E’ guerra, in Ue, non solo alle contraffazioni, ma anche alle denominazioni ‘ingannevoli’ che possono trarre in inganno i consumatori; l’Italia è nel mirino di chi vuole avvalersi della fama delle sue eccellenze per replicarne il nome.
La decisione della Commissione Agricoltura Ue, guidata dal polacco Janusz Wojciechowski, di procedere alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Ue della domanda di registrazione della menzione tradizionale “Prošek” da parte delle autorità croate è stata un passaggio che la diplomazia italiana non ha saputo frenare per tempo, nonostante le ultime sentenze della Commissione Giustizia di Bruxelles, che ha – giustamente – difeso lo Champagne dall’abuso della catena catalana “Champanillo”. Il Prosecco ha davanti 60 giorni di fuoco per evitare che si consumi una vera e propria ingiustizia. Non sarà una battaglia semplice, perché il “Prošek” non è una volgare imitazione delle ben più note bollicine venete e friulane, ma un vino dolce con alle spalle una storia di tutto rispetto. Eppure sui mercati internazionali si andrebbe a ingenerare una confusione enorme per i consumatori, e a farne le spese sarebbe solo la bollicina italiana, un gigante da 620 milioni di bottiglie e un fatturato complessivo di 2,4 miliardi di euro, di cui il 78% dall’estero.
Unione Italiana Vini (Uiv) si schiera con il Ministero per le Politiche Agricole “per difendere il prodotto con tutte le argomentazioni giuridiche e politiche di un caso che rischia di rivelarsi un pericoloso precedente”. Sulla stessa linea la Coldiretti, Federdoc e netta anche la posizione di Cia – Agricoltori Italiani: da
Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia e il sottosegretario alle Politiche Agricole, Gian Marco Centinaio fanno anche loro sentire la voce della protesta.






