“Mi piacerebbe che il partito
mi candidasse alla presidenza della Regione Toscana”: la dichiarazione di
Eugenio Giani, presidente del Consiglio Regionale Toscano, sul palco di
Capalbio Libri avviene con 12 ore di anticipo dalla rinuncia alla candidatura
di Simona Bonafè alla stessa Regione: può sembrare una casualità ma è invece e
comunque occasione per rilanciare il ruolo di progresso e miglioramento che la
Toscana, in un’identità costruita in oltre 500 anni, dall’epoca di Cosimo de’
Medici, continua a far valere.
Da Carlo Lorenzini a Lorenzo
de’ Medici, da Pinocchio a Cicerone, da san Cerbone, vescovo di Populonia a san
Massimino, fino a Piombino roccaforte rossa… ogni personaggio, occasione di
dissertazione storica, diventa anche l’aggancio per spunti politici di
attualità. E così imbeccato dai suoi interlocutori, i giornalisti Fabrizio
Brancoli e Giusy Franzese, in una gremita piazza Magenta, sulla sconfitta
politica a Piombino piuttosto che sul futuro renziano di formazione di nuovi
partiti, Giani non si scompone e intreccia la provocazione alla storia narrata
nelle sue schede storiche aneddotiche dell’imponente volume appena sfornato.
“Ho parlato con Renzi ma non
credo che stia meditando di costruire un nuovo partito politico, semmai la sua
attività di senatore lo vuole impegnato ad utilizzare la sua abile capacità di
scrittura, locuzione e previsione in conferenze e nuovi testi autoriali.
Probabilmente è stato un esilio un po’ costretto ma siccome lo reputo un
cavallo di razza sono convinto anche che tra breve tornerà a cavalcare”.
Come ci dimostra la storia,
quando la sinistra si divide all’interno, viene sgretolata in poco tempo
dall’avversario: numerose sono le situazioni citate da Giani che, proprio
tornando all’attualità e interpretando i ruoli all’interno del suo Partito Democratico,
ammette: “Zingaretti ha il merito di avere attuato un processo inclusivo
facendo convivere anime completamente diverse nel partito; Renzi invece è la
risorsa che non ha Zingaretti, possedendo una vis polemica e delle idee per
poter far fuoriuscire o contrastare una situazione politica. Il mio sogno
sarebbe quello di farli convivere in modo complementare, in armonia proprio
come una squadra di calcio: un allenatore e un centravanti che si opera in
tanti dribbling”.
Aldilà di ogni cospirazione:
“Non vedo nessun Catilina a dispetto di anni fa, in politica, perché non
riscontro complotti semmai una situazione decisamente varia; posso solo dire
che Catilina cercò di sfuggire al complotto venendo proprio in Toscana a
cercare la sua terra di libertà.” La Toscana, secondo l’autore della maxiopera
iniziata nel corso di 24 anni di “servizio politico” a Palazzo Vecchio
raccogliendo ogni dettagliata documentazione in faldoni (tanto che le centinaia
di notizie, raccolte in sintesi potrebbero dar adito ad una imponente
enciclopedia), non solo ebbe un ruolo importante nel Comunismo ma anche un
ruolo essenziale nel costruire un mondo riformista attraverso dei personaggi
straordinari come i fratelli Rosselli e Piero Calamandrei, figura nel quale lo
stesso Giani si identifica: “Era un giurista con gli interessi molto vivi sul
piano civile e politico. Era un toscano che nacque a Firenze, si laureò a Pisa,
entrò in cattedra universitaria a Siena e finì i suoi giorni a Montepulciano.
Un uomo di una forte e costante resistenza, di un impegno civile orientato
verso l’impostazione riformista di sinistra e che lasciò, sulla tomba dei
Rosselli, una scritta evocativa, coraggiosa e indimenticabile che lo identificò
in un meraviglioso costruttore di Democrazia: “Giustizia e Libertà: per questo
vissero, per questo morirono”.
E, infine, sulla TAV: “le
infrastrutture fanno il territorio, la crescita e il contatto con le persone.
Ancora una volta ce lo racconta la storia, dal Medioevo ad oggi, e proprio la
Toscana: Siena e Arezzo si contesero il maggior numero di abitanti, benché
Siena fu il crocevia da Nord e Sud come capoluogo del Granducato di Toscana;
quando invece fu utilizzata nell’Ottocento la ferrovia per intersecare le terre
del Papato e del Granducato con tre valli (val Tiberina, Val di Chiana, il Val
d’Arno), fu Arezzo a diventare più popolosa. Questo è un evidente sintomo di
come le infrastrutture, autostrade comprese, sono indispensabili per far
crescere a livello nazionale e internazionale le nostre terre.