L’indennità di avviamento non è dovuta in caso di:
· risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore;
· risoluzione del contratto per disdetta del conduttore;
· risoluzione del contratto per recesso del conduttore;
· risoluzione del contratto a seguito dell’apertura di procedura fallimentare del proprietario.
Inoltre, non è dovuta per gli esercizi interni a stazioni ferroviarie, aeroporti, aree di servizio stradali, alberghi e villaggi turistici. Il diritto all’avviamento può essere dubbio anche in caso di immobili complementari o interni ad altri. Per esempio un bar in un museo, in una palestra e così via. L’esecuzione dello sfratto è condizionata al pagamento dell’indennità.
Qualora il proprietario dei locali sia costretto a versare l’indennità di avviamento, ha, comunque, il diritto di dedurla dai propri redditi (art. 10, comma 1, lettera h) del Testo unico delle imposte sui redditi, Dpr 22/12/1986, n. 917.
Tuttavia, ci sono delle specifiche da fare.L’avviamento spetta ai locatari che esercitano un’attività commerciale o alberghiera. Il dibattito della giurisprudenza è nato su cosa si intenda per attività commerciale, nel senso che deve sussistere un diretto contatto con il pubblico degli utenti o dei consumatori. E’ chiaro che il negoziante che abbia come unico scopo la vendita al dettaglio di beni o servizi abbia diritto all’avviamento. Invece, il diritto all’indennità non spetta qualora l’inquilino sia un professionista, in quanto ci si rivolge all’attività professionale che quest’ultimo svolge ed alle sue capacità e non al locale in cui è ubicata la sede dell’attività stessa. Infine, sembra sicuro che, qualora l’attività artigianale o di vendita sia esercitata all’ingrosso, verso altri negozianti o verso aziende, l’avviamento non competa. Restano, tuttavia, scoperte numerose situazioni, dette di “confine”, in cui è difficile identificare se prevalga l’aspetto professionale o quello puramente commerciale e in cui l’ubicazione dei locali può avere un’importanza prevalente.
di Ilaria Cristina