(Adnkronos) – "Anche in Italia registriamo un incremento dei casi di morbillo, fenomeno evidentemente dovuto alla riduzione del tasso vaccinale. I soggetti più colpiti sono giovani adulti, categoria che evidentemente non ha fatto il richiamo del morbillo". Così all'Adnkronos Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit, la Società italiana di malattie infettive e tropicali, a margine del convegno 'La protezione vaccinale nei pazienti fragili a rischio' oggi a Roma nella sede del ministero della Salute. I tassi di vaccinazione registrati in questi ultimissimi anni preoccupano Andreoni che ammette: "Sono in calo per il morbillo, ricordiamoci che per questa malattia dobbiamo ottenere un tasso vaccinale sopra il 95% – avverte l'infettivologo – Si tratta di un campanello d'allarme che non va sottovalutato. Occorre favorire un'altissima adesione tra la popolazione. Avevamo iniziato a immaginare l'eliminazione di questa malattia anche in Italia, invece questi dati un po' ci fanno tornare indietro. Dobbiamo aver presente, e ricordarlo a tutti, che il morbillo è una malattia grave". Andreoni quindi snocciola alcuni dati: "Abbiamo avuto 50 casi, anche gravi, compresa un'encefalite. Tuttavia, il morbillo viene sempre più inteso come malattia banale ma banale non è, d'altronde non esistono vaccini per malattie banali. Quindi dobbiamo cercare di rifare la giusta informazione per riportare le persone a vaccinarsi anche per il morbillo", conclude. —[email protected] (Web Info)
Andreoni: “Dengue non è emergenza nazionale ma è bene vigilare”
(Adnkronos) – "Dengue non è certamente un'emergenza nazionale e non ci aspettiamo una grande epidemia. Tuttavia, dobbiamo controllare quello che accade. Lo scorso anno abbiamo avuto 82 casi autoctoni, questo a dimostrazione che il sistema è in grado di sviluppare, di ampliare la malattia una volta che è arrivata nel nostro Paese. Vista la situazione generale, è presumibile che qualche caso in più in Italia quest'anno lo avremo. La possibilità che una persona, dopo aver contratto infezione in una zona ad alta endemia (Sud America o Sud Est Asiatico), arrivi da noi e avendo noi il vettore – la zanzara tigre – sia in grado di trasmettere la malattia è molto probabile". Così all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit, Società italiana malattie infettive e tropicali, a margine del convegno 'La protezione vaccinale nei pazienti fragili a rischio' promosso oggi al ministero della Salute. "Non ci aspettiamo grandi numeri – rassicura l'infettivologo – anche perché la zanzara tigre è meno competente della zanzara della febbre gialla (Aedes aegypti) a trasmettere il virus. Dobbiamo fare attenzione ovviamente a quante persone arrivano in Italia con la malattia, perché bloccando il paziente si blocca il circuito. Quindi è bene fare attenzione che non arrivi l'Aedes aegypti in Italia, perché è già presente sul Mar Caspio e quindi sta vicino. Se arrivasse anche in Italia questa zanzara, evidentemente la situazione si modificherebbe e diventeremmo più simili ai Paesi ad alta endemia", conclude Andreoni. —[email protected] (Web Info)
Siliquini (SItI): “In Italia nessun allarme Dengue, vaccinazione non consigliabile”
(Adnkronos) – "La Dengue in Italia non rappresenta un problema di sanità pubblica per la popolazione, semmai deve esserlo per gli amministratori locali perché ormai abbiamo una densità di zanzare anomala per il nostro Paese, vettore di una serie di patologie, tra cui la febbre da Dengue. Gli amministratori locali devono intervenire con disinfestazioni". La vaccinazione contro Dengue "non è assolutamente consigliata per il nostro Paese. Ma anche per coloro che si recano all'estero, in particolare in zone endemiche, la vaccinazione è raccomandata solo se queste persone hanno già avuto un episodio di Dengue. Quindi, ripeto, non c'è nessun pericolo per la popolazione". Lo ha detto all'Adnkronos Salute Roberta Siliquini, presidente della Società italiana di Igiene e medicina preventiva e sanità pubblica (SItI), a margine del convegno 'La protezione vaccinale nei pazienti fragili a rischio' promosso oggi a Roma, nell'Auditorium del ministero della Salute. —[email protected] (Web Info)
Kluge (Oms Europa): “Italia non aderirà a Green pass? Ci rifletta bene”
(Adnkronos) – "Il Green pass" globale "proposto dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dall'Ue è una sorta di fascicolo sanitario elettronico, come quello fornito dalle autorità sanitarie locali, ma verificabile e accettato in tutto il mondo. Ogni Paese sovrano ha il diritto di decidere se aderire al nuovo sistema di Green pass. Vorrei incoraggiare tutti i Paesi – compresa l'Italia – a riflettere attentamente su come gestirebbero la prossima crisi sanitaria". E' un invito a considerare tutti gli elementi, anche gli scenari futuri, quello lanciato da Hans Kluge, direttore dell'Ufficio regionale dell'Oms per l'Europa, in un'intervista all'Adnkronos Salute in occasione della sua visita in Italia per celebrare il 20esimo anniversario dell'Ufficio Oms di Venezia. Oggi nel capoluogo veneto – alla presenza di istituzioni italiane e internazionali, e di leader di settori chiave, dall'economia alla salute e allo sviluppo sostenibile – si parla anche di questo: di come costruire società resilienti e più sane, che non lascino indietro nessuno. "Crediamo che ci sia bisogno di più, e non di meno, cooperazione e scambio per aiutare a prevenire o rispondere alla prossima grande emergenza sanitaria", avverte Kluge. E infatti, aggiunge, "l'Oms Europa lancerà alla fine di questo mese una Rete paneuropea per il controllo delle malattie, composta da Paesi Ue e non Ue della regione europea, che include l'Asia centrale". "La pandemia – evidenzia – ha dimostrato che molte delle sfide odierne per i sistemi sanitari sono sfide condivise, cosa che sta spingendo la Commissione europea a presentare proposte per un'Unione sanitaria europea più forte. Sebbene l'obiettivo primario sia rafforzare il quadro di sicurezza sanitaria dell'Ue in risposta alle minacce transfrontaliere, ciò è accompagnato da un rinnovato e più ampio impegno politico per migliorare i sistemi sanitari europei e investire nella loro resilienza e sostenibilità". L'Oms Europa, assicura Kluge, "accoglie con grande favore questa iniziativa e il riconoscimento esplicito che sia le minacce sanitarie note sia quelle ancora sconosciute sono nostra responsabilità condivisa, perché virus e batteri non conoscono confini". Da qui l'impegno per la Rete paneuropea per il controllo delle malattie. "Questa – spiega – è stata una delle raccomandazioni chiave di una commissione indipendente, presieduta dall'ex premier italiano Mario Monti, sugli insegnamenti tratti dalla pandemia". I componenti di questa nuova rete per il controllo delle malattie "punteranno a rilevare, verificare e notificare rapidamente l'uno all'altro eventuali nuove minacce sanitarie in evoluzione, dalle malattie infettive emergenti alla resistenza antimicrobica", illustra Kluge.
Dopo la pandemia, i temi della condivisione delle informazioni e della cooperazione sono molto sentiti. Per questo il direttore di Oms Europa, anche in relazione al Green pass globale, invita i Paesi a riflettere su come potranno gestire la situazione quando la prossima crisi sanitaria colpirà. "A livello globale – ricorda Kluge – l'incapacità di prevenire e quindi poi di gestire adeguatamente la pandemia di Covid-19 ha comportato un'immensa perdita di vite umane e di salute, nonché un'interruzione senza precedenti delle attività sociali ed economiche in tutto il mondo". Aver sperimentato tutto ciò "ha creato lo slancio per riformare l'architettura sanitaria globale. Come parte di questo processo è stato suggerito un Green pass globale, che sarebbe fondamentalmente un'estensione e digitalizzazione della cosiddetta 'Yellow card'", una sorta di 'passaporto medico', "in uso anche in Italia, necessaria per verificare la vaccinazione contro alcune malattie pericolose e richiesta per l'ingresso in alcuni Paesi", conclude. "L'elevato livello di incertezza sul Long Covid richiede ulteriori studi. Sono necessarie ulteriori ricerche sulla prevalenza e sui sintomi debilitanti, compreso il modo in cui questi influiscono sul mercato del lavoro, sulla forza lavoro sanitaria e sull'economia in generale. Solo allora potremo progettare le politiche e le pratiche giuste. I Paesi della regione europea non stanno monitorando e riportando i dati chiave in modo coerente, il che rende molto più difficile per i decisori politici affrontare i gap e i problemi dei nostri sistemi sanitari", è il monito lanciato da Hans Kluge. "Il peso del Covid-19 e del Long Covid – osserva all'Adnkronos Salute – stanno esacerbando la pressione sui nostri sistemi sanitari sulla scia della pandemia. Ciò è in parte dovuto anche al fatto che gli operatori sanitari e sociali sono stati tra i più esposti alla malattia e, quindi, a rischio molto più elevato di Long Covid. Si stima che circa 36 milioni di persone nella regione europea dell'Oms possano aver sperimentato sintomi di Long Covid nei primi tre anni della pandemia, tra cui 1,4 milioni di persone in Italia. Nel frattempo, l'Europa è attualmente alle prese con una carenza di 2 milioni di operatori sanitari, triste eredità della pandemia e di anni di investimenti insufficienti. Nell'Ue si calcola che il Long Covid abbia ridotto l'offerta di lavoro di una quota pari a 663mila persone nel 2021 e fino a 1,1 milioni nel 2022". Ecco l'impatto della sindrome post virus descritto da Kluge, secondo cui servono segnalazioni, sorveglianza e diagnostica migliori, nonché dati su ricoveri, mortalità e costi sanitari. "Altrimenti resteremo all'oscuro. L'Oms Europa – sottolinea – sta cercando di colmare il gap di conoscenze sull'impatto del Long Covid sul personale sanitario". Fra le attività che si stanno portando avanti, "stiamo supportando l'introduzione di raccomandazioni sulla gestione clinica, oltre che su trattamenti specifici e di supporto per chi convive con il Long Covid da tanto tempo. E stiamo diffondendo linee guida sulle migliori pratiche nella riabilitazione. Manteniamo stretti legami anche con i gruppi dei pazienti – elenca – L'Oms Europa sta attualmente finalizzando i risultati di un'indagine in 5 Paesi (Italia, Regno Unito, Polonia, Georgia e Armenia) per descrivere l'impatto di Covid e Long Covid sul personale della riabilitazione e formulare raccomandazioni per una futura risposta all'emergenza. I risultati – conclude il direttore – saranno presto resi pubblici". "L'Organizzazione mondiale della sanità è pienamente allineata con le priorità di salute dell'Italia sotto la presidenza del G7": la "prevenzione per tutto l'arco della vita" per un invecchiamento "sano e attivo", "riformare l'Oms", "sostenere il principio 'One Health' in tutte le politiche sanitarie". "E' diventato evidente che dobbiamo costruire nuove alleanze tra i settori finanziario, economico e sanitario", avverte Kluge. Perché, "come ha dimostrato la pandemia, la salute e l'economia sono indissolubilmente legate". Ed è "chiaro che le disuguaglianze possono avere conseguenze devastanti sulla performance economica e sulla resilienza. E' interessante notare che un numero crescente di Paesi e organizzazioni internazionali stanno portando avanti innovazioni su tasse e spesa per benessere, equità e salute delle società. Stiamo vedendo il benessere e l'equità in cima all'agenda politica dei governi e delle Nazioni Unite", rimarca. Sempre in questa direzione, conclude, "nel settembre di quest'anno gli Stati membri si riuniranno nel Summit for the Future, che ci si aspetta concordi un Patto. Nella bozza del documento si sottolinea l'intenzione di andare oltre il Pil per misurare cosa conta per le persone, il pianeta e il futuro e per riformare l'architettura finanziaria internazionale". "Quest'anno, il 2024, segna il momento in cui in Europa il numero di persone anziane (over 65) supererà il numero di bambini e adolescenti (di età inferiore a 15 anni), con implicazioni significative sulla politica sanitaria. Si vive sempre più a lungo, in parte grazie a una migliore assistenza sanitaria. E si stima che entro il 2050 l'Ue ospiterà circa 500mila persone di età pari o superiore a 100 anni. Immaginatelo: mezzo milione di centenari in Europa entro i prossimi 26 anni", ha detto ancora Kluge. "Almeno la metà della nostra salute è determinata dai fattori sociali ed economici (come istruzione, alloggio e reddito)", ricorda Kluge. E con l'aumento degli over 65 che popoleranno sempre di più la regione, e il grande 'sorpasso' sui giovanissimi, "prevenire situazioni di cattiva salute nell'arco della vita di una persona è fondamentale se vogliamo alleggerire la pressione sui nostri servizi sanitari sovraccarichi. E questo ci impone di affrontare le disuguaglianze sanitarie, sociali ed economiche in tutta la regione europea. Gli ultimi due decenni le hanno viste crescere. I ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. E i nostri sistemi sanitari finanziati con fondi pubblici faticano a tenere il passo con la domanda" di prestazioni "che aumenta e con risorse inadeguate". "Molti più anziani vivono non solo in condizioni di salute precarie evitabili, ma anche in case e quartieri poveri, altro fattore evitabile, lottando per riuscire sbarcare il lunario e scegliere tra" bisogni primari come "l'acquisto di medicinali e il riscaldamento della propria casa", conclude il direttore di Oms Europa, ricordando l'impegno su questo fronte dell'Ufficio Oms di Venezia, che "negli ultimi 20 anni ha prodotto evidenze su cosa dobbiamo fare per ridurre privazione e povertà, e su come farlo". "Il 13 maggio 2020, l'Ufficio regionale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per l'Europa ha pubblicato un documento intitolato 'Una sfida senza precedenti: la prima risposta dell'Italia a Covid-19'. Il documento, scritto da esperti indipendenti, si concentrava sulla risposta del Governo italiano alla pandemia. Gli obiettivi del rapporto erano documentare le prime lezioni apprese dalla risposta italiana e condividerle con i Paesi che non erano ancora nella fase epidemica conclamata", ha affermato Kluge. "La pandemia di Covid-19 era senza precedenti e la stragrande maggioranza dei Paesi – se non tutti – hanno dovuto affrontare sfide enormi, inclusa l'Italia che è stato il primo Paese della regione europea ad essere duramente colpito", ha evidenziato ancora in occasione della sua visita in Italia per il 20esimo anniversario dell'Ufficio Oms di Venezia, cercando di spiegare il valore del report finito al centro di polemiche. "All'Oms crediamo nel potere della scienza e delle evidenze, e nella possibilità di imparare gli uni dagli altri. E questo era lo scopo previsto del rapporto sulla risposta iniziale dell'Italia a Covid", conclude. "La prosperità economica e l'equità sanitaria non sono in contrasto tra loro. Se vogliamo costruire società più sane, felici, eque e stabili, dobbiamo ripensare l'economia moderna e sono orgoglioso del ruolo cruciale che l'Ufficio Oms di Venezia ha giocato e sta giocando per aiutarci a raggiungere questo obiettivo. Sono impaziente di andare avanti con questa partnership con l'Italia come Paese ospitante per questo lavoro vitale". La lotta alle disparità in materia di salute è un impegno di lungo corso dell'Ufficio europeo dell'Organizzazione mondiale della sanità per gli investimenti per la salute e lo sviluppo (Oms/Europe Venice Office), assicura Kluge. "Obiettivo chiave" dell'ufficio in Italia è infatti "quello di mettere in luce le evidenti disuguaglianze sanitarie nelle nostre società e offrire soluzioni su come affrontarle", ha spiegato. Le istituzioni italiane e internazionali partecipanti si confrontano su questa sfida, che è diventata sempre più un'urgenza "perché – osserva Kluge – purtroppo una buona salute non è universale, dipende in gran parte da dove sei nato e dalle opportunità che hai nella vita. Le disuguaglianze sanitarie sono principalmente determinate da fattori sociali ed economici. E i determinanti non medici della salute (come l'istruzione, il reddito e la sicurezza del lavoro) possono avere un impatto maggiore rispetto all'assistenza sanitaria o alle scelte di vita. Dobbiamo innanzitutto affrontare le ragioni della cattiva salute per migliorarla". Fra le varie attività portate avanti in questi due decenni, "l'ufficio di Venezia sta mettendo insieme i settori finanziario e di sanità pubblica con le banche centrali per trovare un terreno comune" e far sì che "le alleanze tra partner che solitamente non collaborano possano effettivamente produrre risultati positivi di salute per le persone, ovunque e allo stesso modo. Il lavoro pionieristico della sede veneziana contribuirà a porre le basi per il prossimo Wellbeing Economy Forum in Islanda a giugno e per il Forum of the Future delle Nazioni Unite a settembre", continua Kluge, dicendosi poi "grato" all'ex premier Mario Monti "per aver presieduto la Commissione paneuropea sulla salute e lo sviluppo sostenibile, che ha formulato una serie di raccomandazioni basate sulle lezioni apprese da Covid. Tra queste l'appello per la creazione di una task force globale su salute e finanza, subito accolto dal G20, di cui ovviamente l'Italia è parte". "Sono ottimista sul fatto che il sistema sanitario ucraino resisterà a questa guerra devastante. Ma ciò dipenderà non in piccola parte dall'impegno dei numerosi donatori europei e di tutto il mondo che hanno contribuito a garantire che il sistema sanitario sia ancora in piedi, compresa l'Italia. Roma ha finora impegnato 1,4 miliardi di dollari in assistenza finanziaria all'Ucraina", ha evidenziato ancora il direttore regionale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per l'Europa. "Gli attacchi contro i civili e le infrastrutture civili devono finire – ammonisce Kluge – Negli ultimi mesi l'Ucraina ha registrato un'intensificarsi di questi attacchi, anche nella capitale Kiev". Episodi che "hanno finora ucciso centinaia di persone e lasciato milioni senza riscaldamento, elettricità e acqua. Dall'inizio della guerra abbiamo accertato oltre 1.500 attacchi alla sanità", aggiorna il direttore. "Non c'è niente di peggio di un conflitto per la salute. E' la conclusione di una recente analisi" proprio "dell'Ufficio Oms di Venezia". Situazioni di insicurezza come la guerra fanno sì che "sempre più persone" non solo "perdano l'accesso ai servizi sanitari di cui hanno bisogno, ma anche la fiducia nelle istituzioni che sono alla base di una società ben funzionante – analizza Kluge – Il sistema sanitario ucraino ha mostrato notevole resilienza e resistenza negli ultimi due anni, e dobbiamo fare il possibile per garantire che rimanga tale. I disagi sono stati significativi, l'impegno di operatori sanitari e ministero della Salute del Paese è stato esemplare". Ovviamente, ha continuato il numero uno di Oms Europa, "nel medio e lungo termine lo stato sanitario dell'Ucraina è una delle maggiori preoccupazioni. In primo luogo per le malattie non trasmissibili che rappresentano le principali cause di malattia e morte nel Paese, con una percentuale dell'84%. La necessità di riabilitazione fisica e di protesi continuerà a crescere con l'aumento dei pazienti" con "lesioni traumatiche riportate durante il conflitto. La violenza di genere è un problema importante, con il 26% delle donne e delle ragazze", una su 4, "che la subiscono da parte di un partner intimo. Inoltre, la nazione affronta un carico significativo legato ad Hiv, tubercolosi e mortalità materna", mentre resta "incombente" un "potenziale" rischio "di epidemie se le condizioni attuali persistono". "Stiamo lavorando col ministero della Salute ucraino per garantire supporto continuo laddove ce n'è più bisogno – conclude Kluge – Nell'ultimo anno abbiamo formato più di 2mila medici a riconoscere e trattare la violenza di genere in Ucraina e nei Paesi che accolgono rifugiati ucraini". "L'intelligenza artificiale cambierà radicalmente ogni aspetto della vita umana. Il Fondo monetario internazionale prevede che nei prossimi anni il 40% dei lavori sarà influenzato in qualche modo dall'Ai, anche nel settore sanitario e assistenziale. Inoltre, si prevede che entro il 2030 i prodotti e i servizi dell'Ai contribuiranno con 15,7 trilioni di dollari all'economia globale, più della produzione attuale di Cina e India messe insieme. La ricerca dell'innovazione per la salute non è priva di ostacoli. Dalle barriere normative ai vincoli finanziari, dai dilemmi etici alle preoccupazioni sulla privacy dei dati, il percorso è irto di sfide che richiedono un'attenta navigazione. Tuttavia, queste sfide non dovrebbero scoraggiarci, ma piuttosto galvanizzare la nostra determinazione a superare i limiti di ciò che è possibile". E' l'analisi di Kluge. L'Ai è una promessa. Tuttavia, puntualizza all'Adnkronos Salute in occasione della sua visita in Italia per il 20esimo anniversario dell'Ufficio Oms di Venezia, "dobbiamo spostare l'attenzione dai soli ritorni economici all'impatto più ampio delle soluzioni innovative sulla salute pubblica. Allineando le politiche con l'obiettivo di migliorare i risultati sanitari per tutti, possiamo affrontare meglio le disparità nell'accesso all'assistenza sanitaria e fornire soluzioni sostenibili". Oggi "stiamo già assistendo al lancio di strumenti di intelligenza artificiale nei sistemi sanitari per supportare una vasta gamma di compiti, dall'analisi delle cellule tumorali alla chirurgia robotica", ricorda Kluge. "Proprio la settimana scorsa – cita come esempio – l'Oms ha lanciato Sarah (Smart AI Resource Assistant for Health), un prototipo di promoter digitale della salute", assistente virtuale "con una risposta empatica potenziata, alimentato dall'intelligenza artificiale generativa. Rappresenta un'evoluzione degli avatar di informazioni sanitarie basati sull'Ai, utilizzando nuovi modelli linguistici e tecnologie all'avanguardia. Può coinvolgere gli utenti 24 ore al giorno in 8 lingue su molteplici argomenti sanitari, su qualsiasi dispositivo". Insomma, conclude il direttore di Oms Europa, "promuovendo una cultura dell'innovazione, coltivando le menti creative, possiamo affrontare le sfide sanitarie più urgenti del nostro tempo e l'intelligenza artificiale sarà parte della soluzione negli anni a venire. Sono fermamente convinto che la salute debba essere un motore piuttosto che un semplice destinatario di innovazione. Dalle tecnologie all'avanguardia come i vaccini a mRna fino alla diagnostica guidata dall'Ai, il potenziale per trasformare l'assistenza sanitaria è illimitato". (di Lucia Scopelliti) —salute/[email protected] (Web Info)
Cronaca nazionale/ Con l’auto contro un albero, 39enne perde la vita
Ennesimo terribile incidente stradale, purtroppo mortale.
Un uomo di 39 anni ha perso la vita in un tragico incidente stradale avvenuto sulla ex Statale della Cisa, all’altezza di Chiozzola di Parma, mentre stava rientrando a casa.
Era residente a Sorbolo Levante, nel comune di Brescello.
L’auto della vittima, per cause ancora al vaglio degli investigatori, si è schiantata contro un albero.
I carabinieri hanno disposto accertamenti per cercare di ricostruire la dinamica dell’incidente.
Foto di repertorio
Salute, esperti: “Dopo diagnosi diabete 2 uso sistemi monitoraggio glucosio con sensori”
(Adnkronos) – In Italia le persone con diabete sono circa 3,9 milioni, pari al 6,6% dell'intera popolazione. Un numero quasi raddoppiato negli ultimi vent'anni. I sistemi di monitoraggio del glucosio con sensori sono considerati oggi uno standard per le persone con diabete in terapia insulinica intensiva, ma un panel di esperti diabetologi europei ritiene – attraverso un Consensus report pubblicato oggi – che possano essere uno strumento essenziale anche subito dopo la diagnosi di diabete di tipo 2. Nel documento si afferma che questi sistemi di monitoraggio possono aiutare il medico a monitorare meglio il profilo glicemico del paziente e ad impostare e valutare nel tempo il piano di cura, spiega una nota. Inoltre, questi sistemi forniscono informazioni su come la dieta e l'esercizio fisico possono influire sui livelli di glucosio. "La pubblicazione – commenta Stefano Del Prato, professore di Endocrinologia all'Università di Pisa – rappresenta il risultato di una discussione tra esperti tesa a valutare i vantaggi del monitoraggio glicemico nelle varie fasi della evoluzione del diabete tipo 2, sia all'esordio della malattia che nelle fasi più avanzate con terapia insulinica. Il gruppo ha convenuto che in tutte queste fasi i sistemi di monitoraggio del glucosio con sensori offrono alla persona con diabete una migliore consapevolezza della gestione della patologia, permettendo loro di apprezzare 'in diretta' gli effetti dell'aderenza alla terapia dietetica e di attività fisica, oltre che alla eventuale terapia farmacologica. Il monitoraggio glicemico con sensore, inoltre, facilita l'interpretazione della risposta clinica al trattamento da parte del personale sanitario". "Il gruppo di lavoro – aggiunge lo specialista – ha evidenziato i risultati di indagini che hanno mostrato come la migliore consapevolezza di gestione clinica fornita dal monitoraggio continuo della glicemia possa determinare un effetto positivo sugli esiti clinici, una riduzione degli eventi acuti e delle ospedalizzazioni. Oggi questi sistemi sono largamente utilizzati nei soggetti in terapia insulinica, ma i dati della letteratura dimostrano come il monitoraggio della glicemia con sensori sia importante fin dall'esordio del diabete di tipo 2 e il suo uso dovrebbe essere considerato il prima possibile, per aiutare la persona con diabete a vivere una vita più consapevole e sana". Gli studi clinici – riporta la nota – mostrano che attuare un controllo intensivo del glucosio fin dall'esordio del diabete di tipo 2 può contribuire a ridurre significativamente il rischio di sviluppare le complicanze microvascolari del diabete, come retinopatia, malattia renale cronica o neuropatia. Altrettanto importante è il fatto che il controllo precoce del glucosio nelle persone con diabete di tipo 2 può tradursi in una riduzione duratura del rischio di infarto miocardico e di morte per qualsiasi causa. Le evidenze scientifiche stimano che, nelle persone con nuova diagnosi di diabete di tipo 2 e HbA1c >7,5% (58 mmol/mol), un ritardo di un anno nell'intensificazione della terapia è associato a un aumento del 67% del rischio di infarto miocardico, del 51% del rischio di ictus e del 64% del rischio di insufficienza cardiaca, rispetto a coloro che ricevono tempestivamente un trattamento ipoglicemizzante intensivo. Il controllo glicemico precoce è quindi fondamentale per la prevenzione a lungo termine delle complicanze che possono cambiare la vita delle persone con diabete e per ridurre i costi associati ai ricoveri ospedalieri. Secondo gli esperti, utilizzare sistemi di monitoraggio del glucosio con sensori come FreeStyle Libre di Abbott nelle persone con diabete di tipo 2 permette di ottenere feedback immediati, come letture del glucosio minuto-per-minuto e frecce di tendenza che indicano l'andamento nel tempo dei livelli di glucosio. Questi feedback possono aiutare le persone a interpretare meglio l'andamento della glicemia e adottare comportamenti appropriati, come dieta ed esercizio fisico, per migliorare il loro profilo glicemico giornaliero secondo il parere del medico. E' stato mostrato che prendere queste decisioni con l'aiuto della tecnologia con sensori può essere efficace per le persone con diabete di tipo 2 in terapia insulinica basale e i dati indicano che è altrettanto motivante per le persone con diabete di tipo 2 di nuova diagnosi. Ad oggi in Italia i criteri di rimborso dei dispositivi di monitoraggio del glucosio a base sensore differiscono da regione a regione. Alcune Regioni rimborsano questi dispositivi solo alle persone in terapia insulinica multi-iniettiva, altre, come ad esempio la Lombardia, prevedono il rimborso di alcuni di questi sistemi (Flash glucose monitoring) in tutti i pazienti che utilizzano insulina e, in particolari condizioni, anche in pazienti non insulino-trattati. —[email protected] (Web Info)
Gioielli sui denti, è grillz mania: possibili rischi
(Adnkronos) – Denti 'ingioiellati': una moda che ha per testimonial personaggi dello spettacolo come Mahmood, che ha sfoggiato all'ultimo Sanremo il suo grillz – nome corretto dell'accessorio – convincendo più di un fan a seguire il trend. Ma anche una tendenza che non aiuta il sorriso, anzi. Questi particolari ornamenti "possono facilitare l'insorgenza di carie e provocare problemi articolari", spiega all'Adnkronos Salute Vincenzo Musella, segretario culturale dell'Associazione italiana odontoiatri (Aio) e presidente Aio Academy, che evidenzia come in Italia, a differenza di altri contesti, "non osserviamo una grande crescita del fenomeno, al momento, tantomeno tra gli adolescenti. Anche se qualcosa si vede tra gli artisti televisivi". "Il grillz – continua Musella – ovviamente nulla ha a che vedere con gli aspetti di prevenzione e cura che caratterizzano la professione medico-odontoiatrica. Si tratta di inserire delle griglie di leghe, più o meno nobili, rivestendo il dente. Le griglie possono essere fissate o attraverso sistemi meccanici, senza toccare la struttura del dente sottostante, oppure – soluzione peggiore – attraverso l'adesione chimica, con cementi o compositi dentali. Le griglie possono poi essere 'adornata' da pietre". "Chi cementa definitivamente – ammonisce lo specialista – non fa una bella cosa: nella quasi totalità dei casi il manufatto installato impedisce una corretta igiene orale e il rispetto dei tessuti". Se il grillz si tiene a lungo, inoltre, "favorisce lo sviluppo della placca con successive formazioni di tartaro che possono poi innescare la carie". (segue) —[email protected] (Web Info)
Borghi ospite di Fagnani a Belve: “Io ossessionato dal sesso”
(Adnkronos) – "Ogni 6 pensieri, uno è dedicato al sesso". Ma almeno uno all’ora quindi? "Sì 100%, e in tutte le sue forme, diciamo". Alessandro Borghi reduce, dal successo della serie ispirata alla vita del pornodivo Rocco Siffredi, non si risparmia e, ospite della puntata di 'Belve in onda domani su Rai2, in un divertito botta e risposta con Francesca Fagnani parla del suo rapporto con il sesso: "Sì, mi piace, sono ossessionato", ammette. Nella puntata in onda martedì 9 aprile in prima serata, spazio anche a divertenti curiosità sul set, come quella sul calco del pene di Rocco, da cui è stata fatta una protesi per uso scenico, che Borghi però ha ammesso di non aver mai usato: "L'abbiamo usata scherzando tra di noi, addirittura come clava o facendo cose di scherma". E sul rapporto con gli uomini, quando la conduttrice ricorda a Borghi che al Giffoni Film Festival aveva detto di non far fatica ad amare un suo amico e gli chiede se abbia mai avuto un innamoramento per un uomo, l'attore confessa: "No, ma secondo me qualcosa che ci è andato molto vicino. L'affetto e l'amore che provo per alcuni miei amici è una cosa che arriva all'innamoramento. Poi non so, non siamo mai andati a letto, però mai dire mai, che ne so". Alessandro Borghi parla poi della sua vita privata, la famiglia, la moglie, la paternità, e di quella sul set. E a proposito dei David di Donatello dichiara: "Mi dispiace che il sistema di votazione non preveda l'obbligo di vedere tutti i film, si finisce per votare sempre per gli amici degli amici". —[email protected] (Web Info)
Infarto, studio ridimensiona efficacia beta-bloccanti
(Adnkronos) –
Ridimensionata l'efficacia dei beta-bloccanti nel trattamento dei pazienti colpiti da infarto del miocardio. La terapia, considerata uno dei pilastri nella cura di eventi cardiovascolari, è stata messa in discussione nello studio Reduce-Ami, pubblicato sul New England Journal of Medicine e presentato al congresso dell'American College of Cardiology, in corso ad Atlanta. Secondo i risultato, l'uso di questi farmaci non ridurrebbe il rischio di morte o di infarto miocardico nei pazienti colpiti da questa patologia. "L'utilizzo dei beta-bloccanti nel post infarto è una pratica clinica consolidata. Si tratta di una classe di farmaci che agisce inibendo i recettori beta-adrenergici – spiega Ciro Indolfi, past-president della Società italiana di Cardiologia (Sic) – e inducendo la riduzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa. L'efficacia terapeutica di questi farmaci si basa però, ancora oggi, sull'effetto dimostrato in studi clinici datati, condotti prima della diffusione delle attuali tecniche di rivascolarizzazione con lo stent, dell'implementazione sistematica delle statine, della disponibilità di efficaci farmaci per la prevenzione primaria e secondaria e delle moderne terapie antiaggreganti. Da quando questi nuovi trattamenti sono diventati accessibili – prosegue – il valore della terapia con beta-bloccanti nei pazienti con infarto miocardico, senza insufficienza cardiaca, è stato messo in dubbio, ma fino ad oggi erano disponibili solamente studi osservazionali che fornivano risultati contrastanti". "Reduce-Ami rappresenta, pertanto, il primo studio moderno sui benefici dei beta-bloccanti ed evidenza la mancanza di efficacia di questa terapia nel ridurre il rischio di morte o infarto nei soggetti colpiti da infartodel miocardio, trattati con angioplastica coronarica che hanno una normale contrattilità del cuore", sottolinea Pasquale Perrone Filardi, presidente Sic e direttore della scuola di specializzazione in malattie dell'apparato cardiovascolare dell'Università Federico II di Napoli. Lo studio ha valutato l'efficacia della terapia con beta-bloccanti in 5.020 pazienti con età media di 65 anni, con infarto miocardico acuto trattati con angioplastica e con una normale funzionalità contrattile del muscolo cardiaco. La ricerca condotta da settembre 2017 a maggio 2023 in 45 centri in Svezia, Estonia e Nuova Zelanda, ha confrontato il decorso clinico del gruppo dei pazienti a cui era stata prescritta una terapia con beta-bloccanti rispetto a quelli trattati senza questi farmaci. “I risultati hanno mostrato che, a circa 3 anni e mezzo dall'inizio dello studio, l'incidenza di decessi e di un secondo infarto non sono stati significativamente differenti nei due gruppi. Non sono state registrate differenze di rilievo neanche nel numero di ospedalizzazioni per fibrillazione atriale, per insufficienza cardiaca, ictus o per interventi di impianto di un pacemaker”, spiega Indolfi. "A seguito di questo studio non sono però stati riscontrati segnali negativi riguardo alla sicurezza del trattamento – chiarisce Perrone Filardi – e riteniamo che le evidenze siano ancora a favore dei beta-bloccanti per i pazienti con infarto miocardico di grandi dimensioni, che presentano insufficienza cardiaca. Per i pazienti con normale contrattilità del cuore, questo studio stabilisce, invece, che non ci sono indicazioni che l'uso di routine dei beta-bloccanti sia vantaggioso. Potrebbe però essere troppo presto per escludere definitivamente questo tipo di terapia dagli strumenti a disposizione nella prevenzione secondaria e sono, pertanto, necessari ulteriori studi”. —[email protected] (Web Info)
Ucraina-Russia, Trump e il piano di pace ‘pro Putin’: “Solo fake news”
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Mettere velocemente fine alla guerra in Ucraina, come promette di essere in grado di fare da quando è iniziato il conflitto, costringendo Kiev a cedere Crimea e Donbass, premiando quindi Vladimir Putin e condonando la sua violazione di confini riconosciuti a livello internazionale. E' questo il piano che Donald Trump prepara in vista di un suo ritorno alla Casa Bianca, secondo quanto rivela il Washington Post citando fonti informate sui colloqui che l'ex presidente sta avendo in modo riservato con i suoi consiglieri ed alleati. La campagna di Trump ha bollato le rivelazioni del quotidiano americano come "fake news", affermando che il tycoon non articolerà nessun piano di pace fino a quando non si sarà insediato di nuovo alla presidenza e potrà valutare tutte le opzioni. "L'intera cosa è una fake news del Washington Post, l'hanno completamente inventata" ha detto il portavoce di Trump, Jason Miller, al New York Post. Il giornale però poi ha aggiunto che "il presidente Trump sta solo dicendo di fermare le uccisioni, Joe Biden parla di continuare le uccisioni". Parole che suonano come un riferimento al fatto che Trump stia spingendo l'ala estremista a lui fedele alla Camera a bloccare ormai da mesi il pacchetto di aiuti militari Usa, per un totale di 70 miliardi di dollari, provocando l'interruzione di forniture militari con il risultato di favorire la Russia sul campo di battaglia. Gli analisti che affermano che, nonostante l'attivismo degli alleati europei per aumentare la produzione bellica, la capacità di combattere di Kiev sarà sempre più compromessa se Trump riuscirà a continuare a bloccare l'approvazione degli aiuti militari Usa. Secondo il Post, in colloqui riservati Trump ha espresso la convinzione che sia la Russia che l'Ucraina "vogliono salvare la faccia, vogliono una via di uscita" e che le popolazioni di alcune parti dell'Ucraina sarebbero d'accordo ad essere parte della Russia. Il riconoscimento da parte di Washington, ed eventualmente dalla comunità internazionale, dell'annessione russa di Crimea e Donbass rafforzerebbe quindi il regime di Putin dopo quella che viene considerata la più grande guerra di terra in Europa dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Le fonti citate dal Post riportano che alcuni degli alleati di Trump stanno sconsigliando l'ex presidente dal perseguire questo piano. "Spendo il 100 per cento del tempo che trascorro con Trump parlando dell'Ucraina", ha dichiarato Lindsey Graham, senatore repubblicano, un tempo avversario ora grande alleato di Trump, convinto sostenitore della causa ucraina. Putin "deve pagare un prezzo, non può vincere alla fine di tutto questo", ha aggiunto il senatore che a Trump ha spiegato che non si può invece premiarlo con le annessioni. "Il modo in cui si conclude questa guerra è garantendo che l'Ucraina entri nella Nato e nella Ue", ha detto ancora Graham che però ammette che l'ex presidente "non dice molto a riguardo, non so se abbia riflettuto molto su questo". Nonostante le smentite dalla campagna di Trump, che allo stesso Post ha detto che "ogni illazione sul piano del presidente arrivano da fonti anonime e disinformate che non hanno idea di quello che succede o succederà", gli analisti considerano lo scenario in linea con l'approccio che il tycoon ha avuto nei suoi quattro anni alla Casa Bianca. Nel gestire la politica estera ha mostrato di preferire i summit mediatici ai dettagli politici, fidando nelle sue capacità negoziali e mostrando insofferenza verso i convenzionali protocolli diplomatici. Senza contare la ben nota e più volte espressa ammirazione per Putin e la sua intelligenza, anche riguardo al modo in cui ha gestito la guerra in Ucraina, e più recentemente il modo in cui Trump ha evitato di criticare il presidente russo per la morte di Alexei Navalny. E il fatto che non abbia mai chiesto il rilascio di Evan Gershkovich, il giornalista del Wall Street Journal che l'amministrazione di Joe Biden considera ingiustamente detenuto da un anno in Russia senza processo o incriminazioni formali. Non bisogna dimenticare poi che Trump ha sempre negato ogni interferenza dei russi in suo favore durante le elezioni del 2016 che sono state poi al centro del Russiagate. Al centro del primo impeachment di Trump c'e' stata proprio l'Ucraina, in particolare gli aiuti militari che anche l'allora presidente bloccava, per costringere l'appena eletto Volodymyr Zelensky ad avviare un'indagine su accuse di presunta corruzione di Biden a Kiev. "L'inspiegabile ammirazione di Trump per Putin, insieme alla sua ostilità senza precedenti per la Nato, non possono dare all'Europa o all'Ucraina nessuna fiducia in sue trattative con la Russia", ha detto Tom Donilon, che è stato consigliere di sicurezza nazionale di Barack Obama, definendo le recenti parole con cui "Trump ha incoraggiato la Russia a fare quello che vuole con gli alleati europeo, una delle dichiarazioni più sconvolgenti e pericolose fatte da un candidato alla presidenza". "Le sue posizioni rappresentano un chiaro pericolo per la sicurezza degli Usa e dell'Europa", ha concluso. —internazionale/[email protected] (Web Info)


