E’ il tema che desta maggiore preoccupazione al momento: il proliferare di varianti al coronavirus, alcune delle quali particolarmente virulente genera attenzione da parte della comunità scientifica.
Salgono a tre quelle inglesi, compresa quella ‘ordinaria’. Una delle due ‘nuove’ è stata identificata a Bristol e classificata come “variante di preoccupazione” dal gruppo consultivo Nervtag, perché potrebbe essere in grado di interferire con l’efficacia del vaccino. L’altra, isolata a Liverpool, è stata invece designata come “variante sotto investigazione”. Entrambe presentano la preoccupante mutazione E484K che caratterizza le varianti emerse in Sudafrica e Brasile.
Identificata una seconda variante brasiliana, denominata P2, differente da quelle emerse a Manaus, in Inghilterra e Sudafrica. A queste, purtroppo, si aggiunge anche una variante italiana.
Identificata dai ricercatori dell’Università Statale di Milano, potrebbe derivare da un processo di variazione intraospite del coronavirus. L’alterazione riguarda la proteina Orf6 del lignaggio B1.1 e può avere conseguenze sull’evoluzione clinica della malattia.






