(Adnkronos) – C'è chi ha chiuso l'auto in garage e detto addio pure al trasporto pubblico, optando per mezzi ancora più 'green' per raggiungere il posto di lavoro o scuole e università e tornare a casa al termine della giornata: la bicicletta o i propri piedi. Li chiamano 'pendolari attivi'. Queste tipologie di spostamenti sono considerate uno dei modi più pratici e sostenibili per aumentare l'attività fisica quotidiana e, sottolineano gli esperti, sono sempre più numerose le prove a favore dei benefici per la salute che ne derivano. Gli autori di un nuovo studio hanno indagato proprio su questo, scoprendo che il pendolarismo attivo è "associato a minori rischi di problemi di salute fisica e mentale". E in particolare, a guadagnare un ulteriore prezioso premio sono proprio i ciclisti, che sembrano essere anche più longevi, nel senso che per loro si rileva anche un rischio di morte per qualsiasi causa inferiore del 47%. L'ampio studio a lungo termine dal quale emergono queste evidenze è stato condotto in Gb ed è pubblicato sulla rivista open access 'Bmj Public Health'. Finora l'insieme di evidenze sui benefici del muoversi quotidianamente a piedi o in bici erano limitate da periodi di monitoraggio brevi, fasce d'età ristrette e risultati sanitari circoscritti, spiegano gli esperti. Per colmare queste carenze, i ricercatori hanno attinto a dati rappresentativi a livello nazionale tratti dallo Scottish Longitudinal Study, basato sul 5% della popolazione scozzese ricavato dai censimenti del 1991, 2001 e 2011. Gli scienziati scozzesi si sono concentrati sui 16-74enni del 2001 che hanno viaggiato per motivi di lavoro o studio. L'analisi finale si è basata su 82.297 persone. Agli intervistati del censimento è stato chiesto di indicare quale mezzo di trasporto hanno utilizzato per la parte più lunga del loro solito tragitto casa-lavoro. Il viaggio attivo è stato definito come camminare o andare in bicicletta. Tutti gli altri metodi di spostamento sono stati definiti 'inattivi'. Le risposte sono state collegate a ricoveri ospedalieri nazionali per tutte le cause, malattie cardiovascolari, cancro e incidenti stradali; ai decessi per tutte queste cause; e alle prescrizioni per problemi di salute mentale (sedativi, farmaci ansiolitici e antidepressivi) dal 2001 al 2018 inclusi. Sono stati presi in considerazione vari fattori potenzialmente influenti, tra cui età, sesso, condizioni di salute preesistenti, nonché fattori socioeconomici e distanza dal lavoro/sede di studio. Tra il 2001 e il 2018 sono morti 4.276 partecipanti (poco più del 5% del gruppo di studio), quasi la metà dei quali di cancro (2.023, 2,5%). Circa 52.804 persone (poco più del 64%) sono state ricoverate in ospedale, 9.663 (12%) delle quali per malattie cardiovascolari, 5.939 (poco più del 7%) per cancro e 2.668 (poco più del 3%) dopo un incidente stradale. Per quanto riguarda i farmaci, in totale a 31.666 partecipanti allo studio (38,5%) è stato prescritto un farmaco associato a malattie cardiovascolari tra il 2009 e il 2018, mentre nello stesso periodo a 33.771 (41%) è stato prescritto un farmaco per problemi di salute mentale. Rispetto ai pendolari inattivi, le persone che andavano a piedi a lavorare/studiare avevano più probabilità di essere donne, giovani, turnisti, pendolari su distanze più brevi e residenti in città. Avevano anche meno probabilità di avere figli a carico e tendevano ad avere un reddito familiare e un livello di istruzione più bassi. I pendolari ciclisti erano invece più probabilmente uomini, giovani, lavoratori turnisti e residenti in città, mentre era meno probabile che fossero proprietari di casa, ad esempio. Dopo aver tenuto conto dei fattori potenzialmente influenti, il pendolarismo attivo è stato associato a minori rischi di morte e di problemi di salute fisica e mentale rispetto al pendolarismo inattivo. Nello dettaglio, spostarsi in bicicletta è stato associato in particolare a un rischio di morte inferiore del 47%, a un rischio di ricovero ospedaliero inferiore del 10% e a un rischio di ricovero ospedaliero per malattie cardiovascolari inferiore del 24%. Ma anche a un rischio inferiore del 30% di ricevere prescrizioni di farmaci per malattie cardiovascolari, a un rischio inferiore del 51% di morire di cancro e a un rischio inferiore del 24% di essere ricoverati in ospedale per la malattia, nonché a un rischio inferiore del 20% di ricevere una prescrizione di farmaci per problemi di salute mentale. Dall'altro lato, però, i pendolari ciclisti avevano il doppio delle probabilità rispetto agli inattivi di essere ricoverati in ospedale dopo incidente stradale. Il pendolarismo praticato a piedi è stato associato a un rischio inferiore dell'11% di ricovero per qualsiasi causa e a un rischio inferiore del 10% di ricovero per malattia cardiovascolare. E' stato anche associato, rispettivamente, a un rischio inferiore del 10% e del 7% di prescrizione di farmaci per il trattamento di malattie cardiovascolari e problemi di salute mentale. Questo è uno studio osservazionale e, come tale, non si possono trarre conclusioni definitive sui fattori causali, puntualizzano i ricercatori, che riconoscono anche alcuni limiti alla loro ricerca. In ogni caso il lavoro "rafforza le evidenze sui benefici del pendolarismo attivo per la salute a livello di popolazione". Questo studio "ha una rilevanza globale più ampia per gli sforzi volti a ridurre le emissioni di carbonio e a passare a modalità di viaggio più attive e sostenibili". Allo stesso tempo "la scoperta che i pendolari ciclisti hanno il doppio del rischio di essere vittime di incidenti stradali rispetto ai pendolari non attivi rafforza la necessità di infrastrutture ciclabili più sicure". —[email protected] (Web Info)
Violentata per ore vicino alla stazione di Pisa, fermato 45enne
(Adnkronos) – Minacciata con una pietra, è stata costretta a seguire un uomo in una zona appartata poco distante dalla stazione di Pisa. L'uomo si è mostrato inizialmente gentile, ma poi l'ha presa di soprassalto al collo. Violentata per ore, è stata inoltre obbligata a rimanere abbracciata al suo aguzzino, riuscendo a scappare soltanto quando si è addormentato. Dopo il racconto della vittima alla polizia ferroviaria di Pisa, la squadra mobile della Questura, insieme alle donne e gli uomini della polizia ferroviaria, hanno sottoposto a fermo di indiziato di delitto un egiziano di 45 anni, irregolare sul territorio italiano, accusato di violenza sessuale e sequestro di persona. Le ricerche dell'aggressore si sono concluse in poche ore quando le pattuglie della squadra mobile e della polizia ferroviaria lo hanno rintracciato nei pressi della stazione. Il 45enne è stato fermato e messo a disposizione dell’autorità giudiziaria nel carcere Don Bosco. —[email protected] (Web Info)
Trump e il complotto dell’Iran per ucciderlo, Teheran: “Accuse infondate”
(Adnkronos) – L'Iran "respinge le accuse" di un complotto dell'Iran per assassinare Donald Trump. Per Teheran si tratta di "affermazioni con obiettivi e intenzioni politiche ostili". La Repubblica islamica, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Nasser Kanaani nelle dichiarazioni riportate dai media locali, "respinge con forza qualsiasi coinvolgimento nel recente attacco armato contro Trump". Si tratta di "accuse infondate", hanno affermato dalla missione iraniana all'Onu. Per l'Iran, hanno insistito, Trump è un "criminale" per aver dato l'ordine di uccidere nel 2020 Qassem Soleimani, il generale a capo della Forza Quds dei Guardiani della Rivoluzione eliminato con un raid di un drone Usa in Iraq. "Trump deve essere processato e condannato in tribunale per aver ordinato l'uccisione del generale Soleimani – hanno affermato – L'Iran ha scelto il percorso legale per portarlo davanti alla giustizia", ha detto. A rivelare il presunto complotto è stata la Cnn, secondo cui i Servizi Segreti Usa avrebbero per questo motivo aumentato la sicurezza intorno all'ex presidente. A venirne a conoscenza, nelle ultime settimane, sono state le autorità statunitensi. Le news sono state diffuse pochi giorni dopo l'attentato che Trump ha subìto sabato 13 luglio, quando è stato ferito ad un orecchio da Thomas Matthew Crooks. Ma non ci sono indicazioni che il cecchino 20enne sia collegato al complotto, hanno riferito le stesse le fonti. L'esistenza di una minaccia da parte di un'agenzia di intelligence straniera ostile – e il rafforzamento della sicurezza per Trump – solleva nuovi interrogativi sulle falle nella sicurezza del comizio di Butler, in Pennsylvania, e su come un ventenne sia riuscito ad accedere a un tetto vicino per sparare i colpi che hanno ferito l'ex presidente. Un funzionario della sicurezza nazionale statunitense ha dichiarato che i servizi segreti e la campagna di Trump sono stati informati della minaccia prima del comizio di sabato. "Il Secret Service ha appreso della minaccia crescente", ha detto una fonte alla Cnn. "Il National Security Council e i Servizi Segreti si sono confrontati ad un alto livello per assicurarsi che il monitoraggio continuasse. Il Secret Service ha condiviso queste informazioni" e "la campagna di Trump è stata informata di una minaccia in evoluzione. "Come abbiamo detto più volte, abbiamo monitorato le minacce iraniane contro gli ex funzionari dell'amministrazione Trump per anni, a partire dall'ultima amministrazione", ha detto Adrienne Watson, portavoce dell'NSC, in una nota. "Queste minacce derivano dalla volontà dell'Iran di vendicarsi per l'uccisione di Qassem Soleimani", il generale dei Guardiani della rivoluzione ucciso il 3 gennaio 2020. "Consideriamo questa una questione di sicurezza nazionale e nazionale di massima priorità". —internazionale/[email protected] (Web Info)
Messina Denaro, perquisizioni a Mazara del Vallo: inquirenti a caccia del covo
(Adnkronos) – Proseguono le indagini a un anno e mezzo dalla cattura di Matteo Messina Denaro, latitante dall'estate del 1993. La procura distrettuale di Palermo, nell'ambito delle indagini finalizzate all'individuazione della rete di fiancheggiatori che ha sostenuto, nel corso degli anni, la latitanza ha disposto perquisizioni e ispezione di luoghi in una zona residenziale di Mazara del Vallo (Trapani). Le attività, fa sapere in una nota la stessa procura, sono state delegate congiuntamente ad investigatori della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri. Il provvedimento scaturisce dagli esiti di recenti approfondimenti investigativi svolti da investigatori dello Sco della polizia, e integrati da accertamenti eseguiti dal Ros dell'Arma dei Carabinieri, che, nel quadro della ricostruzione dei movimenti di Messina Denaro, hanno consentito di individuare un'area delimitata di Mazara del Vallo frequentata dall'ex latitante nei mesi precedenti l'arresto. In particolare è stato individuato un complesso residenziale dove si ritiene che Messina Denaro abbia avuto la disponibilità di una unità immobiliare tuttora non individuata. E' stato quindi disposto lo svolgimento delle attività per la completa perquisizione di tutti i garage pertinenti allo stesso complesso abitativo e per effettuare una ispezione dei luoghi tesa ad accertare la possibile apertura di appartamenti e garage della struttura attraverso alcune chiavi, tuttora in sequestro, a suo tempo trovate nella disponibilità dell'ex latitante e di alcuni favoreggiatori. Il Procuratore capo di Palermo Maurizio de Lucia lo aveva detto a chiare lettere, poche settimane fa: "Lo sforzo investigativo è quello di ricostruire quello che è successo, a cercare le talpe di un tempo e più recenti, quelli che gli hanno dato protezione anche per un solo giorno e che sono in possesso del suo patrimonio e che vogliono prendere il suo posto". E proprio seguendo i fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, e in particolare Lorenza Lanceri, una delle donne con cui il boss aveva avuto una relazione, gli investigatori sono arrivati sulle tracce del residence che in queste ore viene perquisito a Mazara del Vallo (Trapani). Dopo la cattura di Messina Denaro, il 6 gennaio del 2023, gli inquirenti non si sono fermati un momento. Alla ricerca di chi ha permesso all'ex latitante di sfuggire alla giustizia per così tanto tempo. "Questa rete di fiancheggiatori c'è stata e c'è", ha spiegato il Procuratore, aggiungendo che alcuni dei nomi già individuati sono di professionisti di alto livello. Il sostegno al boss non proveniva solo dalla famiglia di sangue, ma anche dalla "famiglia" mafiosa. Polizia e Carabinieri hanno ripercorso più volte gli spostamenti del latitante, grazie alle videocamere e alle celle agganciate dal suo cellulare. E così hanno scoperto almeno in una occasione – una è certa – che Messina Denaro si era dato appuntamento con l'amante proprio nei pressi di Mazara del Vallo. Le videocamere hanno ripreso le loro auto in momenti diversi e poi ravvicinati. Pochi mesi fa il gup di Palermo ha condannato a 13 anni e 8 mesi in abbreviato, per concorso esterno in associazione mafiosa, Lorena Lanceri, la donna che per mesi, durante la latitanza, ha accudito il boss Matteo Messina Denaro. A Lanceri, legata sentimentalmente al capomafia, era stato contestato inizialmente il favoreggiamento: nel corso delle indagini l'accusa è stata modificata. Lorena Lanceri e il marito per mesi avevano ospitato Matteo Messina Denaro, durante la latitanza, a pranzo e cena nella loro casa di Campobello di Mazara. "Così consentendogli – dicono gli inquirenti – non solo di trascorrere molte ore in piena tranquillità e in loro compagnia in un contesto domestico – familiare ma, anche e soprattutto, di incontrarsi con numerose persone e infine, ma non per importanza, di entrare ed uscire dalla loro abitazione effettuando accurati controlli per ridurre il rischio di essere avvistato dalle forze dell'ordine". Oltre a preparare il cibo al capomafia ricercato, infatti, la coppia effettuava una stretta vigilanza sulla zona: i video della telecamere di sorveglianza di alcuni negozi hanno ripreso i due mentre, dopo essersi accertati che per strada non ci fossero polizia o carabinieri, davano il via libera al loro ospite per farlo uscire indisturbato dalla abitazione. Un rapporto di fedeltà assoluta legava la coppia al boss che ricambiava con regali di valore: al figlio dei Bonafede, nel 2017, il capomafia fece da padrino della cresima e donò un Rolex da 6.300 euro. La spesa fu poi puntualmente annotata da Messina Denaro in un pizzino. Lanceri, inoltre, smistava la corrispondenza tra il padrino e un'altra sua amante storica, Laura Bonafede, anche lei ora in carcere. La Procura di Palermo, di recente, ha chiesto la condanna a 15 anni di carcere per Laura Bonafede, la maestra di Campobello di Mazara, sentimentalmente legata a Messina Denaro. La Bonafede, figlia dello storico boss del paese, Leonardo, è accusata di associazione mafiosa. La requisitoria è stata condotta dai pm Piero Padova e Gianluca De Leo. Il processo si svolge con il rito abbreviato. Alla donna, arrestata ad aprile del 2023, inizialmente era stato contestato il reato di favoreggiamento aggravato, modificato nel corso delle indagini in quello di associazione mafiosa. La maestra è cugina di Andrea Bonafede, il geometra che ha prestato l'identità al boss durante l'ultima fase della latitanza e di altri due favoreggiatori del padrino, Emanuele e Andrea (omonimo del geometra). Secondo la Procura di Palermo, l'imputata sarebbe stata un pezzo fondamentale del meccanismo che per 30 anni ha protetto la latitanza di Messina Denaro. I due, insieme alla figlia della donna, Martina Gentile, ai domiciliari per favoreggiamento e procurata inosservanza della pena, avrebbero vissuto insieme e si sarebbero comunque sempre frequentati. Ma ci sono anche professionisti ad avere favorito, secondo la Procura, Messina Denaro. A processo il medico Alfonso Tumbarello, che ha rilasciato prescrizioni mediche ad Andrea Bonafede sotto la cui identità si celava Matteo Messina Denaro. Nei giorni scorsi ha testimoniato l'equipe medica della clinica Maddalena di Palermo presso cui era in cura. I testi, tutti e tre medici oncologi, hanno appreso dell'identità di Messina Denaro il giorno dell'arresto dai Carabinieri del ROS con la collaborazione del GIS in data 16 gennaio 2023 dopo trent'anni di latitanza. I tre medici oncologi hanno riferito che il tipo di ricovero di Messina Denaro era in Day Service ambulatoriale, assistenza specialistica dove veniva gestito il caso clinico dell'allora boss latitante attraverso l'erogazione di visite, esami strumentali e prestazioni terapeutiche e indagini diagnostiche. Non hanno avuto alcun tipo di rapporto personale se non quello tra medico e paziente. Intanto proseguono le perquisizioni della Dda di Palermo, coordinata dal procuratore Maurizio De Lucia, che ha disposto il controllo di tutti i garage del complesso residenziale e una ispezione dei luoghi del residence di Mazara del Vallo. Ma la ricerca dei fiancheggiatori prosegue. Messina Denaro "ha potuto contare, nel tempo, su una rete di protezione". "Quelli che lo proteggevano 30 anni fa non sono quelli che lo hanno protetto fino al giorno della cattura o quasi. E' chiaro che ci sono pezzi dello Stato che lo hanno aiutato, come fu per Bernardo Provenzano", ha spiegato de Lucia. —[email protected] (Web Info)
Antitrust avvia istruttoria su società gruppi Armani e Dior
(Adnkronos) – Istruttoria dell'Antitrust nei confronti di alcune società del Gruppo Armani (Giorgio Armani S.p.A. e G.A. Operations S.p.A.) e del Gruppo Dior (Christian Dior Couture S.A., Christian Dior Italia S.r.l. e Manufactures Dior S.r.l.). Il motivo: possibili condotte illecite nella promozione e nella vendita di articoli e di accessori di abbigliamento, in violazione delle norme del Codice del Consumo. In entrambi i casi, le società potrebbero avere presentato dichiarazioni etiche e di responsabilità sociale non veritiere, in particolare riguardo alle condizioni di lavoro e al rispetto della legalità presso i loro fornitori. Lo segnala l'Antitrust. Inoltre, le società avrebbero enfatizzato l’artigianalità e l’eccellenza delle lavorazioni. – spiega L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – A fronte di tali dichiarazioni, per realizzare alcuni articoli e accessori di abbigliamento, le società si sarebbero avvalse di forniture provenienti da laboratori e da opifici che impiegano lavoratori che riceverebbero salari inadeguati. Inoltre opererebbero in orari di lavoro oltre i limiti di legge e in condizioni sanitarie e di sicurezza insufficienti, in contrasto con i livelli di eccellenza della produzione vantati dalle società. Ieri i funzionari dell’Autorità, con l’ausilio del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza, hanno svolto ispezioni presso le sedi delle società Giorgio Armani S.p.A. e G.A. Operations S.p.A. e anche presso la sede della società Christian Dior Italia S.r.l. —[email protected] (Web Info)
Da ‘influenza intestinale’ strascichi fino a 5 anni, lo studio
(Adnkronos) – Mai sottovalutare la cosiddetta influenza intestinale: la gastroenterite acuta può lasciare strascichi pesanti, persistenti fino a 5 anni. Può infatti evolvere in sindrome dell'intestino irritabile (Ibs), anche in forma grave. Lo ha scoperto uno studio pubblicato su 'Gut' (gruppo British Medical Journal) da un gruppo di ricercatori dell'università Cattolica del Sacro Cuore-Fondazione Policlinico Gemelli di Roma. Sotto accusa virus come Sars CoV-2 e batteri aggressivi come Campylobacter ed Enterobacteriaceae, responsabili di tante infezioni gastrointestinali estive. La Ibs, in altre parole, potrebbe rappresentare un'ennesima 'eredità' del Covid, o anche una sequela della 'maledizione di Montezuma' o 'diarrea del viaggiatore'. "La sindrome dell'intestino irritabile, un disturbo che coinvolge l'asse intestino-cervello – spiega Giovanni Cammarota, professore ordinario di Gastroenterologia della Cattolica e direttore della Uoc di Gastroenterologia del Gemelli – è caratterizzata da dolori addominali a insorgenza 'capricciosa', gonfiore, stipsi alternata a diarrea. Secondo le stime della Sige (Società italiana di gastroenterologia), affligge il 20-40% della popolazione italiana, con una predilezione per le donne e la fascia d'età compresa tra 20 e i 50 anni". Per alcuni è un disturbo di lieve entità, ma per molti altri è una condizione che impatta pesantemente sul quotidiano e sulla qualità di vita. Le cause non sono né ben definite, né univoche, e questo non aiuta a trovare soluzioni terapeutiche efficaci. Un contributo per colmare questa lacuna arriva dal nuovo lavoro, che ha puntato i riflettori sul coronavirus pandemico e su batteri aggressivi per l'intestino e pro-infiammatori come Proteobacteria ed Enterobacteriaceae. "Dopo aver fatto una ricognizione accurata di tutta la letteratura scientifica sulla comparsa di Ibs in seguito a un episodio di gastroenterite – illustra Gianluca Ianiro, docente di Gastroenterologia della Cattolica, gastroenterologo del Gemelli e autore corrispondente dello studio – abbiamo evidenziato che i sintomi di Ibs compaiono in una persona su 7 dopo un episodio di infezione gastrointestinale. L'analisi dei dati ha consentito anche di appurare che, dopo questo 'innesco', i disturbi permangono per 6-11 mesi in almeno la metà delle persone colpite da una gastroenterite acuta; ma altri studi suggeriscono che la durata dell'Ibs potrebbe protrarsi fino a oltre 5 anni". Non solo. "La presenza di disturbi d'ansia, prima dell'episodio di gastroenterite – sottolinea Serena Porcari, contrattista presso la Uoc di Gastroenterologia del Gemelli e primo autore della ricerca – triplica inoltre il rischio di sviluppare Ibs". "Per quanto riguarda gli agenti infettivi – precisa Porcari – il nostro studio ha evidenziato che la maggior comparsa di Ibs si ha dopo una gastroenterite acuta da Campylobacter (21%); le probabilità di sviluppare Ibs sono 5 volte maggiori dopo infezione da Proteobacteria o da Sars-CoV-2, e 4 volte maggiori dopo infezioni da Enterobacteriaceae". "La fisiopatologia dell'Ibs – commenta Antonio Gasbarrini, coautore del lavoro e preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'università Cattolica, ordinario di Medicina interna e direttore della Uoc di Medicina interna e Gastroenterologia del Gemelli – non è ancora sufficientemente nota e nell'immaginario collettivo, ma anche nell'opinione di molti medici, quelli che vanno sotto il nome di Ibs sono disturbi con un'importante componente psicologica e non una malattia di tipo 'organico'. Questo comporta il rischio di sottovalutare e sotto-trattare i pazienti, abbandonandoli ai loro disturbi". "Visto che la gastroenterite è un'evenienza molto comune, i risultati del nostro studio – rimarca Gasbarrini – potrebbero essere rilevanti in un'ottica di salute pubblica e portare i medici a seguire con più attenzione l'evoluzione di questi disturbi in un paziente che abbia presentato un episodio di gastroenterite acuta". —[email protected] (Web Info)
Migranti, nuova missione in Libia per Meloni
(Adnkronos) –
Nuova missione in Libia per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, oggi a Tripoli per prendere parte al segmento presidenziale del Trans-Mediterranean Migration Forum su invito personale del primo ministro Abdul Hamid Dabaiba. Il Trans-Mediterranean Migration Forum è un’iniziativa del governo di Unità nazionale libico per promuovere il dialogo tra Nazioni europee e africane sulla gestione dei fenomeni migratori e sull’individuazione di politiche condivise. L’evento si inserisce anche nel quadro della visita di Dabaiba lo scorso 15 maggio a Bruxelles, durante la quale il primo ministro libico ha incontrato la presidente Ursula von der Leyen: sul tavolo lo sviluppo di una migliore cooperazione tra Ue e Libia anche nel settore migratorio, da realizzare a partire da priorità condivise. Per l’Unione europea oggi parteciperà al Forum il vice presidente della Commissione Margaritis Schinas. Il vertice sulle migrazioni è strutturato in due segmenti: il primo, a cui parteciperà Meloni, è a livello di Capi di Stato e di governo e di vertici delle organizzazioni internazionali coinvolte, e sarà chiamato a fornire una visione strategica. Il secondo, cui parteciperà il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e a cui sono invitati numerosi ministri dell’Interno europei e africani, si concentrerà sulla cooperazione di sicurezza, incluso il contrasto al traffico di migranti e ai movimenti irregolari, lo scambio di esperienze e informazioni, i canali legali di migrazione. Subito dopo la missione a Tripoli, la premier partirà alla volta di Oxford per prendere parte al vertice della Comunità politica europea (Cpe). Anche qui, al Blenheim House, si parlerà del tema migratorio, per la prima volta in un summit del Cpe e su forte spinta italiana, rivendica Palazzo Chigi. Conclusi i lavori a Tripoli, Meloni farà rotta a Oxford per prendere parte ai vertice della Comunità politica europea. Il Cpe, di cui fanno parte 47 Nazioni europee, offre ai Capi di Stato e di governo un momento di dialogo informale, finalizzato a favorire la coerenza delle rispettive politiche estere su temi di interesse comune, nonché collaborazione in materia di economia, energia, sicurezza, connettività, giovani e cultura. Dall’edizione di Blenheim House si aggiunge -per la prima volta su forte spinta di Roma, rimarcano fonti italiane- il tema migratorio. Oltre che i rappresentati degli Stati, parteciperanno, per la Ue, il presidente uscente del Consiglio europeo Charles Michel e l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza uscente Joseph Borrell. Il Vertice si svolgerà nella sola giornata del 18 luglio. La plenaria di apertura sarà dedicata all’Ucraina e alla sicurezza europea e sarà presieduta dal primo ministro britannico Keir Starmer e dal presidente Michel, seguiranno quattro tavole rotonde tematiche parallele dedicate a migrazione, copresieduta da Albania e Italia; energia e connettività, copresieduta da Norvegia e Slovenia; difesa della democrazia, divisa in due sessioni parallele copresiedute da Francia e Moldova e dal Consiglio Europeo e dal Montenegro. —[email protected] (Web Info)
Sonno migliore con gli esercizi della sera, ecco quali secondo una ricerca
(Adnkronos) – Qualche squat sulla sedia, sollevare i polpacci mentre si guarda un programma in Tv, ma anche marciare in salotto o farsi un ballo in soggiorno. Sessioni di pochi minuti di attività fisica prima di andare a letto potrebbero a sorpresa favorire un sonno migliore e più lungo. Il risultato di un nuovo studio suona come un contrordine: gli esperti, infatti, sulla base delle evidenze disponibili, hanno per molto tempo sconsigliato di fare esercizio intenso serale, prima di mettersi a dormire, perché aumenta la temperatura corporea e la frequenza cardiaca, il che può peggiorare la qualità del sonno. Ma un gruppo di ricercatori dell'università di Otago, in Nuova Zelanda, ha scoperto che brevi 'parentesi' di attività leggera possono regalare notti fra le braccia di Morfeo e sogni d'oro. In uno studio – "il primo al mondo" di questo tipo, spiegano gli scienziati – pubblicato su 'Bmj Open Sport & Exercise Medicine' e finanziato dall'Health Research Council, gli autori hanno chiesto ai partecipanti di completare 2 sessioni nell'arco di 4 ore serali: in una si rimaneva seduti per un periodo prolungato, nell'altra si stava seduti interrompendo con pause di esercizi di 3 minuti ogni mezz'ora. Questi brevi momenti di 'sport' potrebbero bastare, assicurano. I ricercatori hanno infatti scoperto che, dopo aver completato l'intervento scandito dalle pause di attività, le persone dormivano 30 minuti in più. "Sappiamo che per molti di noi il periodo più lungo di 'seduta' ininterrotta avviene a casa la sera. Nei nostri studi precedenti abbiamo scoperto che alzarsi e fare 2-3 minuti di esercizio ogni mezz'ora riduce la quantità di zucchero e grassi nel flusso sanguigno dopo un pasto", sottolinea l'autrice principale del lavoro Jennifer Gale, Dipartimento di nutrizione umana dell'università di Otago, evidenziando che stare seduti per lunghi periodi è associato a un rischio maggiore di diabete, malattie cardiovascolari e morte. "Tuttavia, molte linee guida sul sonno ci dicono che non dovremmo fare sessioni lunghe o esercizi ad alta intensità nelle ore prima di dormire, quindi volevamo sapere cosa succederebbe se si facessero tranche molto brevi di esercizi di intensità leggera ripetutamente durante la sera", illustra Gale. Il 'pacchetto' previsto nello studio, racconta la ricercatrice principale Meredith Peddie, docente del Dipartimento di nutrizione umana dell'ateneo, aveva 3 esercizi: squat sulla sedia, sollevamento dei polpacci e sollevamento delle ginocchia in posizione eretta con estensione dell'anca a gamba tesa. "Questi semplici esercizi a corpo libero sono stati scelti perché non richiedono attrezzatura né molto spazio e possono essere eseguiti senza interrompere il programma Tv che si sta guardando", chiarisce.
Per la ricerca sono stati reclutati 30 non fumatori, di età compresa tra 18 e 40 anni. Tutti hanno riferito di aver accumulato più di 5 ore di tempo sedentario durante il giorno al lavoro e 2 ore la sera. Per fotografare l'attività fisica abituale e i modelli di sonno, i partecipanti hanno indossato un 'activity tracker' al polso per 7 giorni consecutivi. Ed è stato chiesto loro anche di registrare le attività svolte, l'ora in cui andavano a letto e quando si svegliavano. I dati del rilevatore di attività hanno mostrato che prima dell'esperimento i partecipanti trascorrevano quotidianamente in media 10 ore e 31 minuti seduti, e 4 ore e 55 minuti praticando attività fisica intensa. Tre su 4 dormivano le 7 ore a notte raccomandate, mentre il resto dormiva meno (21%) o, all'opposto, dormiva per più di 9 ore (4%). I risultati, basati su 28 partecipanti, mostrano che, dopo le pause dell'attività, i partecipanti dormivano in media 27 minuti in più rispetto a quando erano seduti per un periodo prolungato. La durata media del sonno è stata di 7 ore e 12 minuti, rispetto alle 6 ore e 45 minuti dopo un periodo di sedentarietà prolungata. E mentre l'ora in cui i partecipanti hanno tentato di andare a dormire era più o meno la stessa, i tempi medi di risveglio erano diversi. I partecipanti si sono svegliati, in media, alle 7.35 del mattino dopo la sessione sedentaria e alle 8.06 del mattino dopo la sessione con pause di attività fisica. Inoltre, non sono state rilevate differenze significative nell'efficienza del sonno o nel numero di risvegli notturni tra i 2 interventi, il che indica che le pause di attività non hanno creato problemi o interrotto il sonno successivo, affermano i ricercatori. "Da quello che sappiamo da altri studi – puntualizza Peddie – si potrebbe probabilmente ottenere un effetto simile se si camminasse per casa, se si marciasse sul posto o persino se si ballasse nel proprio soggiorno", appunto. "La cosa più importante è alzarsi regolarmente dalla sedia e muovere il proprio corpo", afferma. Il fatto che questo esercizio comporti un sonno più lungo è importante, evidenziano gli autori del lavoro, perché la mancanza di sonno può influire negativamente sulla dieta ed è stata associata a malattie cardiache e diabete di tipo 2. "Sappiamo che livelli più elevati di attività fisica durante il giorno favoriscono un sonno migliore, ma le attuali raccomandazioni sul sonno sconsigliano l'esercizio fisico ad alta intensità prima di andare a letto. Potrebbe essere il momento di rivedere queste linee guida, poiché il nostro studio ha dimostrato che interrompere regolarmente lunghi periodi trascorsi in posizione seduta è un promettente intervento sanitario", conclude Peddie. —[email protected] (Web Info)
Tumori, cancro al pancreas: speranze da un farmaco anti-asma
(Adnkronos) –
Da un farmco anti-asma nuove speranze contro il cancro al pancreas. Il farmaco budesonide, ampiamente utilizzato per trattare la malattia respiratoria, ha mostrato "la sorprendente capacità di contrastare la proliferazione delle cellule tumorali dell'adenocarcinoma duttale pancreatico (Pdac), la forma più frequente di tumore al pancreas". Lo ha scoperto un team internazionale guidato da scienziati dell'Istituto di genetica e biofisica 'A. Buzzati-Traverso' del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Igb), insieme a colleghi dell'università della Campania Luigi Vanvitelli, dell'Instituto de Investigaciones Biomedicas Sols-Morreale di Madrid in Spagna e dell'università del Tennessee negli Usa. I risultati sono pubblicati sul 'Journal of Experimental & Clinical Cancer Research' (gruppo Springer Nature).
Perché tra i pazienti asmatici si osserva una minore incidenza di tumore al pancreas? E' questa la domanda che ha guidato i ricercatori nel loro lavoro, finanziato da Fondazione Airc per la ricerca sul cancro e dal ministero dell'Università e della Ricerca. "Ci siamo concentrati sulla correlazione inversa che, secondo dati statistici, vede un'associazione negativa tra i pazienti asmatici sotto terapia da lungo tempo e la frequenza del tumore al pancreas", spiega Gabriella Minchiotti del Cnr-Igb, coordinatrice dello studio. "Abbiamo così scoperto – continua – che il budesonide, un farmaco glucocorticoide già in commercio per il trattamento dell'asma, è in grado di limitare le caratteristiche più aggressive delle cellule umane di tumore del pancreas, come la capacità di proliferare, migrare e invadere altri tessuti e organi, alla base della disseminazione delle metastasi. In esperimenti con cellule in coltura e animali di laboratorio, abbiamo dimostrato che il budesonide arresta la crescita delle cellule del tumore pancreatico modificandone il metabolismo e interferendo in particolare con i cambiamenti necessari alla progressione tumorale". "I risultati ottenuti – evidenzia Cristina D'Aniello del Cnr-Igb, coautrice corrispondente dell'articolo – suggeriscono un possibile utilizzo del budesonide anche nella terapia preventiva, o come coadiuvante nel trattamento dell'adenocarcinoma duttale pancreatico". Oltre a essere una delle forme più frequenti di tumore al pancreas, il Pdac è anche particolarmente aggressivo, sottolineano da Cnr e università Vanvitelli. Nel 2023 in Italia sono state stimate circa 14.800 nuove diagnosi, secondo i dati del rapporto Aiom-Airtum 'I numeri del cancro in Italia'. Essendo un tumore spesso resistente alle terapie classiche, quali chemioterapia e radioterapia, la sopravvivenza stimata a 5 anni dalla diagnosi è inferiore al 12%. Per questa neoplasia, inoltre, non esistono metodi di screening efficaci, quindi al momento della diagnosi spesso il tumore si è già diffuso nell'organismo, rendendo difficile ogni tipo di intervento e terapia. Per budesonide si prospetta ora quello che "in gergo medico-scientifico è chiamato 'riposizionamento', poiché è utilizzato in caso di farmaci già usati per determinate indicazioni terapeutiche ed efficaci nel trattamento di patologie diverse da quelle per cui erano stati approvati in origine", precisa D'Aniello (Cnr-Igb). "Inoltre – conclude – lo studio potrebbe aprire nuove frontiere per lo sviluppo di terapie nella lotta a questo tipo di tumore, con un risparmio di tempi e costi". —[email protected] (Web Info)
Italia Longeva, aumenta assistenza a domicilio ma servono più cure sul territorio
(Adnkronos) – Cresce, anche se poco, l'assistenza domiciliare (Adi) degli anziani fragili, ma è fondamentale potenziare le cure sul territorio per non subire la pressione demografica. Nei prossimi 20 anni, si stima, saranno all'incirca 6 milioni gli over 65 soli e a rischio di isolamento. Oggi il 64% delle persone con demenza, tra le prime cause di perdita di autonomia negli anziani, non viene preso in carico in una struttura sociosanitaria, con un onere fortissimo per milioni di famiglie. Va poi considerato che, laddove c'è meno assistenza domiciliare, aumentano gli accessi al pronto soccorso e i ricoveri inappropriati e, dunque, la spesa a carico del servizio sanitario. E' quanto emerge dall'Indagine 2024 di Italia Longeva che, a partire dai dati del Sistema informativo del ministero della Salute, fotografa l'andamento della Long-term care nel nostro Paese, cioè dell'assistenza territoriale offerta ai cittadini fragili in risposta ai diversi livelli di intensità dei loro bisogni. Il report è stato presentato oggi al ministero della Salute nel corso della nona edizione degli 'Stati generali dell'assistenza a lungo termine – Long-Term Care Nine', l'appuntamento annuale di Italia Longeva che riunisce gli attori che, ai vari livelli, si occupano di programmare e gestire l'assistenza agli anziani. L'indagine mostra che il bisogno di assistenza domiciliare agli anziani è enorme – riporta una nota – nonostante il trend di crescita degli over 65 che beneficiano di cure a casa, passati dai 252mila (1,95% del totale) del 2014 ai quasi 550mila (3,89%) del 2023. Secondo i dati forniti dalle Regioni al ministero della Salute, sarebbero oltre 80mila in più gli anziani che nell'ultimo anno sono stati assistiti al domicilio rispetto al 2022, dato positivo, ma che sembra non trovare riscontro nel 'mondo reale'. C'è poi un altro 2,88% di ultra 65enni (404.235 persone) che ha ricevuto cure residenziali (Rsa) nell'ultimo anno. Un'accelerazione dell'offerta dei servizi di Adi e Rsa è quanto mai prioritaria per evitare che la mancata gestione dell'invecchiamento diventi la vera malattia del Paese, sempre più chiamato a fare i conti con le conseguenze della pressione demografica: aumento del carico di cronicità, disabilità e non autosufficienza che amplificano i bisogni di salute, oltretutto in un contesto di assottigliamento delle reti familiari. "Leggiamo con cauto ottimismo i numeri sull'Adi forniti dalle Regioni – commenta Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva – L'invecchiamento della popolazione e l'aumento delle malattie ad esso correlate (diabete, patologie cardiovascolari, demenze) ci impongono di premere l'acceleratore per potenziare e rendere più omogenea l'assistenza sul territorio. Continuiamo a concentrarci sull'Adi perché siamo convinti che sia l'unica risposta possibile di un servizio sanitario in grado di affrontare e non di subire l'assistenza agli anziani. Pensiamo agli accessi in pronto soccorso e ai ricoveri inappropriati, ma anche alla necessità di garantire la messa in sicurezza dei pazienti fragili che vengono dimessi dall'ospedale, soprattutto di coloro che sono privi di un supporto familiare". A tal proposito – prosegue la nota – sono state calcolate 600mila giornate di degenza inappropriate all'anno per gli over 70 (fonte Agenas su dati Sdo 2019), solo per la gestione di cronicità come diabete e ipertensione, che contribuiscono al sovraffollamento degli ospedali e all'aumento delle liste d'attesa, nonché al fenomeno delle dimissioni tardive per mancata disponibilità di presa in carico sul territorio. "Potenziare i servizi di Long-term care, in particolare le cure domiciliari – aggiunge Bernabei – significa costruire un ponte tra ospedale e casa, e dare finalmente un'assistenza congrua ai nostri anziani". L'urgenza di rafforzare l'offerta di Long-term care – per Italia Longeva – va letta anche alla luce del peso crescente delle malattie neurodegenerative in un Paese con 14,3 milioni di anziani, di cui oltre 4,5 milioni di 80enni, e previsioni che stimano una quota del 34% di over 65 nei prossimi 20 anni, con gli over 80 che supereranno i 6 milioni. L'Indagine 2024 ha aperto una finestra sulla demenza, condizione che in Italia interessa 1,5 milioni di persone, di cui oltre 600mila sono affette da malattia di Alzheimer, cui si aggiungono altri 900mila italiani con diagnosi di pre-demenza. Questi numeri, uniti all'impatto economico della gestione e del trattamento dei pazienti con demenza – 23,6 miliardi di euro, di cui oltre il 60% a totale carico delle famiglie – danno la misura dell'imponente domanda di cure e supporto specifici che si rendono necessari e sempre di più lo saranno nel prossimo futuro. "Anche quest'anno Italia Longeva ha offerto una fotografia sullo stato dell'arte della Long-term care lungo lo Stivale, aggiungendo un focus specifico sulle malattie neurodegenerative che accompagnano l’invecchiamento della popolazione – afferma Davide Vetrano, geriatra ed epidemiologo, consulente scientifico di Italia Longeva – L'Italia sta facendo dei passi in avanti nell'organizzazione e nell’offerta dei servizi di Adi e Rsa, che rappresentano le due componenti cruciali di una risposta sanitaria coerente alle esigenze degli anziani più fragili. Il panorama geografico delle cure domiciliari resta estremamente variegato: Molise, Abruzzo, Basilicata, Toscana e Umbria sono quelle che fanno meglio, con tassi di copertura di Adi superiori al 4,5%. Per quanto riguarda le cure residenziali, sono poco più di 400mila gli over 65 che ne hanno beneficiato nell'ultimo anno, ancora una volta con una distribuzione a macchia di leopardo: tassi di residenzialità più elevati si registrano nelle regioni del Nord – provincia autonoma di Trento (9,9%), Veneto (5,9%), Piemonte (5,4%), Lombardia (4,6%) e pa di Bolzano (4,3%) – e sono per lo più correlati alle peculiari caratteristiche del tessuto sociale". Per affrontare efficacemente la fragilità degli anziani, "sono necessari – elenca Bernabei – setting assistenziali, conoscenze e competenze specifiche, e la capacità del sistema di assicurare la continuità della presa in carico tra i diversi livelli e luoghi di cura. Innanzitutto prendendo in carico gli anziani nel proprio ambiente domestico il più a lungo possibile, fornendo cure mediche, infermieristiche e riabilitative e supporto adeguati per mantenere una buona qualità della vita". "Ma il principio guida di questa rete di assistenza – conclude il presidente di Italia Longeva – è quello di trovare la migliore soluzione assistenziale per il paziente sul territorio, a seconda della complessità dei suoi bisogni: servizi di Adi, accesso in Rsa, strutture di lungodegenza o hospice, in cui ciascun attore, professionista, caregiver, gioca la sua parte per dare risposte coerenti alle esigenze degli anziani". —[email protected] (Web Info)












