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Finanziaria: Ricorsi alla Consulta da Toscana e Sicilia

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La Regione Toscana ricorre contro il governo ed impugna davanti alla Corte Costituzionale tre disposizioni della Finanziaria 2010 approvata dal Parlamento alla fine dell’anno scorso. Lo ha deciso il 23 febbraio la giunta, che ha già dato mandato in tal senso all’avvocatura. In particolare ”la Toscana contesta al governo tre invasioni di campo: sulla soppressione del difensore civico e dei consorzi tra enti locali, sulle varianti urbanistiche di beni immobili degli enti pubblici alienati, dove non sarebbero piu’ necessarie verifiche di conformità rispetto ai piani provinciali e regionali, e sul miliardo di euro per rimuovere le situazioni di maggior rischio idrogeologico nella penisola che il governo potra’ utilizzare senza neppure consultare le Regioni”.
“La Finanziaria 2010 – spiega la Regione – ha ridotto i trasferimenti agli enti locali, obbligandoli, per ridurre le spese, a tagliare consiglieri comunali, assessori, consigli di circoscrizione e direttori generali nelle citta’ piu’ grandi, ma anche la figura del difensore civico e i consorzi tra enti locali. La Regione ha impugnato proprio questi ultimi due commi (art. 2, c. 186 lett. a ed e), su interessamento anche del Consiglio delle autonomie locali. La Costituzione – prosegue il comunicato – assegna infatti allo Stato solo la competenza sulla legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta’ metropolitana. Sul resto, ricorda l’assessore al rapporto con gli enti locali, Agostino Fragai, è competente la Regione. Tra l’altro i consorzi sono un’articolazione importante nell’organizzazione dei servizi decisi in Toscana, in piu’ settori”.
Il secondo dispositivo della Finanziaria su cui la Regione ha fatto ricorso riguarda la disciplina delle procedure di alienazione dei beni immobili degli enti pubblici, stabilendo che l’inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica. Di questi immobili i consigli comunali possono decidere una diversa destinazione urbanistica. ”La Regione – aggiunge il comunicato – contesta che questo possa avvenire, come e’ scritto in Finanziaria, senza il bisogno di verificare la conformita’ rispetto agli atti di pianificazione delle Province e delle Regioni. In materia di governo del territorio la competenza e’ infatti regionale”. Tra l’altro la stessa disposizione era stata impugnata dalla Toscana un anno fa e la Corte Costituzione le aveva dato ragione. Per affrontare le situazioni a piu’ elevato rischio idrogeologico il Cipe ha stanziato a novembre 1 miliardo. La contestazione della Regione Toscana riguarda il fatto che nell’individuazione degli interventi da mettere in campo e delle situazioni a rischio piu’ elevato non e’ previsto alcun coinvolgimento delle Regioni.
Pieno appoggio alla Regione Toscana da parte di Uncem nazionale ”In piu’ occasioni – ha detto il Presidente dell’Uncem Enrico Borghi – abbiamo denunciato l’invasione di campo della Finanziaria nelle competenze regionali, prima fra tutte quella in materia di montagna, e per questo ci siamo appellati alle Regioni perche’ presentino ricorso contro le ingerenze centraliste. In questo caso, con particolare riguardo ad una questione come il riassetto idrogeologico, per la quale anziche’ investire sugli enti locali della montagna, si immaginano commissari statali e osservatori ministeriali che rischiano piuttosto di sclerotizzare il sistema”.
Anche la giunta regionale siciliana presieduta da Raffaele Lombardo ha deciso di sollevare conflitto innanzi la Corte Costituzionale ma sugli articoli 229 e 230 della legge finanziaria dello Stato, che prevedono la riapertura dei termini per la determinazione dei valori di acquisto delle partecipazioni e dei terreni edificabili e di quelli con destinazione agricola ed il conferimento delle maggiori entrate derivanti da questa riapertura di termini ad un fondo statale.
Fonte: http://www.regioni.it/newsletter/newsletter.asp?newsletter_data=2010-02-25&newsletter_numero=1525#art5#art5

Bresso: Aiuti UE rispondano ad esigenze Regioni

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La neoeletta Presidente del Comitato delle regioni Mercedes Bresso ha raccomandato di non trasformare la politica europea di coesione in un mero strumento di attuazione della nuova strategia europea per il 2020 in materia di crescita e di occupazione. Rivolgendosi agli alti organi decisionali dell’UE e ai ministri degli Stati membri responsabili della Politica regionale, presenti alla riunione informale di Saragozza (Spagna), la Presidente Bresso ha insistito affinché gli aiuti regionali dell’UE rispondano innanzi tutto alle esigenze delle regioni e delle città europee.
Su invito della presidenza spagnola dell’UE, i ministri degli Stati membri responsabili della Politica regionale, il neo commissario europeo alla Politica regionale Johannes Hahn, la presidente della commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento europeo Danuta Hübner e la Presidente del Comitato delle regioni Mercedes Bresso hanno discusso del futuro della politica di coesione in un contesto economico e politico in evoluzione.
In vista del dibattito sulla strategia dell’UE per il 2020, che sostituisce la strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione, la Presidente del CdR Bresso ha sottolineato che la politica di coesione può indubbiamente dare un contributo a questa strategia, ma non deve essere assorbita al suo interno. Per poter garantire risultati concreti sul piano locale, i fondi e i programmi di cooperazione esistenti non possono essere trasformati in strumenti di attuazione di obiettivi fissati a livello centrale. “Il Comitato delle regioni insiste sulla distinzione che occorre tracciare tra la politica di coesione, che è, ai sensi del Trattato, una politica di sviluppo dell’Unione europea, e la strategia dell’UE per il 2020. La politica di coesione non deve essere considerata un mero strumento al servizio della strategia dell’UE per il 2020. Per riflettere il suo valore politico, sarebbe opportuno dare vita ad un Consiglio formale dei ministri della Politica regionale”.
Mercedes Bresso, Presidente della regione Piemonte (Italia), eletta la scorsa settimana alla massima carica del CdR, ha ribadito che la politica di coesione “è volta a ridurre le disparità in quanto consente alle regioni di sfruttare tutte le loro potenzialità e di fare pieno uso delle loro risorse umane, economiche e naturali. Basata su partenariati e su una programmazione a medio termine, la politica di coesione è concepita in modo sufficientemente flessibile per rispondere alle varie sfide e tenere conto dei contesti in costante evoluzione cui devono far fronte le regioni europee”.
La Presidente Bresso ha inoltre sottolineato che l’aver messo fuori gioco gli attori regionali e locali è stato uno dei motivi principali per i quali l’UE non è finora riuscita a realizzare gli obiettivi di Lisbona. “La strategia di Lisbona si è rivelata estremamente deludente, e una delle ragioni evidenti di questo insuccesso è stata lo scarso coinvolgimento degli attori istituzionali, economici e sociali sul terreno. Questo messaggio non è stato recepito, al punto che la strategia dell’UE per il 2020 riconosce a malapena il nostro ruolo di partner. Ma in realtà noi siamo ben più che partner: noi siamo i cardini di questa strategia”.
Per quanto concerne la necessità di semplificare le norme di applicazione dei programmi regionali onde poter fronteggiare l’attuale crisi economica, la Presidente Bresso ribadisce l’impegno costante del CdR a favore di una riduzione della burocrazia: “A tale proposito, in tempi di crisi desidero sottolineare che non si tratta solo di una sfida amministrativa o contabile: è in gioco la sopravvivenza stessa di alcune regioni, delle imprese costrette ad attuare misure di ristrutturazione e, naturalmente, dei cittadini che vivono e lavorano in quelle regioni”.
Fonte: http://www.regioni.it/newsletter/newsletter.asp?newsletter_data=2010-02-25&newsletter_numero=1525#art5#art5

Isae: dati economici e fiducia imprese manifatturiere

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Cresce a febbraio la fiducia delle imprese manifatturiere. L’indice Isae sale a 84 (da 83,2) registrando il quinto rialzo consecutivo e attestandosi sui massimi dal giugno 2008. L’indice Isae registra il quinto rialzo consecutivo e si attesta sui massimi dal giugno 2008.
Il recupero della fiducia non e’ pero’ questo mese diffuso a tutti i settori produttivi: l’indice sale nei beni intermedi, dove recupera oltre due punti passando da 80,4 a 82,9; la fiducia continua invece a calare nei beni d’investimento e di consumo, con indici rispettivamente pari a 78,9 (da 79,1) e a 87,4 (da 88,9). Differenze emergono anche a livello territoriale: la fiducia passa da 82,6 a 83,8 nel Nord Ovest e da 80,3 a 81,7 nel Nord Est; l’indicatore scende invece da 86,1 a 85,2 al Centro e da 86,7 a 85,2 nel Mezzogiorno.
Nelle rilevazioni, migliorano sia i giudizi sullo stato attuale del portafoglio ordini sia soprattutto le attese di produzione; tornano ad accumularsi le scorte di magazzino, che restano comunque al di sotto dei valori considerati normali.
Infine la Banca centrale europea comunica che i prestiti alle famiglie e alle imprese di Eurolandia hanno segnato un calo dello 0,6% il mese scorso, mentre l’offerta di moneta misurata dall’aggregato M3 e’ aumentata dello 0,1% tendenziale.
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Consulta: ”qualcosa di patologico” in aumento ricorsi

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Il presidente della Corte Costituzionale, Francesco Amirante, nella relazione sulla giurisprudenza costituzionale dell’anno scorso ha sottolineato in particolare i rapporti di contenzioso tra Stato e Regioni.
Amirante ha dichiarato che c’e’ un ”qualcosa di patologico” nel perdurante dell’alto numero dei ricorsi in via principale, vale a dire quelli che lo Stato compie contro leggi di Regioni e Province autonome o di queste contro leggi statali. I ricorsi in via principale alla Consulta sono stati nel 2009 110, un numero molto vicino a quello massimo di 116 raggiunto nel 2004, a fronte della inflessione che era stata registrata nel 2007 (52 ricorsi). ”Non credo – afferma Amirante – che i cittadini ritengano normale e proficua la frequenza delle controversie tra Stato e Regioni e il continuo intervento della Corte per definire i confini delle loro rispettive competenze legislative”.
L’aspetto patologico “si accentua con riguardo ad alcuni profili del sistema nel quale viene ad inserirsi”.
Per quanto riguarda le impugnazioni contro i provvedimenti legislativi dello Stato, “e’ diventato sempre piu’ frequente il ricorso all’Istituto della delega legislativa: Istituto antico, la cui utilizzazione e’ in alcuni casi necessaria, specie quando si tratta di testi unici coordinati relativi a materie caratterizzate da un alto tasso di tecnicismo. Cio’ che e’ relativamente recente, ma comunque precedente a legislatura in corso, e’ l’intensificarsi della prassi di prevedere decreti correttivi, da emettere in un tempo decorrente dall’entrata in vigore dei primi decreti, attuativi della delega”.
A questi ultimi, quindi, viene attribuito sin dall’inizio un ”carattere di provvisorieta”’. Ma, nonostante cio’, i decreti legislativi sono impugnabili davanti alla Corte costituzionale entro 60 giorni dalle Regioni e, a seguire, il presidente della Corte dovra’ fissare entro i successivi 90 giorni dal deposito la discussione dei ricorsi. ”Tutto cio’ – rileva Amirante – prima che sia decorso il termine per l’eventuale emanazione dei decreti legislativi, correttivi dei primi, emessi in virtu’ della stessa delega”.
Il provvedimento correttivo, poi, e’ frequente e richiede un nuovo esame della situazione. ”Tutto cio’ – aggiunge il presidente della Consulta – spiega la frequenza, soltanto dopo tali tortuosi percorsi, di pronunce da parte della Corte di cassazione della materia del contendere o di estinzione del giudizio per espressa rinuncia al ricorso”: nel 2009 i casi di cessazione della materia del contendere sono stati 39 mentre quelli di estinzione del giudizio per rinuncia 12.
“Tale sistema – denuncia Amirante – provoca disfunzioni, ritardi e complessivi sprechi, che non sono in grado di quantificare, ma certamente di notevole entità”. Il presidente della Corte ritiene dunque ”opportuno segnalare, in spirito di collaborazione, una situazione sulla quale possono intervenire le istituzioni che ne hanno il potere”.
Fonte: http://www.regioni.it/newsletter/newsletter.asp?newsletter_data=2010-02-25&newsletter_numero=1525#art5#art5

Irap da “grandi”: basta pensare, è arrivato il momento della scelta

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La preferenza è irrevocabile per tre periodi d’imposta, al termine dei quali si intende tacitamente rinnovata
Imprese individuali e società di persone che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 5-bis del Dlgs 446/1997 e che operano in regime di contabilità ordinaria hanno tempo fino a lunedì 1° marzo per esercitare l’opzione per la determinazione del valore della produzione netta ai fini Irap secondo le stesse regole dei soggetti Ires.
La “preferenza” va trasmessa via web, utilizzando l’apposito modello – approvato con provvedimento del 31 marzo 2008 – disponibile sul sito dell’Agenzia.

Si tratta di una possibilità concessa dalla Finanziaria 2008 che, nel riformulare l’impianto normativo dell’articolo 5 dello stesso decreto legislativo, ha da un lato confermato per imprese industriali ed enti commerciali l’utilizzo del metodo “analitico” per calcolare la base imponibile (a tale scopo si considerano i componenti positivi e negativi che concorrono alla formazione del valore della produzione senza variazioni fiscali), dall’altro, ha introdotto (comma 1, articolo 5-bis), per le persone fisiche esercenti attività commerciali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice, un metodo di determinazione influenzato da interferenze fiscali conseguenti all’applicazione, ai fini Irap, delle disposizioni previste per la determinazione del reddito d’impresa ai fini Irpef.
Per sfruttare una base imponibile eventualmente più leggera, al comma 2 dell’articolo 5-bis, viene accordata, a imprenditori e società di persone, l’opportunità di “sottrarsi” alle regole per loro naturalmente previste e di optare per la determinazione del valore della produzione netta secondo le disposizioni dettate per le società di capitali e gli enti commerciali. La condizione è che siano in contabilità ordinaria.

La comunicazione deve essere presentata entro 60 giorni dall’inizio del periodo d’imposta per il quale si esercita l’opzione. Per le società di persone neo-costituite e per gli imprenditori individuali che iniziano l’attività in corso d’anno, con la circolare 60/2008, l’Agenzia ha specificato che la scelta deve essere effettuata entro 60 giorni, rispettivamente, dall’inizio del primo periodo d’imposta e dalla data di inizio dell’attività.
L’opzione è irrevocabile per tre periodi d’imposta, al termine dei quali si intende tacitamente rinnovata per altri tre anni. Stesse modalità e termini sono previsti per la revoca.

Nel modello, vanno riportati i dati del contribuente (imprenditore individuale, società di persone, soggetti non residenti), quelli del rappresentante firmatario della comunicazione e, in caso di trasmissione mediante intermediario, l’impegno di quest’ultimo a presentare in via telematica il modulo. Per la compilazione, sul sito internet dell’Agenzia è disponibile il software “Comirap”.

A prescindere dal metodo di determinazione della base imponibile scelto, va comunque precisato che non sono deducibili: i compensi erogati per attività commerciali e per prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente, i costi sostenuti per collaborazioni coordinate e continuative, i compensi per prestazioni di lavoro assimilato a quello di lavoro dipendente, gli utili spettanti agli associati in partecipazione, la quota interessi dei canoni di locazione finanziaria, desunta dal contratto, l’Ici, le perdite su crediti.
Paola Pullella Lucano
Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/attualita/articolo/irap-da-grandi-basta-pensare-e-arrivato-il-momento-della-scelta

Il milleproroghe è legge. Un riepilogo delle novità fiscali

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Approvato in via definitiva dal Senato alla terza lettura con 134 voti favorevoli, 99 contrari e 4 astenuti
Il milleproroghe è legge. E’stato approvato oggi, infatti, in via definitiva dal Senato, con 134 voti favorevoli, 99 contrari e 4 astenuti, il Dl 194/2009. In campo fiscale, sono confermate le disposizioni contenute nel testo originario del decreto, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2009, con le novità introdotte durante la prima lettura del Senato e approvate da Palazzo Madama lo scorso 11 febbraio.

Scudo fiscale
Il provvedimento riapre i termini dello scudo fiscale, stabilendo una nuova finestra temporale (30 dicembre 2009 – 30 aprile 2010) entro cui poter effettuare le operazioni di emersione: con l’imposta sostituiva al 6% per le operazioni concluse entro il 28 febbraio e al 7% per quelle effettuate dal 1° marzo fino al 30 aprile. Inoltre, il decreto prevede che il ministero dell’Economia e delle Finanze presenti entro il prossimo 15 giugno una relazione sul numero delle operazioni di rimpatrio e regolarizzazione perfezionate al 15 dicembre 2009, al 28 febbraio e al 30 aprile 2010.
Sono raddoppiati i termini per l’accertamento (ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva) che scatta sulla base della presunzione di legge in base alla quale gli investimenti e le attività finanziarie detenute in paradisi fiscali si considerano costituiti mediante redditi sottratti a tassazione in Italia, salvo prova contraria del contribuente. Al raddoppio anche i termini relativi alla notifica dell’atto di contestazione o di irrogazione delle sanzioni riguardanti le violazioni degli obblighi sul monitoraggio fiscale relativi agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenuti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.
Ravvedimento operoso possibile fino al 30 aprile per i lavoratori dipendenti che intendono regolarizzare l’incompleta o omessa compilazione del modulo RW in riferimento alle disponibilità finanziarie derivanti da lavoro prestato all’estero e detenute fuori dai confini nazionali alla data del 31 dicembre 2008.

Studi di settore
La pubblicazione degli studi di settore sulla Gazzetta Ufficiale per gli anni d’imposta 2009 e 2010 avverrà entro il 31 marzo 2010 e 31 marzo 2011. In questo modo l’Amministrazione finanziaria potrà aggiornare gli strumenti di accertamento tenendo conto degli effetti prodotti dalla crisi economica.

5 per mille
E’ prorogato al 30 aprile 2010 il termine entro cui le associazioni no profit che hanno presentato tempestivamente la domanda di ammissione al riparto del cinque per mille possono consegnare l’integrazione documentale o le autocertificazioni per l’assegnazione dei fondi relativi agli anni 2006, 2007 e 2008.

Abruzzo
Sospesi fino al 30 giugno 2010, per le popolazioni abruzzesi colpite dal sisma, gli adempimenti e i versamenti tributari, nonché i contributi previdenziali e assistenziali e i premi Inail.

Frontalieri
Anche per il 2011 i redditi prodotti dal lavoro dipendente svolto all’estero, in zone di frontiera, in modo esclusivo e continuativo, saranno tassati solo per la parte eccedente gli 8mila euro.

Sostituti d’imposta
Slitta al 2011 l’obbligo dell’invio mensile delle dichiarazioni dei sostituti d’imposta, introdotto dall’articolo 44-bis del Dl 269/2003. La trasmissione mensile in modalità elettronica dei dati di carattere fiscale e contributivo doveva prendere il via dalle retribuzioni di gennaio 2010. Nel corso di quest’anno partirà una fase sperimentale gestita da Agenzia delle Entrate e Inps.

Piccola proprietà contadina
Confermate per il 2010 le agevolazioni per la piccola proprietà contadina: imposte di registro e ipotecaria in misura fissa (168 euro ciascuna) e imposta catastale all’1%, e onorari ai notai ridotti al 50%, sull’acquisto di terreni da parte di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali. Le agevolazioni decadono se entro cinque anni i terreni sono venduti o non vengono più coltivati o condotti direttamente.

Zone franche
Ok alle agevolazioni fiscali alle piccole e microimprese che operano nelle aree individuate dal Cipe come zone franche urbane. Il tetto massimo di spesa è fissato a 50 milioni di euro all’anno per il 2008 e il 2009.

Benzinai
Prorogate per i periodi d’imposta 2009 e 2010 le deduzioni forfetarie dal reddito d’impresa per gli esercenti impianti di distribuzione di carburanti.

Sfratti
Prorogata fino al 31 dicembre 2010 la sospensione delle procedure di sfratto nei confronti di particolari categorie sociali disagiate.
Alessandra Gambadoro
Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/attualita/articolo/il-milleproroghe-e-legge-un-riepilogo-delle-novita-fiscali

Mutui a tasso variabile: le banche dribblano il tasso BCE

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Per i mutui, dal 1 gennaio 2009 tutte le banche, per legge, dovrebbero proporre ai clienti anche offerte che prevedono mutui variabili indicizzati al tasso BCE, ovvero con interessi calcolati in base al tasso d’interesse stabilito dalla Banca Centrale Europea (oggi dell’1%). Per i clienti è un vantaggio, perché il tasso BCE è meno soggetto agli scossoni del mercato e ai folli rincari dei periodi di crisi economica.
Gli istituti di credito italiani hanno in genere offerte di mutui variabili legati al cosiddetto tasso Euribor, ovvero un tasso interbancario (calcolato sulle offerte delle maggiori banche europee) molto più sensibile alle variazioni del mercato.
Dopo più di un anno dall’obbligo per le banche di offrire ai propri clienti anche mutui con tasso BCE, abbiamo voluto verificare se la legge è stata davvero applicata.
La legge è disattesa
Analizzando i foglietti informativi dei mutui di una ventina di grandi banche abbiamo potuto rilevare che ben poche si comportano davvero bene.
Due banche (CheBanca!, banca on line del gruppo Mediobanca, e UGF Banca) addirittura non offrono affatto per i mutui abitazione principale contratti indicizzati al tasso BCE, ma solo all’Euribor, come prima.
Banca Popolare dell’Emilia Romagna non ha un mutuo variabile indicizzato al tasso BCE, ma solo un mutuo variabile con opzione (ovvero quelli che possono a scadenze precise essere rinegoziati e trasformati in mutui a tasso fisso), che non è, a nostro avviso, propriamente una corretta applicazione della norma.
Anche 45 euro in più a rata
Cinque banche (BPM, Banco Popolare, Banca Sella, Credem e Credito Valtellinese) applicano la stessa percentuale di spread su entrambi i tassi. Anche in questo caso, però, c’è da considerare che il tasso Euribor è in questo momento più basso di quello BCE; l’applicazione a quest’ultimo di uno spread uguale a quello su Euribor fa sì che gli interessi finali che l’utente deve pagare alla banca per un mutuo indicizzato al tasso BCE siano sempre più alti. Nella nostra simulazione, infatti, per un mutuo di 100.000 euro e di durata 20 anni mediamente si pagano circa 27 euro in più a rata col tasso BCE, con punte anche di 45,50 euro in più.
Le banche che si comportano bene
Non mancano, per fortuna, alcune eccezioni.
Banca Popolare di Vicenza applicando sul tasso BCE uno spread più basso di quello applicato all’Euribor, permette tassi finali allineati tra di loro, offrendo di fatto la possibilità al cliente di scegliere (senza perderci) anche un mutuo con tasso BCE.
Banca Etruria addirittura afferma che determinerà uno spread sul tasso BCE in modo che il tasso finito sia uguale a quello calcolato con l’Euribor.
Denunciato il tutto alla Banca d’Italia.
A fronte della nostra indagine riteniamo ci siano chiaramente i presupposti per l’applicazione di una sanzione amministrativa da parte della Banca d’Italia ex articolo 144 e 145 del TUB (testo unico in materia bancaria) come peraltro previsto dallo stesso comma 5 dell’articolo 2 della legge 2/2009.
Abbiamo inviato una segnalazione con i dettagli della nostra inchiesta alla Banca d’Italia; vi terremo informati sugli sviluppi.
Fonte: http://www.altroconsumo.it/mutui/mutui-a-tasso-variabile-le-banche-dribblano-il-tasso-bce-s268373/nm-newsletter-p250293/prm_id_c/3091.htm

Rapporto eCommerce 2009: segnali positivi, nonostante la crisi

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E’ disponibile sul sito www.osservatori.net il nuovo Report “eCommerce 2009: segnali positivi, nonostante la crisi” dell’Osservatorio eCommerce B2c , promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano.
Il Report illustra i risultati della Ricerca 2009, basata su oltre 200 casi di studio.
Per scaricare il Report dalla sezione Premium del sito www.osservatori.net
Fonte: http://lazio-side.it/attualita/news/rapporto-ecommerce-2009-segnali-positivi-nonostante-la-crisi.html

Occupazione ai minimi: le difficoltà dei giovani

In Italia, come in Europa, sembra non conoscere fine la caduta dell’occupazione. Se i dati di novembre erano stati i peggiori da molti anni a questa parte, quelle di dicembre hanno evidenziato un ulteriore scivolone. In questo contesto di difficoltà generalizzata, certo non sorprendono i numeri che dipingono le difficoltà nel rapportarsi al mondo del lavoro dei giovani italiani di età compresa tra i 19 e i 29 anni.
Occupazione mai così in basso dal 2004
A dicembre, la disoccupazione in Italia è salita a quota 8,5%, toccando il livello massimo dal 2004. Secondo i dati raccolti dall’Istat, nell’ultimo mese dello scorso anno gli occupati, nel nostro Paese, sono stati 22 milioni e 914mila (306mila unità in meno rispetto al dicembre 2008). Numeri simili equivalgono a dire che il tasso di occupazione italiano è pari al 57,1% (1,1% in meno rispetto a dicembre 2008), mentre le persone in cerca di lavoro sono 2 milioni e 138mila. Guardando all’andamento del mercato del lavoro, l’agenzia di rating Fitch ha stimato che in Italia il tasso di disoccupazione, nel 2010 e 2011, continuerà a crescere, mantenendosi tra il 9 e il 9,5%, con effetti particolarmente negativi su giovani, stranieri e lavoratori con contratti temporanei.
La generazione né-né
Tali numeri assumono un aspetto ancora più fosco se li si incrocia con altre statistiche derivanti da un’indagine del ministero del Lavoro a proposito del rapporto dei giovani italiani con il mondo del lavoro. Le rilevazioni, infatti, hanno messo in luce come in Italia il 9% dei ragazzi tra i 19 e i 29 anni dopo la licenzia media, nel 2009, non abbia né proseguito gli studi, né trovato un’occupazione. La generazione “né-né”, come è stata etichettata, è particolarmente presente nel Mezzogiorno: nelle regioni del Sud, infatti, il fenomeno tocca picchi del 15%; il che equivale a dire che su 3 milioni di ventenni che vivono al Sud, quasi mezzo milione non ha continuato la formazione dopo la scuola dell’obbligo pur non avendo un’occupazione.
Fonte: http://www.borsaitaliana.it/notizie/finanzapersonale/lavoro/dettaglio/occupazione-giovani522.htm

Buono famiglia 2010: aperto il bando

E’ aperto il bando per fare domanda per il “Buono famiglia 2010”, un aiuto rivolto a chi ha a carico un anziano in casa o presso un struttura di riposo. Il bando resterà aperto fino il 5 marzo.
Il buono famiglia 2010
L’iniziativa è circoscritta alla regione Lombardia che stanzia 17 milioni di euro. Il “buono famiglia” consiste in un contributo una tantum di 1.300 euro destinati a nuclei a basso reddito che hanno a carico anziani in case di riposo o disabili in residenze assistenziali.
Per poter beneficiare del bonus bisogna essere in condizioni di disagio. Si può, per tanto, fare domanda se sussiste almeno una delle seguenti condizioni:
avere nel proprio nucleo familiare almeno un figlio minorenne (condizione e valida ed ammessa anche per i figli che sono in affido) e un indicatore della situazione di reddito familiare (ISR) non superiore a 22 mila euro,
percepire ammortizzatori sociali a causa dell’interruzione o sospensione del rapporto di lavoro

Come richiedere il buono famiglia
Già dal 15 febbraio è possibile recarsi presso gli sportelli delle Asl per presentare la domanda. Il contributo verrà corrisposto in un’unica soluzione.

Il contributo sarà accreditato sul conto corrente bancario o postale della famiglia beneficiaria, oppure verrà inviato con un assegno nel caso in cui la famiglia non fosse titolare di un conto corrente. Poiché si stima che le famiglie con i requisiti richiesti siano un numero oscillante tra 13 e 14mila, con i 17 milioni di euro stanziati sarà possibile soddisfare tutte le richieste.
Per verificare la veridicità delle affermazioni e la loro rispondenza ai requisiti richiesti per ottenere il buono, la Regione effettuerà controlli a campione su almeno il 15% delle domande presentate.
Fonte: http://www.borsaitaliana.it/notizie/finanzapersonale/risparmio/dettaglio/buono-famiglia439.htm