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Consumi, ecco come si fanno quadrare i conti

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Quattro famiglie su dieci costrette a riempire meno il carrello della spesa alimentare. La recessione sembra alle spalle ma le famiglie italiane fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e allora si inventano delle soluzioni per spendere meno e fare bastare il reddito disponibile, che secondo le ultime indagini dell’Istat è ancora calato rispetto a un anno fa. Dagli indicatori sui consumi emerge una situazione difficile per le vendite al dettaglio degli alimentari, con volumi in calo dell’1,8% nel 2009 rispetto al 2008. Per fare quadrare i conti, d’altronde, comprare meno cose e ridurre la spesa all’essenziale è la soluzione immediata.

Dopo i tagli di beni alimentari meno essenziali, per ridurre ancora i consumi, si passa alla spesa accorta. Così il 35% delle famiglie italiane sceglie di mettere nel carrello prodotti di qualità inferiore rispetto a quelli acquistati un anno prima. No si guarda più alla marca ma al prezzo, in particolare per quanto riguarda gli acquisti di pane, vino, carne, olio d’oliva, beni alimentari a cui non si può rinunciare ma su cui si può risparmiare acquistando marche inferiori, ma non necessariamente con prodotti di qualità più scadente. Si spiega così il successo delle promozioni della grande distribuzione e la corsa agli acquisti nei discount, punti vendita essenziali, no frill, che però possono fare risparmiare molto sulla spesa mensile.

Le ultime rilevazione trimestrali dell’Istat su reddito e risparmio delle famiglie e pubblicata oggi sono impietose. Nel quarto trimestre del 2009 il reddito disponibile delle famiglie correnti è diminuito del 2,8% rispetto allo stesso periodo del 2008 e dello 0,2% su base congiunturale, mentre la spesa delle famiglie si è ridotta dell’1,9% su base annua e dello 0,1% sul trimestre precedente. Le entrate finanziarie del nucleo familiare italiano hanno registrato nel 2009 la flessione peggiore dagli anni ‘90, da quando sono disponibili le serie storiche.

Fonte: http://www.vostrisoldi.it/articolo/consumi-ecco-come-si-fanno-quadrare-i-conti/27079/

Benzina: prezzi, rischio inflazione

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Nella giornata di ieri la benzina presso molte stazioni di rifornimento segnava prezzi al litro a 1,42 euro ed oltre, ma in alcune città del nostro Paese, come ad esempio nel Comune di Caserta, di euro per un litro di benzina ce ne volevano ieri quasi 1,46. A farlo presente è stato il Codacons che, in particolare, rileva rischi e ricadute negative e pesanti sulle tariffe e sui prezzi con un conseguente rialzo dell’inflazione in Italia se non si interviene in maniera decisa al fine di calmierare i prezzi dei carburanti.

In particolare, l’Associazione stima che la sola benzina per quest’anno rischia di apportare sull’inflazione un aumento pari allo 0,3%, con conseguenti ripercussioni sui prezzi di beni e servizi, a partire dagli alimentari e passando per l’energia. Di conseguenza, il Codacons caldeggia l’intervento del Governo attraverso un abbassamento/abbattimento della pressione fiscale con il taglio delle accise; in particolare, l’Associazione ritiene che occorra un taglio alle accise pari ad almeno 5 centesimi di euro al litro per i carburanti al fine di evitare che i rincari di benzina e diesel si vadano a trasferire sui prezzi di beni e servizi, di questo passo destinati ad aumentare e ad incidere ulteriormente sui bilanci già magri delle famiglie.

Secondo il Codacons un rimedio può arrivare solo dal Governo visto che i petrolieri non appaiono disposti al dialogo. Anzi, al riguardo ricordiamo che nei giorni scorsi è ufficialmente intervenuta l’UP, Unione Petrolifera, per rigettare le accuse dei Consumatori, a partire da quelle mosse congiuntamente dall’Adusbef e dalla Federconsumatori.

Il Governo, se volesse, ha tra l’altro ampi margini per abbattere la tassazione sui carburanti. Basti pensare che su ogni litro di benzina gravano 0,25 euro più Iva, ovverosia 0,30 euro di accise introdotte tanti anni fa ma che adesso potrebbero essere tranquillamente cancellate visto che non hanno più ragione di esistere.

Fonte: http://www.vostrisoldi.it/articolo/benzina-prezzi-rischio-inflazione/27057/

Conto corrente: costi alti e informazioni poco chiare

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Chi ha mai letto completamente ed attentamente un estratto conto bancario senza nutrire qualche dubbio sugli addebiti e sulle voci di spesa? Ebbene, di sicuro i correntisti che a fine trimestre pagano costi poco comprensibili sono tanti; tutto ciò è causa non solo di una trasparenza che spesso è scarsa, ma anche di un linguaggio tipicamente “bancario” nel definire e descrivere le voci di spesa al punto che la loro comprensione diventa ardua per chi non è un “addetto ai lavori“.

Ma oltre alla difficile comprensione dei costi addebitati dalle banche in Italia per l’utilizzo dei conti correnti, c’è da fare i conti anche con l’ammontare di questi costi, al punto che di recente anche da un rapporto della Commissione europea è emerso come i conti correnti in Italia costino di più rispetto agli altri Paesi del Vecchio Continente.

Ma una delle questioni aperte, secondo quanto tra l’altro riporta l’Associazione Codici, è quella relativa agli affidamenti ed agli scoperti in conto; l’abolizione della commissione di massimo scoperto, infatti, più che avvantaggiare i correntisti li ha ulteriormente penalizzati visto che in questi ultimi mesi c’è stata una vera e propria proliferazione di nuove commissioni applicate dalle banche sui conti correnti che non solo assomigliano alla commissione di massimo scoperto, ma addirittura sono più salate e penalizzanti.

Basti pensare che presso molti istituti di credito italiani basta avere uno scoperto temporaneo di conto corrente anche di un euro, ed anche per un solo giorno, per cui la banca fa scattare inesorabilmente e senza remore commissioni salate. E così, ma c’era da aspettarselo, il Rapporto sul costo dei conti correnti della Commissione europea ha fatto emergere come in Italia i correntisti siano restii a cambiare banca.

Come mai? Ebbene, in molti casi la risposta è data dal fatto che il correntista sul conto paga costi e commissioni poco comprensibili, ragion per cui la mancata conoscenza dell’origine delle spese induce ad aver timore a cambiare banca col rischio che costi e commissioni siano poi ancora più elevati.

Fonte: http://www.vostrisoldi.it/articolo/conto-corrente-bancario-costi-alti-e-informazioni-poco-chiare/27061/

Incentivi rottamazione trattori

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Dal prossimo 15 aprile 2010 non partono solamente gli incentivi per l’acquisto di beni durevoli da parte delle famiglie, ma anche quelli riservati alle imprese per la nautica e, tra l’altro, anche per le macchine agricole. A ricordarlo è la Coldiretti nel sottolineare, quindi, come da giovedì prossimo per le imprese agricole ci sia l’opportunità di poter rottamare il vecchio trattore comprandone uno nuovo. Per la misura l’MSE, il Ministero dello Sviluppo Economico, ha stanziato complessivamente 20 milioni di euro, fruibili fino ad esaurimento ragion per cui prima si richiede l’incentivo meno rischi ci sono che il bonus statale non possa essere concesso per mancanza di provvista.

Per rottamare il trattore occorre rivolgersi ad un rivenditore che nel frattempo, in questi giorni, si sarà opportunamente registrato attraverso un apposito numero verde già istituito, attivo e gestito da Poste Italiane. Lo sconto statale è pari al 10% del prezzo di listino praticato dal rivenditore, ma la misura, come tra l’altro sottolinea proprio la Coldiretti, prevede altresì che anche il rivenditore applichi allo stesso modo uno sconto pari ad almeno il 10%.

Quindi, l’impresa agricola può acquistare un nuovo trattore rottamando il vecchio ad un prezzo a forte sconto rispetto a quello pieno. Occorre però rispettare il vincolo della potenza, nella maniera seguente: la potenza del nuovo trattore non deve essere superiore del 50% rispetto a quello vecchio; questo significa, ad esempio, che rottamando un trattore da 100 cavalli fiscali, si può comprare un nuovo trattore con potenza non superiore ai 150 cavalli fiscali.

L’Organizzazione degli agricoltori ricorda inoltre come a fronte dell’acquisto col bonus del trattore, il beneficiario del bonus alla consegna del mezzo avrà poi quindici giorni di tempo per demolire il vecchio trattore. Ai fini del disbrigo delle pratiche, ma anche per saperne di più, la Coldiretti fa presente che sul territorio nazionale i Consorzi Agrari sono a disposizione degli imprenditori agricoli interessati.

Fonte: http://www.vostrisoldi.it/articolo/incentivi-rottamazione-trattori/27065/

Istat: famiglia e propensione al risparmio

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L’Istat ha diffuso alcuni indicatori trimestrali e relativi al quarto trimestre 2009 sulla propensione al risparmio delle famiglie e delle società non finanziarie.Per quest’ultime è il livello piu’ basso a partire dagli anni ’90.
Nel 2009 il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti e’ diminuito del 2,8% rispetto al 2008. Secondo i dati Istat, si tratta della riduzione piu’ significativa a partire dagli anni ’90, da quando sono a disposizione le serie storiche.
Nel quarto trimestre del 2009 la propensione al risparmio delle famiglie (definita dal rapporto tra il risparmio lordo delle famiglie e il loro reddito disponibile) è stata pari al 14,0 per cento, come nel trimestre precedente. La riduzione rispetto al corrispondente periodo del 2008 è stata pari a 0,7 punti percentuali.
Nel quarto trimestre 2009, infatti, il reddito disponibile delle famiglie è diminuito dello 0,2 per cento in valori correnti rispetto al trimestre precedente mentre la spesa delle famiglie per consumi finali si è ridotta dello 0,1 per cento. Nell’ultimo trimestre del 2009 il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti è diminuito del 2,8 per cento rispetto allo stesso periodo del 2008 mentre la spesa delle famiglie si è ridotta dell’1,9 per cento.
Inoltre, il potere di acquisto delle famiglie (cioè il reddito disponibile delle famiglie in termini reali) è diminuito dello 0,2 per cento rispetto al trimestre precedente e del 2,6 per cento rispetto a quello corrispondente.

Fonte: http://www.regioni.it/newsletter/newsletter.asp?newsletter_data=2010-04-08&newsletter_numero=1551#art1

Economia: verso manovra correttiva?

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L’intervento potrebbe essere dell’ordine di 4-5 miliardi. Tremonti: “Governo manterrà l’impegno alla correzione sul 2011 e smentisco le vostre voci”
L’estate potrebbe portare una “manovra correttiva”. La notizia trapela dalleagenzie di stampa: “ a quanto si e’ appreso da fonti parlamentari, è necessario reperire per le sole spese correnti almeno 4-5 miliardi di euro. Tra i fondi necessari, quelli per il rifinanziamento delle missioni all’estero per il secondo semestre 2010.
A questo scopo i tecnici del Tesoro stanno lavorando a un decreto correttivo che potrebbe essere varato a giugno. L’indiscrezione ha trovato però sorpreso il viceministro dell’Economia, Giuseppe Vegas, che contattato dal giornale on-line Affaritaliani.it commenta così: ”Mai saputo niente”. Ancora più netto il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti “Confermo l’impegno del Governo italiano, concordato con la Commissione europea per una correzione dello 0,5% nel 2011”. Cosi’ il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, smentisce le indiscrezioni su una manovra correttiva e non commenta l’ipotesi di una manovra estiva per finanziare le spese. “Il Governo italiano manterrà l’impegno alla correzione sul 2011 e smentisco le vostre voci”, ha aggiunto Tremonti parlando con i giornalisti a margine della presentazione di un libro.
Sul fronte dei conti pubblici – secondo quanto riportato sul sito del Corriere della Sera – a fine aprile dovrebbe essere presentata la Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica che aggiorna il quadro macroeconomico dell’Italia. L’ultima revisione risale al patto di stabilità presentato dal Tesoro a fine gennaio che stima per quest’anno un Pil all’1,1%, un debito al 116,9% e il deficit al 5%. Dall’anno prossimo, per effetto della nuova legge di contabilità pubblica, la Ruef (relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica) diventerà Ref (relazione sull’economia e la finanza pubblica) e conterrà sempre l’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica. Da sottolineare poi che il Dpef, già da quest’anno, non sarà più presentato entro luglio, ma entro il 15 settembre e si chiamerà “Decisione di finanza pubblica”, (Dfp). Sulla base delle previsioni tendenziali e degli obiettivi indicati nella Dfp, entro il 15 ottobre saranno poi presentati al Parlamento il disegno di legge di stabilità (la vecchia Finanziaria), e il ddl Bilancio.
Fonte: http://www.regioni.it/newsletter/newsletter.asp?newsletter_data=2010-04-08&newsletter_numero=1551#art1

Ue, l’inversione contabile va a caccia di frodi Iva

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Il meccanismo, che si discosta dalle ordinarie disposizioni, è stato introdotto modificando la direttiva Ue 2006/112
Il versamento dell’Iva dovuta da chi svolge operazioni che rientrano nella base imponibile dell’imposta, ovvero operazioni costituite da cessione di beni o prestazioni di servizi, è previsto dalla direttiva del Consiglio dell’Unione europea 2006/112/Ce. Un discorso a parte riguarda, invece, le operazioni transfrontaliere o altri settori, come quello edile o dello smaltimento dei rifiuti, ad alto rischio di frode. In questi peculiari casi la norma prevede che il versamento dell’Iva spetti al destinatario della cessione di beni o prestazione di servizi.
La necessità delle modifiche
Proprio in considerazione della rilevanza delle frodi in materia di Iva si è ritenuto opportuno autorizzare gli Stati membri ad applicare un meccanismo, seppur temporaneamente, che si discosti dalle ordinarie disposizioni Iva. Pertanto è previsto che l’obbligo di versare l’Iva spetti a chi sono trasferite le quote di emissione gas a effetto serra. Dette quote sono propriamente definite all’articolo 3 della direttiva 2008/87/CE. L’adozione di una siffatta misura, proprio in quanto specifica, non dovrebbe influire negativamente sui fondamentali principi del regime Iva. Per consentire agli Stati membri di applicare il meccanismo descritto si sono rese necessarie, quindi, specifiche modifiche alla direttiva Consiglio UE 2006/112/CE.
La direttiva 2010/23/UE
L’obiettivo della nuova direttiva è contrastare le frodi in materia di Iva con una misura temporanea in deroga alle norme vigenti nell’Unione. La nuova direttiva 2010/23/UE inserisce l’articolo 199 bis nella direttiva 2006/112/CE. Nel nuovo articolo si prevede che per un periodo che arriva fino al 30 giugno 2015 gli Stati membri possano stabilire che il soggetto tenuto al pagamento dell’Iva sia lo stesso soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate operazioni di trasferimento di quote di emissioni di gas serra e di trasferimento di altre unità. Gli Stati membri sono tenuti a informare la Commissione europea in merito al meccanismo attraverso una apposita dichiarazione che contenga, tra l’altro, i criteri di valutazione per il confronto sulle attività ritenute fraudolenti, la data di inizio e il periodo di validità della misura che attua il meccanismo. È prevista la presentazione anche di una relazione, entro il 30 giugno 2014, volta a fornire una dettagliata valutazione in merito all’efficacia e all’efficienza della misura. In particolare, ai fini della valutazione, si analizzano aspetti quali l’impatto sulle attività fraudolente inerenti le prestazioni di servizi previsti nella misura o il possibile trasferimento delle attività fraudolente di beni o servizi e infine il fattore costo per gli adeguamenti alla misura da parte dei soggetti passivi.
Andrea De Angelis
http://www.nuovofiscooggi.it/dal-mondo/articolo/unione-europea-inversione-contabile-combattere-le-frodi

Ici. Canoni e prezzo di riscatto: tutto entra nella base imponibile

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Il valore contrattuale del bene acquisito al termine del leasing è rappresentato dal totale dei corrispettivi
Ai fini della determinazione della base imponibile Ici, il valore del bene acquistato in leasing è da intendersi costituito non soltanto dal prezzo di riscatto ma anche dai canoni, nella parte in cui ne rappresentano un anticipato pagamento rateale. Così si è espressa la Cassazione, con la sentenza n. 7332 del 26 marzo.
La vicenda
Una Spa contestava dinanzi alla competente Ctp l’erronea determinazione dell’Ici fatta dal Comune, in relazione a un immobile industriale acquistato in leasing.
La Commissione respingeva il ricorso sulla base della considerazione che la base imponibile andava calcolata non soltanto sulla base del prezzo di riscatto, ma anche delle quote di prezzo contenute nei canoni della locazione finanziaria. Alle medesime conclusioni perveniva la Commissione tributaria regionale.
La sentenza della Corte
La Cassazione, che ha, come detto, rigettato il ricorso della società, ha così argomentato.
La fattispecie, dal punto di vista civilistico, era riconducibile all’ipotesi di leasing traslativo, che si distingue dal leasing di mero godimento principalmente per la circostanza che esso ha ad oggetto dei beni che alla scadenza del rapporto contrattuale conservano un residuo valore di utilizzo, superiore all’importo convenuto tra le parti ai fini dell’esercizio dell’opzione di acquisto; tale maggior valore è tenuto in considerazione e scontato tramite i canoni periodici, pattuiti tra le parti, che contengono anche una quota di prezzo.
Viceversa, il leasing di godimento riguarda abitualmente beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuo alla scadenza del rapporto contrattuale; pertanto, i canoni corrisposti si configurano alla stregua di corrispettivo per l’utilizzo dei beni stessi.
Inoltre, come già affermato dalla stessa Suprema corte (sentenza 25125/2006), l’opzione finale di acquisto non dà luogo alla conclusione di una fattispecie contrattuale distinta e autonoma, ma integra un accordo traslativo il cui fondamento causale è da ricercare nel contratto di leasing a monte.
Pertanto, il valore contrattuale del bene riscattato al termine dell’operazione è rappresentato dal totale dei corrispettivi, costituiti non soltanto dal prezzo di riscatto, ma anche da tutte le somme corrisposte in vigenza del rapporto di leasing a titolo di canone o di maxicanone, le quali rappresentano un anticipato pagamento rateale.
Marcello Maiorino

Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/ici-canoni-e-prezzo-di-riscatto-tutto-entra-nella-base-imponibile

Giudice delle tasse e contabile. Non si può, la prima carica decade

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La norma dispone l’incompatibilità con l’esercizio della funzione di qualsiasi forma di consulenza tributaria
Non può essere giudice tributario chi esercita, in qualsiasi forma, la consulenza fiscale ovvero l’assistenza o la rappresentanza dei contribuenti nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria. Il Consiglio di Stato, con la decisione n. 1740 del 24 marzo, ha ribadito il principio precisando che anche la tenuta e la custodia di scritture contabili, nonché la predisposizione della dichiarazione dei redditi è un’attività incompatibile con le funzioni svolte dai componenti delle commissioni tributarie.

Le fasi del processo
La questione concerne la decadenza da componente di commissione tributaria per incompatibilità, disposta nei confronti di un giudice tributario con delibera del Consiglio di presidenza della Giustizia tributaria, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera i), del Dlgs 545/1992 nella versione in vigore dal 1° gennaio 1998. Nel caso in esame, l’interessato riteneva di non versare in una situazione di incompatibilità, nonostante risultasse depositario di scritture contabili per un lungo arco temporale, senza soluzione di continuità (circostanza accertata dal dipartimento delle Entrate dell’ex ministero delle Finanze).
Le determinazioni del Consiglio di presidenza sono state, dunque, opposte dal professionista innanzi al Tar della Lombardia, ritenendo che nel provvedimento decadenziale ricorreva sia la violazione di legge sia l’eccesso di potere, per mancanza dei presupposti della decadenza.

Il giudice amministrativo ha accolto il ricorso con le seguenti considerazioni:
ai fini della decadenza dalla funzione di giudice tributario per incompatibilità occorre verificare che le attività svolte siano “qualitativamente” idonee a compromettere la posizione del giudice in termini di terzietà
la decadenza deve essere preceduta da una preliminare diffida formale con assegnazione all’interessato di un termine entro il quale fare cessare la situazione di incompatibilità, mentre nella specie nessun atto preventivo risulta notificato al ricorrente.

La sentenza di primo grado arriva in appello con ricorso congiunto del ministero dell’Economia e delle Finanze e del Consiglio di presidenza della Giustizia tributaria, con il quale deducono innanzitutto, in via generale, relativamente ai punti salienti dell’attività professionale di consulente tributario, che la redazione delle dichiarazioni dei redditi e la tenuta delle scritture contabili, ancorché limitata, non può essere considerata attività meramente esecutiva ma deve ritenersi principale della professione esercitata. Aggiungono, inoltre, che tenere le scritture contabili non significa compiere una “mera conservazione materiale” delle stesse, ma comporta l’effettuazione costante e continua di tutti gli adempimenti connessi alle medesime, tenuto conto, in particolare, della complessa materia fiscale. In tale contesto, quindi, anche lo svolgimento di qualsiasi forma di attività di consulenza, ancorché in misura minima, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, assume rilevanza determinante ai fini della dichiarazione di incompatibilità, così come confermato dall’ulteriore riformulazione dell’articolo 8, comma 1, lettera i), del Dlgs. 545/1992 a opera della legge 342/2000.

La sentenza
Il Consiglio di Stato ritiene fondato il ricorso in appello, osservando che lo svolgimento per lungo tempo dell’attività di depositario delle scritture contabili e di compilazione delle dichiarazioni dei redditi per conto dei propri clienti connota un’attività tipica svolta professionalmente (articolo 53, comma 1, Dpr 917/1986 e articolo 5, comma 1, Dpr 633/1972). Il collegio pone quindi un punto fermo nella vicenda, escludendo che il professionista in questione possa avere svolto prestazioni occasionali (articolo 5, comma 2, Dpr 633/1972).
Chiarito questo primo aspetto, il Consiglio di Stato passa ad analizzare il fronte normativo, richiamando la disciplina contenuta nell’articolo 8, comma 1, lettera i), del Dlgs 545/1992 nel testo in vigore dal 1° gennaio 1998. Tale norma prevede che non possono essere componenti delle Commissioni tributarie, finché permangano in attività di servizio o nell’esercizio delle rispettive funzioni o attività professionali “coloro che esercitano in qualsiasi forma la consulenza tributaria ovvero l’assistenza o la rappresentanza dei contribuenti nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria o nelle controversie di carattere tributario”.

Va sottolineato che sia il testo originario dell’articolo 8 sia quello novellato dalla legge 449/1997 sono stati uniformemente interpretati da consolidata giurisprudenza amministrativa (cfr Consiglio di Stato, sentenze nn. 6519/2009, 2425/2009, 1478/2009, 3951/2006 e 2712/2001), la quale ha formulato sulla tematica i seguenti principi di diritto, che vengono confermati dalla sentenza 1740/2010:
attesa l’estrema latitudine della norma, qualsiasi forma di consulenza tributaria è incompatibile con la carica di giudice tributario, senza che sia necessario verificare in concreto se il suo contenuto qualitativo o la continuità nello svolgimento compromettano il requisito della terzietà e dell’indipendenza del giudice, essendo tale verifica puntuale connaturata ai soli istituti della ricusazione e dell’astensione del giudice
nell’ordinamento della professione di dottore commercialista e/o di ragioniere non si registrano solo attività professionali che si estrinsecano in consulenza fiscale, e pertanto non vi è alcuna confliggenza fra la norma sancita dall’articolo 4, lettera h), Dlgs 545/1992 (che consente la nomina dei dottori commercialisti quali giudici tributari) e quella di cui all’articolo 8, lettera i) (che impone la decadenza dei professionisti che svolgono attività di consulenza in qualsiasi forma).

In ultima analisi, quindi, la tenuta delle scritture contabili e la predisposizione delle dichiarazioni dei redditi da parte dei commercialisti costituisce attività incompatibile con l’esercizio dell’incarico di giudice tributario, non potendosi distinguere, nell’ambito delle consulenze erogabili dagli iscritti all’albo, fra interventi meramente esecutivi e prestazioni intellettuali creative.

Per completezza, si segnala che, anche dopo l’ulteriore ritocco apportato alla norma dalla legge 342/2000 e in vigore dal 1° ottobre 2001, la tenuta di scritture contabili è stata apprezzata come attività di consulenza tributaria e, quindi, specularmene, come incompatibile se esercitata da un componente della Commissione tributaria. Va infatti precisato che la disposizione in questione non si è limitata a introdurre il riferimento temporale (ottobre 2001), ma ha anche specificato la riferibilità della condizione di incompatibilità ai casi di attività sporadica e occasionale, prima assente dal testo normativo. Una modificazione legislativa particolarmente rigorosa che, ricomprendendo le attività esercitate occasionalmente o in modo accessorio ad altra prestazione, in un certo senso amplia la portata della nozione di incompatibilità. Ciò non vuol dire che nella formulazione precedente non sussistesse incompatibilità tra incarico giudiziario e attività di consulenza.
In effetti, il legislatore, nell’aggiungere alla precedente formulazione dell’articolo 8, lettera i), la locuzione “anche se in modo saltuario o accessorio ad altra prestazione”, ha semplicemente meglio delimitato il campo d’azione della nozione, mediante disposizione avente carattere interpretativo.

Comunque, anche nella sentenza 1740/2010 il Consiglio di Stato rimarca l’assunto che già la precedente formulazione della norma, che riteneva incompatibili con la funzione di giudice tributario “coloro che esercitano in qualsiasi forma la consulenza tributaria….”, doveva intendersi riferita a tutte le possibilità di esercizio, in forma scritta o orale, con o senza iscrizione ad albi, in forma individuale o associata, dell’attività di consulenza.

Conclusioni
Il Consiglio di Stato, adattando alla fattispecie sottoposta al suo esame i canoni interpretativi valorizzati in materia, non ha potuto che constatare “l’infondatezza di tutte le censure articolate nel ricorso di primo grado”, poiché confliggenti con le diverse impostazioni emerse in sede di appello.

Anche la Corte di cassazione (sentenza 17936/2004) ha indirettamente avallato l’indirizzo del Consiglio di Stato, laddove ha affermato, in tema di incompatibilità dei componenti delle commissioni tributarie, che l’articolo 8 del Dlgs 545/1992, non contempla tra le cause di incompatibilità lo svolgimento della professione di avvocato, salvo per coloro che “in qualsiasi forma, anche se in modo saltuario o accessorio ad altra prestazione, esercitano la consulenza tributaria, ovvero l’assistenza o la rappresentanza di contribuenti nei rapporti con l’amministrazione finanziaria o nelle controversie di carattere tributario”.

Con la sentenza 2540/2004, il Tar del Lazio poi ha ritenuto che anche lo svolgimento di attività professionale quale contitolare di uno studio commercialista o la partecipazione del professionista a un’associazione professionale all’interno della quale un altro associato svolge l’attività di consulenza tributaria è incompatibile con lo status di giudice di Commissione tributaria. In effetti, la contitolarità è di per sé sintomo plausibile di cointeressenza non solo dal punto di vista economico (nel senso che il professionista concorre alla divisione degli utili), ma anche nello svolgimento dell’attività, in quanto, seppure le prestazioni vengano rese da professionisti associati diversi dal giudice, la consulenza fiscale esercitata dallo studio va ugualmente imputata in capo al giudice tributario, essendo irrilevante ogni indagine circa il ruolo svolto nello studio dall’interessato. Le cause di incompatibilità rispondono, quindi, all’esigenza di evitare la compromissione della necessaria trasparenza e imparzialità dell’operato del giudice tributario (inevitabile laddove egli si trovasse nella condizione di doversi pronunciare su controversie, nelle quali ha già avuto modo di indirizzare il proprio orientamento o quello dello studio in cui opera e di cui fa parte) in occasione dello svolgimento della propria (o riferita ad altri professionisti dello stesso studio) attività di prestatore di opera professionale (Consiglio di Stato, sentenza 3760/2007).

Si aggiunge ancora che anche la giurisprudenza amministrativa è concorde nel ritenere che nel procedimento di decadenza dall’ufficio di giudice tributario non occorra la previa diffida a cessare l’attività professionale incompatibile (Consiglio di Stato, sentenza 2679/2003), in quanto l’esistenza di un apposito procedimento sulla decadenza esclude l’applicabilità dei principi generali in tema di assegnazione di un termine per l’esercizio del diritto di opzione fra attività ritenute incompatibili.
Salvatore Servidio

Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/giudice-delle-tasse-e-contabile-non-si-puo-la-prima-carica-decade

Contributi Inps per colf e badanti. In arrivo la prima scadenza 2010

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È alle porte sabato 10 aprile, ultimo giorno utile per pagare le somme relative al trimestre gennaio/marzo
Pochi giorni ancora per non saltare la rata che tiene a battesimo il pagamento dei contributi previdenziali 2010, dovuti per i lavoratori domestici. Il periodo di riferimento è il trimestre gennaio/marzo. L’ultima data utile è sabato 10 aprile.

Gli appuntamenti annuali da tenere in calendario a questo proposito sono in tutto 4:► 1-10 aprile, per il primo trimestre
► 1-10 luglio, per il secondo trimestre
► 1-10 ottobre, per il terzo trimestre
► 1-10 gennaio, per il quarto trimestre.

Si tratta, in pratica, di somme utilizzate da Inps e Inail per liquidare la pensione, l’indennità di maternità e di disoccupazione, gli assegni familiari e altre forme di tutela assistenziale a favore di questa particolare categoria di lavoratori dipendenti che, secondo le diverse necessità, affiancano le famiglie – ma anche comunità religiose o caserme, orfanotrofi e ricoveri per anziani – con la loro attività, essenzialmente assistenziale, in modo continuativo. Per essere più chiari, parliamo di colf, badanti o baby sitter, governanti, camerieri, cuochi e altro personale che spesso ci troviamo accanto nelle nostre case.

Il calcolo
Per sapere quanto pagare è disponibile sul sito dell’Inps un pratico simulatore di calcolo; in ogni caso, l’operazione non è difficile, si tratta semplicemente di moltiplicare il contributo orario per tutti i giorni comunque retribuiti, ciò significa comprese le ore di assenza per malattia, ferie, festività infrasettimanali, congedo eccetera, per le quali il datore continua a corrispondere una retribuzione.
Se l’orario di lavoro non supera le 24 ore a settimana, il contributo orario è commisurato a tre diverse fasce di retribuzione; se l’orario di lavoro è di almeno 25 ore settimanali, il contributo è fisso per tutte le ore retribuite.
Come pagare
In realtà, soltanto in alcuni casi occorre procedere al calcolo dell’importo da versare perché, in via ordinaria, è l’Inps stessa a inviare i bollettini precompilati a casa del datore di lavoro: automaticamente all’inizio del rapporto, dopo la denuncia di assunzione, su richiesta in seguito.
I pagamenti possono essere effettuati presso gli uffici postali, le banche e, grazie al circuito “Reti Amiche”, anche in qualsiasi ricevitoria o tabaccheria convenzionata con la Lottomatica.
Possibile, inoltre, il pagamento via web attraverso la procedura “Pagamento online contributi lavoratori domestici” predisposta dall’Istituto di previdenza, accessibile dopo il preventivo rilascio di un Pin.

Agevolazioni fiscali
Sul fronte fisco, va bene forse ricordare che chi dà lavoro a una colf o una badante ha diritto ad alcuni sconti d’imposta:
i contributi previdenziali e assistenziali versati per i lavoratori domestici possono essere dedotti dal reddito fino a un importo massimo di 1.549,37 euro l’anno
le spese sostenute per la badante, per un importo massimo di 2.100 euro l’anno, valgono una detrazione dall’imposta lorda pari al 19%. Usufruiscono dell’agevolazione i soggetti non autosufficienti assistiti dal collaboratore o i familiari che sostengono il costo, a condizione che il reddito complessivo non superi i 40mila euro.
Anna Maria Badiali

Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/attualita/articolo/contributi-inps-colf-e-badanti-arrivo-la-prima-scadenza-2010