(Adnkronos) – Cade il divieto di affitti brevi nell'area Unesco nel centro di Firenze. Il Tar della Toscana ha, infatti, dato ragione al Codacons che, in rappresentanza di diversi proprietari di immobili, ubicati nel centro storico di Firenze, aveva promosso ricorso al Tar contro l'ordinanza dell'amministrazione fiorentina tesa a vietare gli affitti brevi nell'area Unesco. Oggi arriva la sentenza del tribunale che riconosce pienamente le ragioni dell'associazione dei consumatori e dei proprietari. Dal Comune di Firenze precisano, però, che la sentenza del Tar della Toscana "non annulla la variante per lo stop agli affitti brevi e non entra nel merito del lavoro fatto dal Comune e della legittimità della delibera, ravvisando solo un non condivisibile cortocircuito tra i due strumenti urbanistici, variante adottata al Ru e Po approvato ma non ancora efficace". “Andiamo avanti senza indugio – ha detto la sindaca Sara Funaro -: nella prima seduta utile della giunta porterò l’approvazione della variante per ribadire lo stop agli affitti brevi. Rimane l’inerzia di un governo indifferente rispetto ai problemi di overtourism che affliggono città d’arte come Firenze. Continuerò a chiedere al governo provvedimenti nazionali che sono sempre più urgenti”. "La strada indicata da Firenze sul blocco degli affitti brevi nel centro storico cittadino è quella giusta: il Tar non entra nel merito e non dichiara illegittima la delibera del Comune" dice Dario Nardella, eurodeputato Pd ed ex primo cittadino del capoluogo fiorentino. "Dunque nessuna bocciatura da parte dei giudici amministrativi. Bene fa la sindaca Sara Funaro a ribadire l’intenzione di andare avanti nel percorso iniziato durante la scorsa legislatura, saremo al suo fianco. Intanto, al Parlamento europeo siamo già al lavoro con deputati di diversi Paesi per chiedere al più presto la definizione di regole comunitarie". “La sentenza del Tar Toscana di oggi non pregiudica minimamente il percorso iniziato con coraggio e innovazione, anzi, crea le condizioni perché il modello fiorentino diventi modello nazionale ed europeo. Il fenomeno degli affitti turistici brevi interessa quasi tutte le città europee, da Firenze a Barcellona, da Roma ad Amsterdam, e sta determinando un pericoloso allarme sociale. L’esplosione degli affitti turistici sta incidendo infatti su un aumento repentino e incontrollato dei costi degli appartamenti nelle grandi città e dei canoni di affitto con aumenti che oscillano tra il 10% e il 20% annui. Per questo – sottolinea Nardella – già in questa settimana ho avviato un confronto a Bruxelles con i deputati europei delle delegazioni spagnole francesi e olandesi in particolare. Il nostro obiettivo è quello di sollecitare formalmente la commissione europea appena sarà insediata, per l’emanazione di regole che attribuiscano ai sindaci e alle autorità locali e regionali poteri incisivi per regolare il fenomeno degli affitti turistici e limitarli o bloccarli in determinate aree delle città e per determinati periodi. Questi strumenti sono necessari per facilitare una politica attiva sui prezzi abbordabili per le case”. “Le norme europee saranno necessarie per aiutare città come Firenze e fare da sponda alle loro amministrazioni e per superare l’inerzia grave e incomprensibile del governo nazionale. L’Italia infatti – conclude Nardella – è il Paese più indietro di tutti gli altri Stati europei in questo settore. E, visto che a Roma non stanno facendo niente per mettere mano all’emergenza abitativa e al fenomeno dell’overtourism, allora lo faremo a Bruxelles”. “La sentenza del Tar sulla delibera contro gli affitti brevi voluta dall’ex sindaco di Firenze Nardella segna la netta vittoria degli imprenditori e di tanti cittadini, con una sconfitta e una figuraccia storica di Palazzo Vecchio" dice Lorenzo Fagnoni, presidente di Property Managers Italia, dopo la sentenza del Tar della Toscana sulla cosiddetta delibera anti airbnb del Comune di Firenze. "Noi siamo contenti, ma speriamo che il Comune impari la lezione e la smetta con dannosi provvedimenti spot". “La sentenza del Tar – dice Fagnoni – è la dimostrazione che, come sosteniamo da mesi, la delibera voluta da Nardella era solo una manovra pubblicitaria che a tutti gli altri, e non solo a noi imprenditori, ha fatto solo danni. La delibera non solo non ha raggiunto l'obiettivo di abbassare i prezzi delle locazioni lunghe, ma ha anche danneggiato molti fiorentini proprietari di seconde case di famiglia. Coloro che volevano vendere o affittare a breve termine quest'anno hanno subito gravi conseguenze dall’azzardo dell’ex sindaco. E intanto la domanda di affitti resta altissima a causa del caro mutui e del caro vita”. “Ora ci auguriamo che la nuova sindaca Sara Funaro si fermi a riflettere prima di fare ricorsi e controricorsi – spiega Fagnoni -. Non è tartassando i privati che si risolve il problema dei costi delle locazioni lunghe. Servono incentivi fiscali per i proprietari di case che fanno locazioni lunghe e tutele per i casi di morosità. Per ridurre i prezzi degli affitti non turistici, bisogna costruire nuovi immobili, rigenerare quelli abbandonati destinandoli ad abitazioni e usando spazi pubblici allo stesso scopo, penso ad esempio a Sant’Orsola”. "Il messaggio che questa sentenza consegna alla sindaca Funaro è chiaro: è l'ora di cambiare approccio e affrontare l'emergenza abitativa a Firenze con gli strumenti della pianificazione urbanistica, non con i divieti contro la proprietà privata". "La decisione del Tar della Toscana è una buona notizia per le famiglie fiorentine che vorrebbero condividere le loro case per far quadrare il bilancio familiare" dice Airbnb in una nota. "Airbnb rappresenta un sostegno per migliaia di italiani: un terzo degli host afferma che il reddito extra li aiuta a mantenere i propri immobili e a contrastare il crescente costo della vita. Riconosciamo tuttavia le sfide che i centri storici di città d’arte come Firenze si trovano ad affrontare; per questo rinnoviamo la nostra disponibilità a collaborare a norme efficaci, anche attraverso un nuovo quadro legislativo di riferimento". —[email protected] (Web Info)
Biden, il team dei fedelissimi guarda avanti: “Unica missione sconfiggere Trump”
(Adnkronos) – La fronda interna al Partito democratico e i timori sempre più frequentemente espressi in pubblico sulle capacità del presidente Joe Biden di gestire la campagne contro Donald Trump non sfiorano il team dei collaboratori più vicini al presidente: Biden e i suoi – spiegano i suoi assistenti alla Cnn – hanno smesso di parlare del dibattito andato male. Non solo – hanno spiegato alla Cnn – non sono più interessati a discutere del fiasco di Biden sul palco il mese scorso, ma non ci sono questioni in sospeso sul futuro politico del presidente da discutere. Biden resterà in gara, dicono, e non c'è nulla che possa cambiare le cose. Non importa quale testata giornalistica pubblichi un nuovo editoriale in cui si chiede al Presidente di abbandonare la campagna per un secondo mandato; non importa come andranno le prossime apparizioni e interviste pubbliche di Biden. "Abbiamo smesso di parlare del dibattito e ci concentriamo su un'unica missione: sconfiggere Donald Trump a novembre", ha dichiarato alla Cnn un collaboratore di Biden. "Vado avanti con il mio lavoro quotidiano", ha detto un alto funzionario dell'amministrazione all'emittente. Impresa non facile, visto il briefing della Casa Bianca ancora una volta dominato da domande sulla salute di Biden, sul suo stato mentale e sulle conseguenze politiche del dibattito. Alla domanda sulla probabilità che il presidente abbia preso in considerazione l'idea di ritirarsi dopo l'evento tuttavia, un consigliere di lunga data di Biden ha detto: "Zero. Crede davvero di essere l'unica persona in grado di sconfiggere Donald Trump. Non è una recita". I consiglieri affermano anche che i membri della famiglia del presidente sono ancora tutti d'accordo con l'81enne presidente nella scelta di perseguire un secondo mandato.
Ma dopo i deputati democratici, anche tra i senatori vicini a Joe Biden cominciano a farsi sentire pubblicamente le prime voci di chi ritiene sia giusto che il presidente americano si faccia da parte e abbandoni la corsa alle elezioni di novembre. Il primo a metterci la faccia e a esprimere ai microfoni della Cnn questo pensiero è il senatore Dem Michael Bennet, convinto che Biden non possa vincere le elezioni dopo il dibattito con il suo rivale repubblicano. "Penso che Donald Trump sia sulla buona strada per vincere queste elezioni e forse vincerle a valanga, portandosi dietro Senato e Camera", ha detto Bennet alla Cnn. "Quindi per me questa non è una questione di sondaggi. Non è una questione di politica. E' una questione morale sul futuro del nostro Paese", ha dichiarato. Il senatore democratico del Colorado ha quindi affermato che ''la Casa Bianca, nel tempo trascorso da quel dibattito disastroso, penso che non abbia fatto nulla per dimostrare realmente di avere un piano per vincere queste elezioni". Ma perdere la Camera e il Senato a favore dei repubblicani sarebbe ''una tragedia americana'', ha sottolineato Bennet, affermando che ''la posta in gioco non potrebbe essere più alta''. Gli elettori democratici, ha aggiunto il senatore, hanno ''forti preoccupazioni'' sulla possibilità che Biden possa vincere la corsa alla Casa Bianca. —internazionale/[email protected] (Web Info)
Mare, Urso: “Contribuisce al nostro pil e crea nuove opportunità specie in aree costiere e Sud”
(Adnkronos) – "La bue economy è un settore vastissimo in grado di abbracciare attività legate alla pesca, all’acquacoltura, alla cantieristica navale, al turismo costiero, alla logistica portuale, alla ricerca marina, alla protezione dell’ecosistema, alla generazione di energia fino alla valorizzazione delle risorse biologiche e non biologiche. Con un valore aggiunto che supera i 60 miliardi di euro e oltre un milione di occupati, il mare non solo contribuisce significativamente al nostro prodotto interno lordo, ma crea anche nuove opportunità per le nostre comunità, specialmente nelle aree costiere e nel Mezzogiorno”. A dirlo il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, in occasione della presentazione del XII Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare a cura dell'Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare Ossermare, Centro Studi Tagliacarne – Unioncamere, Informare, Camera di commercio Frosinone Latina e Blue Forum Italia Network, presentato oggi. "La blue economy – spiega – si dimostra forte e dinamica, avendo ormai superato con successo gli impatti della pandemia: nel 2022 il valore aggiunto è cresciuto a un tasso più che doppio rispetto al totale dell’economia e gli occupati sono aumentati del 6,6% a fronte del +1,7% complessivo. Il Mezzogiorno, in particolare, si presenta come un’area di eccellenza in cui occupati e imprese contribuiscono alla coesione sociale e alla riduzione delle disparità territoriali. Questi risultati sono riprova della grande capacità che il settore dimostra nel saper integrare le nuove tecnologie con le tradizionali attività marittime: l'innovazione e la sostenibilità vanno di pari passo promuovendo una crescita economica orientata alla valorizzazione delle risorse naturali". "Per continuare su questa strada – sostiene il ministro Urso – è essenziale un impegno congiunto da parte delle istituzioni, delle imprese e della società civile. E’ per questo che il governo sta lavorando a una legge sulla Blue Economy, con l’obiettivo di creare un quadro normativo che supporti e incentivi ulteriormente questo settore strategico. Vogliamo garantire che l’Italia rimanga all’avanguardia nella valorizzazione e nella gestione sostenibile delle risorse marine, anche grazie allo sviluppo di competenze che, dalla logistica alla mobilità fino all’elettronica, possono rafforzarsi nei percorsi formativi negli istituti superiori, nelle università e negli Its". "Una particolare attenzione – insiste – è posta anche sui temi della navalmeccanica e della cantieristica, sia mercantile che nautica: dobbiamo occuparci di questi settori soprattutto in chiave di innovazione tecnologica, sviluppo di nuovi materiali, progettazione e design. Inoltre, il momento di transizione green e tech ci impone di guardare alla ricerca e allo sfruttamento sostenibile delle risorse minerarie sottomarine come fattori determinanti per la produzione di materiali e dispositivi necessari all’indipendenza strategica nazionale: su questo fronte, insieme al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, abbiamo introdotto un provvedimento di legge al momento in conversione presso il Parlamento". "Stiamo riportando il mare e gli oceani – afferma il ministro Urso – al centro della politica nazionale. È fondamentale, ma non basta: adesso è necessario che il tema del mare, della potenza economica che può generare, della sua protezione e tutela assumano una dimensione europea. Per questo lavoreremo tenacemente affinché il mare sia al centro della politica della prossima Commissione europea, invertendo il processo che ha visto negli scorsi 30 anni l’Europa perdere capacità industriali, tecnologiche e posti di lavoro. Il mare rappresenta un’opportunità unica per costruire un futuro più prospero ed equo perché, se il mare conterà di più nella politica e nell’economia dell’Italia, l’Italia conterà di più in Europa e nel mondo". In merito, poi, ai dati Istat sulla produzione industriale di maggio, che ha fatto segnare un rialzo del 0,5% rispetto ad aprile, a fronte di un netto calo registrato in Francia (-2,1%) e in Germania (-2,5%) ha commentato."E' un risultato incoraggiante, particolarmente significativo poiché supera le aspettative di mercato, che prevedevano una crescita zero, e in controtendenza rispetto ad altri partner europei. Ora dobbiamo consolidare la ripresa con il piano Transizione 5.0 pienamente operativo nelle prossime settimane e che metterà a disposizione delle aziende 13 miliardi di euro per il loro ammodernamento verso la duplice transizione green e digitale". "I dati dell'Istat resi noti oggi – sottolinea-vedono come l'Italia abbia ripreso a crescere rispetto ai dati negativi della prima parte dell'anno per quanto riguarda la produzione industriale. Mentre purtroppo altri Paesi europei manufatturieri, grandi e significativi, con cui dobbiamo necessariamente compararci sempre, anche perché spesso cooperiamo con loro come Francia e Germania, hanno ancora un segno nettamente negativo". "Il Piano transizione 5.0, che tra qualche settimana sarà pienamente operativo, è importante e significativo per consentire alle nostre imprese di essere più efficienti e competitive, sia per quanto riguarda l'innovazione digitale che per quanto riguarda la transizione green"."Il piano transizione 5.0 – ha ricordato – è l'unico piano in Europa, quindi siamo all'avanguardia, riesce a coniugare nel contempo l'innovazione digitale con l'innovazione green, consentendo quindi di utilizzare nella stessa misura le due tecnologie su cui dobbiamo essere particolarmente sfidanti, essendo quelle che poi ci consentiranno di governare la duplice transizione green e digitale". —[email protected] (Web Info)
Wimbledon, De Minaur si ritira per infortunio: Djokovic in semifinale senza giocare
(Adnkronos) – Brutte notizie per Alex De Minaur. Il campione australiano si ritira dalla sua partita dei quarti di finale di Wimbledon contro Novak Djokovic. Il numero 9 del ranking Atp lunedì si è infortunato all'anca durante il match point contro Fils negli ottavi e non è riuscito a recuperare. In questo modo Nole, 7 volte campione sull'erba londinese, arriva in semifinale senza giocare. De Minaur ha minimizzato lo spavento nonostante un iniziale scuotimento della testa in direzione del suo box sul Campo Uno, ma poco dopo mezzogiorno, il giorno dello scontro programmato sul Campo Centrale con Djokovic, si è ritirato dal torneo. "Ovviamente non è un annuncio che volevo fare in alcun modo", ha detto De Minaur in una conferenza stampa. "Sì, sono devastato ma ho dovuto ritirarmi a causa di un infortunio all'anca. Ho una lacerazione alla cartilagine. Ho sentito un forte schiocco durante gli ultimi tre punti della mia partita contro Fils e ieri ho effettuato una scansione. Ha confermato che si trattava di un infortunio e ad alto rischio di peggiorare la situazione se fossi entrato in campo oggi. Non è un segreto che in questa fase della mia carriera questa era la partita più importante. Sapevo dei risultati dei controlli di ieri, ma speravo di svegliarmi oggi e di sentire una sorta di miracolo. Il problema è che se gioco e c'è uno stiramento, uno scivolone, qualsiasi cosa può far passare questo infortunio da tre-sei settimane a quattro mesi". —[email protected] (Web Info)
Mare, Rapporto nazionale: al Sud un terzo dell’intero ‘prodotto blu’ nazionale
(Adnkronos) – Le imprese giovanili in Italia sono pari al 9,0% dell’economia blu, le imprese femminili al 22,4% e le imprese straniere al 7,4%. La top 5 per incidenza del valore aggiunto dell’Economia del mare sul totale dell’economia territoriale a livello regionale sono: Liguria (11,9%), Friuli-Venezia Giulia (7,2%), Sardegna (7,1%), Lazio (6,0%) e Sicilia (5,7%). A livello provinciale: Trieste (18,9%), Livorno (17,6%), La Spezia (16,8%), Gorizia (13,7%) e Rimini (13,0%). E’ quanto emerge dal XII Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare a cura di Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare Ossermare, Centro Studi Tagliacarne – Unioncamere, Informare, Camera di commercio Frosinone Latina e Blue Forum Italia Network, presentato oggi a Roma. Il Sud Italia consolida il suo primato di area a maggiore produzione di valore aggiunto con quasi 21 miliardi di euro di produzione diretta, pari a circa un terzo dell’intero ‘prodotto blu’ nazionale. Lo stesso vale per l’occupazione, concentrata per oltre il 37% al Sud, nonché per le imprese, che addirittura superano nel Mezzogiorno le 111 mila unità, oltre il 48% dell’intera base imprenditoriale blu del Paese. Più basso invece il moltiplicatore pari all’1,6, a fronte del 2 del Nord-Est, dell’1,9 del Nord-Ovest e dell’1,7 del Centro. —[email protected] (Web Info)
Mare, Rapporto nazionale: economia in Italia vale 178 mld euro pari al 10,2% del Pil
(Adnkronos) – Con 227.975 imprese e 1.040.172 di occupati, l’economia del mare in Italia genera un valore aggiunto diretto pari a 64,6 miliardi di euro, che, se si considera il valore attivato nel resto dell’economia, raggiunge i 178,3 miliardi di euro, pari al 10,2% del Pil nazionale. E’ quanto emerge dal XII Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare a cura di Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare Ossermare, Centro Studi Tagliacarne – Unioncamere, Informare, Camera di commercio Frosinone Latina e Blue Forum Italia Network, presentato oggi a Roma, presso la Sala Longhi di Unioncamere alla presenza del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e del Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci. Un settore in netta crescita in ogni suo aspetto. Cresce il valore aggiunto diretto con un +15,1%, pari a due volte la crescita media italiana si ferma al 6,9%. Cresce il valore aggiunto complessivo di quasi un punto percentuale rispetto a quanto rilevato dall’XI Rapporto del 2023. Cresce il moltiplicatore, pari quest’anno a 1,8, a fronte dell’1,7% della scorsa rilevazione. Ossia per ogni euro speso nei settori direttamente afferenti alla filiera mare se ne attivano altri 1,8 nel resto dell’economia. Crescono gli addetti, con un aumento occupazionale del 6,6%, pari a quasi quattro volte quello registrato nel Paese (1,7%). Rimane, invece, stabile il numero delle imprese. Come ogni anno, la dodicesima edizione del Rapporto, punto di riferimento nazionale ed europeo nella definizione del valore della Blue Economy italiana, ha messo sotto la lente di ingrandimento i diversi settori che compongono la forza produttiva ‘blu’: le filiere dell’ittica e della cantieristica, i servizi di alloggio e ristorazione, le attività sportive e ricreative, l’industria delle estrazioni marine, la movimentazione di merci e passeggeri, la ricerca, regolamentazione e tutela ambiente. —[email protected] (Web Info)
Jaan Roose fallisce l’impresa: sullo Stretto di Messina su slackline cade e il record sfuma
(Adnkronos) –
Tre ore di camminata sul nastro per attraversare lo Stretto di Messina, ma l'impresa di Jaan Roose non va in porto. L'atleta della Red Bull, su una slackline di 1,9 cm di larghezza, sospesa a 200 metri sul livello del mare, dopo quasi 3 ore ma e a circa 80 metri dall'arrivo in Sicilia è caduto rendendo nullo il primato mondiale. Roose si è poi rimesso sulla fune e ha completato comunque il percorso. Roose è partito alle ore 8.30 del versante calabrese, a Santa Trada (Villa San Giovanni), ad un'altezza di 265 metri (misura superiore al più alto grattacielo italiano). L'arrivo in Sicilia, dopo oltre 3,5 chilometri, era fissato a Torre Faro (Messina) ad un'altezza di 230 metri, per riuscire a stabilire il nuovo record mondiale di slackline, migliorando il precedente primato di quasi un chilometro. Seppur in 2 tempi, Roose è il primo uomo ad attraversare lo Stretto di Messina su una slackline. La traversata del tratto di mare tra Sicilia e Calabria rappresentava una sfida sportiva monumentale e audace per molti motivi, dalla distanza enorme, alle difficili condizioni atmosferiche, fino alle complesse difficoltà ambientali: la slackline è infatti stata tesa tra i piloni dell’ex elettrodotto dello Stretto, con punti a diverse altezze, creando un dislivello che ha richiesto, ancor di più, una precisione assoluta. Per l’unicità delle caratteristiche dell’impresa, fino all’ultimo non si poteva effettivamente sapere il momento della partenza. I controlli sul corretto montaggio dell’infrastruttura (destinata a essere completamente rimossa al termine della traversata, per lasciare i luoghi esattamente com’erano prima) si sono protratti con cura maniacale fino all’ultimo istante, così come il monitoraggio rigoroso dei parametri atmosferici. Una volta ricevuto il “good to go”, però, lo spazio per ogni ragionamento si è concluso e tutto è stato rimesso a Jaan, seguito con occhio vigile dal resto del team. "Mi sento ‘jaantastic’, sono super contento, un po' stanco e provato… ma ragazzi, ho fatto la storia, ho camminato per 3,6 km sullo Stretto di Messina! È stata una lunga camminata, piena di sorprese dall'inizio alla fine, ho avuto qualche difficoltà, ma il tempo è stato buono, mi aspettavo più vento", ha detto alla fine del tentativo. —[email protected] (Web Info)
Ue, Ungheria assicura: “Nessuna iniziativa per revoca nostra presidenza”
(Adnkronos) – "Non sono al corrente di iniziative volte a cambiare la rotazione della presidenza" del Consiglio Ue. Lo dice il ministro degli Affari Europei dell'Ungheria, Janos Boka, in conferenza stampa a Bruxelles nella sede della Rappresentanza Permanente magiara presso l'Ue, a proposito delle indiscrezioni secondo le quali 15 Paesi Ue avrebbero intenzione di proporre di togliere la presidenza di turno a Budapest, dopo le missioni condotte da Viktor Orban in Russia e Cina. Boka ricorda che tra gli Stati dell'Ue "non c’è alcun protocollo fissato per coordinare le visite. Ci sono visite bilaterali delle quali non siamo informati: non c’è un protocollo concordato che dobbiamo rispettare. Il coordinamento non è sempre possibile, specie nel caso di visite così delicate. Il primo ministro Viktor Orban ha informato" il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel e i capi di Stato e di governo "in uno spirito di cooperazione, dopo le visite, anche se non era suo obbligo" farlo. La presidenza ungherese del Consiglio Ue, aggiunge poi il ministro degli Affari Europei ungherese, non ha "alcuna indicazione" che suggerisca che gli altri Stati membri dell'Ue possano boicottare i lavori del semestre, inviando rappresentanti di basso livello ai Consigli informali in Ungheria. "Finora non abbiamo avuto alcuna indicazione da parte di Stati membri che il livello di rappresentanza fosse dovuto a ragioni politiche – risponde Boka – non abbiamo avuto alcun messaggio simile da parte degli Stati membri". Anzi, osserva basandosi sui "numeri" che ha con sé, nei primi informali "la maggioranza degli Stati membri ha inviato rappresentanti politici, gli altri hanno mandato funzionari. Non è una rappresentanza di basso livello". Al contrario, aggiunge, "se guardiamo ad alcuni Consigli pomeridiani, la presenza agli informali era migliore di non pochi Consigli formali". Per l'Ungheria "una sola cosa è importante: gli incontri del Consiglio sono significativi e richiedono una rappresentanza di alto livello", conclude. "Non c'è alcuna connessione" tra la visita in Russia del primo ministro e presidente di turno del Consiglio Ue Viktor Orban e il bombardamento di un ospedale pediatrico di Kiev da parte dei russi, che è avvenuto poco dopo. Lo sostiene il ministro degli Affari Europei ungherese Janos Boka, in conferenza stampa nella sede della Rappresentanza Permanente magiara presso l'Ue a Bruxelles. Il ministro si dice "profondamente scosso e commosso" per l'attacco, che ha provocato almeno 29 morti e che "sottolinea solo la necessità che dobbiamo fare il possibile" per porre fine alla guerra in Ucraina. —internazionale/[email protected] (Web Info)
Ti scappa la pipì e non hai i soldi per il caffè? Ecco come fare
(Adnkronos) –
E' possibile usufruire del bagno di un locale senza consumare? La risposta breve è no: di norma il bagno nei locali pubblici è riservato a chi consuma nel locale stesso e quindi ne diventa cliente. Ma anche se questa risposta potrebbe risultare scontata per molte persone, la questione è stata oggetto di diversi dibattiti. A fare il punto è l'Unione nazionale consumatori. Un locale pubblico non è un bagno pubblico: a chiarirlo la sentenza del Tar Toscana, n. 691 del 18/2/2010, risultato di un ricorso contro la delibera del Consiglio comunale di Firenze, n.69 del 24 luglio 2007, che all’art. 29, comma 3, imponeva ai locali pubblici di garantire l’uso a titolo gratuito del bagno 'a chiunque ne facesse richiesta'. La sentenza del Tar Toscana afferma che 'l’eccessiva gravosità economica' dell’obbligo di fornire gratuitamente l’uso del bagno potrebbe comportare una limitazione della libertà di iniziativa economica, in violazione dell’art. 41 Cost. La prova di questa gravosità, indica la sentenza, “si coglie agevolmente nel fatto che l’erogazione dello stesso servizio da parte del Comune (tramite la predisposizione di bagni pubblici) è onerosa e non gratuita” e che quindi “il Comune di Firenze pretende di imporre ai privati di rendere a titolo gratuito una prestazione che, allorché venga resa dal Comune medesimo, è, invece, a titolo oneroso”. Il diritto di usufruire dei servizi igienici dei locali pubblici è quindi riservato a chi consuma, mentre i bagni pubblici sono a disposizione di tutti e prevedono una tariffa fissa per essere utilizzati. I locali pubblici sono obbligati ad avere un bagno a norma e funzionante e questo riguarda tutti gli esercizi con un’attività di somministrazione di alimenti e bevande che prevedono una sosta da parte di chi consuma, come bar, ristoranti, pizzerie, trattorie, tavole calde, self service, fast food, birrerie, pub, enoteche e simili. Non è invece obbligatorio nei locali in cui è previsto solo l’asporto o dove il consumo è immediato, come pizzerie d’asporto, rosticcerie o gelaterie. Il fatto che i locali pubblici debbano avere un bagno, però, non significa che chiunque abbia diritto a usufruirne. La normativa di riferimento è il Tulps, Testo Unico delle Leggi sulla Pubblica Sicurezza, che nell’art. 137 indica che “il gestore di un pubblico esercizio non può rifiutarsi di mettere la sua toilette a disposizione di un cliente pagante senza giustificato motivo”. Per essere considerati clienti paganti non esiste un importo minimo: anche acquistando il prodotto con il prezzo più basso, la persona diventa cliente pagante del locale e in quanto tale ha il diritto di usufruire del bagno. I locali commerciali tuttavia non possono imporre una tariffa fissa per utilizzare il bagno, poiché non è possibile chiedere un corrispettivo per un servizio che non è l’oggetto della propria attività. Chi gestisce un locale può impedire l’uso del bagno a un cliente? Secondo il Tulps questo è possibile solo in caso ci sia un 'giustificato motivo'. Ma poiché per legge chi detiene un pubblico esercizio ha l’obbligo di avere sempre un bagno a norma e funzionante, gli unici possibili giustificati motivi sono l’inagibilità temporanea o il fatto che il bagno sia occupato, sempre temporaneamente, da un’altra persona.
Chi possiede un esercizio di somministrazione e non ha un bagno a norma e funzionante è sanzionabile. Il consumatore o la consumatrice a cui è impedito l’uso del bagno perché non presente o perché inagibile può chiamare la polizia municipale per una verifica. Nel caso in cui effettivamente il bagno risultasse non esistente o non a norma e/o funzionante, chi possiede l’esercizio di somministrazione dovrà pagare una multa. Le norme citate finora hanno validità se non esistono singoli regolamenti comunali che stabiliscono come devono comportarsi gli esercenti. Ad esempio il Comune di Parma, con il Regolamento per la Convivenza approvato con Delibera di Consiglio comunale n. 37 del 27/05/2014, obbliga i gestori ad “assicurare la piena ed effettiva fruibilità ed efficienza dei servizi igienici interni ai locali (consentendone l’utilizzo gratuito al pubblico)” e a impegnarsi “a comunicare all’interno del locale, attraverso apposito cartello segnaletico, la piena ed effettiva fruibilità a titolo gratuito, dei servizi igienici”. Tuttavia, salvo diversa indicazione del singolo regolamento comunale, i bagni dei locali pubblici sono riservati ai clienti. —[email protected] (Web Info)
Farmaceutica, innovazione e collaborazioni strategiche: la ricetta di J&J per la medicina del futuro
(Adnkronos) – Oltre 20 nuove terapie e 50 indicazioni terapeutiche per i farmaci già approvati: questo il futuro di Johnson & Johnson da qui al 2030. "Da 138 anni, la missione di Johnson & Johnson è quella di trasformare la vita di milioni di persone, aprendo la strada alla medicina del futuro, attraverso la ricerca e lo sviluppo di terapie innovative che possano rispondere concretamente ad alcune delle malattie più devastanti al mondo", afferma Alessandra Baldini, direttrice medica Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia. La forte vocazione dell'azienda per l'innovazione è dimostrata anche dalle 6 nuove designazioni Fast track e di Breakthrough Therapy ricevute dal 2021 a oggi – riporta una nota – e dall'oltre 60% di programmi di sviluppo dedicati a farmaci primi della loro classe per meccanismo d'azione o via di somministrazione. "L'innovazione non è solo nelle terapie che noi di Johnson & Johnson sviluppiamo e mettiamo a disposizione di clinici e pazienti – sottolinea Baldini – ma anche nel nostro approccio che consiste nell'affiancare alla ricerca interna acquisizioni e collaborazioni strategiche in aree terapeutiche di nostro interesse. Ad oggi, con un ruolo sempre più importante della medicina di precisione, quale strumento per rispondere al meglio ai bisogni di cura dei pazienti, stiamo cambiando il paradigma dello sviluppo delle soluzioni terapeutiche, passando da un focus sulla malattia a quello su un determinato meccanismo d'azione in tutti gli ambiti clinici in cui risulta rilevante". L'impegno di Johnson & Johnson nella ricerca clinica è stato al centro della terza giornata della Johnson & Johnson Week 'Insieme verso la medicina del futuro', la settimana di eventi e incontri con clinici, associazioni pazienti, istituzioni, università e centri di ricerca pensata per immaginare le prossime evoluzioni della sanità italiana.
Nel 2023 – si legge nella nota – Johnson & Johnson ha investito solo in Italia oltre 25 milioni di euro, di cui oltre il 40% (circa 10 milioni) nell'area della ricerca e sviluppo. Nello stesso anno l'azienda ha avuto all'attivo 114 studi clinici, di cui il 70% in fase 3 e 4, coinvolgendo quasi 1.000 centri in 19 regioni italiane e oltre 5mila pazienti con malattie che rientrano nelle aree terapeutiche dell'oncologia, immunologia, neuroscienze e altri ambiti quali malattie cardiovascolari e infettive. "Investire e promuovere la ricerca clinica – evidenzia Baldini – significa dare concretamente ai pazienti la possibilità di avere accesso a terapie innovative spesso con anni di anticipo rispetto alla loro effettiva disponibilità sul mercato, con un possibile un miglioramento precoce della loro condizione clinica e della qualità di vita, non solo loro, ma anche delle loro famiglie. Per noi di Johnson & Johnson è fondamentale la qualità di vita dei pazienti, al punto da aver incluso questo parametro all'interno dei questionari di tutti i nostri studi clinici". Tenere in considerazione le necessità dei pazienti è ritenuto sempre più la chiave per sviluppare e rendere disponibili terapie appropriate e adattate alle loro esigenze di cura. "Il coinvolgimento dei pazienti in tutte le fasi di sviluppo dei farmaci è una risorsa fondamentale per la ricerca clinica – sostiene Paola Kruger, Accademia del paziente esperto Eupati- Solo chi vive con una certa malattia può sapere cosa significhi affrontare la quotidianità con determinati sintomi e assumendo le terapie. Ascoltare la loro esperienza e i loro bisogni contribuisce alla scoperta, allo sviluppo e alla valutazione di nuovi farmaci davvero efficaci, perché permette alla comunità scientifica di conoscere i loro bisogni e le loro priorità. Nessuno meglio del paziente può riferire quale sia il peso di una terapia e il suo impatto in termini di qualità di vita, andando al di là di ciò che i ricercatori possono rilevare sull’efficacia del farmaco". Rendere centrale il ruolo del paziente all'interno di uno studio clinico è uno strumento anche per favorirne la loro partecipazione. "Grazie alla trasformazione digitale nella ricerca clinica, è possibile venir incontro e favorire i pazienti nelle sperimentazioni – rimarca Lorenzo Cottini, consigliere e coordinatore gruppo di lavoro ricerche cliniche Afi – Associazione farmaceutici industria e Country Director Evidenze – Ad esempio, ci sono gli studi clinici decentralizzati che permettono di spostare le attività della ricerca verso il domicilio del paziente o in strutture più prossime, con una conseguente riduzione di tempi e costi, oltre che un miglioramento della qualità di vita e dell’esperienza del paziente". "Ad oggi – aggiunge Cottini – ancora molto può essere fatto per una loro completa implementazione. Esistono limiti legati soprattutto alla necessità di aggiornare e modernizzare i quadri normativi, che non riguardano in realtà solo l’ambito dei trial clinici decentralizzati, ma in generale la ricerca clinica italiana. Seppur abbiamo assistito sicuramente a un miglioramento rispetto al passato, in Italia ci sono ancora ostacoli da abbattere. Per questo, potremmo prendere esempio da Paesi come la Spagna che hanno puntato molto sulla ricerca, intervenendo sia da un punto di vista di semplificazione normativa, sia a livello culturale". In ambito oncologico, "la ricerca italiana è in una situazione discreta all'interno del panorama europeo per quanto riguarda la disponibilità di studi clinici in oncologia – osserva Silvia Novello, professore ordinario di oncologia medica presso il Dipartimento di Oncologia dell'Università di Torino, responsabile Divisione Oncologia medica all'Aou San Luigi Gonzaga di Orbassano e presidente di Walce – Women Against Lung Cancer in Europe – Il report di Luce del 2018 indicava infatti l'Italia fra i Paesi europei con il maggior numero di trial attivi per le targeted therapies, così come per l'immunoterapia, insieme a Francia, Regno Unito, Spagna e Germania. Ci sono sicuramente alcune barriere, tra cui pochi fondi, a cui spesso si può accedere con procedure complesse e timeline non ottimali; percorsi formativi articolati e non competitivi rispetto ad offerte lavorative alternative; normative non facilitanti". "Proprio in questo contesto – aggiunge – si colloca la collaborazione fra centri di ricerca ed imprese che può rappresentare uno strumento per un miglioramento dello scenario della ricerca in Italia, ad esempio, grazie al supporto economico, alla condivisione di professionisti e di competenze, a disegni di progettualità comuni che impediscano ridondanze tra gli studi e ottimizzino tempi e risorse". Sempre con l'obiettivo di promuovere l'innovazione, Johnson & Johnson affianca alla ricerca interna acquisizioni e collaborazioni strategiche con centri di ricerca e aziende impegnate in aree terapeutiche di interesse. Dal 2021 – ricorda la nota – l'azienda ha attivato oltre 80 partnership. Tra queste spicca quella con Humanitas del 2023, che porterà a realizzare diversi progetti, tra i quali l'impiego di occhi artificiali ottenuti con stampa in 3D da parte di Humanitas University, che potranno essere usati per scopi formativi dai medici per l'utilizzo di terapie geniche per trattare alcune malattie ereditarie alla retina. "Con molto piacere abbiamo annunciato oggi il protocollo d'intesa tra Humanitas e Johnson & Johnson. Questa collaborazione permetterà di implementare e integrare le nostre competenze, rendendo possibile una velocizzazione dell’innovazione con ricadute importanti sulla didattica e sulla ricerca, che sono i pilastri dell'ospedale e dell'università Humanitas", conclude Maurizio Cecconi, direttore Scuola di specializzazione Anestesia, vicepresidente Medtec School, Humanitas University, vice direttore scientifico per la Ricerca clinica, capo del Dipartimento di Anestesia e Terapia intensiva, Irccs Istituto clinico Humanitas. —[email protected] (Web Info)


