più di dieci anni, è aumentata di dieci punti percentuali[1] e ha raggiunto nel 2020 il suo massimo storico degli ultimi 15 anni: 1 milione e 346 mila minori (il 13,6% dei bambini e degli adolescenti in Italia), ben 209mila in più rispetto all’anno precedente, sono in condizioni di povertà assoluta. Un dato destinato a crescere con la crisi economica generata dal Covid e dovuto, in larga parte, all’aumento consistente del numero di genitori che hanno perso temporaneamente o definitivamente il lavoro, 345.000 durante l’anno trascorso[2], e la conseguente diminuzione delle loro disponibilità economiche.

Studenti che dietro a quegli schermi di tablet e pc, si sono sentiti spesso spaesati e invisibili al mondo degli adulti, non ascoltati e presi in considerazione nelle loro difficoltà e nella frustrazione di non saper immaginare un futuro. Oggi, che il Paese ha avviato la strada per l’uscita dalla crisi sanitaria ma non ancora dalla pandemia sociale che ha coinvolto anche loro in maniera pesante, i ragazzi rivendicano un ruolo centrale e fanno proposte concrete per riappropriarsi di una dimensione educativa che riparta da quanto accaduto nell’ultimo anno e ne faccia il punto di partenza per la trasformazione della loro dimensione educativa.

È per far ascoltare la loro voce che Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro – rilancia oggi la campagna Riscriviamo il Futuro, che quest’anno vede proprio bambine, bambini e adolescenti come protagonisti assoluti, attraverso un Manifesto elaborato con il contributo dei ragazzi del Movimento Giovani Sottosopra, all’interno del quale si chiede agli adulti di provare finalmente a guardarli e che tutti possono firmare sul sito di Save the Children: “Mettetevi questi occhiali, e guardateci! Siamo stati invisibili, sfocati agli occhi di chi ci ha guardato fino ad oggi. Abbiate il coraggio di aprirvi al nostro punto di vista, per vedere sia le nostre capacità che le nostre difficoltà e fragilità. Dal valore che darete loro, dipenderà il presente e il futuro di tutti noi. Indossate questi occhiali e guardate il futuro, guardate noi”. E gli occhiali rossi assurgono a simbolo della campagna di Save the Children, che chiede a tutti di indossarli per veder finalmente meglio i bisogni, le esigenze e i desideri dei ragazzi.

 “È proprio dalle bambine, dai bambini e adolescenti che abbiamo voluto partire, ascoltando le loro esigenze e amplificando la loro voce, per farli uscire dall’invisibilità in cui si sono sentiti relegati nell’ultimo anno e fare in modo che diventino protagonisti della ricostruzione del tessuto sociale del Paese. Ora è il momento di agire in maniera decisa per rilanciare il futuro dell’Italia ripartendo dalle giovani generazioni. L’ascensore sociale che fino a qualche anno fa era fermo, ora sembra addirittura avere invertito la rotta e rischiamo che i nostri ragazzi debbano abdicare al loro domani. Non possiamo permettere che questo accada e per invertire la rotta è necessario partire dal sistema educativo e dalle diseguaglianze che contribuisce a generare”, afferma Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children. “Oggi non possiamo perdere l’occasione del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza, che deve mettere al centro il diritto all’educazione di qualità per tutti, portando a sistema le migliori esperienze realizzate sul campo e che tenga conto della trasformazione digitale in atto. Nell’ultimo anno, infatti, a causa dell’isolamento che i minori hanno vissuto, chiusi in casa, senza le necessarie esperienze relazionali e un tempo-scuola tradizionale vissuto in presenza, sono emersi tutti i limiti delle loro conoscenze e competenze nel mondo digitale. Occorre pertanto agire non solo per garantire ai bambini e agli adolescenti l’accesso alle reti e agli strumenti tecnologici, ma anche e soprattutto per consentire loro l’acquisizione delle competenze digitali necessarie”.

Sono chiamati “nativi digitali”, eppure secondo quanto emerge dall’indagine pilota condotta da Save the Children, diffusa oggi, una percentuale significativa di studenti intervistati mostra evidenti lacune nella conoscenza e l’utilizzo degli strumenti tecnologici, nonostante nell’ultimo anno abbiano vissuto in una «dimensione digitale». Tanto che un quinto dei ragazzi che hanno partecipato all’inedita Rilevazione sulla povertà educativa digitale di Save the Children non è ancora in grado di eseguire semplici operazioni utilizzando gli strumenti informatici, come condividere uno schermo durante una chiamata con Zoom (11%) o scaricare un documento condiviso da un insegnante sulla piattaforma della scuola (29,3%).[3]

Si configura pertanto una nuova dimensione della povertà educativa, la povertà educativa digitale, cioè la privazione delle opportunità per apprendere, ma anche sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni, attraverso l’utilizzo responsabile, etico e creativo degli strumenti digitali. Dai risultati della ricerca, emerge infatti che circa un quinto (20,1%) dei minori che hanno partecipato all’indagine non è in grado di rispondere correttamente a più della metà delle domande proposte per valutare le competenze di base nell’utilizzo degli strumenti digitali, come  identificare una password sicura, condividere lo schermo durante una videochiamata (1 su 10), inserire un link in un testo, scaricare un file da una piattaforma della scuola (29,3%), utilizzare un browser per l’attività didattica (32,8%). Un risultato che non dovrebbe stupire se consideriamo che l’82% dichiara di non aver mai utilizzato prima della pandemia il tablet a scuola, percentuale che si assesta al 32.5% per la lavagna interattiva multimediale (LIM).

Tra gli studenti partecipanti allo studio, coloro che dichiarano di non avere a disposizione nessun tablet a casa sono il 30.4%, mentre il 14.2% afferma di non avere un personal computer. Più della metà (54%) vive in abitazioni dove ciascun membro della famiglia ha a disposizione meno di un dispositivo.

Come per le altre dimensioni della povertà educativa, dall’analisi svolta sul campione emerge che la condizione socioeconomica delle famiglie influisce sul livello di competenze alfabetiche digitali: maggiore il titolo di studio della madre o del padre, minore l’incidenza della povertà educativa legata alle competenze digitali necessarie per effettuare operazioni di base con gli strumenti tecnologici. Un dato che si spiega anche pensando che le famiglie più svantaggiate dal punto di vista socioeconomico sono anche quelle dove minore è la presenza di strumenti quali tablet e personal computer. Tuttavia la povertà educativa digitale colpisce più in generale tutti i bambini e ragazzi e non ci sono differenze socio-economiche che tengano riguardo la loro capacità di conoscere e applicare le “regole” relative alla vita nel mondo virtuale e la capacità di districarsi tra opportunità e pericoli della rete.

Dalla ricerca pilota emerge infatti che una quota consistente degli studenti che hanno partecipato allo studio non conosce le regole relative all’utilizzo della propria immagine da parte dei social, o all’età minima per avere un profilo, non è in grado di eseguire semplici passaggi per rendere il proprio profilo social accessibile soltanto agli amici, di far fronte all’uso improprio della propria immagine da parte di altri. Più della metà non conosce le implicazioni legali relative alla condivisione di contenuti offensivi sui social o non è in grado di reagire in modo corretto di fronte all’uso improprio delle immagini altrui. Infine, quasi la metà degli studenti non è in grado di riconoscere una fake news riguardante l’attualità.

“Raccogliamo continui segnali di allarme sull’allontanamento dei ragazzi dalla scuola e sui drammatici effetti dell’impoverimento delle famiglie – ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children -. Le bambine, i bambini e gli adolescenti rischiano di pagare il prezzo più alto di questa crisi che ha enormemente acuito le disuguaglianze educative e oggi blocca le loro aspirazioni per il futuro. Con il Manifesto della Campagna chiediamo con forza alle istituzioni di mettere al centro della ripresa un’educazione di qualità per tutti i bambini, con interventi concreti e immediati: dagli asili nido alla riqualificazione di scuole insicure e prive di manutenzione; dall’estensione del tempo pieno alle mense scolastiche che vogliamo gratuite per tutti i bambini in povertà, per i quali spesso la mensa assicura l’unico pasto completo della giornata”. “Vogliamo una tabella di marcia del Piano Next Generation che parta dai territori privi di servizi per l’infanzia e per le famiglie e chiediamo che i ragazzi e le ragazze – rimasti troppo a lungo invisibili durante la crisi – siano protagonisti della ripartenza, con l’apertura di spazi di partecipazione e di dialogo con le istituzioni ad ogni livello”.

 La povertà educativa digitale misurata attraverso “AbCD”

In occasione del rilancio della campagna Riscriviamo il Futuro e del nuovo rapporto di ricerca, Save the Children ha elaborato il nuovo strumento AbCD – Autovalutazione di base delle Competenze Digitali, in collaborazione con il Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media all’Innovazione e alla Tecnologia (CREMIT) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e della Prof.ssa Monica Pratesi, Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa. L’obiettivo è stato quello di misurare l’assenza, da parte dei minori, delle competenze di base per ciascuna delle quattro dimensioni della povertà educativa digitale, quali: apprendere per comprendere (afferente cioè alla conoscenza degli strumenti e delle applicazioni, le loro caratteristiche e funzionalità), apprendere per essere (relativa alla capacità di costruirsi un’identità digitale, del limite che c’è tra spazio pubblico e privato e delle conseguenze delle proprie azioni digitali nei confronti di se stessi e del proprio benessere), per vivere assieme (cioè di comprendere, accettare e rispettare la diversità delle identità, degli stili di vita, delle culture altrui nel mondo digitale e prevenire discriminazioni, intolleranza e cyberbullismo) e, infine, per vivere una vita attiva ed autonoma (legata all’accesso ad una conoscenza vasta e globale e alle opportunità di partecipazione attiva nel mondo digitale)[4].

Così come la povertà educativa è fortemente condizionata dalla povertà materiale, anche la povertà educativa digitale ne è una conseguenza diretta. I minori che provengono da famiglie svantaggiate, dal punto di vista economico e sociale, generalmente hanno maggiori probabilità di non raggiungere il livello minimo di competenze ad esempio in matematica, scienze e lettura, di non svolgere attività culturale, ricreativa, sportiva, ed essere a rischio di abbandono scolastico. Allo stesso modo, la mancanza di strumenti tecnologici, ha aggravato le difficoltà che in questi mesi i bambini e ragazzi che provengono da famiglie in condizioni di vulnerabilità, hanno dovuto affrontare durante questo periodo di “vita e socialità virtuale”. 

Circa il 10% degli studenti che hanno partecipato all’indagine pilota non è in grado di riconoscere una password di sicurezza media o elevata. L’11% invece non sa condividere uno schermo durante una chiamata con Zoom. Tale percentuale sale al 15,2% per le chiamate con Teams. Il 32,8% non è capace di inserire un link interattivo in un file di testo ed il 29,3% di scaricare un documento condiviso da un insegnante sulla piattaforma della scuola.

Il 30% dei minori che hanno una madre con nessun titolo di studio, o licenza elementare o media, non risponde correttamente alla maggior parte delle domande relative all’alfabetizzazione digitale di base. Tale percentuale scende al 13,9% per gli studenti la cui madre ha un titolo di studio superiore ed al 5,5% se la madre ha un diploma universitario. Percentuali pressoché identiche si osservano quando si prende in considerazione il titolo di studio del padre (26,1% -14,6% – 5,1%)[5].

Non si registrano differenze significative tra coloro che vivono in condizioni svantaggiate o meno per le altre aree delle competenze digitali: quasi un terzo dei minori (31,1%) che hanno partecipato all’indagine pensa che l’età minima per avere un profilo sui social, ad esempio Tik Tok o Instagram, sia inferiore ai 13 anni. Circa il 7% pensa che l’età per poter accedere ai social sia 10 anni o meno. Inoltre, il 30,3% non conosce i passaggi necessari a rendere un profilo Instagram accessibile soltanto ai propri amici e non pubblico. Il 56,8% invece non è a conoscenza delle regole relative alla cessione ai social della propria immagine ed il suo utilizzo da parte degli stessi, mentre il 46,1% non è in grado di riconoscere una fake news riguardante l’attualità.

I bambini hanno minori probabilità di rispondere correttamente alla maggior parte delle domande del questionario AbCD, rispetto alle bambine. Ad esempio, il 22% dei tredicenni che hanno partecipato all’indagine pilota non è in grado di rispondere correttamente a più delle metà delle domande relative alla conoscenza degli strumenti e delle applicazioni, le loro caratteristiche e funzionalità, contro il 17% delle ragazze. Il divario si estende a circa 8 punti percentuali per le dimensioni relative alla capacità di creare e salvaguardare la propria identità digitale e comprendere conseguenze delle proprie azioni su se stessi e il proprio benessere, nonché quella di accedere ad una conoscenza vasta e globale e alle opportunità di partecipazione attiva nel mondo digitale, arrivando a  ben 13 punti percentuali per la dimensione relativa alla comprensione e rispetto la diversità delle identità, degli stili di vita, delle culture altrui nel mondo digitale.

La povertà educativa digitale non è soltanto associata alla presenza di strumenti digitali a casa, ma anche al loro utilizzo, in termini di ore. Maggiore è il tempo dedicato all’utilizzo degli strumenti digitali per fare i compiti, migliori sono i risultati in termini di competenze relative all’alfabetizzazione digitale di base. Ad esempio, il 29% dei minori di 13 anni che hanno partecipato all’indagine, che non dedicano alcun tempo ai compiti, è in condizione di povertà educativa nella dimensione “apprendere per comprendere”, ovvero le competenze necessarie all’apprendimento su digitale, a fronte di una percentuale del 18% per i minori che vi dedicano un’ora o più al giorno. Al tempo stesso, dall’analisi dei dati, si evince che un maggior tempo dedicato anche all’attualità, può essere benefico per l’apprendimento: il 35,9% dei ragazzi che non dedicano tempo alla ricerca di notizie sull’attualità o su temi di particolare interesse hanno lacune relativamente alle competenze alfabetiche digitali, contro il 16,7% dei coetanei che vi dedicano un’ora o più al giorno.

Al contrario, invece, minore è il tempo che i tredicenni impiegano per stare sui social o giocare online, maggiore il livello di competenze riguardanti l’uso consapevole dei nuovi media in relazione all’identità digitale, le implicazioni sociali, culturali ed etiche e le conseguenze delle proprie azioni online. Il 33,3% ed il 39,7% dei minori che non sta sui social non risponde correttamente alle domande relative alle competenze digitali necessarie all’apprendimento e alla vita sui social, a fronte del 47.5% e 50.9% per coloro i quali vi dedicano un’ora o più al giorno. 

 La campagna Riscriviamo il Futuro e l’intervento programmatico di Save the Children

Sin dall’inizio della pandemia, Save the Children si è attivata immediatamente per far fronte all’emergenza. Attraverso la sua estesa rete di partner presenti nei territori più marginalizzati, in collaborazione con le scuole, già nel marzo 2020 e durante i mesi di lockdown. Il programma si è concentrato sui bisogni immediati dei bambini e delle loro famiglie, distribuendo buoni spesa, viveri, prodotti per la prima infanzia, ma anche dispositivi digitali quali tablet e connessioni per garantire continuità educativa attraverso la didattica a distanza. Inoltre, è stato dato supporto educativo, allo studio e sostegno psicosociale. A partire da questa esperienza, Save the Children ha lanciato nel maggio del 2020, la campagna “Riscriviamo il futuro”, che ha coinvolto fino ad oggi, complessivamente, circa 160 mila bambine, bambini e adolescenti, le loro famiglie e docenti in 89 quartieri deprivati di 36 città e aree metropolitane. Riscriviamo il Futuro è un programma di intervento integrato per il contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica, che vuole garantire un sostegno di medio e lungo periodo alle famiglie e ai minori maggiormente in difficoltà nelle periferie e nei quartieri più deprivati delle città, sia attraverso un sostegno di tipo materiale, sia tramite un supporto educativo in ambito scolastico ed extrascolastico.

Una risposta concreta, qualificata, gratuita e “su misura” per bambine, bambini e adolescenti tra i 9 e i 16 anni che in Italia necessitano di un sostegno immediato nell’accompagnamento allo studio, si è concretizzata inoltre attraverso la community dei Volontari per l’Educazione. Grazie al supporto della CRUI Conferenza dei Rettori delle Università italiane e la RUS – Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile, promossa dalla CRUI in collaborazione con ASVIS, Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, e di tante Università che hanno aderito all’iniziativa, Volontari per l’Educazione vuole essere una risposta concreta, qualificata, gratuita e su misura per bambini e adolescenti tra i 9 e i 16 anni che in Italia necessitano di un sostegno immediato nello studio online. Hanno aderito all’iniziativa oltre 1800 studenti universitari, grazie al coinvolgimento di 43 Università e 4 realtà ad esse legate (collegi, help desk). Save the Children rinnova oggi il proprio impegno, proponendosi entro il 2023 di raggiungere e garantire un sostegno continuativo alle famiglie con bambini più colpite dalla crisi, sia come risposta materiale ed economica immediata, che come accompagnamento di lungo periodo verso il recupero dell’autonomia, continuando ad assicurare un sostegno educativo e psicosociale sia in ambito scolastico che extrascolastico a tutti i bambini e gli adolescenti raggiunti nei primi mesi di intervento e intercettando i minori e i nuovi studenti più a rischio attraverso la propria rete di centri e scuole diffuse su tutto il territorio nazionale.

La Campagna “Riscriviamo il futuro”, riparte oggi con una prima settimana dedicata alla sensibilizzazione sui canali Rai – grazie al sostegno di Rai per il Sociale – e andrà avanti con iniziative e partnership che hanno come obiettivo quello di rendere i bambini protagonisti dei mesi che verranno. Testimonial d’eccezione, a dare voce ai ragazzi, l’ambasciatore di Save the Children Cesare Bocci, che in un video spot della campagna ha intervistato e ascoltato il loro pensiero e accolto la richiesta di essere guardati e ascoltati. Elemento fondamentale della campagna, è infatti proprio il fatto che sia stata costruita insieme ai ragazzi, ascoltandoli e rendendoli parte del processo di creazione della campagna stessa, con l’obiettivo di dare in maniera autentica il loro punto di vista e amplificare la loro voce. Tra i primi firmatari del Manifesto, oltre agli ambasciatori di Save the Children Elisa Toffoli e Cesare Bocci, ci sono Michela Andreozzi, Alessio Boni, Rossella Brescia, Gianrico Carofiglio, Roberta Capua, Claudia De Lillo, Isabella Ferrari, Francesco Montanari, Tinto, Francesca Valla che credono e sostengono fortemente questa campagna e l’Organizzazione. Accanto a Save the Children anche RDS Next, l’innovativa social radio dedicata alle generazioni millennials, A e Alpha, con un progetto editoriale di sensibilizzazione durante la settimana.

La campagna Riscriviamo il Futuro e l’intervento programmatico di Save the Children. Le attività programmatiche di “Riscriviamo il futuro” sono state realizzate grazie allo straordinario lavoro portato avanti dalle organizzazioni partner di Save the Children sui territori. Un ruolo particolare quello delle tante realtà del privato che hanno supportato l’Organizzazione contribuendo in maniera fondamentale alla realizzazione delle attività: in particolare Bolton Group, ora Fondazione Bolton Hope Onlus. Partner di Save the Children da oltre 7 anni a sostegno dei progetti contro la dispersione scolastica, anche durante questo periodo non ha fatto mancare il proprio prezioso supporto. Nella fase di immediata risposta all’emergenza, il sostegno della Fondazione ci ha permesso ad esempio di affiancare 45 scuole e 1.800 docenti nella progettazione e realizzazione della didattica a distanza. Inoltre, nell’ambito di “Riscriviamo il Futuro”, ci ha permesso di aprire 90 Spazi Futuro e ha sostenuto il progetto “Arcipelago Educativo”, intervento progettato in collaborazione con la Fondazione Agnelli e volto a mitigare, nei mesi estivi, gli effetti sull’apprendimento determinati dalla prolungata chiusura delle scuole, in zone fragili di 6 città italiane.

Un contributo importante è arrivato da Fondazione TIM che ha scelto di sostenere per tutto il corso dell’anno scolastico i nostri progetti all’interno di 19 Punti Luce presenti in tutta Italia, affiancando quasi 11.000 bambini e ragazzi nella ripresa delle attività educative. Anche BNL Gruppo BNP Paribas ha deciso di sostenere l’intervento programmatico di Save the Children, contribuendo a supportare oltre 5.300 bambini e ragazzi che hanno regolarmente frequentato alcuni Punti Luce sul territorio. Fondazione Cassa Depositi e Prestiti ha promosso insieme all’Organizzazione il progetto #youthefuture con l’obiettivo di rafforzare le competenze digitali di bambini e adolescenti nel nostro Paese, basato sul loro protagonismo e sulla loro partecipazione attiva nella società e coinvolgendo oltre 3.200 studenti in 83 scuole primarie e secondarie in 12 città italiane.

A queste realtà aziendali se ne affiancano altre, che hanno creduto e investito in questo programma e questa campagna: Accenture, Acqua di Parma,  Alpitour, Amazon, Aon, BNL Gruppo BNP Paribas, Braun (marchio Procter & Gamble), Bvlgari, Credem, Crédit Agricole, Discovery, Do Value, Etelec, Exor, Fondazione Bolton Hope Onlus, Fondazione EY Italia Onlus, Fondazione CDP, Fondazione Giovanni Agnelli, Fondazione Infinity, Fondazione Iris Ceramica Group, Fondazione Stavros Niarchos, Fondazione SNAM, Fondazione Sicilia, Fondazione Swiss RE, Fondazione TIM, l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, Juventus, Kinder, LEGO, Lucart, Mastercard e Chef Express, Mondadori, Morgan Stanley, P&G, Poste Italiane, Emilio Pucci, Terna, Tesa, Tirreno Power, Unicredit Foundation, Vodafone. A loro si aggiunge l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai che ha sostenuto il programma destinando i fondi dell’Otto per Mille.

Da ricordare inoltre l’impegno dell’artista Damien Hirst che ha donato il ricavato delle sue opere in edizione limitata ‘Fruitful’ and ‘Forever’ all’Organizzazione, a sostegno delle famiglie e dei bambini colpiti dalla pandemia, supportato in questa iniziativa da Fondazione Prada.

Per ulteriori informazioni: Tel. 06-48070023/63/81/82 –

ufficiostampa@savethechildren.org – www.savethechildren.it


Lavoro/ Ripresa incerta, occupati in più, ma tutti a termine

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Secondo gli ultimi dati Istat, rispetto a gennaio si contano 123 mila occupati in più,  si tratta, unicamente, di contratti a termine, segno dell’incertezza della ripresa economica tra aperture e chiusure e una campagna vaccinale che ha cominciato a decollare solo nelle ultime settimane,ma, il recupero di quanto perso in oltre un anno di crisi è ancora distante: rispetto a febbraio 2020, prima dello scoppio della pandemia, gli occupati restano comunque oltre 800 mila in meno e il tasso di occupazione è più basso di quasi due punti percentuali , in un anno, i disoccupati sono 870mila in più. Ad Aprile c’è stata una lieve crescita di occupati(+20mila)  dovuta ai contratti a termine (+96mila) , mentre i contratti a tempo indeterminato calano di 47mila unità, potrebbero essere anche nuovi cassintegrati oltre i tre mesi, secondo le nuove metodologie di calcolo dell’Istat, gli autonomi sono 30mila in meno in un mese, rispetto a un anno fa, i contratti stabili sono 222 mila in meno e gli autonomi 184 mila in meno , mentre i rapporti di lavoro a tempo o in somministrazione sono cresciuti di 229 mila unità in 12 mesi.

Il lieve aumento dell’occupazione, di aprile, interessa unicamente le donne (+0,3%), forse per via della ripresa del commercio, dove è concentrato il lavoro femminile, mentre tra gli uomini si registra addirittura un lieve segno meno (-0,1%) ,per i giovani gli under 35 occupati aumentano di 34 mila unità in un mese, mentre tutte le altre fasce d’età hanno il segno meno davanti, la conferma che i contratti a termine sono concentrati tra giovani e donne. I contratti a tempo,che hanno pagato lo scotto più duro poiché non protetti da casa integrazione sono quelli che di più tornano a crescere.

Ad aprile tasso di occupazione sale al 56,9% e  resta  il più basso dopo la Grecia, torna a crescere la disoccupazione, +3,4%  pari a +88mila unità rispetto a marzo, per  componenti di genere e classi d’etàsi, si intravede un po’ di positività, il tasso di disoccupazione sale al 10,7% e tra i giovani scende al 33,7%. Ad aprile diminuisce il numero di inattivi che non hanno un lavoro e non lo cercano (-1,0%, pari a -138mila unità), il tasso di inattività scende al 36,2%. Confrontando il trimestre febbraio-aprile 2021 con novembre 2020-gennaio 2021, il livello dell’occupazione è inferiore dello 0,4%, con diminuzione di 83mila unità, mentre aumentano le persone in cerca di occupazione (+4,8%, pari a +120mila) a fronte di un calo d’ inattivi (-0,6%, pari a -79mila unità).Le ripetute flessioni dell’occupazione, nel periodo della pandemia hanno determinato un calo dell’occupazione pari a -177mila unità, coinvolge soprattutto; uomini, dipendenti stabili, autonomi e i 35-49enni, il tasso di occupazione scende di 0,1%.

Alfredo Magnifico

️Coronavirus, un italiano su 4 ha completato il ciclo vaccinale

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Procede celermente la campagna vaccinale contro il coronavirus, con la buona notizia che più di una volta è stata superata la soglia di 500.000 inoculazioni al giorno, con l’ultima rilevazione che parlava di 607.000 somministrazioni.

I numeri parlano chiaro e dimostrano l’efficacia della somministrazione di qualunque vaccino.

In Italia al momento oltre 13 milioni di persone, pari al 24% della popolazione, hanno completato il ciclo vaccinale.

Lo riferisce il governo.

Un passo avanti verso l’immunità contro il virus.

Padova/ Si getta nel fiume per fuggire dopo un furto e muore annegato

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Morto per un furto di generi alimentari Tragedia a Padova. Un uomo è morto annegato nel fiume Brenta, nel quale si era tuffato cercando di scappare dalla polizia dopo un tentativo di furto presso un supermercato. Essendo stato scoperto dall’addetto alla sicurezza si è lanciato in una fuga terminata nel peggiore dei modi.
Nella fuga l’uomo ha perso lo zainetto che aveva sulle spalle: al suo interno sono stati ritrovati vari generi alimentari per un valore di circa 105 euro.
Subito sono accorsi anche i sommozzatori e un elicottero è arrivato da Venezia, ma per l’uomo non c’è stato nulla da fare.

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Pisa/ Investito mentre era in strada con lo skateboard, muore un 16enne

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Una tragedia gravissima, purtroppo con una giovane vittima.
Un ragazzo di 16 anni è morto dopo essere stato travolto da un’auto mentre attraversava la strada con il suo skateboard a Pisa.
Sul posto è intervenuto il personale del 118 ma l’adolescente è deceduto poco dopo il suo arrivo in pronto soccorso a Cisanello per le gravissime lesioni riportate nell’impatto.

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Coronavirus, con il vaccino rischio decessi ridotto del 95%

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Sono dati certamente incoraggianti ed importanti nella lotta al Covid. L’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di sanità conferma l’efficacia dei vaccini. I dati più recenti, relativi a un periodo compreso fra 105 e 112 giorni dalla prima dose del vaccino anti Covid-19, suggeriscono «una protezione protratta nel tempo».
Il rischio di decesso che scende del 95% e la riduzione del rischio di ricevere una diagnosi e di essere ricoverati in terapia intensiva, rispettivamente dell’80% e del 90%.

Cronaca nazionale/ Escursionista cade in un canalone e muore

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Una gita finita in tragedia. Stava facendo un’escursione sulle Alpi Apuane, quando è caduta per circa 300 metri in un canalone. È morta così una donna di 46 anni, originaria di Chiesina Uzzanese (Pistoia) . La tragedia sul monte Spallone.
La donna, che era in compagnia del compagno, è scivolata e caduta nel canalone per cause ancora da accertare.

Sul posto intervenuti i sanitari inviati dal 118, polizia, vigili del fuoco, soccorso alpino e anche l’elisoccorso Pegaso 3.
I traumi riportati nella caduta sono stati fatali per la donna.

foto di repertorio