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Jobs, Gates e Musk: i segreti della Silicon Valley nel libro di Kara Swisher

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(Adnkronos) – "Mi sono ritrovata a fissare una scultura di ghiaccio di una donna i cui seni gocciolavano White Russian, un cocktail a base di crema e Kahlua. [Era] il baby shower organizzato dal fondatore di Google Sergey Brin e sua moglie Anne Wojicki (ad di Youtube, ndr), che aspettavano il loro primo figlio". Comincia così uno dei racconti di Kara Swisher, la più importante giornalista tech americana, che in 'Burn Book' condensa i 30 anni che hanno messo la Silicon Valley al centro del mondo. A quella festa di San Francisco, tutti gli ospiti (tranne lei e il futuro governatore della California, Gavin Newsom) erano stati costretti a indossare pannoloni per adulti o tutine da neonati. Inclusa Wendi Deng, all’epoca moglie di Rupert Murdoch. Il libro è pieno di storie gustose, spesso condivise con Walt Mossberg, decano del mondo tecnologico americano e suo mentore e socio. “Avrebbe dovuto scrivere lui la sua autobiografia. Quando ha deciso di non farlo, ho capito che toccava a me”, ha raccontato Swisher nel suo podcast. Al momento ne presenta due – Pivot e On – dopo aver lavorato per Washington Post, Wall Street Journal, New York Times, e aver organizzato conferenze di successo e fondato varie società editoriali, tra cui All things D e Recode. Quattro figli, è stata a lungo sposata con una dirigente di Google, mentre ora vive a Washington con la sua seconda moglie, che scrive per il “Post”: “Dovevo allontanarmi dalla Silicon Valley, ero diventata una creatura di quel posto”, ammette nel libro. Che parte da un concetto: “It was capitalism, after all”, in fin dei conti, era capitalismo. Ai fondatori dei giganti digitali piace raccontarsi come pionieri e visionari, in missione per rendere il mondo un posto migliore. E invece sono i soldi, sempre i soldi, il motore di tutto. Per l’autrice, a sua volta un’imprenditrice digitale (copyright Ferragni), arricchirsi non è un male, solo non sopporta più di sentirsi raccontare la favola dell’imprenditore illuminato.  Anche perché lei li conosce e li ha raccontati tutti, alcuni dall’inizio della loro avventura: Swisher visitò il mitico garage di Google, fu tra le prime a intervistare Mark Zuckerberg (facendolo sudare in modo imbarazzante sul palco), ha raccontato l’ascesa di Elon Musk dalla “Paypal Mafia” all’acquisto di Twitter. I due, che erano amici, non si parlano più. Il messaggio che le ha inviato, “Sei una stronza”, è sulla quarta di copertina insieme agli elogi del magnate dei media Barry Diller e di Marc Andreessen, re dei venture capitalist. Mentre al centro del libro si può sfogliare una galleria di foto che sembra l’annuario del potere tech americano.  “Burn book”, nel film Mean Girls, è il quaderno su cui le studentesse del liceo scrivono cattiverie anonime sulle loro compagne. E in effetti molti fondatori sono descritti come degli eterni adolescenti incapaci di gestire il successo strepitoso delle loro creature. Non mancano però i “buoni” : Marc Cuban, che nel 1999, prima bolla di internet, vendette il suo Broadcast.com a Yahoo per 5,7 miliardi e da allora si è messo a fare l’investitore; Mark Benioff, fondatore di Salesforce ed editore di Time; Evan Spiegel di Snap; Brian Chesky di Airbnb; Kevin Systrom di Instagram, Reid Hoffman di Paypal e LinkedIn. E poi ci sono i manager della seconda ondata, Sundar Pichai di Alphabet-Google, Tim Cook di Apple e Satya Nadella di Microsoft. Un posto speciale è riservato a Steve Jobs, personaggio dal carattere difficile che negli ultimi anni di vita aveva perso la crudeltà ma tenuto il sarcasmo. Nel 2007 lei e Mossberg lo portarono sul palco della loro conferenza prima da solo e poi in una storica intervista doppia con Bill Gates. Solo che Jobs, nell’uno-a-uno con Mossberg, aveva risposto così alla domanda sul successo di iTunes, un software Apple, anche tra chi usava Windows: “Sì, riceviamo lettere e biglietti da gente che ci dice che è la loro applicazione preferita. È come dare un bicchiere di acqua fresca a qualcuno che sta all’inferno”. Swisher imprecò tra i denti: se Windows è “l’inferno”, Gates è Satana. La notizia della frecciata arriva subito al fondatore di Microsoft, che inizia ad agitarsi nel backstage.  Poco prima di andare tutti e quattro in scena, si ritrovano per una breve riunione con agli organizzatori. Che fanno a Gates una domanda su una sua società, e lui sbotta: “Perché dovrei saperlo? Io gestisco l’inferno”. Il gruppetto resta paralizzato, ma non Jobs, che teneva in mano una bottiglietta d’acqua molto fredda e coperta di condensa. “Lascia che ti aiuti”, disse scherzoso. Così rompendo il ghiaccio che lui stesso aveva creato.  Quattro anni dopo, Jobs morì per un tumore al pancreas. La sorella Mona Simpson descrisse così i suoi ultimi momenti: “Prima di partire definitivamente ha guardato sua sorella Patty, poi a lungo i suoi figli, poi la compagna Laurene e poi dietro di loro, sopra le loro spalle. Infine disse: ‘OH WOW. OH WOW. OH WOW’”. Scrive Swisher: “Il consumato performer e il più grande showman della tecnologia era morto con lo stile che gli si addiceva. In termini di addii, ‘just-one-more-perfect-thing’. Come i prodotti Apple, le ultime parole di Jobs sono state al tempo stesso minimali e meravigliose”. —internazionale/[email protected] (Web Info)

Roma/ Anziano uccide la moglie e si suicida

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FOTO DI REPERTORIO

Terribile caso di omicidio-suicido nel Lazio.

Un pensionato di 83 anni, ex pilota d’aereo, ha ucciso la moglie di 78 anni con un colpo di pistola alla testa e poi si è tolto la vita con la stessa arma. Il fatto è avvenuto a Cecchina, Frazione di Albano Laziale in provincia di Roma. 

L’allarme è stato lanciato da un vicino di casa dei due, che ha telefonato al 112 e ha avvertito le forze dell’ordine, che sono arrivate subito sul posto.
Contemporaneamente i carabinieri sono stati avvertiti anche da una parente delle due vittime.

Secondo quanto ricostruito, entrambi gli anziani soffrivano di patologie molto serie e probabilmente entrambi erano terrorizzati dal poter vivere l’uno senza l’altra.

Entrambi, stando a quanto si apprende, erano malati di cancro, lui terminale.

Foto di repertorio

Roma, scontro tra auto e bici su Litoranea: grave personal trainer di Meloni

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(Adnkronos) – Grave incidente per Fabrizio Iacorossi, famoso personal trainer della premier Giorgia Meloni. Il 44enne era in bicicletta ieri intorno alle 12.30 sulla via Litoranea all'incrocio con via Arno (Roma) quando ha impattato con un’Opel Corsa. Soccorso, è stato trasportato in codice rosso in eliambulanza all'ospedale San Camillo dove si trova ricoverato in prognosi riservata. La strada è rimasta chiusa dalle 13 alle 15.30 per permettere i soccorsi e i rilievi. Sul posto le pattuglie del X Gruppo Mare della Polizia Locale e i carabinieri. Il conducente dell’auto, 63 anni, si è fermato immediatamente a prestare i primi soccorsi ed è poi risultato negativo al test dell'etilometro. Sono tuttora in corso accertamenti per ricostruire l’esatta dinamica di quanto accaduto. —[email protected] (Web Info)

Il ritorno del lupo, oltre 20mila nell’Ue: Italia prima

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(Adnkronos) – Il lupo, uno dei grandi carnivori europei, è tornato padrone dei boschi del Vecchio Continente. Nell’Ue nel 2023 se ne aggiravano circa 20.300, presenti in tutti i 24 Stati non insulari: in 23 Paesi vivono branchi che si riproducono. Mancano solo da Irlanda, Cipro e Malta, e tendono ad aumentare. Nel 2012, undici anni prima, la popolazione di lupi dell’Ue era stimata a 11.193 esemplari. La presenza del lupo in Europa, dunque, è quasi raddoppiata nel corso un decennio, ma la specie non può ancora essere considerata del tutto fuori pericolo. E’ il quadro che emerge da un dettagliato rapporto redatto dai servizi della Commissione Europea (“The Situation of the Wolf in the European Union”) su input del Parlamento Europeo, consultato dall’Adnkronos.  Il rapporto, firmato da Juan Carlos Blanco e Kerstin Sundseth, è stato preso come base per la decisione della Commissione di proporre al Consiglio di abbassare lo status di protezione del lupo da “rigidamente protetto” a “protetto”. Quella decisione politica è stata una delle prime avvisaglie dell’inversione a U che l’Amministrazione di Ursula von der Leyen si preparava a fare su alcuni capitoli del Green Deal, sotto la spinta del malcontento degli agricoltori, cui il Ppe, il partito che ha ricandidato la presidente, è particolarmente sensibile. I Popolari su questi temi subiscono la concorrenza delle destre nel ‘recinto elettorale’ del mondo agricolo-pastorale, concorrenza che ha riguardato anche il lupo, tanto che a Bruxelles c’era chi definiva ‘maggioranza Wolf’ la futuribile alleanza Ppe-Id-Ecr (improbabile, allo stato), vista la consonanza sulla necessità di abbassarne lo stato di protezione.  In quella decisione qualche malalingua volle vedere, senza addurre alcun elemento a supporto, la ‘vendetta’ di Ursula von der Leyen per il suo amato pony Dolly, che sarebbe stato sbranato da un lupo della Bassa Sassonia.  Il rapporto dei tecnici della Commissione, molto dettagliato, attesta sì che il numero dei lupi è aumentato in Europa nell’ultimo decennio, ma sottolinea anche che, nelle sette regioni biogeografiche dell’Ue (Pannonica, Continentale, Alpina, Atlantica, Mediterranea, del Mar Nero e Boreale), secondo l’ultima valutazione disponibile (2013-2018), il suo stato di conservazione era “favorevole” solo in una regione, quella Alpina (che comprende Alpi, Appennini, Pirenei, Alpi Scandinave, Carpazi) mentre nelle altre sei era “sfavorevole”. Nel precedente periodo (2007-2012), lo stato di conservazione del grande carnivoro era favorevole in due aree, quella Alpina e quella Atlantica, quindi le cose andavano meglio di come vanno adesso. Nel 2023 comunque, secondo il rapporto, sono stati rilevati branchi di lupi con capacità riproduttiva in 23 Paesi Ue, tutti quelli dell’Europa continentale a parte il Lussemburgo, dove sono solo di passaggio. L’Italia, Paese dal quale il grande canide non se ne è mai andato, è prima in Europa per numero di lupi, con 3.307 esemplari (le stime sono soggette ad un certo grado di incertezza, dovuto tra l’altro alle difficoltà intrinseche del conteggio e ai diversi metodi nazionali).  
La seconda ‘casa’ europea del lupo è un altro Paese latino, la Romania, con una popolazione stimata tra 2.500 e 3.000 esemplari. Seguono la Spagna (oltre 2.100), la Polonia (1.886), la Germania (1.400) e la Grecia (1.020). La Bulgaria stima di averne 2.712, ma secondo esperti come lo zoologo italiano Luigi Boitani, un’autorità in materia, si tratta di stime molto imprecise; per la Commissione è più vicina al vero la stima di 800-1.200 lupi fornita nel 2018. Il lupo negli ultimi anni è tornato in pianta stabile anche in Paesi da cui mancava da decenni e che sono altamente antropizzati, come l’Olanda e il Belgio. Il lupo, ricordano gli autori, fa parte dell’ecosistema naturale europeo e svolge un ruolo importante. In un territorio altamente antropizzato come il nostro non possono avere l’effetto altamente benefico che hanno avuto nei grandi parchi naturali del Nordamerica: un caso di scuola è Yellowstone, dove la loro reintroduzione ha mitigato l’esplosione numerica degli wapiti, moltiplicando, con un effetto-cascata, la salute dell’ecosistema e, in ultima analisi, anche la condizione dei fiumi e la popolazione di castori. Possono però “limitare i tassi di aumento e le densità degli ungulati selvatici”, riducendo così i danni alla vegetazione selvatica e alle colture, come pure gli incidenti stradali provocati da collisioni con grandi ungulati, come cervi e cinghiali, che possono essere estremamente pericolosi. Soprattutto, riducono l’incidenza di malattie pericolose per il bestiame di allevamento, come la tubercolosi e la peste suina africana, un vero flagello per gli allevamenti di suini.  Gli autori del rapporto ricordano che risultati di ricerche condotte sul campo e in laboratorio “hanno dimostrato che, quando i lupi consumano carne di cinghiali selvatici positivi alla peste suina africana, il virus non sopravvive al passaggio nel tratto intestinale”. Inoltre, oltre a uccidere gli animali malati, i lupi “possono limitare la trasmissione della peste suina africana rimuovendo carogne infette”. I lupi, “selezionando le prede più vulnerabili, come gli individui malati, possono limitare l’incidenza delle malattie che gli ungulati selvatici possono trasmettere al bestiame”, nota il rapporto. Per esempio, nella Spagna Meridionale, dove il lupo è estinto, vari studi indicano la difficoltà di contenere la tubercolosi nel bestiame, “a causa dell’alto tasso di contagio tra gli ungulati selvatici”. I cinghiali della Spagna Meridionale hanno tassi di contagio da Tbc molto alti (52% nel parco nazionale di Donana, 58% nella Sierra Morena, fino al 98% in alcune riserve di caccia). Per contro, in Galizia e nelle Asturie, nella Spagna Nordoccidentale, dove ci sono “dense popolazioni di lupi e densità molto inferiori di ungulati selvatici, la prevalenza della Tbc nei cinghiali selvatici era molto più bassa, al 2,6%”.  E’ vero però che i lupi uccidono anche il bestiame da allevamento, specialmente nelle zone in cui la popolazione di ungulati selvatici è poco abbondante. I branchi hanno una spiccata predilezione per gli ovini. Nell’Ue, secondo il rapporto, uccidono ogni anno “almeno 65.500 capi di bestiame”, per il 73% pecore e capre, per il 19% bovini (principalmente vitelli) e per il 6% cavalli e asini. I danni più elevati si verificano in Spagna, Francia e Italia (10-14mila capi uccisi ogni anno in ciascun Paese). In Francia prevalgono le uccisioni di pecore, in Spagna quelle di bovini, sulle montagne dell’Europa sudoccidentale gli equini, in Svezia e Finlandia le renne allevate allo stato brado.  
Tuttavia, nota il rapporto, considerando che nell’Ue vivono circa 60 milioni di pecore, i lupi ne uccidono ogni anno solo lo 0,065%. “Su larga scala – scrivono gli esperti – l’impatto complessivo dei lupi sul bestiame nell’Ue è molto ridotto”, ma, attenzione, “a livello locale, la pressione sulle comunità rurali può essere elevata in alcune aree”. I livelli di predazione sul bestiame sono “tipicamente più elevati sul bestiame allevato allo stato brado” e sono “più bassi nelle aree in cui il lupo non è mai scomparso”, perché gli allevatori locali si sono adattati, prendendo delle contromisure.  Tuttavia, notano gli autori, i danni al bestiame dovuti alla crescente presenza del lupo “stanno crescendo nell’Ue” e non vanno sottovalutati, anche perché “vanno oltre la dimensione meramente economica”. In alcune zone, il bestiame svolge un “ruolo chiave” nel preservare “praterie ad elevata biodiversità” e nell’area mediterranea “contribuisce alla prevenzione degli incendi”. C’è anche il problema della predazione ai danni degli animali domestici, come cavalli e cani da caccia: anche se “meno comuni” dell’uccisione del bestiame da allevamento, questi episodi hanno un forte impatto, anche emotivo, senza contare il fatto che un cane da caccia addestrato ha un valore molto elevato per il cacciatore e non è immediatamente né facilmente sostituibile. I lupi sono molto aggressivi nei confronti dei cani da caccia, che percepiscono come concorrenti nella predazione sul proprio territorio. In più, attaccano a volte anche cani da guardia legati alla catena, per cibarsene.  Un problema da non sottovalutare, sottolinea il rapporto è quello, ben noto agli esperti, dei ‘lupi confidenti’, cioè animali che perdono la naturale diffidenza nei confronti dell’uomo, spesso perché vengono nutriti dagli esseri umani, come se fossero dei cagnolini. Sono invece animali selvatici, che possono diventare pericolosi: uno degli unici due casi di attacchi mortali ai danni di umani verificatisi nel Nordamerica negli ultimi decenni ha visto protagonista proprio un lupo ‘confidente’, nel Saskatchewan (Canada), che veniva nutrito dagli uomini e che non li temeva più. Casi di attacchi non letali da parte di lupi confidenti si sono verificati anche in Europa. in particolare in Germania, Polonia e anche in Abruzzo, dove l’estate scorsa una lupa ha morso alcune persone sulla spiaggia di Vasto. In questi casi, le azioni di mitigazione possono essere efficaci (come l’allontanamento usando proiettili di gomma, per spaventare l’animale).  
Anche se il rischio di attacchi all’uomo in Europa è “molto basso”, non è “pari a zero”, avverte il rapporto, sottolineando che queste paure ancestrali vengono spesse sfruttate dai nemici del lupo, a volte con la complicità involontaria dei media. E’ esemplare il caso di Celia Hollingworth, un’insegnante britannica in pensione i cui resti vennero trovati in un bosco della Tracia, nella Grecia nordorientale, nell’estate del 2017: sul Web si trovano solo articoli che attribuiscono la sua morte al lupo, ma il rapporto ricorda che, in realtà, venne sbranata da un branco di cani rinselvatichiti, che sono molto più pericolosi dei lupi perché non temono l’uomo. “Sebbene i lupi possano attaccare gli esseri umani – spiegano gli autori – negli ultimi 40 anni in Europa non sono stati registrati attacchi mortali contro le persone. Per ridurre ancora di più il già piccolo rischio che i lupi rappresentano per la sicurezza umana, sono stati sviluppati protocolli specifici per affrontare il problema dei lupi coraggiosi e/o condizionati dal cibo”. La presenza del lupo può anche essere trasformata in una risorsa, come è già successo per l’orso bruno in alcune zone dell’Ue. “Il turismo legato al lupo – notano gli esperti – può creare reddito nelle zone rurali e portare anche a una maggiore tolleranza nei confronti dei lupi a livello locale. Il turismo può anche educare i visitatori sull’ecologia dei lupi e su come coesistere con loro, sensibilizzando e promuovendo gli sforzi di conservazione. Il turismo legato al lupo dovrebbe tuttavia essere adeguatamente pianificato e regolamentato, per prevenire eventuali impatti negativi sui lupi”.  
La decisione della Commissione di proporre di abbassare lo status di protezione del lupo, malgrado gli Stati possano, in base alla direttiva Habitat, già intervenire con un buon margine di discrezionalità in caso di problemi, contrasta anche con l’impopolarità di questa misura tra il pubblico indistinto: secondo i dati raccolti dalla Commissione nel 2023, ricordano gli esperti, “oltre il 70% degli intervistati si è espresso a favore del mantenimento dello status di protezione del lupo, rispetto al 29% favorevole alla riduzione dello status di protezione”. Forse è per questo che la Commissione von der Leyen ha deciso di annunciare la richiesta di degradare lo status di protezione del lupo proprio il 20 dicembre scorso, quando i media a Bruxelles erano impegnati a ‘coprire’ la riforma del patto di stabilità.  —[email protected] (Web Info)

Morto a 27 anni Chance Perdomo, star di ‘Le terrificanti avventure di Sabrina’

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(Adnkronos) – L'attore angloamericano Chance Perdomo, noto per il ruolo di Ambrose Spellman nella serie horror di Netflix "Le terrificanti avventure di Sabrina", è morto in un incidente stradale con la moto all'età di 27 anni. L'annuncio della tragica scomparsa, avvenuta venerdì 29 marzo, è stato dato dalla sua agente Larissa Saenz con un comunicato.  "Le autorità hanno informato che nessun altro individuo è stato coinvolto nell'incidente" ha precisato Saenz, senza al momento fornire altri dettagli sul luogo del decesso. "Il suo insaziabile appetito per la vita era percepito da tutti coloro che lo conoscevano. Il suo calore continuerà a vivere in coloro che amava di più", ha aggiunto l'agente, chiedendo poi rispetto "per la privacy della famiglia che sta piangendo la perdita del loro amato figlio e fratello".  A proposito del luogo in cui è avvenuto l'incidente, il magazine "Variety" ha contattato il Dipartimento di Polizia di Los Angeles, che al momento però non è stato in grado di confermare se la morte di Perdomo sia avvenuta a Los Angeles. L'ufficio del coroner di Los Angeles non ha risposto immediatamente a una richiesta di commento avanzata sempre da "Variety". Oltre a interpretare lo stregone pansessuale Ambrose Spellman nei 36 episodi di "Le terrificanti avventure di Sabrina" (2018-2020), Perdomo ha vestito i panni del superuomo con capacità di manipolazione magnetica nella serie spinoff di "The Boys" "Gen V" (2023) di Amazon Prime. Al cinema è stato per tre volte Landon Gibson nei film "After 3", "After 4" e "After 5". Un comunicato diffuso da Amazon Mgm Studios e dai co-produttori di "Gen V", Sony Pictures Television, ha ricordato l'attore come "affascinante" e una "forza della natura entusiasta. Anche scrivere di lui al passato non ha senso".  Chance Perdomo era nato il 19 ottobre 1996 a Los Angeles, in California. Da bambino si era trasferito con la madre a Southampton, nella contea dell'Hampshire, in Inghilterra, dove ha frequentato la Redbridge Community School prima di andare al Peter Symonds College di Winchester. Perdomo intendeva studiare legge all'Università, ma poi si è trasferito a Londra per dedicarsi alla recitazione; è entrato a far parte del National Youth Theatre e si è formato alla Identity School of Acting. Ha iniziato la sua carriera di attore nel 2017 con una parte nella serie della Cbbc "Hetty Feather", un dramma ambientato nell'epoca vittoriana. Perdomo è apparso in diversi programmi televisivi e cortometraggi prima di essere scritturato tra i protagonisti di "Le terrificanti avventure di Sabrina", interpretato anche da Kiernan Shipka, Ross Lynch e Jaz Sinclair. Ha interpretato Ambrose Spellman per quattro stagioni dal 2018 al 2020. Lo stregone Ambrose Spellman, cugino di Sabrina (Kiernan Shipka), ha spesso agito come coscienza di Sabrina e come suo complice, mantenendo spesso dei segreti per suo conto, nonostante temesse che le sue pratiche potessero metterla in pericolo. Perdomo ha anche interpretato Jerome Rogers nel film tv "Killed by My Debt" (2018) di Joseph Bullman, che gli è valso una nomination ai Bafta come miglior attore protagonista. Nella serie Prime Video "Gen V" Perdomo interpretava Andre Anderson, uno studente della Godolkin University che sfrutta le capacità di manipolazione magnetica. La produzione della seconda stagione è stata ora rinviata a tempo indeterminato dopo la morte di Perdomo. —[email protected] (Web Info)

Maltempo si abbatte sulla Lombardia: bomba d’acqua, tromba d’aria e voragine

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(Adnkronos) – Il maltempo si abbatte sulla Lombardia provocando danni e disagi. Una bomba d'acqua si è abbattuta nelle ultime ore su Milano e in altre province della Lombardia causando numerosi allagamenti e disagi. Dalla mezzanotte alle 10 di oggi sono arrivate centinaia di chiamate ai vigili del fuoco che hanno effettuato già oltre 150 interventi di soccorso su tutto il territorio. Le squadre di soccorso sono state costantemente impegnate per gestire situazioni legate ad allagamenti e tagli di piante, con conseguenti problemi alla circolazione su diverse arterie stradali. Nel dettaglio sono 70 gli interventi effettuati a Milano, 30 a Varese, 16 a Como, 20 a Lecco, 15 a Monza-Brianza, 11 a Brescia, 6 a Cremona. Grazie agli sforzi incessanti delle squadre dei Vigili del Fuoco, la situazione è in fase di miglioramento, ma al momento risultano ancora una ventina di richieste di intervento in coda su tutto il territorio. In particolare, a Milano sono state segnalate 12 richieste di soccorso, a Monza 6, a Como 3 e a Varese 2. Una tromba d'aria si è abbattuta nella ultime ore in provincia di Varese. Sono 30 gli interventi dei vigili del fuoco per disagi creati dal forte vento in tutta la provincia. In particolare le squadre sono intervenute per mettere in sicurezza alberi e rami caduti o pericolanti. Nel comune di Gavirate, in via Cornelio Rovera, si è aperta inoltre una voragine e tre persone sono state evacuate a titolo precauzionale.  —[email protected] (Web Info)

Elezioni Turchia, test per il ‘sultano’ Erdogan. Un morto in scontri durante il voto

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(Adnkronos) – Urne aperte in Turchia, dove milioni di elettori sono chiamati a esprimere il loro voto per le elezioni amministrative. Si tratterà, secondo gli osservatori, innanzitutto di un test per valutare la popolarità del 'sultano' Recep Tayyip Erdogan dopo la vittoria alle presidenziali dello scorso anno. Non solo. Per il suo partito Giustizia e Sviluppo (Akp) le elezioni rappresentano una ghiotta opportunità di rivincita dopo la debacle delle amministrative di cinque anni fa, quando venne sconfitto in tutte le città chiave, a partire da Istanbul ed Ankara. Per l'opposizione, uscita a pezzi dalle presidenziali, è invece l'occasione per rialzare la testa.  
Gran parte del risultato finale dipenderà dall'esito delle consultazioni a Istanbul. Alle ultime elezioni locali, l'opposizione unita strappò la metropoli sul Bosforo dopo 25 anni di potere ininterrotto al controllo del partito di Erdogan, che proprio come sindaco di Istanbul iniziò nel 1994 la sua carriera politica. La perdita della capitale economica del Paese rappresentò un colpo durissimo per il 'Sultano', che oggi sogna una rivalsa.  Per farlo ha scelto di affidarsi a Murat Kurum, 47enne ex ministro dell'Urbanizzazione e dell'Ambiente, che sfiderà il sindaco in carica, Ekrem Imamoglu, un esponente del Partito Popolare Repubblicano (Chp) di centro-sinistra di cui si era parlato con insistenza come possibile sfidante di Erdogan alle presidenziali, prima che una serie di veti incrociati tra le forze di opposizione fecero ricadere la scelta su Kemal Kilicdaroglu. Al contrario della volta scorsa, tuttavia, Imamoglu corre senza il sostegno del Dem, il principale partito filo-curdo della Turchia, e dei nazionalisti dell'Iyi, che schierano propri candidati. Ma c'è un fattore che rischia di scompaginare i piani di Erdogan ovvero la presenze sulla scheda elettorale di un partito religioso-conservatore, il Partito Nuovo Welfare (Yrp), che cerca voti tra i delusi per la gestione economica del Paese e che promette di sottrarre preferenze ai candidati dell'Akp. I sondaggi indicano una corsa testa a testa tra Imamoglu e Kurum, che hanno entrambi promesso progetti infrastrutturali per rendere gli edifici antisismici ed alleviare il problema cronico del traffico della città. Sembra segnata invece la corsa ad Ankara, con la vittoria dell'opposizione e la conferma del sindaco, Mansur Yavas. Non lasciando nulla al caso, Erdogan ha organizzato comizi in tutto il Paese per tirare la volata ai candidati dell'Akp. Gli analisti sostengono che l'eventuale riconquista di Istanbul e un nuovo successo elettorale su scala nazionale rafforzerebbe la determinazione di Erdogan a introdurre modifiche alla Costituzione che potrebbero consentirgli di governare oltre il 2028, quando terminerà il suo attuale mandato.  L'attuale Costituzione, infatti, fissa un limite di due mandati alla presidenza. Erdogan, 70 anni, si è candidato per un terzo mandato l'anno scorso, sfruttando un cavillo perché il Paese è passato al sistema presidenziale nel 2018 e il suo primo mandato si era svolto con un altro sistema di governo. Attualmente il presidente ed i suoi alleati non hanno seggi sufficienti in Parlamento per varare una nuova costituzione, ma un altro trionfo elettorale potrebbe spingere alcuni parlamentari a cambiare posizione. 
Per l'opposizione, invece, il voto di oggi sembra l'ultima spiaggia. Il cartello elettorale anti-Erdogan composto da sei partiti e guidato dal Chp messo in piedi per le presidenziali si è disintegrato dopo la cocente sconfitta elettorale dello scorso anno, arrivata proprio quando il 'sultano' sembrava sul punto di cedere il passo, stretto tra la crisi economica e le polemiche per la gestione del terremoto.  La capacità del Chp di mantenere il controllo delle principali città aiuterebbe a rivitalizzare il partito e gli consentirebbe di presentarsi di nuovo come alternativa all'Akp. Perdere Ankara e Istanbul, al contrario, metterebbe fine alle aspirazioni presidenziali di Yavas e Imamoglu. Il Chp ha optato per un cambio di leadership subito dopo la sconfitta elettorale, ma resta da vedere se il nuovo presidente del partito, il farmacista Ozgur Ozel, riuscirà a mobilitare i suoi sostenitori. 
Come nelle elezioni precedenti, Erdogan – che ha aumentato il salario minimo per dare un po' di sollievo al potere d'acquisto delle famiglie fiaccato dall'inflazione – ha sfruttato i vantaggi derivanti dalla carica per la campagna. Secondo l'opposizione, l'emittente statale Trt ha dedicato 32 ore di trasmissione al partito al governo nei primi 40 giorni di campagna elettorale, rispetto ai 25 minuti dedicati agli sfidanti. Una persona è morta e undici sono rimaste ferite in scontri con pistole, bastoni e pietre durante le operazioni di voto nel distretto rurale di Agaclidere a Diyarbakir, nel sudest della Turchia oggi alle urne. Lo riportano i media locali.  —internazionale/[email protected] (Web Info)

Pasqua, appello del Papa: “Scambio di prigionieri in Ucraina, cessate il fuoco a Gaza”

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(Adnkronos) – Alla messa di Pasqua presieduta dal Papa in piazza San Pietro presenti 60mila fedeli e pellegrini. La stima arriva dal Vaticano. La messa non ha previsto l’omelia del Papa, che subito dopo la celebrazione ha impartito la Benedizione Urbi et Orbi dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro con la concessione dell’indulgenza plenaria ai fedeli.  Francesco, al termine della celebrazione, ha salutato sul sagrato i cardinali, 34, che hanno concelebrato con lui, scambiando anche qualche battuta. Il Pontefice nel Venerdì Santo ha rinunciato ad andare al Colosseo per la Via Crucis per salvaguardare la salute per la giornata di oggi. Il Papa è arrivato in sedia a rotelle e ha poi preso posto sulla poltrona nel sagrato della Basilica. Alla celebrazione, che è iniziata con il rito del 'Resurrexit', prendono parte fedeli romani e pellegrini provenienti da ogni parte del mondo in occasione delle feste pasquali. Il Pontefice si è poi concesso anche un bagno di folla tra i fedeli. La jeep scoperta con a bordo il Papa ha percorso anche un tratto di via della Conciliazione piena di fedeli. In piazza, alcuni pellegrini alzano manifesti con messaggi di pace.  “Anche oggi massi pesanti, troppo pesanti chiudono le speranze dell’umanità: il masso della guerra, il masso delle crisi umanitarie, il masso delle violazioni dei diritti umani, il masso della tratta di persone umane, e altri ancora”, denuncia il Papa all’Urbi et Orbi di Pasqua.  Bergoglio indica la chiave per una vita nuova nella tomba di Gesù trovata vuota dalle donne: “Da qui comincia tutto. Attraverso quel sepolcro vuoto passa la via nuova, quella che nessuno di noi ma solo Dio ha potuto aprire: la via della vita in mezzo alla morte, la via della pace in mezzo alla guerra, la via della riconciliazione in mezzo all’odio, la via della fraternità in mezzo all’inimicizia”.  “Fratelli e sorelle, Gesù Cristo è risorto, e solo Lui è capace di far rotolare le pietre che chiudono il cammino verso la vita. Anzi, Lui stesso, il Vivente, è la Via: la Via della vita, della pace, della riconciliazione, della fraternità. Lui ci apre il passaggio umanamente impossibile, perché solo Lui toglie il peccato del mondo e perdona i nostri peccati. E senza il perdono di Dio quella pietra non si toglie. Senza il perdono dei peccati non si esce dalle chiusure, dai pregiudizi, dai sospetti reciproci, dalle presunzioni che sempre assolvono sé stessi e accusano gli altri”, osserva il Pontefice. “Mentre invito al rispetto dei principi del diritto internazionale, auspico uno scambio generale di tutti i prigionieri tra Russia e Ucraina: tutti per tutti!”. E' l'ammonimento del Papa. Il Papa guarda con preoccupazione alle guerre che dilagano nel mondo: “Oggi volgiamo anzitutto lo sguardo verso la Città Santa di Gerusalemme, testimone del mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù e a tutte le comunità cristiane della Terra Santa”.  “Il mio pensiero va soprattutto alle vittime dei tanti conflitti che sono in corso nel mondo, a cominciare da quelli in Israele e Palestina, e in Ucraina. Cristo Risorto – ammonisce – apra una via di pace per le martoriate popolazioni di quelle regioni”. Il Papa fa quindi “nuovamente appello a che sia garantita la possibilità di accesso agli aiuti umanitari a Gaza”, esortando “nuovamente a un pronto rilascio degli ostaggi rapiti il 7 ottobre scorso e a un immediato cessate-il-fuoco nella Striscia”.  All’Urbi et Orbi di Pasqua, Francesco ammonisce: “Non permettiamo che le ostilità in atto continuino ad avere gravi ripercussioni sulla popolazione civile, ormai stremata, e soprattutto sui bambini. Quanta sofferenza vediamo nei loro occhi. Hanno dimenticato di sorridere. Con il loro sguardo ci chiedono: perché? Perché tanta morte? Perché tanta distruzione? La guerra è sempre un’assurdità e una sconfitta! Non lasciamo che venti di guerra sempre più forti spirino sull’Europa e sul Mediterraneo. Non si ceda alla logica delle armi e del riarmo. La pace non si costruisce mai con le armi, ma tendendo le mani e aprendo i cuori”.  “Non lasciamo che venti di guerra sempre più forti spirino sull’Europa e sul Mediterraneo. Non si ceda alla logica delle armi e del riarmo. La pace non si costruisce mai con le armi, ma tendendo le mani e aprendo i cuori”, il nuovo potente appello per scongiurare l'escalation del conflitto. Lo sguardo del Papa va “in modo speciale al Libano, da tempo interessato da un blocco istituzionale e da una profonda crisi economica e sociale, aggravate ora dalle ostilità alla frontiera con Israele. Il Risorto conforti l’amato popolo libanese e sostenga tutto il Paese nella sua vocazione ad essere una terra di incontro, convivenza e pluralismo”. Il Papa lancia poi un nuovo appello per le guerre nel mondo dimenticate. “Non dimentichiamoci della Siria, che da quattordici anni patisce le conseguenze di una guerra lunga e devastante. Tantissimi morti, persone scomparse, tanta povertà e distruzione aspettano risposte da parte di tutti, anche dalla Comunità internazionale”, esorta. Il Pontefice prega per le vittime di ogni forma di violenza e di terrorismo. “Cristo risorto apra una via di speranza alle persone che in altre parti del mondo patiscono violenze, conflitti, insicurezza alimentare, come pure gli effetti dei cambiamenti climatici. Doni conforto alle vittime di ogni forma di terrorismo.Preghiamo per quanti hanno perso la vita e imploriamo il pentimento e la conversione degli autori di tali crimini”, dice il Papa. Il pensiero del Papa va anche ai migranti e ai poveri: “Il Risorto faccia risplendere la sua luce sui migranti e su coloro che stanno attraversando un periodo di difficoltà economica, offrendo loro conforto e speranza nel momento del bisogno. Cristo guidi tutte le persone di buona volontà ad unirsi nella solidarietà, per affrontare insieme le molte sfide che incombono sulle famiglie più povere nella loro ricerca di una vita migliore e della felicità.”.  —[email protected] (Web Info)

Gaza, tregua e ostaggi: nuovo round negoziati Israele-Hamas al Cairo

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(Adnkronos) – Nuovo round di negoziati oggi al Cairo finalizzati a raggiungere un accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza e il rilascio degli ostaggi ancora trattenuti nell'enclave palestinese. Lo scrive il quotidiano egiziano Al-Qaher citando ''una fonte della sicurezza egiziana'' a condizione di anonimato.  I colloqui puntano a ottenere una tregua di sei settimane nelle operazioni israeliane a Gaza in cambio della proposta di liberazione di 40 dei circa 130 ostaggi ancora detenuti da Hamas e dai suoi alleati nella Striscia. Aggressione con coltello e un ferito alla stazione centrale degli autobus di Be'er Sheva in un sospetto attacco terroristico. Ucciso l'attentatore. A quanto riferisce Ynet, che parla di "panico alla stazione", un testimone oculare avrebbe riferito che il terrorista sarebbe sceso da una navetta, in abiti civili, già armato di coltello, e avrebbe pugnalato un giovane. Subito dopo sarebbe stato ucciso da militari accorsi sul posto. "Il terrorista era all'interno della stazione degli autobus. All'improvviso si sono sentiti gli spari e tutti hanno iniziato a correre", ha spiegato un altro testimone.  I medici hanno curato sul luogo dell'aggressore un uomo di 20 anni che era stato accoltellato e che poi è stato trasferito in ospedale. Il ferito è un ufficiale delle Forze di difesa israeliane. Il militare è stato portato all'ospedale Soroka con ferite al braccio, ha detto il servizio di ambulanze di Magen David Adom. Le sue condizioni sono giudicate buone. I media israeliani hanno spiegato che l'aggressore era un giovane beduino e cittadino israeliano della regione desertica del Negev di cui Be'er Sheva è la città più grande. L'accoltellatore è stato poi identificato da fonti della difesa come Naji Abu Freh, 28 anni, residente nella vicina città beduina di Rahat. I militari delle Forze di difesa israeliane hanno intanto detto di aver trovato armi nascoste nei letti e nei cuscini del reparto maternità dell'ospedale di al-Shifa, a Gaza City. Come spiegano i militari della Brigata al-Nahal, tra le armi sequestrate ci sono mortai, ordigni esplosivi, fucili di precisione, fucili d'assalto, pistole e altro equipaggiamento militare. Alcune armi, hanno aggiunto i militari, si trovavano nei controsoffitti e nelle pareti dell'ospedale. Circa 350 tra pazienti e personale medico dell'ospedale al-Shifa sono stati evacuati dall'Idf. Sarebbe salito intanto a 32.782 il numero dei palestinesi rimasti uccisi nella Striscia di Gaza dall'inizio della rappresaglia israeliana per l'attacco subito lo scorso 7 ottobre. Lo riferisce il ministero della Sanità di Gaza City aggiungendo che sono rimasti feriti 75.298 palestinesi. Almeno 75 i palestinesi, riferisce ancora il ministero, che sarebbero stati uccisi nei raid israeliani sferrati nella notte nella Striscia. La maggior parte delle vittime sarebbero donne e bambini. Il ministero degli Esteri libanese ha annunciato che presenterà una denuncia ''urgente'' al Consiglio di sicurezza dell'Onu per l'''attacco'' sferrato ieri contro un gruppo di osservatori internazionali dell'Unifil e attribuito a Israele. Si tratta di una violazione del ''diritto internazionale e umanitario'', ha detto Beirut. Nell'attacco sono rimasti feriti una cilena, un norvegese, un australiano e un traduttore libanese. Beirut ha contestato "gli attacchi contro le forze di pace dell'Onu, che continuano dopo gli attacchi contro i giornalisti, soccorritori, bambini, donne e bambini'', come scrive il quotidiano 'L'Orient Le Jour'. Il capo della diplomazia libanese Abdallah Bou Habib ha avuto un colloquio con il comandante in capo dell'Unifil, il generale spagnolo Aroldo Lazaro, e ha espresso la necessità di ''garantire la sicurezza degli impiegati delle Nazioni Unite, proteggere i civili e intervenire rapidamente per porre fine alle violazioni israeliane applicando pienamente la Risoluzione 1701 dell'Onu'' che ha messo fine alla guerra tra Hezbollah e Libano nel 2006. —internazionale/[email protected] (Web Info)

Quanto spendono le regioni per i contenziosi? Ecco promossi e bocciati

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(Adnkronos) – Quanto costano alle Regioni italiane gli oneri da contenzioso? A rivelarlo un report realizzato per l’Adnkronos dalla Fondazione Gazzetta Amministrativa della Repubblica italiana, che, nell’ambito del progetto ‘Pitagora’, ha stilato una classifica dei costi sostenuti nel 2022 dalle Regioni (per questa voce di spesa non sono presi in esame i dati dei Capoluoghi di provincia in quanto in questo caso non comparabili) per il mantenimento dei loro uffici e delle loro strutture, con tanto di assegnazione di rating.  Il Centro Ricerche della Fondazione, infatti, analizza tutti i dati finanziari ufficiali dell'ente pubblico in questione e attraverso algoritmi di ricerca scientifica individua potenziali sprechi, ovvero spese critiche nei conti pubblici. Le spese dell'ente in relazione alle singole voci vengono confrontate con il benchmark di riferimento e, a seconda dei livelli di scostamento di spesa individuati, si parla di ‘performance positiva’ (quando la spesa è inferiore o uguale alla media), ‘scostamento lieve’ (quando la spesa è compresa tra la spesa media e il 30% in più), ‘scostamento considerevole’ (quando la spesa è compresa tra lo scostamento lieve e il 100% in più), ‘spesa fuori controllo’ (quando la spesa supera di oltre il 100% la spesa media). Il rating – che si basa esclusivamente su dati contabili oggettivi scevri da qualsiasi valutazione discrezionale – assegna alla migliore performance la tripla 'A', mentre alla peggiore viene attribuita la lettera 'C'. Veneto, Marche, Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia sono le Regioni italiane più ‘virtuose’ nella spesa per gli oneri da contenzioso. Cinque Regioni che si aggiudicano il rating complessivo AAA nella speciale classifica. In particolare, per questa voce di costo, nel 2022, il Veneto ha speso 1.138,87 euro, le Marche 34.984,22, la Toscana 55.745,45, l’Emilia-Romagna 200.135,05, la Lombardia 282.928,86.  Ad essere ‘promosse’ per questa voce di spesa, con un rating complessivo da A a AA, sono anche Liguria (204.442,28 euro), Puglia (2.286.504,66) e Piemonte (2.428.281,24), che ottengono la doppia AA, e Umbria che, con un importo di 643.432,87, ottiene la A. Tra le Regioni con performance ‘intermedie’ figurano, invece: con BBB Sicilia (6.153.532,41) e Lazio (8.679.793,82); con BB Basilicata (1.362.773,58) e Campania (17.855.088,86); con B Abruzzo (6.541.338,19). Mentre risultano non comparabili per questa voce i dati di Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Sardegna (TABELLA 1 – TABELLA 2). Molise e Calabria sono le due Regioni meno efficienti nelle spese sostenute per gli oneri da contenzioso. Sono le uniche a ricevere la ‘C’, il rating peggiore assegnato dalla classifica elaborata per l’Adnkronos dalla Fondazione Gazzetta Amministrativa.  Nello specifico, per questa voce, nel 2022, il Molise ha speso 3.606.776,14 euro (TABELLA). Un importo inferiore rispetto all’anno precedente, il 2021, quando aveva toccato 5.745.493,56 di euro, ma più elevato rispetto al 2019 (2.860.667,37) e soprattutto al 2020 (561.311,19).  Quanto alla Calabria, nel 2022 ha speso 16.366.974,71 euro (TABELLA). Cifra più che dimezzata rispetto al 2021 quando aveva raggiunto i 35.170.330,84 di euro, e al 2019 (30.304.005,09), ma superiore rispetto al 2020 (13.445.687,28). La Campania è la Regione italiana che, in valore assoluto, detiene il record per la spesa per gli oneri da contenzioso: 17.855.088,86 euro nel 2022. Subito dopo la Campania, fra le Regioni con gli importi più elevati di uscite per questa voce, superiori a 1 milione di euro, spiccano, nell’ordine: Calabria (16.366.974,71), Lazio (8.679.793,82), Abruzzo (6.541.338,19), Sicilia (6.153.532,41), Sardegna (3.981.517,57), Molise (3.606.776,14), Piemonte (2.428.281,24), Puglia (2.286.504,66), Basilicata (1.362.773,58). Il Veneto è la Regione italiana che, in valori assoluti, ha la minore spesa sostenuta spesa per gli oneri da contenzioso: 1.138,87 euro nel 2022 (escludendo i dati che risultano non comparabili del Trentino Alto Adige), evidenzia quindi la speciale classifica.  Fra le Regioni che spendono meno per questa voce, sempre in valori assoluti, con un importo inferiore a 1 milione di euro, troviamo poi: Friuli Venezia Giulia (7.082,58), Marche (34.984,22), Toscana (55.745,45), Valle d’Aosta (59.610,77), Emilia-Romagna (200.135,05), Liguria (204.442,28), Lombardia (282.928,86), Umbria (643.432,87). —[email protected] (Web Info)