(Adnkronos) – Una metodologia in grado di determinare il costo della prestazione sanitaria, utile a stabilire la giusta tariffa e quanto incide sul bilancio di un'azienda sanitaria il trattamento di un singolo paziente. E' quella messa a punto attraverso un algoritmo da un team di ricercatori della Libera università mediterranea 'Giuseppe De Gennaro' – gruppo di lavoro diretto da Francesco Albergo – e presentata oggi alla stampa nell'Auditorium del ministero della Salute. Presenti, tra gli altri, il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, il rettore della Lum Antonello Garzoni, il direttore del Dipartimento Salute della Regione Puglia Vito Montanaro e il presidente della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), Giovanni Migliore. L'analisi – è stato spiegato durante l'incontro – è frutto di un'indagine che dal 2017 ha monitorato circa 50 patologie in 4 Asl e in 2 Policlinici della Puglia. Ne è risultato che le tariffe attualmente in vigore non sono equilibrate. Le aziende sanitarie sono le prime a essere consapevoli dell'equilibrio economico da mantenere e dunque interessate a questo algoritmo che lavora sui minuti di assistenza dalla fase pre-ricovero a quella che segue un intervento. E se le tariffe attuali appaiono generalmente sottostimate, il tema riguarda anche la ripartizione delle risorse a livello nazionale e regionale. Gemmato ha sottolineato come il nuovo algoritmo possa rappresentare "uno strumento che aiuti a fare una corretta programmazione, ad ottimizzare le performance del sistema sanitario nazionale pubblico e a creare nuovi modelli organizzativi. Non dobbiamo dimenticare che il nostro Ssn pubblico è vecchio di 45 anni, ha bisogno di una rivisitazione e di nuovi modelli organizzativi. Il fatto di poter parametrare in profondità ogni prestazione offre una straordinaria occasione appunto di innovazione e di sostenibilità". Garzoni ha ringraziato la Regione Puglia per "l'attenzione verso lo studio iniziato nel 2017" e ha poi posto in evidenza il ruolo dell'università che "deve essere a supporto del sistema delle imprese e delle istituzioni con ricerche sul campo che ne possano migliorare le performance". Il sistema tariffario attualmente in Italia, quello dei Drg (raggruppamento omogeneo di diagnosi), secondo Albergo "oggi è inadeguato perché non è stato mai determinato il reale costo della prestazione sanitaria ospedaliera. Il lavoro di ricerca dell'Università Lum – ha detto – ha avuto la finalità di determinare una metodologia in grado di determinare esattamente da Nord a Sud Italia e in tutte le strutture ospedaliere il costo della prestazione". Albergo ha quindi ringraziato "Novartis per aver accompagnato la Lum in questo obiettivo e Gpi per aver realizzato un software in grado di poter determinare i costi". Quindi ha auspicato che lo studio "possa ottenere la giusta attenzione del ministero della Salute, affinché la ricerca rappresenti una soluzione importante per migliorare i costi in sanità in tutta Italia". Per Montanaro "è importante, soprattutto per le Regioni del Sud, dimostrare che il valore dei Drg non sia esattamente coerente rispetto alle componenti produttive, soprattutto con i prezzi e con i costi aggiornati ad oggi. Il modello messo a punto dalla Lum è un elemento che ci potrà consentire di rappresentare al Governo centrale l'esigenza di rimodulare i criteri di determinazione delle tariffe”. Una Regione come la "Puglia avrà la possibilità di poter ridefinire le tariffe di una serie di prestazioni – ha concluso – in particolare quelle dei servizi sociosanitari, in modo da renderle assolutamente identiche per qualsiasi setting assistenziale". —[email protected] (Web Info)
Solo 25% riconosce sintomi nefrite lupica, un aiuto dal progetto Panel
(Adnkronos) – Un esame delle urine potrebbe evidenziare precocemente danni renali ed evitare così il rischio di dialisi o di un trapianto. Eppure, soltanto il 25% delle persone sa che la presenza di sangue nelle urine rappresenta un campanello d'allarme per la nefrite lupica, una manifestazione del lupus eritematoso sistemico (Les) che colpisce i reni con conseguenze potenzialmente fatali, se non trattata tempestivamente. Non solo: il 67% dichiara di non aver mai riferito al medico anomalie urinarie come alterazioni del sedimento (tipo tracce di sangue) e, tra il 33% che lo ha fatto, solo il 38% è stato inviato a una visita specialistica. Sono alcuni dei dati della survey 'Lupus: cosa ne sai?', condotta su oltre 1.200 persone – di cui l'80% costituito da membri delle associazioni di pazienti – da Nume Plus nell'ambito del progetto Panel (Percorsi di cura avanzati per il trattamento dei pazienti con nefrite lupica), realizzato con il coinvolgimento di 22 esperti e con il patrocinio di Società italiana di reumatologia (Sir), Società italiana di nefrologia (Sin), Società italiana di farmacia ospedaliera e dei servizi farmaceutici delle aziende sanitarie (Sigo) e del Gruppo Les italiano Odv (Associazione per i diritti dei pazienti con Les), con il contributo non condizionante di Otsuka Pharmaceutical Italy e GlaxoSmithKline.
"La nefrite lupica è una manifestazione frequente e severa del Les, una malattia cronica autoimmune sistemica che colpisce maggiormente giovani donne, in età fertile. In Italia circa 25mila persone sono affette da lupus eritematoso sistemico e, in un caso su 4, all'esordio di malattia i pazienti sono colpiti anche da nefrite lupica (coinvolgimento renale). Questa percentuale sale al 50% se consideriamo il decorso di malattia", spiega Gian Domenico Sebastiani, presidente nazionale Sir e direttore Uoc Reumatologia Azienda ospedaliera San Camillo – Forlanini Roma e responsabile scientifico del progetto Panel, insieme a Stefano Bianchi, presidente della Sin.
"Questa condizione – aggiunge Sandro Feriozzi, direttore dell'Uoc di Nefrologia e dialisi aziendale Asl di Viterbo e membro della Sin – rappresenta una forma di patologia renale ancora non completamente conosciuta nei suoi meccanismi patogenetici. Le alterazioni del sistema immunitario, derivanti dal lupus, provocano lesioni infiammatorie renali che possono portare a una pericolosa evoluzione verso la malattia renale cronica". A causa dei sintomi aspecifici delle fasi iniziali della malattia (dolori articolari, febbre, stanchezza e malessere generale), che variano da persona a persona – si legge in una nota – possono trascorrere anche molti anni prima che il paziente riceva una diagnosi corretta di Les e inizi un trattamento appropriato. "Una diagnosi precoce, l'inizio tempestivo del trattamento finalizzato alla remissione e un'adesione stringente alle terapie – sottolinea Sebastiani – sono essenziali per ridurre il rischio di recidive, la progressione del danno d'organo e migliorare la prognosi e la qualità della vita". Così, "nell'ambito del progetto Panel è emersa la necessità di incrementare il numero di specialisti dedicati al Les e prevedere reti secondo il modello Hub & Spoke per migliorare l'accesso alle cure e la qualità dell'assistenza". Se infatti la nefrite lupica, non viene curata in modo adeguato, prosegue Ferriozzi, "può esitare nella malattia renale in stadio terminale. Quando ciò accade, è poi necessario ricorrere a trattamenti più invasivi come la dialisi o addirittura il trapianto di rene. Tutto ciò determina un maggiore utilizzo di risorse da parte del sistema sanitario nazionale, oltre che una prognosi peggiore per il paziente". Anche se la progressione e la sopravvivenza sono molto migliorate negli anni, la nefrite lupica è ancora associata ad un rischio di mortalità 6 volte maggiore rispetto alla popolazione – avvertono gli esperti – e, in presenza di insufficienza renale terminale, il rischio diventa 26 volte superiore. Dalla survey sono emersi, da un lato, una buona conoscenza della malattia, dall'altro un certo disorientamento sul percorso di cura e la resistenza di alcuni falsi miti. Se l'87% degli intervistati riconosce nel reumatologo il medico che cura il Les, il nefrologo è selezionato solo dal 36%. In realtà "la nefrite lupica richiederebbe un approccio multidisciplinare coordinato e personalizzato – chiarisce e il presidente Sir – sia nella fase di diagnosi che in quella di follow-up, che coinvolga più professionisti: medici di medicina generale, pediatri, reumatologi, cardiologi, nefrologi, infettivologi, psicologi, infermieri ed ematologi". Il progetto Panel nasce proprio con l'obiettivo di fotografare l'attuale modello di cura per la nefrite lupica, identificarne le criticità e le possibilità di miglioramento, e arrivare alla definizione di nuovi modelli di cura che utilizzino al meglio le terapie innovative in arrivo e vadano incontro alle necessità di clinici, pazienti e gestori delle risorse nelle strutture sanitarie. Al progetto hanno partecipato 22 esperti tra clinici (medici, società scientifiche, specialisti di settore), pazienti (associazioni dei pazienti, caregivers, infermieri, giornalisti) e istituzioni (farmacisti ospedalieri, direttori di Asl e di strutture ospedaliere). "Nell'ambito del progetto Panel – afferma Stefano Remiddi di Nume Plus – abbiamo dato vita ad una 'Consensus multidimensionale', con l'ambizioso obiettivo di mettere sullo stesso piano di ragionamento: clinici, associazioni dei pazienti, caregivers, infermieri, giornalisti di settore, farmacisti ospedalieri, direttori di Asl e di strutture ospedaliere. In questo modo, tutto il panel degli esperti ha esplorato le diverse dimensioni, discutendo e concordando sia le attuali limitazioni dei modelli di cura sia le proposte di miglioramento per la costruzione di un futuro modello più efficace". Dal lavoro svolto dalla task force del progetto Panel emerge anche la necessità di implementare l'informazione sulla malattia, per perseguire l'obiettivo di una diagnosi tempestiva e sfatare alcune false credenze. Tre intervistati su 10 (31%) ritengono infatti che l'evoluzione del lupus comprometta la possibilità di avere figli e il 13% teme di poter trasmettere la propria malattia. "E' necessario aumentare la consapevolezza della patologia non soltanto nella popolazione generale, ma anche nei medici di medicina generale e nei pediatri, che rappresentano spesso le prime figure con cui si relaziona il paziente – commenta Rosa Pelissero, presidente Gruppo Les italiano Odv – Società scientifiche e associazioni di pazienti devono coinvolgere le istituzioni e gli altri professionisti sanitari in campagne informative" su temi come "la maternità con lupus". Servono poi "interventi di tipo psicologico e psico-educativo per la corretta gestione della patologia, eventualmente anche con gruppi di auto mutuo aiuto, utili anche per i caregiver". —[email protected] (Web Info)
Cronaca nazionale/ Incendio in un’abitazione: donna anziana e la sua badante perdono la vita
La tragedia si è consumata la notte scorsa in un’abitazione del comune di Vicopisano, in provincia di Pisa, dove due donne sono morte tragicamente in un incendio divampato in casa e che non ha dato loro scampo.
I vicini hanno lanciato l’allarme mettendo in moto la macchina dei soccorsi.
Sul posto, in località San Giovanni alla Vena, i vigili del fuoco hanno spento l’incendio mettendo in sicurezza l’edificio ma purtroppo non hanno potuto fare nulla per le due vittime, che sono una pensionata di 91 anni residente nell’abitazione e una donna di 64 anni di nazionalità ucraina che era la badante della pensionata e l’accudiva anche di notte.
Sono intervenuti anche i sanitari del 118.
Sul fatto indagano ora i carabinieri.
foto di repertorio
Protesi ortopediche triplicate e 20mila l’anno scadono, boom revisioni
(Adnkronos) – In Italia nel giro di 20 anni gli impianti di protesi ortopediche sono quasi triplicati: dagli 80mila del 2000, nel 2022 si è arrivati a superare i 220mila. Da un lato aumentano gli under 60 che si sottopongono all'intervento, dall'altro la popolazione invecchia e sempre più anziani vengono operati. Ma siccome i 'senior' sono sempre più longevi, alla crescita degli impianti corrisponde anche un boom delle operazioni di revisione delle protesi. Dispositivi che hanno una durata media di circa 20 anni e che a un certo punto hanno bisogno di un 'tagliando'. Ogni anno le protesi in scadenza nel nostro Paese sono "oltre 20mila, pari al 10% di quelle impiantate", calcolano gli esperti prospettando "una domanda in crescita esponenziale, in linea con i dati americani che prevedono aumenti record del 137% per la revisione di protesi all'anca e fino al +600% per la sostituzione di protesi del ginocchio". La questione è al centro del 9° Congresso dell'Associazione italiana di riprotesizzazione, in corso oggi e domani a Verona. Un evento organizzato dal Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia dell'Irccs di Negrar, diretto da Claudio Zorzi – tra i centri con la più alta casistica di revisione protesi in Italia e struttura di riferimento regionale – con l'obiettivo di "discutere le tematiche chirurgiche più avanzate, definire un razionale scientifico e preparare i giovani chirurghi ortopedici alla chirurgia di revisione", spiega una nota dal convegno. Perché il tagliando della protesi abbia successo, avvertono infatti i medici, serve competenza: strutture, chirurghi e tecniche 'doc'. Soprattutto per "l'artrosi che tende a degenerare con l'età", afferma Zorzi, presidente del congresso, "continua ad aumentare in Italia il numero di interventi per l'impianto di protesi ortopediche all'anca, ginocchio e spalla, che in vent'anni sono quasi triplicati secondo i più recenti dati Agenas. Una quantità impensabile di impianti, che colloca l'Italia tra i primi posti in Europa per numero di protesi impiantate in tutte le articolazioni e per i livelli di affidabilità. Tuttavia – precisa lo specialista – nonostante le moderne tecnologie siano riuscite a creare protesi di altissima qualità, la fisiologia dell'articolazione sottoposta a intervento di protesi è comunque ben diversa da quella naturale e ci possono essere molti fattori che ne influenzano il buon funzionamento: dal naturale allentamento delle parti mobili all'utilizzo eccessivo in sovraccarico, soprattutto nei pazienti più giovani o in chi è in sovrappeso, fino alle infezioni o alla rottura (molto rara) delle componenti protesiche. Problemi che devono essere ripresi prima che vengano a crearsi gravi danni alle strutture ossee e legamentose". "Anche se ancora oggi non è ipotizzabile, per ogni paziente, una previsione precisa della durata dell'impianto che tenga conto delle tante variabili in gioco come l'età, il sesso, il tipo di protesi impiegata – illustrano gli specialisti a congresso – si può stimare che le protesi saranno ancora 'buone' a 15-20 anni dall'impianto nel 90% dei casi, secondo un ampio studio pubblicato su 'The Lancet' dai ricercatori dell'università di Bristol". "Stimando una durata media della protesi di circa 15-20 anni – osserva Antonio Campacci, responsabile Chirurgia dell'anca all'Irccs di Negrar e vicepresidente del convegno insieme al responsabile della Chirurgia della spalla, Paolo Avanzi – risulta evidente come un paziente giovane che ha ricevuto indicazione di protesi al di sotto dei 60 anni, o anche un paziente anziano che si è sottoposto all'impianto intorno ai 70 anni, 'consumino' la propria protesi in un'età in cui la richiesta funzionale o l'assenza di dolore è ancora alta e rende necessaria una revisione. L'impianto di una protesi – sottolinea l'esperto – è una via a senso unico: se fallisce non si torna indietro e solo un'ulteriore protesi potrà cercare di garantire una funzione articolare che duri nel tempo". "L'abitudine ad affrontare il problema protesico, già importante nei primi impianti, diventa essenziale nelle revisioni in cui la pratica e l'esperienza riducono molto i rischi che i pazienti non raggiungano una normale autosufficienza", puntualizza Zorzi. Il messaggio degli esperti, in conclusione, è che fare il tagliando di una protesi ortopedica è "una procedura molto complessa, che per avere successo richiede centri ad alta specializzazione e chirurghi esperti che si auspica aumentino in tutta Italia, alla luce dell'incremento esponenziale delle revisioni. Una eventuale carenza – è il monito – rischia di creare migliaia di disabili, se la revisione fallisce, con importanti oneri per il Servizio sanitario nazionale". —[email protected] (Web Info)
Boom di malattie sessuali trasmesse in Europa: crescono casi sifilide, gonorrea e clamidia
(Adnkronos) –
Boom di infezioni sessualmente trasmissibili (Ist) in Europa. L'Ecdc, Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, rileva "un preoccupante aumento dei casi di sifilide, gonorrea e clamidia". Gli ultimi rapporti epidemiologici annuali sull'andamento delle Ist in Unione europea/Spazio economico europeo indicano che "nel 2022 il numero di infezioni segnalate ha registrato una crescita significativa rispetto all'anno precedente, con un aumento del 48% per i casi di gonorrea, del 34% per quelli di sifilide e del 16% per la clamidia". Inoltre "sono cresciuti notevolmente anche i casi di linfogranuloma venereo e di sifilide congenita", trasmessa "dalla madre al feto". Trend che per gli esperti evidenziano "la necessità urgente di un'azione immediata per prevenire un'ulteriore diffusione e mitigare l'impatto delle Ist sulla salute pubblica". "Affrontare l'aumento sostanziale dei casi di Ist richiede attenzione urgente e sforzi concertati", dichiara la direttrice dell'Ecdc, Andrea Ammon. "Test, trattamento e prevenzione sono al centro di qualsiasi strategia a lungo termine", sottolinea, elencando "le priorità" per il contrasto alle Ist: "Educare alla salute sessuale, estendere l'accesso ai test e ai servizi terapeutici, combattere lo stigma associato" a queste infezioni. "Iniziative di educazione e sensibilizzazione – ammonisce Ammon – sono fondamentali per permettere alle persone di fare scelte informate sulla propria salute sessuale. Promuovere l'uso del preservativo e favorire un dialogo aperto sulle malattie sessualmente trasmissibili può aiutare a ridurne la velocità di trasmissione". L'Ecdc ricorda che, "sebbene infezioni come la clamidia, la gonorrea e la sifilide siano curabili, possono comunque comportare gravi complicazioni se non trattate". Fra i possibili rischi ci sono "la malattia infiammatoria pelvica o il dolore cronico". Non solo: "La clamidia e la gonorrea possono portare alla sterilità, mentre la sifilide può causare problemi neurologici e cardiovascolari. La sifilide non trattata durante la gravidanza può provocare" nel nascituro "gravi conseguenze". "Alla luce dell'aumento delle Ist in tutta Europa", l'Ecdc esorta ad "adottare misure proattive per proteggere se stessi e i propri partner. I test per queste malattie, soprattutto per chi ha partner sessuali nuovi o multipli, sono essenziali per una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo. Dato che alcune di queste infezioni possono essere asintomatiche e trasmesse senza saperlo, è importante che i partner sessuali si sottopongano a un test prima di fare sesso senza preservativo". Ancora, "chi sospetta di avere contratto una Ist dovrebbe consultare immediatamente un medico, poiché una terapia tempestiva è cruciale per prevenire un'ulteriore trasmissione e possibili complicanze". L'agenzia Ue insiste sull'importanza di "misure proattive per affrontare l'aumento dei tassi di Ist e proteggere la salute pubblica. Uno dei modi più efficaci per prevenire le malattie sessualmente trasmissibili è praticare sesso sicuro", puntualizzano gli esperti, raccomandando "l'uso regolare e corretto del preservativo durante l'attività sessuale". L'ultimo invito è a "una comunicazione aperta e onesta sulla salute sessuale con i partner", che "può aiutare a ridurre il rischio di trasmissione di Ist e promuovere il benessere generale". —internazionale/[email protected] (Web Info)
Cosenza, risonanza magnetica innovativa nella sede di Biocontrol
(Adnkronos) – Riduce i tempi per svolgere gli esami diagnostici, garantendo immagini migliori per qualità e precisione a vantaggio dei pazienti, ma anche dell'organizzazione sanitaria. E' la diagnostica avanzata, con uno scanner innovativo, della Risonanza magnetica 7700 3T con gradienti XP e intelligenza artificiale di Philips, installata a Cosenza nella sede di Biocontrol, struttura sanitaria ambulatoriale specializzata nella diagnostica per immagini e laboratorio analisi. Fondato nel 1979, Biocontrol – si legge in una nota – è tra i primi centri del Sud Italia ad aver realizzato, fin dagli anni '90, un sito di risonanza magnetica e oggi riafferma, attraverso la collaborazione con Philips, la propria attenzione verso un'assistenza sanitaria di qualità, puntando su tecnologie innovative che abbiano un impatto positivo sul percorso di cura del paziente, ma anche sulla qualità del lavoro degli operatori sanitari. "Soluzioni di ultima generazione come quelle proposte da Philips – afferma Marco Salerno, rappresentante legale di Biocontrol – rappresentano un importante aiuto per le strutture sanitarie che devono saper combinare assistenza di qualità ed efficienza nella gestione delle risorse. Questa nuova installazione rappresenta un ulteriore traguardo nel collocarci come centro di riferimento sul territorio e per la Regione nel campo della diagnostica medica strumentale ambulatoriale, puntando su professionalità e competenza degli operatori e su tecnologie innovative a tutela della salute dei pazienti". Grazie ai gradienti XP, che garantiscono alta qualità d'immagine per tutte le anatomie (consentono di raggiungere un segnale fino al 35% più alto e una scansione fino al 35% più rapida), Philips MR 7700 3T contribuisce a incrementare la produttività del reparto di risonanza magnetica – si sottolinea nella nota – offrendo imaging diagnostico di qualità e migliorando l'esperienza complessiva del paziente. "Lavoriamo costantemente per creare soluzioni innovative che possano migliorare i flussi di lavoro del personale sanitario, l'assistenza e la cura dei pazienti – conclude Omar Bonacci, District Manager per il Sud Italia di Philips – Una mission che condividiamo con Biocontrol, che rappresenta un'eccellenza nel Sud Italia fin dalle sue origini. La MR 7700 è tra le soluzioni più avanzate di risonanza magnetica e consente di elaborare più velocemente e in maniera più accurata immagini diagnostiche a supporto del processo decisionale da parte dei clinici". —[email protected] (Web Info)
Esami e visite, ricette entro 31 marzo valgono per tutto il 2024
(Adnkronos) – Sulla questione del nuovo tariffario per esami e visite, che dovrebbe entrare in vigore il prossimo 1 aprile e che secondo gli ambulatori e cliniche private accreditate sarebbe una sciagura perché rivede al ribasso le tariffe, piomba il decreto approvato oggi in Conferenza Stato-Regioni e che prevede che "le prescrizioni emesse entro il 31 marzo 2024 relative a codici e prestazioni, anche in esenzione, contenute nell'elenco della specialistica ambulatoriale di cui al decreto ministeriale 2 luglio 1996 e nei cataloghi regionali, sono erogabili con le relative tariffe entro e non oltre il 31 dicembre 2024". Secondo Michele Colaci, presidente di Confapi Salute, "si vuole solo prendere tempo ben sapendo, le Regioni, che dal primo aprile sarà impossibile applicare il nuovo tariffario. Mi pare che le Regioni lancino un segnale al Governo per un nuovo provvedimento di proroga. Diciamo che questo decreto è uno stimolo". Il 20 marzo a Roma è prevista una assemblea di tutte le associazioni che rappresentano il comparto. —[email protected] (Web Info)
Bce, tassi invariati. Tagliata stima per inflazione
(Adnkronos) – Nessuna sorpresa dalla riunione di marzo del Consiglio Direttivo della Bce che ha mantenuto invariati i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rispettivamente al 4,50%, al 4,75% e al 4,00%. Nonostante la 'prudente' decisione del Consiglio, l'Eurotower riconosce il percorso in calo dell'inflazione: non solo dall'ultima riunione di gennaio del Consiglio "l'inflazione è diminuita ulteriormente" ma – si legge nel comunicato finale – "nelle ultime proiezioni degli esperti della Bce è stata rivista al ribasso, in particolare per il 2024, principalmente per effetto del minore contributo dei prezzi dell'energia. Gli esperti indicano ora che si collocherebbe in media al 2,3% nel 2024, al 2,0% nel 2025 e all'1,9% nel 2026. Anche l'inflazione al netto dell'energia e degli alimentari è stata corretta al ribasso, a una media del 2,6% nel 2024, del 2,1% nel 2025 e del 2,0% nel 2026". Ma l'Eurotower osserva coem "nonostante l'ulteriore allentamento di gran parte delle misure dell'inflazione di fondo, le pressioni interne sui prezzi restano elevate anche a causa della forte crescita salariale". Oltre alla revisione al ribasso delle stime sull'andamento dell'inflazione, gli esperti della Bce hanno tagliato "la proiezione della crescita per il 2024 allo 0,6%; l'attività economica dovrebbe rimanere moderata nel breve periodo, per poi crescere dell'1,5% nel 2025 e dell'1,6% nel 2026, sostenuta inizialmente dai consumi e in seguito anche dagli investimenti". Lo segnala il Consiglio Direttivo nel comunicato finale della riunione di marzo. —[email protected] (Web Info)
Chiara Ferragni ‘Joker’ in copertina sull’Espresso: il web si spacca
(Adnkronos) – Un primo piano col trucco che cola, rosso e blu, come quello di un pagliaccio. E' il 'ritratto' di Chiara Ferragni che campeggia sulla nuova copertina de L'Espresso, che annuncia un'inchiesta giornalistica e titola 'Ferragni Spa: Il lato oscuro di Chiara'. Il settimanale uscirà in edicola domani, 8 marzo, ma l’immagine di Ferragni come 'Joker' è ormai virale sui social, dove gli utenti si dividono e le opinioni sono molto discordanti. C'è infatti chi considera eccessiva e di cattivo gusto la scelta del settimanale. "Una copertina che non c’entra niente con il giornalismo ma che è pregna di una violenza inaudita", scrive qualcuno. "Menateje pure già che ce semo", scrive in romanesco un altro. E un'altra aggiunge: "Da donna, mi sento sfregiata. L’Espresso è una rivista di attualità e mi disgusta pensare che il racconto dell’attualità debba passare attraverso lo scherno feroce". Ma sono molti anche i commenti di chi mostra di condividere – o di non condannare – la scelta dell'Espresso. "Copertina azzeccata che rende decisamente l’idea di chi sia realmente Chiara Ferragni", scrive qualcuno. "Qui stanno trattando Chiara Ferragni semplicemente come un’adulta di potere. Lo so che il suo aspetto delicato confonde molto. Ma è un’adulta di potere. Nel bene e nel male", aggiunge un'altra. C'è chi punta sul fatto che non sia un 'trattamento' esclusivo riservato all'influencer: "Che poi L’Espresso di copertine così ne ha fatte, ma guai a toccare Chiaretta eh", si ironizza. A commentare la cover anche Selvaggia Lucarelli: "Gente che non ha mai letto un giornale pensa che non sia mai esistita una copertina simile. E si concentra sulla foto, mica su quello che c'è scritto sotto la foto", scrive nelle sue stories di Instagram. —[email protected] (Web Info)
Philea Forum, Sangiovanni-Vincentelli: “Ruolo fondazioni fondamentale nel campo della ricerca”
(Adnkronos) – “Il ruolo delle fondazioni è fondamentale per avanzare nel campo della ricerca. La maggior parte del finanziamento in ricerca deriva dal governo, soprattutto negli Stati Uniti, sotto forme diverse, ma non necessariamente il finanziamento di ricerca del governo è per definizione a lungo termine, anzi. Ritengo, invece, che le fondazioni dovrebbero avere un ruolo di visione a lungo termine, che abbia sia un’importanza a livello sociale che un'importanza fondamentale per costruire le basi su cui poi progredire con l’innovazione”. Sono le parole di Alberto Sangiovanni-Vincentelli, Edgar and Harold Buttner Chair of Electrical Engineering and Computer Sciences, University of California, Berkeley, in apertura dei lavori di ‘Breaking bad (habits) – How can foundations move from silos to shaping future innovation ecosystems?’ la due giorni del Research Forum 2024 promossa da Philea, l’ente con sede a Bruxelles a cui aderiscono le fondazioni del continente, compresa Fondazione Cariplo. Al forum di ricerca aderiscono le più importanti organizzazioni filantropiche europee. Fondazione Cariplo è stata partner di Philea nella costruzione e definizione del programma a cui prendono parte più di 120 persone, in rappresentanza delle organizzazioni filantropiche europee. La due giorni è in svolgimento negli spazi della Cariplo Factory, a Milano. Fondamentale per il professore, saper riconoscere il lavoro che anima il processo innovativo: “Nel contesto di oggi, la base irrinunciabile da cui partire per portare innovazione è la capacità di riconoscere che sotto la punta dell'iceberg c'è un grande lavoro che ha porta ad un’innovazione importante. Un lavoro che va dalla ricerca alla comprensione dei bisogni del mercato, nonché alla traduzione di ciò che è stato fatto dalla ricerca verso lo stesso mercato. È irrinunciabile avere massima comprensione e fondamenta solide. Spesso, invece, si tende a ritenere l'innovazione come un insieme di ‘regolette’ – spiega – ma si tratta invece di una questione molto più complicata di quanto sembri che si basa sui fondamenti della conoscenza”. —[email protected] (Web Info)











