Agricoltura, Rota (FAI CISL): “regolarizzazione migranti gesto di civiltà”

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“Serve una regolarizzazione dei braccianti di origine straniera presenti sul territorio ma invisibili per lo Stato italiano, il fisco e la nostra economia. È una proposta che avevamo fatto da ben prima dell’attuale emergenza e da molto prima che lo facesse il Portogallo. Liberare queste persone dai ghetti e dai ricatti dei caporali sarebbe anzitutto un gesto di civiltà, ma anche una risposta al fabbisogno di tante imprese che operano nella legalità. Ora servirebbe anche per garantire ben più sicurezza sotto il profilo sanitario”.Lo scrive il segretario generale della Fai Cisl Onofrio Rota in un articolo pubblicato oggi su IlSussidiario.net. “Non riduciamolo a un problema di numeri”, aggiunge Rota: “Dietro i dati ci sono persone, storie, comunità. E anche tanti italiani che non si rassegnano alla logica delle baraccopoli, delle persone concepite come semplici braccia da lavoro. Anche su questo il Paese non merita l’ennesima battaglia ideologica. La vera sfida è ripartire su tutte quelle attività stagionali che stanno soffrendo, ma dobbiamo offrire a tutti, italiani e non, concrete possibilità di lavoro e di integrazione al reddito”.Il sindacalista nell’intervento torna ad affrontare anche la questione voucher. “In agricoltura serve solo a far saltare le tutele su previdenza, malattia, maternità. Con l’estensione del 2018 si parlava di 50 mila posti di lavoro, ma nessuno li ha mai visti. È uno strumento rimasto utilizzabile per studenti, disoccupati e pensionati. Volendo, varrebbe anche per lavoratori in cassa integrazione o percettori di reddito di cittadinanza. Dobbiamo chiederci se sia giusto in nome dell’emergenza sanitaria andare oltre questi limiti. La risposta è no, almeno che non si voglia precarizzare ancora di più un lavoro che, essendo per sua natura stagionale, ha sempre avuto una contrattazione garante della massima flessibilità, persino del lavoro a chiamata giornaliera. E a meno che non si voglia tornare ai tanti abusi del passato, quando il voucher produceva occasioni di lavoro nero e sfruttamento”. “Il lavoro agricolo – conclude Rota – non può essere equiparato a quello di un giardiniere che fa potature una volta l’anno in un condominio. Deve essere sostenuto con la buona contrattazione. Non è un caso, se tanti operai polacchi non vogliono rientrare in Italia ma si stanno spostando in Germania, dove per rispondere alla crisi di manodopera agricola sono state offerte migliorie contrattuali, anziché voucher”.