(Adnkronos) – Nuova 'provocazione' di Donald Trump che in un'intervista ha accusato gli ebrei che votano per il Partito Democratico di "odiare la loro religione" ed Israele. "Ogni persona ebrea che vota per i Democratici odia la sua religione", ha dichiarato il candidato repubblicano alla Casa Bianca in un'intervista con Sebastian Gorka, un ex funzionario della sua Amministrazione. "Odiano ogni cosa di Israele e dovrebbero vergognarsi perché Israele sarà distrutto", ha rincarato la dose l'ex presidente, che ha anche accusato i Dem di "odiare Israele" date le critiche al primo ministro, Benjamin Netanyahu, per la guerra a Gaza. Non è la prima volta che Trump si lascia andare ad osservazioni del genere. Quando era presidente nel 2019, affermò che "tutti gli ebrei che votano per un democratico" mostrano "grande slealtà" o sono disinformati. "Il presidente deve prendere una posizione ferma di fronte ad una vile retorica antisemita fuori controllo". Così un portavoce della Casa Bianca, Andrew Bates, definisce "attacchi agli ebrei americani" le dichiarazioni di Trump. Il portavoce della Casa Bianca ha poi ricordato come l'ex presidente abbia in passato diffuso stereotipi antisemiti ed appoggiato i gruppi di estrema destra e neonazisti protagonisti delle violenze di Charlottesville nel 2017."Non c'è nessun giustificazione nel diffondere falsi, stereotipi tossici che minacciano i nostri cittadini", ha detto Bates ricordando come più volte Biden abbia deciso di candidarsi alla presidenza nel 2020 "vedendo i neonazi a Charlottesville cantare gli stessi slogan ascoltati in Germania negli anni '30". Anche il portavoce della campagna di Biden, James Singer, ha detto che Trump "dovrebbe vergognarsi" delle sue parole, secondo quanto riporta The Hill. "Donald Trump ha apertamente offeso gli ebrei americani e, secondo quanto riportato, crede che Adolf Hitler abbia fatto delle cose buone", ha continuato, riferendosi sempre ai fatti di Charlottesville quando l'allora presidente "lodò come 'brava gente' i neonazi che cantavano 'gli ebrei non ci sostituiranno'". Le dichiarazioni di Trump sono arrivate in un momento di grande tensione tra il governo di Benjamin Netanyahu e l'amministrazione Biden e dopo che Chuck Schumer, il leader della maggioranza dem al Senato, che l'esponente della comunità ebraica che ha il più alto incarico in seno alle istituzioni Usa, ha chiesto, in un discorso in aula, nuove elezioni in Israele accusando l'attuale governo di estrema destra di star trasformando Israele con il modo in cui sta conducendo la guerra a Gaza in un "paria internazionale". Molti esponenti democratici ebrei hanno duramente condannato le parole del candidato repubblicano: "Come osa Donald Trump dare lezioni a Chuck Schumer su cosa significa essere ebrei", ha detto Jamie Raskin, secondo quanto riporta Axios, definendo le parole del tycoon "una vergognosa diffamazione della vasta maggioranza degli ebrei americani". Il democratico ha poi ricordato come Trump abbia ospitato a Mar a Lago un esponente del movimento neo nazi, Nick Fuentes, che nega l'Olocausto. "Trump non ha religione, non è mai andato in chiesa, certo non sa nulla del Nuovo Testamento ed ancora meno degli ebrei e del loro impegno per la giustizia sociale e per Israele", gli ha fatto eco Steve Cohen. Accuse di antisemitismo sono arrivate anche da Debbie Wasserman che afferma che in questo modo "Trump dimostra di non essere idoneo alla presidenza". A queste critiche, la portavoce di Trump, Karoline Leavitt, ha replicato affermando che le parole dell'ex presidente sono "giuste": "L'amministrazione Biden ha dato milioni di aiuti a Gaza e al regime iraniano, i democratici al Congresso hanno firmato petizioni in sostegno dei terroristi di Gaza e si sono piegati alle richieste degli estremisti palestinesi di estrema sinistra". "Il partito democratico si è trasformato pienamente in un gruppo anti-Israele, antisemita e pro terrorista", ha concluso con evidente tentativo di conquistare spazio in un elettorato tradizionalmente favorevole ai democratici. Trump ha ottenuto solo il 30% del voto degli elettori ebrei nel 2016 e il 27% nel 2020. Dei 33 deputati ebrei americani solo due sono repubblicani. —internazionale/[email protected] (Web Info)
Fiorello: “Vittoria Putin? L’inno scelto è Gelato al cioccolato in russo”
(Adnkronos) – Si è aperta con un commovente duetto tra Fiorello e la figlia Angelica per la Festa del Papà la puntata di questa mattina di 'Viva Rai2'. I due, arrivati su una 500 d’epoca rosso fuoco, hanno cantato insieme “La prima cosa bella” di Nicola Di Bari. Ospiti musicali della puntata la band punk rock dei La Sad, "figli modello che tutti i genitori vorrebbero", ha ironizzato tra le risate, circodato da creste e borchie dei tre componenti della band. Tra le prime notizie della rassegna stampa, le elezioni in Russia e i recenti commenti di Matteo Salvini che hanno scatenato la polemica con Tajani: “Salvini dice che il popolo è sovrano: quando decide, ha ragione. Tranne però quando decide in Sardegna e in Abruzzo”, ha scherzato il conduttore. “Salvini, inchino a Putin. Attenzione, non è un inchino a 90 gradi, ma all’88, perché a 90 è pericoloso”, ha chiosato. Poi Rosario ha elencato chi ha fatto i complimenti a Putin: “da Xi a Maduro, l’alleanza degli autocrati tifa Mosca. Pensa questi, per batterli alle elezioni neanche gli Avengers possono farcela. Tra l’altro hanno fatto questo nuovo format dove si sono iscritti tutti quanti, Dittatori’s Got Talent”. Infine: “Putin festeggia la rielezione nella Piazza Rossa, tra l’altro hanno scelto l’inno: è Gelato al cioccolato in russo”, ha detto Fiorello facendo partire la versione russa del brano portato al successo da Pupo. Tornando poi alle notizie di politica interna, vivo il dibattito sull'appoggio di Calenda al candidato del centrodestra in Basilicata: “Calenda se n’è andato dal centrosinistra. Sta de qua, poi de qua, poi de là… il ballo del Qua Qua di Calenda!”, ha detto Fiorello. Che ha poi lanciato tra le risate lo slogan preelettorale: “Everybardi needs somebardi”. “Conte a Calenda ‘Non sei credibile, la tua politica mi fa orrore’, hanno litigato. Un dissing come fanno i rapper e i trapper, anzi questo è un Pd-issing”, ha aggiunto Fiorello tra le risate del Glass. Anche il centrodestra alla ricerca del famigerato Campo largo: ”Parliamo della destra, adesso anche loro con il Campo largo. Ci sono questi nuovi amori, come Calenda che va a destra, il Campo-rella”. Invece, sui recenti sviluppi riguardo l’eredità di Silvio Berlusconi, sembra che i figli siano arrivati ad un accordo: “Siglato l’accordo sulle ville tra i figli, Macherio va a Barbara, A Marina va Villa Campari. Oltre a villa Campari, vuole prendere anche quella vicino, Villa Prosecco per fare Villa Spritz. Pier Silvio, il figlio, invece dice 'Televisione? Sfide difficili, ma noi assumiamo'”, ha detto lo showman, che non ha perso l’occasione per scherzare con l’amministratore delegato Rai: “So che Roberto Sergio sta già mandando il curriculum!”. —[email protected] (Web Info)
Ucraina-Russia, Medvedev: “Discutere di disarmo con Usa è come farlo con Hitler”
(Adnkronos) – Nelle condizioni attuali un eventuale negoziato tra Russia e Stati Uniti sulle armi strategiche sarebbe come se durante la Seconda Guerra Mondiale l'Urss avesse accettato di negoziare con Hitler sul disarmo. Così il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, citato dall'agenzia Tass. "Apertamente, senza esitare, stanno conducendo una guerra ibrida contro di noi. Usano qualsiasi cosa: forniture enormi di armi al nemico, invio di specialisti militari e lavoro delle forze di intelligence. Poi dicono che vogliono riprendere il dialogo strategico sugli armamenti. No, sarebbe come aver negoziato con Hitler sull'abbassamento della soglia delle armi offensive durante la Grande Guerra Patriottica", ha scritto Medvedev su Telegram. L'ex presidente ha osservato che la retorica dei leader occidentali colpisce per la sua incoerenza: "Ogni giorno pronunciano discorsi che sono delle perle". —internazionale/[email protected] (Web Info)
Italiani papà più vecchi d’Europa, primo figlio a 36 anni e oltre
(Adnkronos) – Diventare papà per la prima volta è un'esperienza che gli uomini italiani spostano sempre più avanti nel tempo, più di quanto si faccia negli altri Paesi europei. I più recenti dati Istat indicano che in Italia si diventa papà mediamente a 35,8 anni, mentre in Francia a 33,9 anni, in Germania a 33,2, in Inghilterra e Galles a 33,7 anni. Un fenomeno sempre più frequente rispetto al passato che riguarderebbe circa il 70% dei nuovi papà italiani: ciò significa che un uomo su 3 è ancora senza figli oltre i 36 anni d'età. A tracciare il quadro, alla vigila della Festa del papà, sono gli esperti della Società italiana di andrologia (Sia) che ricordano l'importanza di anticipare la paternità e, dove non possibile, di preservare la fertilità fin da giovani, soprattutto attraverso un sano stile di vita. La tendenza a ritardare la paternità, ricordano gli andrologi, non è priva di conseguenze: numerose evidenze scientifiche dimostrano che le caratteristiche funzionali dello spermatozoo, cioè motilità, morfologia e anche i danni al Dna, peggiorano con l'aumentare dell'età. A tutto questo si aggiunge al fatto che con l'avanzare dell'età aumenta il tempo di esposizione agli inquinanti ambientati esterni, come le microplastiche che negli ultimi anni hanno dimostrato essere un problema rilevante per la fertilità maschile. In più i cambiamenti climatici con l'aumento della temperatura globale hanno anch'essi un impatto negativo sulla fertilità maschile, dimostrato dalla riduzione volumetrica dei testicoli nella popolazione generale. "In Italia – spiega Alessandro Palmieri, presidente Sia e docente di Urologia all'Università Federico II di Napoli – l'età in cui si fa il primo figlio è aumentata di 10 anni, passando dai 25 anni della fine degli anni '90 ai circa 36 attuali, che pongono il nostro Paese in cima alla classifica dell'età media del concepimento in Europa. Un fenomeno che riguarda quasi il 70% dei nuovi papà italiani. Ne consegue" appunto "che un uomo su 3, superata questa soglia, è ancora senza figli. Questo significa che nel giro di pochi decenni si è passati da una situazione nella quale solo una ridotta minoranza arrivava senza figli all'età di 35 anni a una nella quale la maggioranza della popolazione maschile rinvia oltre questa soglia anagrafica la prima esperienza di paternità". La nostra società "sta assegnando alla riproduzione un ruolo tardivo, dimenticando che la fertilità, sia maschile che femminile, ha il suo picco massimo tra i 20 e i 30 anni e che la potenzialità fecondante del maschio è in netto declino". Con l'avanzare dell'età, sottolinea Palmieri, "la fertilità diminuisce perché anche gli spermatozoi 'invecchiano' e bisogna insegnare alle giovani generazioni l'importanza di una fertilità sana al momento giusto che va preservata fin da giovani". Per questo la Sia, in collaborazione con l'Istituto di Farmacologia clinica dell'Università degli studi di Catanzaro, ha sviluppato un nuovo integratore con effetti positivi sulla salute maschile in generale, compresa la fertilità. "Lo scopo della medicina moderna non è solo quello di curare, ma soprattutto di prevenire e da questo concetto – illustra Tommaso Cai direttore dell'Unità operativa di urologia dell'ospedale di Trento e segretario della Sia – nasce il composto chiamato Drolessano, un mix di 7 sostanze naturali, due delle quali hanno specifici effetti sulla fertilità maschile. Si tratta dell'escina estratta dai semi e dal guscio dell'ippocastano, un potente antiossidante utile nel preservare la fertilità, ma anche per prevenire i sintomi della prostatite cronica, patologia questa che anch'essa implicata nella riduzione della fertilità maschile". L'altra sostanza alleata della fertilità maschile "è il licopene, un nutriente presente nei pomodori, che secondo uno studio dell'Università di Sheffield, pubblicato sull''European Journal of Nutrition', potrebbe aumentare la qualità dello sperma e contrastare l'infertilità maschile, proteggendo dagli effetti dannosi dei radicali liberi", spiega Cai. Ma non è tutto. Gli uomini che ritardano la paternità, soprattutto dopo i 45 anni, non solo devono affrontare problemi di fertilità ma possono mettere a rischio anche la salute dei figli, mettono in guardia gli esperti della Società italiana di andrologia. "Mentre si sa che per le donne dopo i 35 anni possono esserci cambiamenti fisiologici che influiscono sul concepimento, gravidanza e salute del bambino – spiega ancora Cai – la maggior parte degli uomini invece non è consapevole dell’impatto dell’età dovuto non solo al calo naturale del testosterone, ma anche alla perdita di ‘forma fisica’ degli spermatozoi che può portare anche a cambiamenti nello sperma che vengono trasmessi da genitori a figli nel loro Dna. È ben documentato che concepire in età avanzata comporta il rischio che il bambino nasca o sviluppi nel tempo problemi di salute". Secondo uno studio pubblicato su Nature, ogni anno in più del padre comporterebbe un incremento di 1,51 nuove mutazioni genetiche nei figli, il 25% in più rispetto a quelle che dipendono dalla madre. Un altro studio, pubblicato sempre su Nature, suggerisce che i figli di padri anziani hanno un rischio più alto di autismo e schizofrenia nei figli. "In definitiva, così come la fertilità femminile – conclude Alessandro Palmieri, presidente Sia e docente di Urologia alla Università Federico II di Napoli – anche quella maschile, è tempo-dipendente. È dunque fondamentale sfatare il mito dell’uomo fertile a tutte le età e promuovere invece strategie di informazione, prevenzione e preservazione della fertilità maschile, cominciando dalla giovane età, poiché una volta instaurati i danni non sono reversibili". —[email protected] (Web Info)
Pillola mima lo sport e fa anche dimagrire: lo studio
(Adnkronos) –
Una pillola che mima l'esercizio fisico, offrendo alcuni degli stessi benefici. Sarebbe il farmaco dei sogni, sia per i fan del divano, incapaci di sostenere la fatica di 'work out' quotidiani, che per gli sportivi perfezionisti e ossessionati dai risultati. Da tempo i medici prescrivono il movimento come una 'medicina' per migliorare e proteggere la salute. In un futuro non troppo lontano potrebbe diventarlo in tutti i sensi. Almeno stando a quanto spiega un team di scienziati in uno studio presentato all'Acs Spring 2024, meeting primaverile dell'American Chemical Society. I ricercatori riferiscono di nuovi composti che sembrano in grado di imitare la spinta fisica dell'allenamento, all'interno delle cellule di roditori. Questa scoperta potrebbe portare a un nuovo modo di trattare problematiche come l'atrofia muscolare e altre patologie, incluse insufficienza cardiaca e malattie neurodegenerative. Il ricercatore principale del progetto, Bahaa Elgendy, fa però chiarezza in partenza, sgombrando il campo da facili illusioni per i non pazienti: "Non possiamo sostituire l'esercizio fisico, che è importante a tutti i livelli", afferma professore della Washington University School of Medicine St. Louis. "Se una persona può fare attività fisica, dovrebbe andare avanti e farla. Ma ci sono tanti casi in cui è necessario un sostituto". Muoversi porta benefici sia alla mente che al corpo. Elgendy e colleghi sperano di 'sintetizzare' i potenti effetti da un punto di vista fisico: la capacità di migliorare il metabolismo e la crescita delle cellule muscolari, insieme a un miglioramento della prestazione muscolare. Un farmaco in grado di imitare questi effetti potrebbe compensare l'atrofia e la debolezza muscolare che possono verificarsi quando le persone invecchiano o sono affette da cancro, da determinate patologie genetiche o si trovano in condizioni per cui non sono in grado di svolgere attività fisica regolare. O ancora, prospetta Elgendy, la pillola mima-esercizio potrebbe anche potenzialmente contrastare gli effetti di altri farmaci, come i nuovi dimagranti che causano la perdita sia di grasso che di muscoli. Come funzionerebbe? I cambiamenti metabolici associati all'esercizio fisico, spiegano i ricercatori, iniziano con l'attivazione di proteine specializzate, note come recettori correlati agli estrogeni (Err), che si presentano in tre forme diverse. Dopo circa un decennio di lavoro, Elgendy e colleghi hanno sviluppato un composto (SLU-PP-332) che le attiva tutte e tre, compresa la versione più impegnativa, ERRα, che regola l'adattamento allo stress indotto dall'esercizio e altri importanti processi fisiologici nel muscolo. Negli esperimenti con i topi, il team ha scoperto che questo composto aumentava un tipo di fibra muscolare resistente alla fatica, migliorando anche la resistenza degli animali quando correvano su un tapis roulant per roditori. Per identificare il composto utile alla missione, i ricercatori hanno esaminato attentamente la struttura dei recettori e il modo in cui si legano alle molecole che li attivano. Poi, per migliorare la loro scoperta e sviluppare varianti che potrebbero essere brevettate, il gruppo ha progettato nuove molecole per rafforzare l'interazione coi recettori e provocare così una risposta più forte di quella che può fornire SLU-PP-332. Durante lo sviluppo dei nuovi composti, l'équipe ha anche ottimizzato le molecole per altre caratteristiche, come stabilità e basso potenziale di tossicità. Il team ha confrontato la potenza di SLU-PP-332 con quella delle nuove molecole esaminando l'Rna (misura dell'espressione genetica) di circa 15mila geni nelle cellule del muscolo cardiaco di ratto. I nuovi composti hanno provocato un maggiore aumento della presenza di Rna, suggerendo il fatto che simulano in modo più potente gli effetti dell'esercizio fisico. La ricerca che utilizza SLU-PP-332 suggerisce che prendere di mira i recettori correlati agli estrogeni potrebbe essere utile contro malattie specifiche. Nel dettaglio, studi condotti sugli animali con questo composto preliminare indicano che potrebbe avere un beneficio per obesità, insufficienza cardiaca o declino della funzionalità renale con l'età. I risultati della ricerca aggiornata suggeriscono che le nuove molecole potrebbero avere effetti simili. L'attività dei recettori target sotto la lente degli esperti sembra anche contrastare i processi dannosi che si verificano nel cervello dei pazienti con diagnosi di Alzheimer e di altri disturbi neurodegenerativi. Anche se il composto SLU-PP-332 non può passare nel cervello, alcuni dei nuovi sono stati sviluppati per farlo. "In tutte queste condizioni, i recettori Err svolgono un ruolo importante", rimarca Elgendy. "Se si avesse un composto in grado di attivarli in modo efficace, si potrebbero generare tanti effetti benefici". Il team spera ora di testare i nuovi composti su modelli animali attraverso Pelagos Pharmaceuticals, startup co-fondata dagli esperti, i quali stanno inoltre esaminando la possibilità di sviluppare i composti come potenziali trattamenti per i disturbi neurodegenerativi. —[email protected] (Web Info)
Chi sarà il nuovo presidente Aifa? L’identikit
(Adnkronos) – Era il 22 febbraio quando il virologo Giorgio Palù, da appena un paio di settimane confermato alla presidenza della nuova Aifa, sbatteva la porta dell'Agenzia italiana del farmaco dimettendosi fra le polemiche. E' passato quasi un mese e il sostituto ancora manca. Tanti rumor, ma di fatto nessun nome. Perché? Quale figura si sta cercando? E dove? Guido Rasi, professore di microbiologia all'università di Roma Tor Vergata, già direttore generale dell'ente regolatorio nazionale e per due volte direttore esecutivo dell'Agenzia europea del farmaco Ema, interpellato dall'Adnkronos Salute traccia un identikit del presidente ideale per l'Aifa e invita a far presto: "Non c'è bisogno di uno scienziato da Nobel", un super accademico, spiega. "Serve piuttosto una persona con un solidissimo background farmaceutico-regolatorio e una consuetudine assoluta con l'inglese". E "serve subito", ammonisce Rasi, perché in Europa i dossier 'caldi' sono tanti e "l'Italia deve poter pesare ai tavoli internazionali". "Indubbiamente – premette l'esperto – ha sorpreso tutti il comportamento di Palù, imprevedibile e forse anche non molto responsabile, considerando che credo sapesse fin dall'inizio come stavano le cose". Detto questo, guardando al futuro, chi 'salverà' l'Aifa? "Il mio personale parere – risponde Rasi – è che il ruolo di presidente Aifa, soprattutto per come lo ha disegnato la riforma dell'agenzia, richieda un profilo molto specifico per un lavoro altrettanto specifico. Sicuramente una competenza clinica sarebbe molto utile, però bisogna focalizzarsi più sul lavoro che il presidente Aifa è chiamato a fare quotidianamente". Qual è? "La determinazione del rapporto beneficio-rischio dei nuovi farmaci la fa l'Ema", ricorda l'ex direttore, quindi questo lavoro all'Aifa è 'risparmiato'. Il presidente entra in gioco "dopo che la Cse", la nuova Commissione unica scientifica ed economica, "ha valutato l'opportunità dell'entrata in commercio di un farmaco sul territorio nazionale, se rimborsarlo, quale tipo di rimborso dargli e quali indicazioni fornire per il suo impiego nella pratica clinica. L'ultimo check", la parola finale, "spetta al Consiglio di amministrazione e al suo presidente". E in un Cda in cui "tutti sono nuovi, bravi ma inesperti della materia, almeno il presidente deve esserlo. Deve essere una guida", sostiene l'ex Dg. Di più: "E' chiamato ad agire anche sviluppando una visione strategica" su questioni molto tecniche. Rasi fa degli esempi: "Gli toccherà valutare se la definizione di innovazione vigente sia ancora attuale; preparare una strategia per le terapie avanzate, che non abbiamo; capire se la Legge 648, che norma fra le altre cose l'uso compassionevole dei farmaci, vada ancora bene". Un requisito chiave su cui insiste il docente di Tor Vergata è la competenza linguistica. Il presidente dell'Aifa "deve essere una persona che abbia un'assoluta dimestichezza con l'inglese e che lo parli correntemente, perché il rappresentante legale di Aifa siede nel Cda di Ema e questo è strategico", precisa Rasi che sul tema si toglie qualche 'sassolino' dalla scarpa: "Gli ultimi tre direttori generali" in Europa "non ci sono andati o non ci andavano quasi mai, e questo ha prodotto un danno molto grosso perché molte normative fondamentali sono state scritte o impostate senza che l'Aifa abbia avuto una gran voce in capitolo. Dossier chiave, su cui sarebbe stato bene che l'Italia pesasse invece di trovarsi a 'rincorrere' disposizioni magari più convenienti per altri Paesi, mentre il nostro era assente al tavolo delle trattative". Ecco perché la figura che l'esperto ha in mente "deve conoscere molto bene l'argomento tecnico-regolatorio e avere grande familiarità con il network europeo, perché in questo anno avremo la nuova legge farmaceutica, la riforma dell'Ema, il regolamento sulla valutazione clinica congiunta Jca", elenca Rasi. "Il presidente Aifa dovrà essere presente – avverte – e portare posizioni italiane molto chiare, molto nette e molto ben elaborate". In definitiva "non serve uno scienziato da Nobel, un teorico magari bravissimo, ma senza esperienza del mondo regolatorio e delle leggi farmaceutiche internazionali. Serve un tecnico con un'esperienza scientifica-regolatoria inattaccabile – ribadisce – che sia persona rispettata o che si fa rispettare in Europa. Idealmente qualcuno che è già stato in Aifa o che ci sta attualmente, oppure che abbia lavorato a stretto contatto con i comitati Aifa". Insomma "una persona dell'ambiente".
Uomo o donna come le ultime indiscrezioni facevano sperare? "Io di donne veramente brave, che corrispondono bene alla descrizione che ho fatto – replica l'ex numero uno dell'Ema – ne conosco tante. Se troviamo la figura giusta in una donna, sarebbe ovviamente un bel segnale. Però l'Aifa, che in ogni caso ha al suo interno tante dirigenti di grandissimo livello – chiosa Rasi – ha bisogno di una guida adeguata a prescindere dal genere. Il profilo giusto, in tempi molto rapidi". —[email protected] (Web Info)
Asma grave, pazienti: “Anni per diagnosi e cure, importanti nuove terapie”
(Adnkronos) – “Ci vogliono anni per una diagnosi di asma grave e altrettanti per una terapia. Le nuove terapie servono anche a quelle persone che hanno già una diagnosi corretta, ma che purtroppo non hanno il farmaco giusto. Per mio figlio, che ha avuto il primo episodio a 4 mesi, ci sono voluti 9 anni per una diagnosi e 5 per una terapia adeguata. Ma ci sono anche pazienti come Chiara che hanno a ricevuto a 40 anni la diagnosi di asma grave e, nonostante la diagnosi corretta, da dieci anni sta cercando la terapia adeguata, nonostante fosse stata candidata a più di un biologico. L'ho sentita la settimana scorsa e, finalmente, dice che con questo farmaco le sembra di essere tornata a vivere”. Così Simona Barbaglia, presidente associazione nazionale pazienti Respiriamo insieme Aps, nel corso di un evento promosso da AstraZeneca, oggi a Milano, commenta la notizia del via libera di Aifa al rimborso di tezepelumab, il primo anticorpo monoclonale anti-Tslp (linfopoietina timica stromale, una citochina a monte della cascata infiammatoria dell’endotelio bronchiale) per il trattamento dell’asma grave. La malattia è sottostimata. “Come associazione – continua Barbaglia – dall'inizio di febbraio, abbiamo lanciato una survey, sulla nostra popolazione asmatica, sull'utilizzo e su chi prescrive i corticosteroidi orali. Ad oggi ci hanno risposto 708 persone di cui 312 si definiscono solo asmatici e non asmatici gravi. Andando ad analizzare poi i dati, è però emerso che soltanto il 3%, quindi 9 persone, non assume corticosteroide, mentre invece il 59%, quindi 185 persone, lo assume almeno una volta l'anno, per bocca, su prescrizione del medico, ma anche 2 o 3 volte l'anno, senza prescrizione di nessun medico. Siamo sicuri che i ‘solo asmatici’ in realtà non siano asmatici gravi? Siamo sicuri che queste 185 persone siano state avviate alla corretta terapia, anche inalatoria? Forse non la stanno facendo bene. Ma la domanda vera è: quanti di questi ancora non sono stati diagnosticati e, per sopravvivere al sintomo, cercano in qualche modo una risposta che ancora non è stata data?”, chiede la rappresentante di caregiver e dei pazienti con asma. “Proprio per garantire percorsi di diagnosi e di cura corretti ma anche i diritti sociali di tutela lavorativa, scolastica – aggiunge Barbaglia – come associazione dal 2018 ci battiamo perché l'asma grave ottenga una sua dignità specifica, con un codice di esenzione specifico inserito nel Piano nazionale delle cronicità, con all'interno dei Lea”, i livelli essenziali di assistenza, "prestazioni garantite o comunque con un codice sia per garantire la diagnosi, ma anche la presa in carico corretta e le terapie corrette. Già nella precedente legislatura avevamo presentato un disegno di legge per far riconoscere l'asma grave come una patologia invalidante. Il 30 gennaio – conclude – siamo riusciti finalmente a ripresentarlo. Auspichiamo che questa volta l'iter si concluda e che finalmente si garantiscano i diritti di cura e sociali a queste persone”. —[email protected] (Web Info)
Cronaca nazionale/ Con la modo contro un filo di acciaio, 25enne perde la vita
Terribile tragedia sulle strade abruzzesi.
Un ragazzo di 25 anni è morto in una grave incidente mentre faceva motocross insieme ad alcuni amici a Bisenti, in provincia di Teramo.
La vittima è un giovane originario di Castiglione Messer Raimondo ma residente a Pineto.
Secondo i primi rilievi, il 25enne in sella alla moto avrebbe trovato sul percorso una catena di acciaio tesa tra due alberi all’inizio di una stradina che ne ha causato la caduta.
Inutili i soccorsi, per lui non c’è stato nulla da fare.
Le indagini condotte dai carabinieri.
Foto di repertorio
AstraZeneca: “Importante rimborso tezepelumab su remissione asma grave”
(Adnkronos) – “Oggi è un giorno importante per noi, proprio nell'ambito respiratorio, una delle aree storiche di AstraZeneca”, perché “possiamo vantare la rimborsabilità di tezepelumab il primo anti-Tslp ad essere approvato e rimborsato nel nostro Paese per andare incontro a quelli che sono i bisogni clinici non ancora soddisfatti nei pazienti con asma grave, circa 300mila italiani”. Così Raffaela Fede, direttore medico AstraZeneca Italia, commenta il rimborso ottenuto da Aifa per il primo anticorpo monoclonale anti-Tslp (linfopoietina timica stromale, una citochina a monte della cascata infiammatoria dell’endotelio bronchiale) per il trattamento dell’asma grave. Il farmaco ha dimostrato “di ridurre le riacutizzazioni, di migliorare la funzionalità polmonare e dunque la qualità di vita dei soggetti affetti – continua Fede – Questo è in linea con il nostro impegno in quest’area: poter garantire la remissione di malattia anche per i soggetti affetti da asma grave. Tezepelumab – precisa – si aggiunge a un armamentario terapeutico di biologici già presente e sarà disponibile in tutti i centri in cui viene trattata l'asma grave, sono i centri di secondo livello dove già sono prescrivibili altri biologici”. Questo trattamento dall’innovativo meccanismo d’azione, oltre che per i “benefici clinici” è stato studiato anche per “la possibilità di ridurre” l'utilizzo “dei corticosteroidi orali – sottolinea Fede – ancora molto frequente in questi soggetti, ma che peggiora la prognosi perché il corticosteroide orale, comunque, va a danneggiare altri organi e apparati. Nel programma di studi abbiamo voluto proprio testare la possibilità di ridurre il più possibile l'uso dei corticosteroidi orali, tra i vantaggi di questo farmaco, per migliorare anche la prognosi a lungo termine di questi soggetti”. Ma la ricerca continua. Tezepelumab è “in sviluppo – aggiunge il direttore medico AstraZeneca – anche per l'indicazione sulla poliposi nasale che rappresenta una comorbidità molto frequente nei soggetti con asma grave”. Sempre nell'ambito dell'area respiratoria,“abbiamo ben 18 tra nuove molecole e nuove indicazioni da qui ai prossimi anni in studio per confermare il nostro impegno in quest'area fondamentale, ma anche per continuare a trovare nuovi target di malattia per una medicina di precisione non solo nell'asma grave ma anche nella Bpco”, la broncopneumopatia cronica ostruttiva “che è un'altra patologia respiratoria estremamente importante e con elevati tassi di mortalità. Abbiamo – conclude Fede – anche nuovi fronti di ricerca, come le patologie eosinofile, le bronchiettasie e altre malattie polmonari”. —[email protected] (Web Info)
Brasile/ Caldo record, a Rio percepiti oltre 62 gradi
Un fatto che sicuramente tornerà a far parlare del cambiamento climatico.
Un’ondata di caldo anomalo nei giorni scorsi ha interessato il Brasile facendo registrare una temperatura percepita di 62.3°C a Rio de Janeiro, mentre minacciava pioggia nel sud del Paese.
Si tratta del livello più alto mai registrato nella metropoli dal 2014, quando sono iniziate le misurazioni da parte del sistema Alerta Rio.












