Home Blog Page 545

Attentato a Mosca, oltre 60 morti: Isis rivendica attacco, cosa sappiamo

0

(Adnkronos) –
Almeno 60 morti e oltre 100 feriti, compresi bambini. L'attentato terroristico alla Crocus City Hall, la più grande sala concerti di Mosca, scuote la Russia e alza ulteriormente la tensione in un momento cruciale. L'attacco compiuto da un commando di uomini armati viene rivendicato dall'Isis secondo il canale Telegram dell'agenzia Amaq, legata all'organizzazione, anche se le certezze non sono assolute. Mosca, subito dopo l'attentato, chiama in causa indirettamente l'Ucraina. Non ci sono elementi per accusare ma dalle alte sfere partono messaggi chiari: se l'Ucraina è responsabile, pagherà. Kiev respinge tutto e nega categoricamente il coinvolgimento nell'attacco.  Sono da poco passate le 19 ora italiana del 22 marzo 2024 quando arrivano le prime notizie relative ad una sparatoria. Il tenore delle news cambia rapidamente mentre su Telegram si diffondono video registrati all'interno del complesso. 
Un commando composto da almeno 5 uomini, con armi automatiche e granate, apre il fuoco sui civili. Nella serata di Mosca, la sala concerti è affollata da 6200 persone, secondo i dati relativi ai biglietti. In programma, in particolare, un concerto del gruppo Pic Nic. Il lancio di almeno una granata contribuisce a provocare un incendio che verrà domato solo nella notte di Mosca: il tetto del complesso viene divorato dalle fiamme. 
Il commando intanto apre il fuoco nell'atrio, sfonda le porte a vetri. I video mostrano il panico anche nella sala concerti, con la platea che si svuota tra grida di panico e colpi di armi automatiche. Centinaia di persone abbandonano la Crocus City Hall correndo per le strade di Mosca. Sul posto arrivano le forze speciali, polizia e decine di ambulanze. I feriti vengono trasferiti negli ospedali: secondo il bollettino delle autorità sanitarie, quelli in gravi condizioni sono 9. Ricoverati anche 5 bambini, uno in pericolo di vita.   
L'Isis, su Telegram, rivendica l'attacco e afferma che i responsabili dell'azione sono rientrati in sicurezza alle loro basi. "I combattenti dello Stato islamico hanno attaccato un grande raduno di cristiani nella città di Krasnogorsk, alla periferia della capitale russa, Mosca, uccidendo e ferendo centinaia di persone e causando grandi distruzioni al posto prima di ritirarsi nelle loro basi in sicurezza", si legge nel messaggio. Unità speciali della Guardia nazionale russa lavorano sulla scena dell'attacco alla ricerca dei responsabili dell'attentato.  La rivendicazione arriva dopo le dichiarazioni rilasciate da figure di primissimo piano in Russia. Il presidente Vladimir Putin, subito informato, si esprime attraverso le parole del portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov: "Il presidente -dice Peskov – viene costantemente informato da tutti i servizi competenti di quanto sta accadendo e delle misure che sono state adottate. Il presidente ha già dato tutte le istruzioni necessarie". Più esplicite le parole di Dmitri Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza. La Russia risponderà ''alla morte con la morte''. E ''se verrà accertato che ci sono i terroristi del regime di Kiev'' dietro all'attacco al Crocus City Hall di Mosca, ''è impossibile rispondere in modo diverso'', dice puntando il dito contro Kiev. ''I terroristi comprendono solo il terrore come ritorsione'', afferma l'ex presidente russo. Sulla stessa linea, le parole di Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri: "Come hanno detto i responsabili dei servizi, tutte le persone coinvolte saranno identificate dai servizi speciali", scrive su Telegram. Il riferimento dichiarato è alla posizione espressa dagli Stati Uniti, che non individuano elementi riconducibili alla responsabilità ucraina. "Ci sono reazioni a ciò che è accaduto al Crocus che sollevano più interrogativi. Questo riguarda certamente i commenti di Washington, che ha affermato di non aver visto segni di un coinvolgimento degli ucraini nell'attacco terroristico", incalza Zakharova. "Cosa spinga i funzionari di Washington a trarre conclusioni nel bel mezzo della tragedia sul mancato coinvolgimento di qualcuno è una bella domanda", afferma Zakharova. "Se gli Stati Uniti o qualsiasi altro paese hanno prove affidabili a questo proposito, dovrebbero immediatamente condividerle con la parte russa. Se non ci sono tali prove, allora né la Casa Bianca né nessun altro è in grado di postulare l'innocenza di qualcuno".  ''L'Ucraina non ha nulla a che vedere con l'attacco terroristico alla Crocus'' City Hall a Mosca, dice il Consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak. 
L'intelligence militare ucraina si spinge oltre, affermando che l'attacco sarebbe una provocazione organizzata dal regime di Putin, che la comunità internazionale aveva anticipato. "Questa è una consapevole provocazione dei servizi speciali di Putin per la quale eravamo stati avvertiti dalla comunità internazionale. Il tiranno del Cremlino ha cominciato così la sua carriera e ora vuole concluderla nello stesso modo: commettendo crimini verso i suoi cittadini", dice Andrii Yusov, rappresentante dell'intelligence militare ucraina, a Ukrainska Pravda. Yusov si riferisce all'allerta per possibili attentati diramata due settimane fa dall'ambasciata americana a Mosca.      —internazionale/[email protected] (Web Info)

Attentato Mosca: gli spari, l’incendio e la fuga – Video

0

(Adnkronos) – La sparatoria, l'incendio, la fuga. Oltre morti e 100 feriti nell'attacco alla Crocus City Hall, la più grande sala di concerti a Mosca. I video pubblicati sui social mostrano il rogo che divora l'edificio mentre centinaia di persone fuggono a piedi. —internazionale/[email protected] (Web Info)

Sla, nasce Aisla Marche al fianco di pazienti e caregiver

0

(Adnkronos) – Una rete solidale al fianco delle famiglie marchigiane affette da Sla. L'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (Aisla) ha dato vita alla sezione regionale delle Marche. A guidare questa squadra di volontari c'è Marisa Trobbiani che sarà affiancata da Pia Barbadori nel ruolo di vicepresidente, da Giulio Pantanetti (segretario), Michela Bonifazi (tesoriere) e da Manuela Bianchi e Alessandra Marilungo, entrambi consiglieri. Tutti loro condividono l'esperienza di malattia, che li ha spinti a mettersi a disposizione delle oltre 160 famiglie marchigiane che si trovano ad affrontare la difficile battaglia contro la Sla. Tra i principali servizi offerti gratuitamente dalla Aisla Marche – spiega una nota – co sono il 'Gruppo di Aiuto mensile' e un servizio di supporto psicologico a domicilio, entrambi condotti da Roberta Del Giudice, psicologa esperta nella presa in carico dei pazienti con Sla. Questi servizi rappresentano un sostegno fondamentale capace di offrire un supporto emotivo, informazioni utili e assistenza professionalmente qualificata. Uno degli obiettivi principali, invece, è quello di aumentare la presenza capillare di volontari sul territorio regionale. "Questo nostro volontariato è sostenuto dalla forza dell'amore per la vita e dal profondo dolore che questa malattia porta con sé – afferma Trobbiani – Lo facciamo, perché sappiamo cosa significa convivere con la Sla, così come conosciamo bene il senso di impotenza che le famiglie vivono e il bisogno di essere ascoltati. La nostra è una malattia progressiva che ha necessità di competenze e passione per essere affrontate. Il nostro è un aiuto che sentiamo urgente di offrire, a piene mani".  Sabato 23 marzo, alle 21 al Teatro Giuseppe Verdi di Pollenza, avrà luogo il primo evento a favore della neonata sezione, dal titolo 'Un borgo da favola'. Sul palco il gruppo teatrale Giovanni Ginobili di Petriolo. Promossa da Lauro Fabiani, socio Aisla, la manifestazione vuole onorare e commemorare sua moglie, Luana Mogetta, stroncata 2 anni fa dalla Sla. Fabiani ha così deciso di trasformare la sua sofferenza in un impegno per la causa, curando la realizzazione dello spettacolo (info biglietti al numero 333.6527979).  Aisla – ricorda la nota – è anche socio fondatore dei Centri Clinici Nemo e ha contribuito concretamente alla nascita del Centro di Ancona che porta un messaggio importante inciso sui muri del reparto: "Sogna in grande, desidera l'impossibile".  Nella sua prima visita ufficiale, la delegazione di Aisla accompagnata dal vicepresidente nazionale Vicenzo Soverino e dal direttore amministrativo Lea Gavin ha incontrato l'équipe medica e alcune famiglie presso il Centro di Ancona. Aperto nel 2022 e sotto la direzione di Michela Coccia, Nemo Ancona è diventato un punto di riferimento essenziale per la diagnosi e il trattamento delle malattie neuromuscolari nelle Marche: solo nel 2023, sono state 115 le persone con Sla prese in carico.  "Far parte del Nemo fin dai primi momenti della sua ideazione – commenta Soverino – ci riempie d'orgoglio. Oggi il Centro di Ancona rappresenta quell'opportunità cha fa la differenza per centinaia di famiglie, dando loro l'opportunità di accedere ai migliori standard di cura, a terapie innovative e, non ultimo, di essere protagonisti attivi nella gestione della propria malattia e della propria vita".  —[email protected] (Web Info)

Benessere del cuore con controllo colesterolo, focus cardiologi ospedalieri

0

(Adnkronos) – Il benessere del cuore passa attraverso il controllo del colesterolo. Secondo l'Anmco, l'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, "in Italia ogni anno 230.000 persone muoiono a causa di malattie cardiovascolari e circa 47.000 decessi sono attribuibili al mancato controllo del colesterolo. Tale condizione non riguarda esclusivamente la fascia di età più elevata, poiché le stime epidemiologiche mostrano che la malattia si manifesta nel 73% nel sesso maschile e nel 43% di quello femminile già in età giovanile e nella mezza età. Il colesterolo – ribadisce l'associazione – rappresenta uno tra i più importanti fattori di rischio cardiovascolare, causando per il sistema sanitario nazionale un impatto clinico, organizzativo ed economico enorme. Ciò nonostante, secondo le più recenti Linee guida internazionali, su oltre 1 milione di pazienti a più alto rischio l'80% non raggiunge il target indicato". "Sebbene già nelle mummie egiziane siano stati ritrovati segni di malattia aterosclerotica, nelle ultime decadi, con il diffondersi di stili di vita non sani e con l'allungamento della vita media, l'aterosclerosi e le sue conseguenze sono divenute responsabili di una vera e propria epidemia di malattie cardiovascolari. Il controllo del colesterolo, causa di sviluppo e crescita delle placche, è uno dei principali obiettivi della terapia mirata alla prevenzione cardiovascolare", ricorda l'Anmco che ha organizzato nella Capitale 'Lipids in Rome', oggi e domani. Una 'due giorni' con esperti provenienti da tutta Italia per discutere, condividere e confrontarsi sulle principali novità in merito a quella che è una vecchia sfida, per la quale sono però disponibili nuove soluzioni. L'evento è in collaborazione con la Società italiana per lo studio dell'aterosclerosi e con il patrocinio della più importante società scientifica cardiologica statunitense, l'American College of Cardiology. "L'attenzione verrà focalizzata sulla necessità di un trattamento precoce – spiega Fabrizio Oliva, presidente Anmco e direttore Cardiologia 1 dell'ospedale Niguarda di Milano – soprattutto dopo eventi acuti come l'infarto del miocardio. La comunità scientifica internazionale è infatti unanimemente concorde sul beneficio che può apportare l'impiego di farmaci ad alta efficacia somministrati quanto prima possibile, in modo da evitare che i pazienti siano esposti ai rischi dovuti a livelli di colesterolo elevato. Negli ultimi anni, grazie a studi osservazionali su larga scala che hanno incluso centinaia di migliaia di persone, è stato dimostrato che quanto più a lungo gli individui sono esposti a livelli elevati di colesterolo, tanto maggiore è il rischio di sviluppo e crescita delle placche aterosclerotiche con conseguente rischio di manifestazioni acute quali l'infarto".  "Per tale motivo – prosegue Oliva – le più recenti raccomandazioni formulate dagli esperti di tutto il mondo indicano l'importanza di utilizzare, dopo un evento acuto, non solo farmaci ad alta efficacia, ma fin da subito una combinazione farmaci, se necessario includendo farmaci più innovativi come l'acido bempedoico o gli inibitori di PCSK9, così da aumentare la probabilità di successo della terapia e anche l'aderenza al trattamento, ovvero il prosieguo nel tempo della terapia prescritta. Allo stesso modo, quando gli elevati livelli di colesterolo sono conseguenza di malattie genetiche, e quindi presenti fin dalla più giovane età, per evitare i danni correlati alla persistente esposizione al colesterolo per numerosi anni, ovvero evitare lo sviluppo e la crescita delle placche, è necessario mettere in pratica un approccio simile, cioè utilizzare subito farmaci potenti ed in combinazione così da favorire il mantenimento della terapia nel lungo tempo". "I due giorni di lavori sono l'occasione per discutere anche delle crescenti evidenze sulle novità all'orizzonte in termini di possibilità di ridurre il rischio cardiovascolare attraverso farmaci, come le piccole molecole di Rna (siRna) o gli oligonucleotidi antisenso (Osa), in grado di modulare l'espressione di proteine che giocano un ruolo nel metabolismo dei grassi circolanti, con molecole che agiscono in maniera selettiva a livello del fegato – illustra Furio Colivicchi, past president Anmco e direttore Cardiologia clinica e riabilitativa dell'ospedale San Filippo Neri di Roma – Questo tipo di trattamento ha il vantaggio di avere una lunga durata d'azione, quindi non richiedere una somministrazione quotidiana del farmaco e garantire in tal modo una maggiore aderenza alla terapia. Da circa un anno è a disposizione un farmaco che permette di ridurre il colesterolo cattivo in circolo attraverso iniezioni sottocutanee praticate due volte l'anno. Questo grazie al suo meccanismo d'azione del tutto innovativo, ovvero riducendo l'espressione di una proteina che interferisce con la captazione del colesterolo plasmatico da parte delle cellule del fegato".  "La ricerca scientifica, sfruttando un meccanismo d'azione simile, ovvero di modulazione dell'espressione di proteine – conclude Colivicchi – sta sviluppando nuovi farmaci rivolti verso altri fattori che aumentano il rischio cardiovascolare e che possono essere responsabili di eventi acuti proprio come il classico colesterolo cattivo. Uno degli obiettivi dei farmaci in via di sviluppo è ad esempio la lipoproteina(a) che, quando è elevata, anche se si interviene efficacemente sul colesterolo cattivo in circolo, può favorire eventi acuti e potenzialmente invalidanti come l'infarto e l'ictus, ma anche la malattia di valvole cardiache come la stenosi valvolare aortica calcifica".  —[email protected] (Web Info)

Giarratano (Siaarti): “Riorganizzare Ssn integrando ospedale e territorio”

0

(Adnkronos) – "Partendo dalle buone pratiche cliniche possiamo migliorare il sistema sanitario. Come società scientifica abbiamo prodotto vari documenti per fornire strumenti per riorganizzare il Servizio sanitario nazionale. Certo, potremmo dire che il problema è la mancanza le risorse economiche, il numero dei posti letto, che è insufficiente, ma siamo convinti che la questione riguardi assolutamente una revisione organizzativa non solo delle strutture ospedaliere e della funzione del territorio. Il problema è soprattutto nella mancata correlazione, integrazione del sistema territoriale col sistema ospedaliero". Lo ha detto Antonino Giarratano, presidente della Siaarti (Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva), in occasione dell'evento Adnkronos Q&A 'Salute e sanità, una sfida condivisa' che si è svolto a Roma. "Serve un modello organizzativo efficace che sviluppa sul territorio una rete che evita i ricoveri inappropriati – continua Giarratano – In questo momento noi abbiamo accessi al pronto soccorso e dei ricoveri che vengono definiti inappropriati o incongrui, che sono molto spesso correlati anche alle lista d'attesa. La colpa non è sicuramente del cittadino: il cittadino non trova risposta sul territorio" e si rivolge al pronto soccorso. "Non voglio assolutamente accusare la medicina territoriale – precisa il presidente Siaarti – ma è chiaro che c'è un problema enorme sul modello organizzativo della medicina generale e sul modello organizzativo della medicina territoriale". A tale proposito, "le Case di comunità e gli Ospedali di comunità avranno un ruolo e una funzione determinante solo se saranno strutture riempite da quel personale che in questo momento sicuramente manca sia a livello medico che infermieristico". Nello specifico, "il sistema dell'emergenza urgenza è un modello. In questo momento, se ho un dolore o un aumento della temperatura e sono un soggetto anziano, chiamo il 118" e "arrivo al pronto soccorso, non c'è alternativa", e così nasce il "sovraffollamento del pronto soccorso. I nostri dati – evidenzia Giarratano – dicono che dal 25% al 35% degli accessi sono inappropriati e potrebbero essere curati sul territorio. E' chiaro che la riforma del sistema dell'emergenza urgenza e soprattutto il sistema dell'emergenza" è centrale, "ma – conclude – è importante che non sia con un modello organizzativo diverso in ogni regione". —[email protected] (Web Info)

Aids, esperti: ‘U=U rivoluziona qualità della vita delle persone con Hiv’

0

(Adnkronos) – Un dato “veramente rivoluzionario” sulla “qualità di vita per le persone con Hiv è lo U=U”, ovvero ‘Undetectable equal Untrasmittable’, una condizione clinica per cui le persone in terapia antiretrovirale in cui il virus non è riscontrabile, non lo trasmettono. “Questo messaggio chiaramente è qualcosa che va ad abbattere lo stigma, la discriminazione, la paura di trasmettere la propria infezione” e apre anche “alla possibilità di avere figli normalmente”. Lo ha detto Roberta Gagliardini, specialista in Malattie infettive dell’Irccs Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, intervenendo oggi al webinar dal titolo ‘U=U: quali sono le sfide per le persone con HIV con ridotte opzioni terapeutiche?’, il primo appuntamento della seconda stagione di ‘Parliamo di Hiv oggi. Per guardare al domani’, promosso da Adnkronos in collaborazione con ViiV Healthcare e disponibile sui canali web e social del Gruppo editoriale. Alla diretta hanno partecipato anche Antonella Castagna, direttore della Clinica di malattie infettive università Vita-Salute San Raffaele, Istituto scientifico San Raffaele di Milano, e Massimiliano Fabbiani, professore associato di Malattie infettive all’università degli studi di Siena, Azienda ospedaliero-universitaria senese. Dopo aver affrontato – nella prima stagione – il tema dei bisogni insoddisfatti delle persone con Hiv, aver descritto come pazienti, clinici, associazioni e le stesse aziende collaborano fra loro e aver approfondito le condizioni di quei pazienti con ridotte opzioni terapeutiche, il primo dei nuovi appuntamenti è ripartito proprio da dove era stato interrotto, per indagare come, grazie alle nuove opzioni terapeutiche U=U, evidenza scientifica riconosciuta dal 2019, sia raggiungibile anche per le persone con Hiv che hanno sviluppato resistenza. Negli ultimi due anni si sono infatti rese disponibili delle nuove molecole che agiscono con meccanismi d'azione innovativi e che colpiscono il virus su diversi bersagli. “L'azzeramento della viremia plasmatica – afferma Fabiani – è il traguardo a cui dobbiamo puntare in tutte le persone che vivono con Hiv. Con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione oggi, di fatto, è il traguardo che dobbiamo necessariamente cercare di raggiungere”. In Italia “abbiamo più del 90% dei pazienti in soppressione virologica – aggiunge Castagna – Nei pazienti con Hiv che per le più varie ragioni non riescono a negativizzare la viremia plasmatica dopo anche tanti anni di presa in carico, i cosiddetti pazienti difficili, è molto importante utilizzare i farmaci nuovi che sono disponibili in Italia, in combinazione con i farmaci del passato, per ottenere anche in questi pazienti quello che è l'obiettivo principale e importante per loro e anche per la comunità perché, se non sono a viremia negativa, rischiano di trasmettere un virus multiresistente ad altri”. Grazie alle nuove terapie, “altamente efficaci e ben tollerate – osserva Fabbiani – il percorso assistenziale delle persone che vivono con Hiv è profondamente cambiato perché la prognosi dell'infezione è notevolmente migliorata. Se fino a 10 anni fa programmavamo dei controlli ogni 2-3 mesi, attualmente le linee guida ci dicono che, nelle persone che soddisfano i criteri dell’U=U, cioè la stragrande maggioranza, si possono fare una volta ogni sei mesi, riducendo la medicalizzazione, quindi migliorando la qualità di vita di queste persone”. Ciò è possibile perché "abbiamo a disposizione delle molecole più moderne, definite ad ‘alta barriera genetica’, cioè più robuste, che mantengono la loro efficacia anche quando quella dei vecchi farmaci si è persa, sono più pratiche nella somministrazione e meglio tollerate: tutte caratteristiche che contribuiscono a migliorare l'efficacia delle terapie e anche a facilitare quella che è l'aderenza dei pazienti all'assunzione della terapia stessa. Tutto questo – continua Fabbiani – fa sì che oggi, di fatto, anche nei pazienti che hanno una lunga storia di malattia e di insuccessi terapeutici si possa costruire un regime terapeutico che è altamente efficace, che permette di raggiungere il controllo della replicazione del virus e il mantenimento di quello status che è compatibile con l'U= U”.  Il miglior controllo della malattia e l’aumento dell’aspettativa di vita, hanno reso le persone con Hiv vulnerabili alle malattie dell’invecchiamento. “Oggi – spiega Castagna – diverse evidenze” mostrano che questi pazienti “hanno un rischio doppio, rispetto alla popolazione generale, di avere malattie cardiovascolari e un rischio comunque più alto di sviluppare neoplasie”. Per questo si prevede “lo screening precoce per patologie cardiovascolari e per alcune neoplasie – tumore della prostata e anale – oltre a intervenire su quelli che possono essere gli stili di vita e i fattori che possono ridurre il rischio di alcune complicanze metaboliche. È quindi molto importante utilizzare, anche nell'ambito della terapia antiretrovirale, quei farmaci che sono meno legati a tossicità”.  Sempre in tema di prevenzione, è fondamentale “poter offrire a tutte le persone con infezione di Hiv – ribadisce Gagliardini – dei buoni programmi di screening oncologico, di vaccinazioni laddove indicate, di prevenzione delle comorbidità e delle patologie legate all'età”. Resta poi la sfida “di riuscire a raggiungere anche le persone che non sono aderenti alla terapia e che per motivi legati al proprio vissuto o a scelte personali decidono di interrompere” il trattamento. "Oggi – conclude – anche per loro ci sono molecole” in grado di portare “al successo virologico” auspicato. —[email protected] (Web Info)

Tumore colon retto, Policlinico Tor Vergata si illumina di blu per la prevenzione

0

(Adnkronos) – Marzo è il Mese europeo della prevenzione al tumore del colon retto e il Policlinico Tor Vergata di Roma si illumina di blu, aderendo alla campagna di sensibilizzazione sulla prevenzione e diagnosi precoce. La facciata del Policlinico tinta di blu vuole richiamare l'attenzione dei cittadini sulla neoplasia, le cui cifre mettono i brividi.  Con oltre 2 milioni di nuovi casi ogni anno nel mondo, di cui 450.000 in Europa e oltre 50.000 in Italia, il tumore al colon, tra i non fumatori, è la neoplasia più frequente ed è la seconda causa di morte per tumore. In Italia, ogni mese, sono oltre 4.000 le nuove diagnosi di tumore del colon in fase avanzata e le neoplasie coliche, diagnosticate tardivamente, sono responsabili di 60 morti al giorno nel nostro Paese. Inoltre, il tumore al colon colpisce sempre di più giovani adulti tra i 25 e i 49 anni, con aumenti vertiginosi quali quelli rilevati nel Regno Unito dove ci sarà, nel 2024, un aumento del 26% rispetto al 2018 negli uomini e del 39% nelle donne. L'Università e il Policlinico di Tor Vergata – sottolinea una nota – possono contare su ricercatori e clinici di fama internazionale e rappresentano dei leader nella prevenzione e nella cura del tumore al colon e retto con la filosofia 'from bench to bedside'. Il Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Pdta) per la diagnosi e il trattamento del tumore colorettale è presente al Policlinico Tor Vergata da oltre 15 anni e si pone l'obiettivo di garantire accesso alle migliori professionalità e tecnologie disponibili. Il gruppo multidisciplinare si avvale di una endoscopia all'avanguardia, una diagnostica per immagini con Tc spirale multistrato e Rm 3 tesla, acceleratori lineari di ultima generazione per radioterapia, un servizio di genetica medica e un laboratorio di genetica molecolare per la ricerca di fattori prognostici e predittivi di risposta alla terapia. Il Pdta colon retto è guidato dalla Oncologia medica che collabora strettamente con la Chirurgia mininvasiva, per offrire ai pazienti terapie oncologiche mirate e personalizzate e interventi chirurgici con l'ausilio di tecnologia di altissimo livello come la laparoscopia 4k e 3-D e la robotica con i sistemi 'Da Vinci'. La Colorectal Unit (aperta dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17, previo appuntamento al numero 06.2090.2828), forte della presenza di case manager, opera prendendo in considerazione la prospettiva del paziente, anche con la partecipazione dei rappresentanti delle associazioni e i familiari, e con l'aiuto prezioso dello psico-oncologo. "Per il nostro ateneo la formazione dei medici è un pilastro fondamentale – afferma il rettore dell'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Nathan Levialdi Ghiron – Preparare professionisti capaci di fornire un'eccellente assistenza sanitaria, dalla quale ogni singolo cittadino trae beneficio, è la nostra missione prioritaria. Un'assistenza mirata e di alta qualità per i pazienti affetti da tumore al colon retto consente una valutazione approfondita del singolo caso clinico e, di conseguenza, una terapia personalizzata in base alle esigenze specifiche del paziente". La Colorectal Unit – prosegue la nota – rappresenta un modello organizzativo, avviato da tempo al Policlinico Tor Vergata, che unisce trasversalmente molti professionisti e servizi con l'obiettivo di rendere più efficace e personalizzato il percorso chirurgico del paziente: dalla diagnosi alla pianificazione individualizzata della cura, tenendo in considerazione anche gli aspetti di tipo riabilitativo mentali e fisici.  "Grazie al lavoro di questo team, i cittadini con diagnosi accertata troveranno un importante punto di riferimento multidisciplinare – continua il rettore – capace di garantire un approccio chirurgico personalizzato e di alta qualità. Questa bella iniziativa, che evidenzia con il colore blu la facciata del nostro Policlinico, è un appello alla presa di coscienza ed a sottoporsi a controlli, poiché la prevenzione è fondamentale e prevenire è meglio che curare. Noi siamo pronti ad accogliere coloro che sospettano o ricevono una diagnosi accertata di tumore al colon in questi rinnovati ambienti dedicati che, nelle prossime settimane, saranno a disposizione dei cittadini. Il Centro di alta specializzazione del Policlinico Tor Vergata, sul modello della Breast Unit, opera con un team multidisciplinare che si pone l'obiettivo di garantire alla persona il massimo livello di qualità delle cure – sottolinea Giuseppe Sica, responsabile Uosd Chirurgia mininvasiva e dell'apparato digerente dell'ospedale – e di utilizzare avanzate tecniche di chirurgia mininvasiva e robotica che permettono una precisione e radicalità elevatissima ed un recupero funzionale immediato".  "Il tumore al colon si può e si deve prevenire nella maggior parte dei casi – rimarca il direttore sanitario del Policlinico, Andrea Magrini – Quando non è possibile, bisogna intervenire per curare un paziente con un cancro al colon o al retto, e lo si può e lo si deve fare con la medicina di precisione, offrendo un trattamento quanto più possibile personalizzato. Grazie a tutti coloro che si sono impegnati in questa iniziativa 'illuminata' che consentirà a molti cittadini di porre attenzione agli screening e di sapere che saranno presi in carico in caso di diagnosi di tumore al colon dai professionisti del Policlinico con i più avanzati trattamenti chirurgici che mirano a ridurre l'impatto dell’intervento sul paziente".  L'installazione – si legge ni una nota – ha richiesto l'illuminazione di una area di circa 3.000 mq, realizzata mediante l'utilizzo di 13 gobo proiettori divum 50K, in tecnologia Led (Led emitting diode), montati su due torri Layher dell'altezza di 4 metri per una potenza installata pari ad 8 kW; l'opera è stata curata dal Prof. Ing. Marco Re, delegato del rettore per i Tor Vergata studios (nuovi studi multimediali di Ateneo) e direttore del Master in Ingegneria del suono e dello spettacolo. —[email protected] (Web Info)

Riparte turismo dentale, 200.000 italiani all’estero per protesi e impianti

0

(Adnkronos) – Ricostruzione protesica fissa e mobile, impianti e cure articolate, tutto in 10 giorni. Allettati dalle pubblicità sui social e da costi contenuti, anche tre volte più bassi rispetto all’Italia, ma anche dall’incredibile rapidità degli interventi, ogni anno circa 200.000 italiani fanno le valigie per andare in Albania, Croazia, Romania, Turchia o altri Paesi per curarsi i denti. Un trend in aumento, stando ai dati del report Osservatorio Compass sul turismo odontoiatrico, secondo cui il 36% degli italiani sarebbe disposto ad andare oltre confine per protesi, impianti e terapie parodontali, ma in 1 caso su 3 al rientro compaiono problemi che rendono necessario un nuovo intervento, vanificando il risparmio e le cure. Lo segnalano gli esperti della Società italiana di parodontologia e implantologia (Sidp) durante il 23.esimo Congresso nazionale, a Rimini fino a domani.  Il nostro Paese è nella top ten dei migliori al mondo per le cure parodontali e le competenze sulle malattie gengivali, stando all’analisi delle pubblicazioni scientifiche degli ultimi dieci anni. Eppure, "il turismo dentale è un fenomeno che purtroppo non accenna a scomparire, anzi – osserva Francesco Cairo, presidente Sidp e professore di Parodontologia all’Università di Firenze – Qualche tempo fa perfino l’Ambasciata italiana a Tirana ha dovuto diramare una nota per richiamare i nostri connazionali alla prudenza nel recarsi in cliniche private albanesi per le cure dentali, perché queste quasi sempre non rispondono a standard di qualità soddisfacenti".  "I costi sono inferiori, anche tre volte più bassi, così molti italiani vanno all’estero per risparmiare sulle terapie odontoiatriche, ma i rischi non mancano: materiali scadenti, studi odontoiatrici non adeguatamente sicuri, carenze di farmaci possono inficiare il risultato finale, esponendo a pericoli come ascessi, infezioni, difficoltà di masticazione che poi devono essere risolti al rientro in Italia. All’estero infatti spesso si ‘taglia’ sui tempi di guarigione e sui controlli post-operatori: i modi sbrigativi – puntualizza Cairo – comportano l’inserimento di impianti in numero maggiore a quelli utili perché si dà per scontato che alcuni potrebbero non funzionare. Inoltre, le protesi sono spesso compressive delle mucose o imprecise, perché non si lascia il tempo di guarigione biologica ai tessuti ossei e gengivali. Anche la visita si limita all’invio di una lastra, mentre la pianificazione di un piano terapeutico, richiede una anamnesi approfondita del paziente per una appropriata conoscenza delle sue condizioni cliniche". Se il 36% degli italiani sarebbe disposto a curarsi all’estero, stando ai dati raccolti dall’Osservatorio Compass, la percentuale sale al 77% in chi ha già provato l’esperienza. Chi non si fida teme un errore o ha dubbi sulla qualità delle cure. "È giusto dubitare, perché si stima che almeno una persona su tre abbia qualche problema al rientro in Italia, con conseguenze anche serie che comportano un nuovo intervento, con costi che possono diventare proibitivi, assai più alti che se si fosse gestita la situazione in modo corretto fin da subito".  "Gli esperti della British Dental Association qualche tempo fa avevano intervistato i dentisti inglesi – ricorda Cairo – scoprendo che il 94% di loro aveva trattato pazienti che si erano rivolti all’estero per cure dentali; nel 60% dei casi gli eventi avversi erano gravi, per esempio si erano verificate infezioni o ascessi. Si stima che ci sia un 20% di casi in cui si utilizzano materiali scadenti o non conformi, un altro 15% di casi in cui le protesi non sono funzionali o sono adattate in fretta e furia, o magari ancora funzionano, ma i tessuti di supporto sono infetti. Spesso infatti si interviene mettendo impianti, ponti o corone senza pensare a curare i tessuti di supporto e senza prima risolvere infiammazioni, granulomi o altri problemi".  "Tutto questo – conclude – compromette la salute orale, che invece viene tutelata se i pazienti si affidano a odontoiatri italiani che eseguono una diagnosi precoce, programmano un trattamento in fasi corrette e consequenziali, garantiscono l’impiego di materiali di qualità. Adottare la soluzione più veloce e a basso costo non è sinonimo di sicurezza, né di reale risparmio”. —[email protected] (Web Info)

Influenza, quasi 13 milioni di casi in Italia: 330mila in una settimana

0

(Adnkronos) – Sfiorano ormai i 13 milioni gli italiani, colpiti da influenza e virus cugini. "Nell'undicesima settimana del 2024", dall'11 al 17 marzo, come riportano i bollettini della sorveglianza RespiVirNet, curata dall'Istituto superiore di sanità, "i casi stimati di sindrome simil-influenzale, rapportati all'intera popolazione italiana, sono circa 331mila per un totale di circa 12.953.000 casi a partire dall'inizio della sorveglianza".  L'incidenza è pari a "5,6 casi per mille assistiti (6,3 nella settimana precedente, dato aggiornato rispetto a quello diffuso la scorsa settimana a seguito dei ritardi di notifica)", si legge nei report. Ancora una volta sono "maggiormente colpiti i bambini sotto i 5 anni di età, in cui si osserva un livello di incidenza di 17,8 casi per mille assistiti (18 nella settimana precedente)".  "Tutte le Regioni/Province autonome, tra quelle che hanno attivato la sorveglianza, registrano" ancora "un livello di incidenza delle sindromi simil-influenzali sopra la soglia basale, tranne la Pa di Trento, il Molise, la Puglia e la Basilicata che tornano al livello di base". Nella settimana analizzata, "la percentuale dei campioni risultati positivi all'influenza sul totale dei campioni analizzati risulta pari al 3%, in diminuzione rispetto alla settimana precedente (4,8%)", emerge ancora dai bollettini.   "Dall'inizio della stagione, i virus influenzali di tipo A risultano largamente prevalenti (94%) rispetto ai virus di tipo B e appartengono per la maggior parte al sottotipo H1N1pdm09" spiegano nei bollettini. Tra i campioni risultati positivi da inizio sorveglianza, il 19% è positivo per Sars-CoV-2, il 17% per Rsv (virus respiratorio sinciziale), il 35% per influenza A e il 10% per Rhinovirus, mentre i rimanenti sono risultati positivi per altri virus respiratori. Tra i campioni analizzati gli ultimi 7 giorni in esame, il 3,7% è risultato positivo per Rsv, lo 0,7% per Sars-CoV-2 e i rimanenti per altri virus respiratori tra cui Rhinovirus, Metapneumovirus, Coronavirus umani diversi da quello di Covid, Adenovirus, virus parainfluenzali e Bocavirus.  —[email protected] (Web Info)

Malattie rare, Balsamo (Zambon): “Supportiamo pazienti Sla con terapie innovative”

0

(Adnkronos) – "Sappiamo che la sclerosi laterale amiotrofica ha un impatto a 360 gradi sulla vita dei pazienti, influendo fortemente anche sull'indipendenza individuale. Coerentemente con la nostra vision 'Innovating cure & care to make patients' lives better', supportiamo le persone nella loro esperienza di malattia facendo leva sui progressi scientifici. Siamo dunque particolarmente orgogliosi di poter mettere a disposizione anche della comunità Sla italiana una nuova formulazione terapeutica che la persona può assumere più facilmente e che comporta effetti positivi sia sull'aderenza terapeutica, sia sulla qualità di vita". Così Rossella Balsamo, Medical Director Zambon Italia e Svizzera, commenta la disponibilità della formulazione orodispersibile di riluzolo. Le patologie del sistema nervoso centrale sono una delle aree della ricerca scientifica di Zambon, multinazionale farmaceutica nata a Vicenza nel 1906 e presente ora in 23 Paesi tra Europa, America e Asia. In Europa e in Italia – ricorda l'azienda – riluzolo è l'unico farmaco 'disease modifying' approvato per la Sla. Agisce sul glutammato, un messaggero chimico del cervello e del midollo spinale, che si ritiene possa causare la distruzione delle cellule nervose se presente in quantità eccessiva. La molecola è in grado di interrompere il rilascio di glutammato, aiutando così a prevenire i danni alle cellule nervose e ritardando la progressione della malattia. Uno studio scientifico ha evidenziato come l'assunzione quotidiana di riluzolo 100mg abbia determinato una sopravvivenza – definita come i pazienti in vita, non intubati per la ventilazione meccanica e non tracheotomizzati – significativamente più prolungata rispetto a coloro che avevano ricevuto il placebo. —[email protected] (Web Info)