(Adnkronos) – Questa notte sono stati liberati tre cittadini italiani, Rocco Langone, la moglie Maria Donata Caivano e il figlio Giovanni Langone, che erano stati sequestrati il 19 maggio 2022 nella loro abitazione alla periferia della città di Koutiala, a sud est della capitale del Mali, Bamako, dove vivevano da diversi anni. È un’area particolarmente permeata dalla presenza di miliziani jihadisti; il rapimento era avvenuto da parte di una fazione jihadista riconducibile al JNIM, Gruppo di supporto per l'Islam e i musulmani, allineata con al-Qa'ida, attiva in larga parte dell'Africa Occidentale. La famiglia Langone viveva a Koutiala da diversi anni, all'interno di una comunità di Testimoni di Geova, del tutto integrati. "Il rilascio della famiglia – sottolinea Palazzo Chigi in una nota – è stato reso possibile grazie all’intensa attività avviata dall’Aise, di concerto con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, fin dall’immediatezza del sequestro, e in particolare grazie ai contatti dell'Agenzia con personalità tribali e con i servizi di intelligence locali. Nonostante la lunga prigionia, i componenti della famiglia Langone godono di buone condizioni di salute. Il loro rientro in Italia è previsto per oggi a Roma". La famiglia Langone arriverà alle 15.30 circa all'aeroporto di Ciampino, fa sapere la Farnesina. Ad accogliere la famiglia Langone il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. "Una famiglia italiana è stata liberata con un’operazione condotta con grande efficacia da funzionari italiani che hanno operato in un contesto difficile e pericoloso, come quello del Mali", ha affermato il vicepremier che ha voluto esprimere il suo "sollievo per il buon esito di questo lungo rapimento e sottolineare ancora una volta l’impegno con cui funzionari del ministero degli Esteri e del comparto dell’intelligence tutelano i cittadini italiani nel mondo". "Voglio esprimere le mie più sentite felicitazioni per la liberazione dei nostri tre connazionali sequestrati nel 2022 in Mali: Rocco Langone, la moglie Maria Donata Caivano e il figlio Giovanni – ha detto la premier Giorgia Meloni – E ringraziare per lo straordinario lavoro l’Aise che, di concerto con il Ministero degli Esteri, ha consentito questo non facile risultato". Vivevano tutti e tre da tempo in Mali, Rocco Langone, la moglie Maria Donata Caivano e il figlio Giovanni. I coniugi Langone si erano recati in Mali cinque anni prima del sequestro per andare a trovare il figlio, residente da anni nel Paese. Avevano poi deciso di restare, come scelta di vita, integrandosi all'interno di una comunità esistente di Testimoni di Geova. Fonti informate riferirono allora che non erano registrati all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire). All'epoca del rapimento, il padre aveva 64 anni, la moglie 62 e il figlio 42. I Langone vivevano a Sicnina, un villaggio alla periferia della città di Koutiala, nella regione di Sikasso, 270 km a sud est di Bamako, capitale del Mali. L'area, al confine con il Burkina Faso, registra un'alta presenza di jihadisti. I tre sarebbero stato prelevati dalla loro abitazione da un commando di quattro uomini arrivati a bordo di una Toyota. Originari di Ruoti, in provincia di Potenza, i Langone erano emigrati in Lombardia. Un altro figlio della coppia vive in provincia di Lecco. —internazionale/[email protected] (Web Info)
Morbillo, Bassetti: “Se si accenderà focolaio epidemico sarà difficile contenerlo”
(Adnkronos) – "Nel 2023 più di 30mila casi di morbillo in Europa, di cui il 75% in soggetti non vaccinati. Il maggior numero di casi nel Paese meno vaccinato d'Europa, la Romania, con solo il 71% di copertura (2 dosi di vaccino). E l'Italia? 85% di copertura vaccinale: ben lontani dall'obiettivo del 95%. Se si accenderà un focolaio epidemico, sarà difficile contenerlo". Ammonisce così sui social Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, tornando sulla risalita dei casi di morbillo a livello internazionale. Un trend che non risparmia l'Italia. —[email protected] (Web Info)
Allarme cybersicurezza, boom frodi informatiche su Facebook, Whatsapp e Criptovalute
(Adnkronos) – Forte crescita delle frodi informatiche su Facebook, Whatsapp e Criptovalute. Secondo l’ultimo report sulla cybersecurity di Swascan (Tinexta Group), gli strumenti digitali più colpiti sono infatti quelli di uso quotidiano come il pacchetto Office 360 (17,8%), Facebook (11,5%) e WhatsApp (3,9%). In questo quadro il report rileva che l'Italia è tra i cinque paesi più colpiti al mondo nell'attacco ransomware, il programma informatico 'malevolo' che può 'infettare' i nostri Pc, tablet, smartphone o la nostra smart TV bloccando l'accesso ai contenuti che vengono poi 'liberati' solo dietro riscatto. I programmi software di uso comune nei nostri pc e cellulari, i social network, le app di messaggistica istantanea e adesso anche criptovalute e portafogli digitali sono sempre più imitati dai criminali informatici attraverso il phishing. A rilevarlo è l’ultimo report "Threatland" curato da Swascan, azienda di cybersecurity del Gruppo Tinexta, secondo cui i programmi più colpiti al mondo sono nell’ordine Office365 (17,8%), Facebook (11,5%), WhatsApp (3,9%), Outlook (2,4%) e “Crypto/Wallet” (2,1%) ormai fra i primi cinque bersagli preferiti dagli hacker. Gli analisti rilevano che la tipologia di cyber attacchi più diffusa a livello globale è proprio quella del cosiddetto phishing che sfrutta tecniche sofisticate per mandare e-mail, sms o comunicazioni ingannevoli che sembrano provenire da fonti attendibili, o legittime, per ottenere informazioni riservate: nel secondo semestre del 2023 nel mondo sono stati registrati ben 448.665 portali dedicati al phishing. Pierguido Iezzi, Ceo di Swascan (Tinexta Group) sottolinea che "la realtà digitale oggi si evolve nel mondo a velocità impressionante con attacchi informatici che diventano sempre più subdoli e aggressivi, anche grazie alla proliferazione di strumenti e competenze facilitati dall’avvento dell’Intelligenza Artificiale". La cybersecurity, commenta Iezzi, "è diventata una priorità ineludibile e le aziende devono investire per rafforzare le misure di sicurezza dei loro sistemi informatici. Un impegno volto a garantire resistenza e resilienza non solo del tessuto produttivo del nostro paese, ma anche del sistema-Paese Italia. Per raggiungere questo obiettivo, le organizzazioni, in particolare le Pmi, devono essere supportate attraverso percorsi di collaborazione tra pubblico e privato, ma anche tramite incentivi, agevolazioni e defiscalizzazione degli investimenti". Per il Ceo di Swascan, quindi, "la cybersecurity è una necessità imperativa per proteggere il nostro patrimonio, l’economia e la quotidianità dei cittadini". Riguardo il fenomeno ransomware, il report evidenzia che in Italia nel 2023, le vittime degli attacchi ransomware sono nel 77% dei casi piccole e medie imprese con fatturato inferiore ai 250 milioni di dollari: gli hacker entrano nelle reti aziendali, attraverso la diffusione di software malevoli che 'prendono in ostaggio' i dati sensibili dell’impresa, e richiedono un riscatto per ripristinarli. Si tratta di un trend in continua crescita anche nel secondo semestre dell’anno (+44%) e che fa salire il nostro Paese dall’undicesimo al quinto posto tra quelli più colpiti al mondo (88 attacchi in totale): ci precedono solo gli Stati Uniti (1.200), il Regno Unito (171), il Canada (126) e la Germania (105). In questo stesso periodo la gang di hacker che ha compiuto più azioni a livello globale, con 526 attacchi di cui 18 in Italia, è Lockbit, bloccata di recente dalle autorità Usa e Gran Bretagna insieme all'Europol. Tra i settori maggiormente colpiti in Italia spiccano i servizi (21% degli attacchi) e il manifatturiero (20%) seguiti dalla sanità (11%) e del comparto tecnologico (9%). La crescente digitalizzazione di questi ultimi due settori, evidenziano infine gli analisti di Swascan, dimostra "la pervasività della minaccia dei ransomware che in misura minore coinvolge anche altri comparti come i servizi pubblici, la logistica, il lusso e l’alimentare". La maggior parte delle aziende attaccate (58%) ha un numero di dipendenti compreso tra 1 e 50 e si trova quasi esclusivamente nel Nord (56%) e nel Centro Italia (37%), indica il rapporto. —[email protected] (Web Info)
Ascolti tv, Gloria vince prime time lunedì 26 febbraio
(Adnkronos) – Vittoria di Rai1 nel prime time di ieri sera, in termini di telespettatori, per la serie 'Gloria' interpretata da Sabrina Ferilli che ne ha ottenuti 3.095.000 pari a uno share del 17,2%. Secondo gradino del podio per Canale 5 con 'Grande Fratello' che ha registrato 2.528.000 telespettatori ma con uno share del 19,5%, più elevato rispetto a quello registrato dalla fiction di Rai1 dovuto alla maggiore durata del programma. Terzo posto per Italia 1 con 'Fast & Furious 7' che ha totalizzato 1.154.000 telespettatori e uno share del 6,7%. Fuori dal podio su Rai3 'PresaDiretta' è stata seguita da 943.000 telespettatori (share del 4,8%) mentre su La7 'La Torre di Babele – Anni ‘60, l’ultima età dell’oro?' condotto da Corrado Augias ha realizzato 892.000 telespettatori e uno share del 4,6%. Su Rai2 invece 'Mad in Italy' ha interessato 885.000 telespettatori (share del 5,3%) e su Retequattro 'Quarta Repubblica' ne ha conquistati 777.000 (5,3% di share). Chiudono gli ascolti del prime time Tv8 con '4 Hotel', visto da 635.000 telespettatori (3,2%), e Nove che con il doppio episodio di 'Little Big Italy' ha registrato 318.000 spettatori con il 2,2%. L'access prime time vede in vetta Rai1 che 'Cinque Minuti' ha ottenuto 4.802.000 telespettatori e il 22,3% e, a seguire, con 'Affari Tuoi' 5.533.000 telespettatori e il 25,2% di share. Su Canale 5 invece 'Striscia la notizia' ha raccolto 3.219.000 telespettatori con il 14,7%. Anche nel preserale Rai1 è in testa con 'L’Eredità' che ha conquistato 5.019.000 telespettatori pari al 27,1%, mentre Canale 5 con 'Avanti un altro!' si è fermato a 3.579.000 telespettatori con il 20,3% di share. Nel complesso la comparazione delle reti generaliste Rai più RaiNews24 nei confronti delle generaliste Mediaset più TgCom24 vede, nell'intera giornata, la Rai al 31,3% e 2.815.000 telespettatori e Mediaset al 27,7% e 2.522.000 telespettatori e, in prima serata, la Rai al 32% con 6.755.000 telespettatori contro i 5.366.000 e il 25,4% di Mediaset. —[email protected] (Web Info)
Tartaro di 6mila anni fa rivela dieta neolitica
(Adnkronos) –
L’analisi del tartaro presente su denti umani datati tra il IV e il II millennio a.C., provenienti da alcuni siti archeologici del Sudan orientale, ha permesso di affinare la conoscenza sullo sfruttamento alimentare delle risorse vegetali durante il Neolitico in questa regione. Lo rivela lo studio dei ricercatori delle università di Padova, Sapienza di Roma, L’Orientale di Napoli, Coimbra e il Museo delle Civiltà di Roma, pubblicato su 'Scientific Reports'. "Resistente alle alterazioni post-deposizionali e grazie anche alla scarsità di pratiche igieniche del passato, il tartaro dentale – spiega lo studio – è molto abbondante nei contesti archeologici e il suo studio permette di ottenere informazioni importanti sullo stile di vita dei nostri antenati. Al suo interno, infatti, possono restare intrappolati frammenti di piante, fibre, pollini, batteri e altri residui che consentono, oggi, di ricostruire aspetti chiave della vita delle popolazioni antiche, compresi quelli legati alla dieta, all'ambiente, alla salute e allo stile di vita". "Fino a poco tempo fa – spiega Giusy Capasso, primo autore della pubblicazione e dottoranda al dipartimento dei Beni culturali dell’Università degli Studi di Padova – l'ipotesi prevalente era che durante il Neolitico l’economia in Sudan orientale fosse principalmente basata sulla pastorizia, mentre non si avevano prove dirette sul ruolo delle risorse vegetali. Precedenti ricerche avevano già rilevato come nel Sudan settentrionale e centrale fossero sfruttate specie vegetali domestiche e selvatiche. Altre evidenze scientifiche avevano confermato non solo la domesticazione del farro, un cereale, nel Sudan orientale già nel IV millennio a.C., ma che in questa area geografica fossero diffuse le principali colture africane a partire dal II millennio a.C.". Tuttavia, "sebbene fosse nota l’importanza delle risorse vegetali per l’economia dei gruppi neolitici, non avevamo informazioni dettagliate sul tipo di vegetali incluso nella dieta o sui processi di trasformazione di tali risorse. Questa nuova ricerca – osserva Capasso – rivela che cereali, legumi e tuberi facevano parte integrante della dieta umana in Sudan orientale durante il Neolitico. Inoltre lo studio ha identificato alcune tecniche di preparazione come la macinazione e la cottura, fornendo nuove conoscenze sulla trasformazione degli alimenti nel Neolitico africano". "Lo studio ‒ afferma Emanuela Cristiani, docente di Archeologia preistorica della Sapienza di Roma ‒ ha permesso anche di ricostruire alcune delle strategie di adattamento dei gruppi umani in risposta all’evoluzione del clima e del paesaggio nel corso del tempo. Sappiamo infatti che a partire dal II millennio a.C., in Sudan orientale si assiste ad un inaridimento del clima. In accordo con questo dato, l’analisi del tartaro ha dimostrato che da questo momento sorgo e tuberi sono le uniche specie vegetali incluse nella dieta, in quanto più resistenti ai climi aridi. Lo studio ‒ avverte Cristiani ‒ non sarebbe stato possibile senza il lavoro sinergico degli autori". Lo studio si inserisce nell’ambito delle ricerche della Iaees – Italian Archaeological Expedition to the Eastern Sudan – dell’Università L’Orientale di Napoli e dell’Ismeo (Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente). Sin dal 2010, le attività della missione, dirette dal Professor Andrea Manzo del dipartimento Asia, Africa e Mediterraneo nell’ateneo napoletano, hanno portato alla luce diversi siti archeologici, contribuendo notevolmente alla ricostruzione della preistoria del Sudan orientale. Le analisi si sono svolte nel laboratorio Dante per lo studio della Dieta e Tecnologia Antica del dipartimento di Scienze odontostomatologiche e maxillo facciali dell’Università Sapienza di Roma, sotto la guida della professoressa Emanuela Cristiani, responsabile scientifico del Progetto Ercv Starting Grant 'Hidden foods: Plant foods in Palaeolithic and Mesolithic societies of SE Europe and Italy' che mira a ricostruire la dieta e la tecnologia dei cacciatori-raccoglitori antichi attraverso l'integrazione di diverse evidenze antropologiche e culturali. —[email protected] (Web Info)
Denis Verdini torna in carcere a Firenze, revocati arresti domiciliari
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Denis Verdini lascia gli arresti domiciliari e torna in carcere. L'ex parlamentare di Forza Italia non è più in detenzione domiciliare nella sua villa di Firenze. Questa mattina agenti della polizia hanno infatti dato esecuzione a un'ordinanza del Tribunale di sorveglianza del capoluogo toscano e lo hanno condotto nel carcere fiorentino di Sollicciano. Denis Verdini, 72 anni, deve scontare un cumulo di pene, per alcune condanne per bancarotta. All'ex braccio destro di Silvio Berlusconi, già coordinatore d Forza Italia e poi ex senatore di Ala, sono stati revocati gli arresti domiciliari su richiesta della Procura generale di Firenze sulla base di tre episodi di evasione dalla villa di Pian dei Giullari, dove dal gennaio del 2021 sta scontando una condanna definitiva a 6 anni per la bancarotta del Credito Cooperativo Fiorentino, di cui è stato a lungo presidente. L'ex senatore è stato condannato inoltre in via definitiva a 5 anni e mezzo anche per il fallimento della Società Toscana Edizioni. Dopo la sentenza della Corte di Cassazione del novembre 2020 che trasformò in definitiva la condanna per il crac del Credito Cooperativo Fiorentino, Verdini entrò per breve tempo nel carcere romano di Rebibbia e poi in ragione dell'emergenza Covid gli furon cocessi i domiciliari. Invece di rientrare a casa, Verdini aveva partecipato a Roma ad alcune cene con politici e dirigenti Anas. Ad assistere a quelle cene, c'erano gli investigatori della Guardia di Finanza che, per conto della Procura della Capitale, stavano conducendo un'inchiesta per corruzione, in cui Denis Verdini è indagato assieme al figlio, Tommaso. La documentazione delle evasioni di Verdini è stata stralciata dal resto dell'inchiesta e inviata per competenza a Firenze. Le trasferte a Roma di Verdini erano state autorizzate dallo stesso Tribunale di Sorveglianza: l'ex senatore aveva fatto richiesta di potersi assentare dalla dimora fiorentina per curarsi dal suo dentista di fiducia nella Capitale e aiutare il figlio, titolare di un ristorante. Ma le assenze sarebbero andate oltre i permessi. —[email protected] (Web Info)
Elezioni Sardegna, Truzzu: “Sconfitta mia responsabilità. Cagliari ha votato contro di me”
(Adnkronos) – ''A Cagliari mi pare che ci sia stato più un voto contro di me che per Todde''. Così il candidato del centrodestra Paolo Truzzu in conferenza stampa dopo la sconfitta alle regionali in Sardegna di cui si è assunto la responsabilità: "E' del sottoscritto e di nessun altro". Con il 45,3% Alessandra Todde, candidata del Campo largo di centrosinistra, ha battuto Paolo Truzzu, candidato del centrodestra, che si è fermato al 45% quando le sezioni scrutinate sono 1822 su 1844. "Il voto disgiunto c'è sempre stato", ha detto ancora Truzzu dicendosi convinto che sull'esito "ha inciso molto il risultato di Cagliari". "Il risultato dice che ho sbagliato e i cittadini non hanno apprezzato quello che ho fatto. Al 99% rifarei le stesse scelte, ho cercato di dare una visione alla mia città e probabilmente non sono riuscito a comunicarla al meglio ai cittadini", ha affermato Truzzu. ''Non chiederemo alcun riconteggio perché il riconteggio eventualmente lo fa il Tribunale – ha quindi aggiunto – Una volta che avremo i dati del Tribunale valuteremo con i dati che abbiamo dalle nostre sezioni, dai nostri rappresentanti di lista, qual è la situazione e se pensiamo che ci sia un elemento per poter fare un ricorso lo faremo ma non è una cosa oggi all'ordine del giorno perché non ci sono le condizioni. Non sappiamo qual è il risultato, non abbiamo il verbale della Corte d'Appello. I ricorsi si fanno quando c'è un risultato conclamato''. E a chi gli chiedeva se avesse sentito la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha risposto: "Le ho mandato un messaggio stamattina". —[email protected] (Web Info)
Cronaca nazionale/ Sparatoria lascia a terra una vittima e anche un ferito
Mistero su un gravissimo fatto di cronaca.
Due persone sono rimaste coinvolte in una sparatoria avvenuta allo Sperone a Palermo.
Secondo quanto reso noto, una persona è deceduta e un’altra è stata trasportata in gravi condizioni al pronto soccorso del Buccheri La Ferla.
Sono ancora in corso le indagini per stabilire quale sia la dinamica e il movente alla base della sparatoria.
Secondo le prime informazioni, sarebbero rimasti coinvolti due uomini che sono stati raggiunti da diversi colpi di pistola.
Le indagini sono condotte dalla Squadra mobile del posto.
Foto di repertorio
Dengue, stato di emergenza sanitaria in 20 regioni del Perù
(Adnkronos) –
L'epidemia di Dengue dilaga in Perù, dove è stato dichiarato lo stato di emergenza sanitaria in 20 regioni (su 25). I casi sono oltre 31mila – riporta 'Rpp' – di cui quasi 18mila confermati, con 32 morti, ha riferito il ministro della Sanità César Vásquez Sánchez. "Marzo e aprile, almeno nei primi 15 giorni, saranno i mesi più difficili", ha prospettato. La decisione di decretare l'emergenza, ha spiegato, è stata presa perché ci sono regioni che fronteggiano un "rischio imminente". "Sono aumentati molto i casi, ma non i decessi", ha tenuto a precisare il ministro. Per mortalità "siamo terzi, non primi come eravamo l'anno scorso", e "ci sono Paesi come il Brasile, l'Argentina e il Paraguay che si trovano in una situazione più complessa della nostra", ha aggiunto. Per contrastare l'infezione veicolata dalle zanzare, ha illustrato il titolare della Sanità peruviana, "abbiamo cercato di aumentare la formazione del personale sanitario di primo livello in modo da individuare tempestivamente" i casi. Squadre di fumigazione entreranno nelle case e saranno organizzate campagne di informazione per la popolazione. Ancora: verrano usati droni per identificare i luoghi con acqua stagnante, dove potrebbero annidarsi e proliferare gli insetti vettori. E ai comuni, in base alle necessità rilevate, verrano trasferite risorse per il contrasto dell'epidemia. Quanto al vaccino, "abbiamo già manifestato il nostro interesse – ha evidenziato il ministro – L'Organizzazione panamericana della sanità ci ha messi in lista d'attesa". —internazionale/[email protected] (Web Info)
Russia, Oleg Orlov condannato a due anni e sei mesi di colonia penale
(Adnkronos) –
Oleg Orlov, co presidente del Centro per i diritti umani Memorial, è stato condannato a due anni e sei mesi di colonia penale per discredito reiterato delle forze militari russe con l'aggravante dell'odio verso i valori tradizionali. Lo ha reso noto Mediazona e confermato Memorial. La lettura della sentenza è avvenuta presso il tribunale Golovinsky di Mosca in cui si è svolto il processo. La corte ha ordinato l'arresto immediato di Orlov e il dissidente russo, che ha quasi 71 anni e da poche settimane è stato inserito nell'elenco degli 'agenti stranieri', è stato ammanettato e portato fuori dall'aula, scortato da otto agenti con il volto coperto da passamontagna e il giubbotto anti proiettile, salutato dagli applausi dei sostenitori presenti. La condanna di Orlov arriva per l'articolo firmato nel novembre del 2022 per Mediapart, intitolato "Volevano il fascismo, lo hanno avuto", una tesi, quella del regime totalitario e fascista in Russia, che ha ribadito ieri, nell''ultima parola', il discorso che ha tenuto a conclusione del processo, prima della lettura della sentenza. Aveva anche detto di "non avere nulla da rimpiangere o di cui pentirsi". Per il suo impegno di una vita a difesa dei diritti umani in Russia, nel 2009 aveva ricevuto anche il Premio Sakharov. Con Memorial, nel 2022, il Premio Nobel per la pace. "La storia di Oleg Orlov è quella di un uomo che si è battuto tutta la vita contro la guerra e la dittatura", riassume Alekandr Cherkasov, che con lui ha militato in Memorial sin dalle prime discussioni da cui l'organizzazione ha avuto origine. E lo ha fatto, motivato dal "senso di soffocamento" che provava da tempo, sin dall'inizio degli anni Ottanta, per protestare contro la repressione del movimento Solidarnosc in Polonia e il rischio di un intervento di Mosca, e contro l'invasione dell'Afghanistan da parte dell'Unione sovietica. Inizia a stampare e distribuire volantini per le strade di Mosca, per denunciare la guerra e chiederne la fine immediata e il ritiro delle forze militari o contro la dichiarazione dello stato di emergenza in Polonia. A lungo non sa bene cosa fare. Non è convinto dal movimento dei dissidenti che trova non efficace. Matura così l'idea dei volantini, di come stamparli da solo con un duplicatore, uno strumento da produrre facilmente in casa per replicare testi, che poi distribuisce la notte intorno alla stazione Kievsky, poi sul Kutuzovsky, negli androni delle case di Mosca.
Nel 1988, inizia a partecipare alle discussioni di Memorial per la riabilitazione delle vittime del terrore sovietico, la denuncia delle violazioni dei diritti umani, la costruzione di monumenti per le vittime. Prende parte a spedizioni in Siberia, per individuare le rovine dei gulag staliniani. Poi c'è stato il Nagorno Karabakh nel 1990, dove è rimasto in territorio di guerra diverse settimane, un conflitto su cui ha contribuito a scrivere il primo rapporto indipendente. Decide in questo periodo di lasciare il lavoro di accademico, per dedicarsi interamente all'impegno di attivista. Biologo, Orlov, e fisico, Cherkasov, negli anni, sono diventati di fatto giuristi con il loro lavoro sul campo. Per documentare, e riferire a tribunali in Russia o alla Corte europea per i diritti dell'uomo di Strasburgo, le violazioni commesse, in particolare dalle forze militari russe. Hanno fatto ricorso al metodo scientifico, "non credere a tutto ciò che viene detto, ma mettere alla prova, metodo che si è rivelato molto utile nelle zone d'ombra, per non rimanere ostaggio di quello che dice una parte o l'altra". Dopo la morte di Alexei Navalny "le cose si sono solo fatte più chiare e pericolose. Ma è una situazione che va avanti da molti anni, dalla morte dei nostri compagni di battaglia, fra cui Anna Politkovkaya, Natalia Estemirova, Boris Nemtsov. Comprendiamo bene che questa battaglia è pericolosa e forse lunga, Oleg comprende che sarà molto pericolosa e molto lunga. E' come il cavaliere che lotta contro il drago, che continua a farlo anche se il suo avversario è terribile", aggiunge Cherkasov, che ha 57 anni, è in Memorial dal 1989, ora da diversi mesi ha lasciato la Russia. L'organizzazione per cui lavorano entrambi è stata presente nelle zone dei conflitti che si sono aperti con il crollo dell'Unione sovietica, dalla Transnistria al Tagikistan. Poi la Cecenia, la prima guerra e la seconda, quando il lavoro è diventato "più sistematico", sono stati aperti uffici, non solo a Grozny, ma anche nel Daghestan e in Inguscetia, per documentare sparizioni forzate, le torture, un lavoro proseguito, a Grozny fino al 2018, nelle repubbliche vicine fino alla chiusura di Memorial poche settimane prima dell'inizio della guerra contro l'Ucraina, contro cui Orlov non solo ha scritto l'articolo pubblicato da Mediapart in cui parla del regime in Russia come di fascismo all'origine del procedimento giudiziario a suo carico ma è sceso in piazza per picchetti individuali (da solo con un cartello in una zona centrale di Mosca). Il risultato? Su 3-5mila sparizioni forzate avvenute in Cecenia, in Russia ci sono state quattro sentenze di tribunale. Circa trecento sono stati invece i casi aperti alla Corte europea. La Russia ha pagato sanzioni, "l'imposta per l'impunità", come la chiamiamo noi, ma mai avviato una inchiesta effettiva, mai cambiato nulla nella struttura delle forze militari per prevenire la ripetizione di tali crimini. Però, con Orlov, siamo riusciti a "evitare che la tragedia si trasformasse in statistica, a dare un nome a diverse centinaia di vittime". E anche se oggi in Russia la legge protegge i responsabili delle sparizioni, dal momento che è stata una pratica sistematica, vale a dire di un crimine contro l'umanità, non c'è prescrizione. —internazionale/[email protected] (Web Info)












