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Elezioni Sardegna, Meloni-Tajani-Salvini: “Ragioneremo insieme per valutare possibili errori”

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(Adnkronos) – "I dati disponibili sul voto in Sardegna consegnano una vittoria per meno di 3mila voti alla candidata del centrosinistra Alessandra Todde sul candidato di centrodestra Paolo Truzzu". E' quanto si legge in una nota congiunta di Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini. I leader del centrodestra, dopo il risultato delle elezioni regionali in Sardegna, scrivono di essere "rammaricati per il fatto che l'ottimo risultato delle liste della coalizione di centrodestra, che sfiorano il 50% dei voti, non si sia tramutato anche in una vittoria per il candidato presidente".  "Da queste elezioni, dunque, non emergerebbe in Sardegna un calo di consenso per il centrodestra. Ma rimane una sconfitta sulla quale ragioneremo insieme per valutare i possibili errori commessi. Continueremo a lavorare imparando dalle nostre sconfitte come dalle nostre vittorie", conclude la nota congiunta. La premier è intervenuta anche su X. "Le sconfitte sono sempre un dispiacere, ma anche un'opportunità per riflettere e migliorarsi. Impareremo anche da questo", ha scritto Meloni, spiegando di aver "telefonato ad Alessandra Todde, eletta Presidente della Regione Sardegna, per porgerle i miei auguri di buon lavoro. Ci tengo a ringraziare Paolo Truzzu e tutta la coalizione del Centrodestra, che con le sue liste si conferma la più votata dagli elettori".  —[email protected] (Web Info)

Ucraina, Macron e ipotesi invio soldati. Italia: “No truppe Nato in campo”. Da Europa coro di no

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(Adnkronos) – Dalla Germania all'Ungheria, dalla Polonia alla Gran Bretagna, le nazioni occidentali prendono le distanze dalle dichiarazioni di Emmanuel Macron. Il presidente francese non ha escluso l'ipotesi dell'invio di truppe in Ucraina, sottolineando che bisogna fare "tutto il necessario per garantire che la Russia non possa vincere questa guerra".   
La posizione dell'Italia è chiara. "La Conferenza organizzata ieri a Parigi dal Presidente Macron ha costituito l'occasione per riaffermare, con la partecipazione del Vice Ministro Cirielli, il pieno impegno dell'Italia a sostegno dell’Ucraina nella lotta a difesa della propria sovranità e integrità territoriale. Fin dall'aggressione russa di due anni fa vi è stata piena coesione di tutti gli Alleati nel supporto da offrire a Kiev. Questo supporto non contempla la presenza sul territorio ucraino di truppe di Stati europei o Nato", si legge in una nota di Palazzo Chigi. "E' un'idea di Macron, mi pare che quando si parla di inviare truppe si debba essere molto prudenti, non dobbiamo far pensare che siamo in guerra con la Russia. Il mio giudizio personale è che non sono favorevole a inviare truppe italiane a combattere in Ucraina", dice il ministro degli Esteri Antonio Tajani, parlando a Zagabria a margine della riunione del comitato di coordinamento Italia-Croazia.  Mentre il Cremlino sottolinea che tale possibilità porterebbe inevitabilmente a uno scontro militare diretto tra Russia e Nato, il cancelliere tedesco Olaf Scholz sottolinea che "ciò che è stato concordato fin dall’inizio tra di noi vale anche per il futuro, vale a dire che non ci saranno truppe di terra, né soldati inviati sul suolo ucraino dai paesi europei o gli Stati della Nato".  Il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha affermato che Budapest non è disposta a inviare armi o truppe a Kiev e che la sua posizione sulla questione è "solida come la roccia".  "Non siamo d'accordo", ha detto la portavoce del governo di Madrid, Pilar Alegría. "Quello che è urgente" è "accelerare la consegna di materiale" militare a Kiev, ha aggiunto. Anche la Gran Bretagna non ha piani per uno spiegamento di truppe su larga scala in Ucraina, ha detto un portavoce del primo ministro britannico Rishi Sunak. "Oltre al piccolo numero di personale che abbiamo nel paese a sostegno delle forze armate dell'Ucraina, non abbiamo alcun piano per un dispiegamento su larga scala", ha detto il portavoce ai giornalisti, aggiungendo che un gran numero di truppe ucraine vengono addestrate in Gran Bretagna e Londra sostiene Kiev con attrezzature e rifornimenti. Sulla stessa linea, anche "la Polonia non ha piani per inviare le sue truppe in territorio ucraino", ha detto Donald Tusk. "Credo che non dovremmo fare ipotesi oggi se ci saranno circostante che potrebbero cambiare questa posizione", ha aggiunto il premier del paese confinante con l'Ucraina.  "Sono convinto che dobbiamo sviluppare le vie di sostegno che abbiamo intrapreso dopo l'aggressione della Russia", le parole del premier ceco Petr Fiala. "Io credo non dobbiamo aprire ad altri metodi o modi", ha aggiunto Fiala, escludendo quindi l'ipotesi dell'invio di truppe, e sottolineando che il focus al momento è sull'invio di aiuti militari e sul sostegno umanitario ed economico.  Taglia corto il premier svedese, Ulf Kristersson, che ieri ha celebrato "la storica giornata" della ratifica ungherese, l'ultima rimasta, all'adesione della Svezia alla Nato. "Non c'è nessuna richiesta da parte Ucraina per questo, la questione non è rilevante". "Al momento siamo occupati a pieno nell'inviare equipaggiamento avanzato dalla Svezia all'Ucraina in molti modi diversi, come molti altri Paesi sono impegnati a fare", ha detto Kristersson, intervistato dall'emittente Svt, aggiungendo quindi che la questione dell'ipotetico invio di truppe "così è una questione interamente diversa". "Comunque, possiamo dire che ci sono Paesi diversi che hanno tradizioni diverse nell'impegnarsi in altri Paesi – ha detto commentando ancora le parole del presidente francese – e la tradizione della Francia non è la tradizione svedese, così io rispetto la volontà della Francia di aiutare l'Ucraina. Noi ora aiutiamo l'Ucraina in un modo diverso con molto equipaggiamento avanzato". Alla domanda se può escludere l'invio di truppe svedesi nel caso in cui dovesse arrivare una richiesta, ha poi risposto: "Viviamo in momenti molto speciali, così una generale esclusione di qualcosa". Però poi ha ribadito che la questione "al momento non è rilevante, non c'è una discussione del genere in corso in Svezia, noi partecipiamo inviando risorse, materiale e soldi all'Ucraina e questo è molto apprezzato".   —internazionale/[email protected] (Web Info)

Fedez, Muschio Selvaggio è di Luis Sal: dalla lite alla decisione del giudice

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(Adnkronos) –
Fedez perde Muschio Selvaggio e il podcast finisce nella mani dello youtuber Luis Sal. Lo ha deciso il giudice di Milano Amina Simonetti che ha affidato il 50% delle società finora nelle mani del rapper a un custode per scongiurare che possa venderle a un terzo. La decisione è stata presa dopo il ricorso dello scorso 5 febbraio con cui Luis Sal, socio al 50% come Fedez, chiedeva il sequestro giudiziario dopo la fine del rapporto con il marito di Chiara Ferragni. Fedez attualmente conduce il podcast con Mr Marra. Il rapper si esprime dal proprio profilo Instagram. "Il tribunale di Milano non ha 'decretato' che le quote appartenenti a me debbano essere vendute a Luis Sal. Anche perché la causa che deciderà sul merito della vicenda non è ancora iniziata. Un giudice ha stabilito che un custode gestirà le mie quote nell'interesse della società Muschio Selvaggio srl e non nell'interesse di Luis Sal! Di conseguenza non sono stato esautorato da nulla tanto è vero che le puntate continueranno ad andare in onda", scrive Fedez. "Detto ciò – prosegue – grazie a tutte le persone che sostengono il lavoro di questi 10 mesi a Muschio Selvaggio. Lavoro portato avanti con la sola forza della passione. Abbiamo seguito il solo desiderio di cercare di portare contenuti di qualità. Non è stato un periodo facile per tutte le persone che lavorano a questo progetto. Persone che ringrazio anche quando sembrava un podcast finito". 
Il sodalizio tra Fedez e Luis Sal si è interrotto lo scorso anno, dopo la trasferta di Muschio Selvaggio al Festival di Sanremo 2023. La rottura si è consumata con messaggi incrociati tra i due ex soci. "Mi sarebbe piaciuto che fosse stato Luis a dare le spiegazioni per il rispetto di 3 anni di lavoro insieme e per il rispetto nei confronti del pubblico", le parole di Fedez in un video diffuso all'inizio di giugno dello scorso anno. "Il podcast non è nato per guadagnare soldi, abbiamo rifiutato tante entrate in questi anni per evitare di contaminare il contenuto. Per me e Luis era una parentesi di grande libertà. La parentesi di Sanremo è stata più lavorativa che divertente. L'ho voluta io, è stato un progetto che pensavo potesse essere utile. Non siamo stati pagati, i soldi sono stati spesi per il format. E' stata una parentesi impegnativa, Luis inizialmente non era d'accordo ma poi ha detto 'proviamo a farlo'. E' stata un'esperienza caduta in un momento in cui la mia salute mentale non era proprio al top. Alla fine del progetto c'è stata una discussione lavorativa, ho fatto notare a Luis come avessi la sensazione di dovermi far carico di tutto, senza supporto da parte sua. Alla fine della conversazione abbiamo deciso di prenderci qualche settimana per capire cosa fare", ha aggiunto l'artista. "Non avevo avuto campanelli d'allarme, ma dopo una settimana di riflessione Luis mi ha mandato un messaggio dicendo che il podcast era identificabile soprattutto come un prodotto di Federico, non voleva più fare Muschio Selvaggio e voleva dedicarsi ad altri progetti. Ci sono rimasto male, anche perché avevamo fondato una società qualche settimana prima", ha aggiunto Fedez, spiegando all'epoca che "Luis è ancora nella sigla perché ad oggi il podcast è ancora di Luis, spero si trovi una soluzione perché ad oggi sono io a portare avanti la società. Luis sa che è sempre il benvenuto per fare puntate, i microfoni sono aperti per qualsiasi spiegazione in libertà e trasparenze. Questa situazione mi ha dato molto dispiacere. So che la narrazione è 'Fedez litiga con tutti', mi dispiace che per il lavoro si sia rotto un rapporto che andava oltre. Tenevo molto a Luis, non è stato facile. E' strano ora portare avanti questa cosa da solo, ma non mi sento di buttare 3 anni di lavoro". 
A stretto giro, la replica di Luis Sal 'condita' dalla celeberrima frase "dillo alla mamma, dillo all'avvocato", diventata un tormentone sui social. "Gli argomenti dovevano essere la cosa più importante, già si parlava abbastanza di Fedez e Muschio Selvaggio non doveva essere un altro luogo in cui si parlasse di lui. Con il passare del tempo, queste premesse vengono a mancare. Gliel'ho fatto notare da amico, glielo hanno fatto notare anche gli utenti nei commenti", ha detto Luis Sal. Dopo il Festival di Sanremo, secondo la ricostruzione di Luis Sal, il rapporto è andato in tilt. Fedez avrebbe chiesto a Luis Sal di cedere le quote della società e avrebbe prospettato una puntata in cui lo YouTuber avrebbe dovuto scusarsi per le assenze nei precedenti episodi. "Mi trovo a dovermi difendere" in ambito legale "e dalle cose non vedere che Federico dice su di me. Trovo a dovermi difendere in un giochino, che Federico è molto bravo a fare e al quale non voglio partecipare. Federico, non voglio giocare: non giochiamo più, dillo alla mamma… dillo all'avvocato…". 
Tutto finito? Macché. Terza puntata con Fedez e i bilanci: "Se questo senso di oppressione nei miei confronti era così latente da tanto tempo, perché hai deciso di fondare una società insieme a me due settimane prima di lasciarla? Chiedendomi successivamente 600mila euro per una società che non vale neanche la metà di quei soldi, vietandomi di dare spiegazioni e minacciando di raccontare la tua verità se io avessi osato dire che tu avevi abbandonato il podcast per dedicarti ad altri progetti?, le parole del rapper il 9 giugno 2023. 
A novembre, gli ultimi aggiornamenti degli ex soci. "Non c'è stato alcun accordo, tantomeno di riservatezza, ed anzi siamo in causa (fatta da Federico) e mi sto difendendo", le parole di Luis Sal. Pronta la replica del rapper. "Confermo, non c'è nessun accordo di riservatezza, non c'è nulla -la chiosa di Fedez- E quando c'è una società al 50% tendenzialmente le cose si risolvono davanti a un giudice, almeno fra adulti". Oggi, la decisione del giudice.   —[email protected] (Web Info)

Roma, inchiesta crollo scalinata Globe Theatre: chiesto processo per gestore

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(Adnkronos) – La procura di Roma ha chiesto il processo per il gestore, all’epoca dei fatti, del Globe Theatre al termine delle indagini sul crollo di una scalinata in legno della struttura, all’interno di Villa Borghese, dove il 22 settembre 2022 restarono feriti 11 ragazzi, poi finiti in ospedale, al termine di uno spettacolo.  Nel procedimento i pm titolari del fascicolo, Gianfederica Dito ed Eugenio Albamonte, contestano al legale rappresentante dell’associazione Teatri Roma (Atr) le accuse di lesioni colpose, crollo colposo e apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o intrattenimento.  Per i magistrati, il gestore non avrebbe "provveduto a mantenere la struttura in adeguate condizioni di stabilità e solidità, omettendo anche di provvedere e disporre le dovute attività manutentive della struttura e segnatamente della scala in legno’’. Per gli inquirenti, la struttura presentava "chiari segni di logorio e fragilità con sfaldamento di alcune parti; logorio che peraltro determinava il cedimento dei punti di ancoraggio della scala’’.  —[email protected] (Web Info)

Regionali, pressing Pd per accordo Basilicata e Piemonte. Schlein: “Testardamente unitari”

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(Adnkronos) – "Testardamente unitari". Elly Schlein dalla Sardegna definisce così il suo Pd commentando la vittoria nella regione, ma con lo sguardo sulle prossime e imminenti sfide elettorali. Tra due settimane ci sono le regionali in Abruzzo e qui c'è una coalizione larghissima a sostegno di Luciano D'Amico che sfiderà il prossimo 10 marzo il meloniano Marco Marsilio. Un mese dopo sarà il turno della Basilicata e poi, nell'election day di giugno, del Piemonte. In entrambe le regioni non c'è ancora un accordo, una situazione di stallo cristallizzata da settimane.  La vittoria in Sardegna però può riaprire i giochi. Sia nel rapporto con i 5 Stelle che interno al Pd dove viene frenato il fronte dei perplessi sull'alleanza con i pentastellati. Dario Franceschini lo ha messo agli atti tempestivamente ieri sera via social: "La Sardegna indica che la strada imboccata tra mille difficoltà nel settembre 2019 era quella giusta. Ora va percorsa con convinzione e generosità". Ecco quella 'generosità' da mettere in campo per provare a chiudere accordi là dove ancora non ci sono.  Dice il responsabile Enti Locali del Pd, Davide Baruffi: la vittoria in Sardegna “per noi è lo sprone a proseguire su questa strada, a partire dall'Abruzzo dove si vota tra due settimane. E per la Basilicata e il Piemonte, dove un accordo unitario è ora indispensabile esercitando tutti un di più di responsabilità". E poi Andrea Orlando: "Spero che il segnale sardo arrivi a tutti i dirigenti del centrosinistra anche in Piemonte e Basilicata". In Basilicata il Pd ha annunciato il sostegno ad Angelo Chiorazzo che non piace a M5S e sinistra. Da tempo circolano voci su Roberto Speranza. Conte difficilmente potrebbe dire no al suo ex ministro, ma Speranza non ha mai avallato l'ipotesi. Almeno, finora.  In Piemonte al momento il Pd ha in campo due candidature: quella di Daniele Valle, area Bonaccini, e Chiara Gribaudo, vicina alla segretaria Schlein. Dopo un'accelerazione nelle scorse settimane, anche su richiesta di Conte e Schlein, una serie di tavoli della potenziale coalizione sono finiti in un nulla di fatto. Le distanze tra Pd e M5S locali sono antiche e continuano a mostrarsi difficilmente sanabili. La capogruppo grillina in consiglio regionale Sarah Disabato lo ha ribadito pure oggi: "'Siamo felici per il risultato raggiunto in Sardegna. Qui siamo in Piemonte e, come appare sempre più chiaro, la realtà è ben diversa. Non c'è alcun collegamento e oggi è bene rimarcarlo".  Una doccia fredda per i dem che subito stamattina con il segretario regionale Domenico Rossi hanno chiesto "un cambio di passo": "Mi auguro uno scatto di responsabilità da parte di tutte le forze politiche che si riconoscono alternative alla destra che governa il Paese e la nostra regione. Uniti si può vincere, anche in Piemonte". Anche Alleanza Verdi e Sinistra rivolge un appello all'unità: "Non ci sono alibi per non seguire la strada della Sardegna", dichiara netto il deputato Avs, Marco Grimaldi.  Conte da parte sua, conferma la linea M5S: "Per noi la strada è 'il campo giusto', un campo che nasce sulla base di un confronto serio e su un progetto credibile, in Sardegna è prevalso il metodo del campo giusto. E' la dimostrazione che non esistono campi larghi costruiti artificiosamente solo per spartirsi il potere. Esiste invece un campo che nasce dalla fatica e dalla serietà del confronto". Intanto, a Bari per la prima volta i 5 Stelle hanno accettato le primarie di coalizione: per il candidato sindaco del centrosinistra del post Antonio Decaro si sfideranno Vito Leccese sostenuto dai dem e l'avvocato Michele Laforgia sostenuto da Avs e stimato da M5S.  —[email protected] (Web Info)

Navalny, la denuncia: “Non si trova agenzia funebre per i funerali”

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(Adnkronos) – Molte sedi in Russia si rifiutano di ospitare la cerimonia d'addio per Alexei Navalny. La squadra del dissidente morto in carcere ha chiamato da ieri "la maggior parte delle agenzie funebri private e pubbliche, dei siti commerciali e delle sale funebri", ha riferito la portavoce, Kira Yarmysh, dell'oppositore russo morto il 16 febbraio in una colonia penale all'età di 47 anni. Alcuni locali affermano che i loro spazi sono occupati mentre altri si rifiutano di menzionare il nome di Navalny, ha scritto su X. "In un posto ci è stato detto che alle agenzie funebri era vietato collaborare con noi. Dopo una giornata di ricerche, non abbiamo ancora trovato la sala per la cerimonia".  "Non ne so nulla. Non ho nessuna informazione" ha ribadito il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, su un presunto scambio di prigionieri che avrebbe visto coinvolto anche Navalny. E, dopo le notizie diffuse dall'entourage dell'oppositore, sulla presunta mediazione dell'oligarca russo Roman Abramovich, il portavoce del Cremlino ha invitato a chiedere direttamente a lui come riporta l'agenzia russa Interfax. —internazionale/[email protected] (Web Info)

Vaccini, Fimmg Umbria: “Sedute dedicate per anti Herpes zoster”

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(Adnkronos) – In occasione della Settimana mondiale di prevenzione dell'Herpes zoster (26 febbraio-2 marzo), la Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) Umbria organizza delle sedute di vaccinazione contro il Fuoco di Sant'Antonio. Presso gli ambulatori dei medici di medicina generale umbri aderenti all'iniziativa – si legge in una nota – come da Piano nazionale prevenzione vaccinale (Pnpv) 2023-2025, verranno vaccinati gratuitamente i pazienti fragili e a rischio a partire dai 18 anni di età affetti da patologie oncologiche, onco-ematologiche, cardiopatie croniche, diabete mellito, malattie croniche dell'apparato respiratorio, pazienti sottoposti a dialisi, affetti da Hiv, pazienti trapiantati o in attesa di trapianto, ma anche le coorti dei 65enni con nascita tra il 1952 e il 1959. I pazienti riceveranno la prima dose di vaccino che andrà ripetuto a distanza di 2-6 mesi. L'obiettivo primario dell'iniziativa è promuovere la prevenzione dell'Herpes zoster, una patologia spesso descritta solo come una eruzione vescicolare con prurito, bruciore e a volte dolore, ma sottovalutata per ospedalizzazioni, dolori gravi se la localizzazione colpisce per esempio il nervo ottico, nevralgie post-erpetiche croniche e dolorose fino a complicanze quali meningiti ed encefaliti. "Il vaccino è sicuro ed efficace – spiega Simonetta Centurione, medico e segretario regionale Fimmg Umbria – Riduce il rischio di sviluppare l'infezione, legata alla riattivazione del virus della varicella colpendo uno o più nervi, ma riduce significativamente anche il rischio di essere colpiti dalle sequele a lungo termine come la nevralgia post-infezione, con dolori cronici resistenti al trattamento farmacologico". Con questa iniziativa – conclude la nota – si sottolinea l'importanza di una vaccinazione che deve far parte del piano vaccinale di ogni cittadino come un diritto alla salute. —[email protected] (Web Info)

Scuola, Valditara: “Riforma voto in condotta alle battute finali”

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(Adnkronos) – ''La riforma del voto in condotta è all'esame del Senato e ormai alle battute conclusive. E' importante questa riforma perché ridà valore al comportamento e quindi alla condotta ma soprattutto cambia il senso delle sospensioni. Prima significavano stare a casa, quasi un premio, adesso invece saranno più scuola, più studio e anche attività di cittadinanza solidale''. Lo ha detto il ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara intervenendo al Forum Adnkronos al Palazzo dell'Informazione. Quanto alla riforma dei giudizi, per Valditara "serve per fare maggiore chiarezza in modo che le famiglie e gli studenti sappiano qual è il livello dei loro apprendimenti". "Quindi accanto a dei giudizi analitici più complessi, più tecnici che servono innanzitutto ai docenti per ricostruire il percorso dello studente – spiega – ci dovrà essere una pagella, un documento che qualifichi, ottimo, buono, sufficiente e insufficiente in modo che ci possa essere una rappresentazione molto evidente, utile per capire come migliorare''.  Rispondendo a una domanda sul suo libro in uscita 'La scuola dei talenti', il ministro ha poi spiegato che "la scuola dei talenti è la scuola che valorizza le abilità di ogni giovane. E' la scuola costituzionale. E proprio per questo noi abbiamo pensato al docente tutor per personalizzare la formazione, come se fosse un abito sartoriale, modellata su misura delle abilità del singolo. In modo che ogni ragazzo possa recuperare i ritardi, accelerare laddove in classe si annoia e più in generale una scuola che dia la possibilità di realizzare i propri sogni, le proprie aspirazioni e le proprie potenzialità''.  —[email protected] (Web Info)

Italia-Francia, l’ambasciatore Briens in visita all’Adnkronos

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(Adnkronos) – L'ambasciatore francese a Roma, Martin Briens, è stato oggi in visita all'Adnkronos, al Palazzo dell'Informazione, dove è stato ricevuto dall'editore Giuseppe Marra, che gli ha regalato una copia del libro per i 60 anni dell'agenzia e del Libro dei fatti. —internazionale/[email protected] (Web Info)

Nei tunnel di Gaza la caccia al leader di Hamas, tra incognita ostaggi e rischio di ‘vittoria diversa’

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(Adnkronos) – Ne sono convinti i militari israeliani. Il leader di Hamas Yahya Sinwar si nasconde nel labirinto di tunnel sotterranei nel sud della Striscia di Gaza. E' accusato di essere la mente della strage del 7 ottobre in Israele. Gli danno la caccia da quel giorno. Ma Sinwar, l'uomo più ricercato da Israele, è circondato da scudi umani, da ostaggi.  E le operazioni militari israeliane contro Hamas a Gaza, in corso dal 7 ottobre, non possono concludersi fin quando Sinwar non sarà stato catturato o ucciso o almeno fin quando non sarà più in grado di gestire il gruppo, hanno confermato al Washington Post funzionari israeliani in carica ed ex funzionari. Anche se è oggetto di dibattito quanto controllo abbia ancora Sinwar. E individuare il covo del leader di Hamas potrebbe essere più facile che avviare un blitz per 'neutralizzarlo' senza morti o feriti tra gli ostaggi, stando a fonti d'intelligence e sicurezza israeliane, statunitensi e occidentali. 
Uccidere Sinwar sarebbe per Israele una vittoria strategica e simbolica, anche se molti esperti mettono in dubbio che l'eliminazione di un solo leader consenta al governo israeliano di avvicinarsi all'obiettivo dichiarato dal premier Benjamin Netanyahu: la distruzione totale di Hamas, un obiettivo irrealistico secondo alcuni. E Netanyahu è stato criticato per aver posto questo obiettivo davanti alla liberazione degli ostaggi. Gli americani affermano di essere d'accordo con Israele sul fatto che Sinwar si nasconda nella dimensione sotterranea di Khan Yunis, dove è nato nel 1962, e che si sia circondato di ostaggi. Circa 130 sono ancora tenuti prigionieri, un numero che include i corpi di una ventina di persone che per le autorità israeliane sono già morte. Nelle loro operazioni, secondo rapporti di stampa israeliani, i soldati di Tsahal avrebbero trovato abiti di Sinwar, appunti scritti a mano e persino uno spazzolino da denti. Negli ultimi giorni alcuni funzionari hanno affermato di ritenere che il leader di Hamas possa essersi spostato a Rafah, al confine con l'Egitto, e da Israele si sono affrettati a smentire voci su una possibile fuga. L'attenzione sul leader di Hamas è tornata dopo che il 13 febbraio le forze israeliane (Idf) hanno diffuso quelle che sarebbero immagini di telecamere di sicurezza che mostrerebbero Sinwar in un tunnel sotto Khan Yunis mentre cammina con moglie e figli tre giorni dopo l'attacco di Hamas in Israele. Alon Pinkas, un veterano della diplomazia israeliana, non ha dubbi sul fatto che 'neutralizzare' Sinwar non significherebbe "sradicare, annientare o rovesciare Hamas", né "rappresenterebbe una vittoria", ma sarebbe solo "pura giustizia". E se l'annunciata operazione militare israeliana su Rafah è considerata come 'l'assalto finale' dei militari israeliani contro Hamas, il destino di Sinwar – evidenzia il Post – resta "cruciale" per le sorti del conflitto, anche se dovesse cambiare la "definizione di vittoria". Si è parlato anche di consentirgli di lasciare Gaza per andare in esilio. 
La sua 'rimozione' non porrà fine alla guerra, ma potrebbe accelerare la fine di Hamas, secondo una fonte vicina alla leadership israeliana. Qualcuno potrebbe prendere il suo posto. Ma si arriverebbe o a una "scissione" o comunque a un "forte indebolimento di Hamas". E per alcuni potrebbe essere la vittoria di Israele. —internazionale/[email protected] (Web Info)