(Adnkronos) – Buckingham Palace apre le porte della sua ala est ai turisti, che avranno così la possibilità di avvicinarsi all'iconico balcone dal quale si affaccia la famiglia reale nelle occasioni più importanti. Per la prima volta in assoluto, dalla prossima settimana, la sala centrale dietro il famoso balcone del palazzo reale sarà infatti aperta ai visitatori. Resteranno però chiuse le porte finestre, permettendo così ai visitatori di vedere il panorama che i reali ammirano, ma senza potersi affacciare. I circa seimila biglietti che erano stati messi i vendita ad aprile per visitare l'ala orientale di Buckingham Palace erano andati esauriti nel giro di poche ore. ''L'idea di avere un balcone a Buckingham Palace è stata del principe Alberto, perché lo vedeva come un modo per consentire alla famiglia reale di entrare in contatto con la gente. Ed è esattamente così che, in un certo senso, continua a essere utilizzato nelle occasioni importanti'', ha spiegato a Sky News Caroline de Guitaut, sovrintendente delle opere d'arte del re. Il balcone ''cominciò a essere utilizzato durante il regno della regina Vittoria, dal 1851 per salutare le truppe che partivano per la guerra di Crimea e accoglierle al loro ritorno", ha aggiunto. L'ala est del palazzo reale è stata costruita tra il 1847 e il 1849 per ospitare la famiglia della regina Vittoria. Il complesso inglobò l'ex residenza reale aperta a forma di ferro di cavallo. Negli ultimi cinque anni è stata sottoposta a lavori di ristrutturazione. Più di 3.500 opere d'arte sono state rimosse per essere conservate in modo sicuro. Circa 47mila assi del pavimento sono state rimosse e riposizionate. Le visite guidate dell'ala est condurranno i visitatori lungo gran parte del corridoio principale lungo 73 metri e includeranno il salotto giallo e la sala centrale dietro il balcone. Nel salotto giallo c'è un camino in stile orientale proveniente dalla residenza sul mare di Giorgio IV, il Brighton Pavilion. Tra i pezzi forti della sala centrale figurano un lampadario in vetro recentemente restaurato, la cui forma ricorda un fiore di loto, e due arazzi cinesi in seta imperiali del XVIII secolo, donati alla regina Vittoria dall'imperatore cinese Guangxu nel 1897. Nella sala da ballo i visitatori potranno infine ammirare il nuovo ritratto di re Carlo, realizzato dall'artista Jonathan Yeo. —internazionale/[email protected] (Web Info)
Roma, rapina con sparatoria al centro commerciale Roma Est: rubano gioielli e fuggono
(Adnkronos) – Rapina con sparatoria oggi, 10 luglio, al centro commerciale Roma Est della Capitale. Nel corso dell'assalto a una gioielleria al centro commerciale di via Collatina i banditi hanno sparato colpi di pistola e la guardia giurata ha risposto al fuoco. Non ci sono feriti. I due rapinatori hanno portato via i gioielli che erano negli espositori e sono fuggiti. Individuata dalla polizia l'auto usata durante il colpo. Il veicolo, una Fiat Punto, è stato trovato abbandonato in via Luigi Crocco intorno alle 12. —[email protected] (Web Info)
Sharon Stone ha perso milioni di risparmi dopo l’ictus del 2001: il racconto
(Adnkronos) –
L'attrice statunitense Sharon Stone ha rivelato che le persone "si sono approfittate" finanziariamente di lei mentre si stava riprendendo da un ictus quasi fatale. Nel 2001, la star di Basic Instinct ha subito un ictus che le ha provocato un'emorragia cerebrale durata nove giorni, costringendola ad allontanarsi da Hollywood per sette anni per riprendersi completamente. "La gente si è approfittata di me in quel periodo", ha dichiarato l'attrice a The Hollywood Reporter. "Avevo risparmiato 18 milioni di dollari grazie a tutto il mio successo, ma quando sono tornata a controllare il mio conto in banca, erano tutti spariti. Il mio frigorifero, il mio telefono: tutto era a nome di altre persone. Non avevo soldi". Nonostante le difficoltà, l'attrice 66enne ha scelto di concentrarsi sugli aspetti positivi. "Ho deciso di restare presente e di lasciar andare. Ho deciso di non aggrapparmi alla malattia, all'amarezza o alla rabbia", ha spiegato. "Se mordi il seme dell'amarezza, non ti lascerà mai. Ma se mantieni la fede, anche se quella fede è grande quanto un granello di senape, sopravviverai. Quindi, ora vivo per la gioia. Vivo per uno scopo" .
L'ictus ha cambiato radicalmente il funzionamento del cervello della Stone. "Un monaco buddista mi ha detto che mi ero reincarnata nel mio stesso corpo. Ho avuto un'esperienza di morte e poi mi hanno riportata indietro. Ho sanguinato nel cervello per nove giorni e il mio cervello è stato spinto in avanti. Non era posizionato nella mia testa dove era prima. E mentre ciò accadeva, tutto è cambiato. Il mio senso dell'olfatto, la vista, il tatto. Non ho potuto leggere per un paio d'anni. Molte persone pensavano che sarei morta." In precedenza, la Stone aveva rivelato che i medici pensavano che stesse "fingendo" quella che si è rivelata essere un'emorragia cerebrale derivante dalla rottura di un'arteria vertebrale. Nel 2023, ha raccontato alla rivista Vogue: "Si sono persi con il primo angiogramma e hanno deciso che stavo fingendo. Il mio migliore amico li ha convinti a darmene un secondo e hanno scoperto che avevo un'emorragia nel cervello, in tutta la zona subaracnoidea e che la mia arteria vertebrale era rotta. Sarei morta se mi avessero rimandato a casa". L'attrice ha detto che assume farmaci ogni giorno per affrontare la balbuzie e le gravi convulsioni cerebrali. Attualmente, Sharon Stone è membro del consiglio della Barrow Neurological Foundation negli Stati Uniti, che tratta "condizioni devastanti del cervello e della colonna vertebrale". —[email protected] (Web Info)
Sanità, Pani (Sifo): “Per malattie croniche pelle puntare su reti dermatologiche”
(Adnkronos) – "Sarà molto importante che le reti regionali per le malattie dermatologiche nelle Regioni siano armonizzate anche per favorire l'aderenza terapeutica in modo da ridurre gli sprechi e aumentare l'efficacia e la sicurezza delle cure. L'altro elemento è l'accesso alle terapie. In queste reti potrà essere anche inserita una modalità nuova di dispensazione del farmaco, ovvero l'home delivery, che potrebbe, insieme a delle strumentazioni di facile accesso, sto pensando a delle App, essere integrata alla consegna del farmaco al paziente, in modo da aumentare l'aderenza terapeutica". Così all’Adnkronos Salute Marcello Pani, segretario nazionale Sifo, Società italiana di farmacia ospedaliera e dei servizi farmaceutici in occasione dell’incontro 'Equity Group – Malattie croniche della pelle' che si è svolto a Roma alla presenza di esperti, specialisti dermatologi, associazioni di pazienti e società scientifiche. —[email protected] (Web Info)
Sanità, dermatologo Bianchi: “Per chi ha malattie pelle ok farmaci male assistenza”
(Adnkronos) – "Le malattie infiammatorie croniche cutanee sono tali perché si correlano in maniera importante e significativa a comorbidità sistemiche. Nonostante esistano farmaci innovativi come i biosimilari che agiscono su vari target, il percorso di cura del paziente è sempre complesso: il primo accesso avviene dal medico di medicina generale che lo invierà allo specialista sul territorio. È complesso anche il percorso nell’hub ospedaliero, nell'istituto centrale dove i pazienti accedono a questi farmaci di unica prescrizione, attraverso piani terapeutici. Un iter ancora più difficoltoso per i pazienti di fuori regione e che non hanno la possibilità di accedere agevolmente a una prescrizione ad una terapia corretta". Così all’Adnkronos Salute Luca Bianchi, responsabile Uosd Dermatologia del Policlinico Tor Vergata Roma, in occasione dell’incontro 'Equity Group – Malattie croniche della pelle' che si è svolto a Roma alla presenza di esperti, specialisti dermatologi, associazioni di pazienti e società scientifiche. I "farmaci ci sono – spiega Bianchi – ma la possibilità di controlli della spesa finora non ha reso disponibile la terapia a livello territoriale. Ovviamente, abbiamo differenze regionali notevoli. Nella mia Regione, ovvero il Lazio, probabilmente potrebbe essere rivista la possibilità di accesso ai farmaci che ormai occupano i primi piani nelle linee guida di terapia. Per quanto riguarda i biosimilari, farmaci estremamente vantaggiosi dal punto di vista economico, potrebbe esserci un uso più condiviso di questi farmaci creando degli accessi dedicati grazie alla condivisione dei dati tra il medico di medicina generale e lo specialista". Nella presa in carico del paziente, "potrebbe aiutare la diagnosi attraverso la telemedicina – sottolinea lo specialista – La telemedicina in campo dermatologico è all'avanguardia. La mia Unità al Policlinico di Tor Vergata è stata tra le prime ad utilizzare questo strumento. Tuttavia, abbiamo la necessità di vedere il paziente spesso o episodicamente in presenza perché per meglio valutare la lesione clinica" conclude. —[email protected] (Web Info)
Ddl Nordio, ok dalla Camera con 199 sì: è legge
(Adnkronos) – La Camera dei deputati ha dato il via libera in via definitiva al ddl Nordio con 199 voti a favore, 102 voti contrari e nessun astenuto. "L’approvazione di questo ddl rappresenta una svolta nel rafforzamento delle garanzie per gli indagati e una mano tesa a tutti i pubblici amministratori, che non avranno più paura di firmare. Di questo importante risultato desidero ringraziare tutti i parlamentari, i colleghi di Governo e l’intero staff del Ministero”, ha detto il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio. "La giustizia compie un passo importante verso la tutela dei diritti e delle garanzie dei cittadini. Si tratta di una riforma che rappresenta l'avvio di una stagione che si completerà con la separazione delle carriere dei magistrati. I valori, le idee di Silvio Berlusconi sono quelle contenute negli articoli di questo disegno di legge che rappresenta il primo traguardo di una serie di battaglie condotte da Forza Italia negli anni. Con lo spirito di chi vuole una giustizia veramente giusta, andremo avanti con le prossime riforme", dichiara Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera di Fdi. Anche per il deputato di Forza Italia e Sottosegretario di Stato al Mit, Tullio Ferrante, "l'approvazione del ddl Nordio rappresenta una svolta storica con la quale si pone un argine alle distorsioni del sistema giudiziario che per troppi anni hanno inquinato la vita del Paese, dei cittadini e delle istituzioni, introducendo principi basilari di civiltà giuridica. Come Forza Italia siamo orgogliosi di questo traguardo e continueremo a batterci per varare le riforme sulla giustizia, con l'obiettivo di garantire finalmente il diritto al giusto processo", scrive "E' un primo passo, limitato e con deroghe. Ma è anche un segno politico dell'approccio del nostro gruppo nei confronti dei provvedimenti del governo", ha detto Enrico Costa (Azione) nelle dichiarazioni di voto alla Camera. Poco dopo è intervenuto in aula Roberto Giachetti (Iv), che ha annunciato il voto "convintamente a favore di questo provvedimento". Questa mattina a Radio24 Nordio aveva ribadito che "è una premessa sbagliata" dire che l'abolizione dell'abuso d'ufficio "sia un colpo a lotta corruzione, chi lo dice sa benissimo che l'abuso d'ufficio non ha nulla a che vedere con la corruzione" che "riguarda soldi che vengono pagati". Il reato d'abuso d'ufficio "era così evanescente che poneva sotto indagine amministratori e sindaci per le questioni più svariate e su 5mila e passa processi instaurati ogni anno, che costavano la paralisi della Pa e la paura della firma ma anche la carriera politica e salute personale, non c'erano mai condanne. Abbiamo liberato 5mila e passa amministratori l'anno dalla paura della firma". "Avremo una velocizzazione della giustizia penale, i nostri tribunali sono intasati in buona parte di indagini assolutamente inutili, costose e dannose e la depenalizzazione di questi tipi di reato che non servono a nessuno e sono anzi un intralcio alla corretta amministrazione della giustizia, avranno anche un effetto benefico sull'efficienza", sottolinea il ministro. Infine sulla misura che prevede che "un tribunale collegiale deve esprimersi sull'emissione dell'ordinanza cautelare", Nordio ammette che "tutto questo può provocare alcune ragioni di incompatibilità nei tribunali piccoli dove ci sono pochi giudici, ma a questo abbiamo posto provvedimento con la soluzione di 250 magistrati nuovi". Quanto alle intercettazioni, "la disciplina radicalmente non cambia, cambierà quando avremo fatto la riforma organica e completa delle intercettazioni". Nordio aggiunge che "l'Italia 10 giorni fa, con la sentenza Contrada, è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo". "Da noi l'articolo 15 della costituzione che tutela la riservatezza delle comunicazioni è stato stracciato e alcuni magistrati hanno intercettato persone che non erano indagate: su questo l'Europa ha fatto una sentenza umiliante per noi e la magistratura", sottolinea. Rispondendo a una domanda sull'emendamento relativo allo stop al rinvio della detenzione per le donne incinte o con figli fino a un anno, il ministro spiega che "si tratta di coniugare la presunzione di innocenza, l'umanità della pena, con l'allarme sociale creato da certi tipi di reati. Questo allarme sociale è così diffuso perché tutti vedono le situazioni in cui si trovano le stazioni e certe persone dedite al delitto, soprattutto per reati contro il patrimonio come scippi e rapine, che non espiano la pena perché si tratta di donne incinte. Vi è da parte della donna uno sfruttamento della maternità quasi blasfermo perché diventa uno strumento per evitare una punizione". "Concordo in linea di massima, ma teniamo sempre presente che è il magistrato che decide volta per volta le misure da adottare", sottolinea. —[email protected] (Web Info)
Salute, Corazza (Apiafco): “Diagnosi psoriasi tardiva per liste d’attesa e burocrazia”
(Adnkronos) – "Per la diagnosi di una malattia cronica della pelle il cammino può essere lungo. Prima di tutto si va dal farmacista, poi dal medico di medicina generale, il quale se conosce bene la patologia si rende conto della gravità e lo indirizza da uno specialista. A volte per una diagnosi di psoriasi, piuttosto che di artrite psoriasica o vitiligine e dermatite atopica, a volte passa molto tempo anche per problemi burocratici, a causa delle liste d'attesa o di interlocutori incompetenti. Dipende da chi si incontra all'inizio. Il primo step è fondamentale perché dovrebbe evitare un pellegrinaggio tra vari medici a cui un paziente si sottopone (modificherei con deve rivolgere) pur di avere soddisfazione. Invece, le associazioni si battono affinché i pazienti possano seguire un percorso trasparente, rapido e sicuro nella struttura pubblica". Così all’Adnkronos Salute Valeria Corazza, presidente di Apiafco, Associazione psoriasici italiani, amici della Fondazione Corazza in occasione dell’incontro “Equity Group – Malattie croniche della pelle” che si è svolto a Roma alla presenza di esperti, specialisti dermatologi, associazioni di pazienti e società scientifiche. "Le cure soprattutto quelle topiche sono a carico dei privati (delle famiglie). Per quello che riguarda invece la cura di una forma grave di psoriasi, invece, il paziente deve accedere per forza di cose alla struttura pubblica dove sono disponibili i farmaci biologici". Le malattie croniche della pelle sono “patologie che ancora non hanno una dignità, nel senso che non vengono neanche calcolate dall'Istat. Coloro che si rivolgono alla nostra associazione sono milioni – conclude Corazza – In loro rappresentanza oggi posso dire che in questa sede non ci siamo sentiti dimenticati e questo è già una grande soddisfazione perché per quello che potevano fare qualche impegno è stato preso. Se non altro il rivederci e il riparlarne è molto importante". —[email protected] (Web Info)
Sanità, Salutequità: “Cure ad ostacoli per 6 mln con malattie croniche pelle”
(Adnkronos) – "In Italia si contano circa 15 milioni di pazienti con malattie della pelle, 6 milioni hanno una malattia infiammatoria cronica. Una comunità di pazienti che fa i conti tutti i giorni con tantissime difficoltà nelle cure. Dall'accesso alle terapie alle liste di attesa, alle disuguaglianze regionali, per questi pazienti curarsi è una corsa ad ostacoli. Una situazione davvero molto complessa che però non trova una risposta efficiente ed efficace da parte delle istituzioni ancora nel facilitare il percorso di cura". Così all’Adnkronos Salute Tonino Aceti, Presidente Salutequità in occasione dell’incontro 'Equity Group – Malattie croniche della pelle' che si è svolto a Roma alla presenza di esperti, rappresentanti delle istituzioni, specialisti dermatologi, associazioni di pazienti e società scientifiche. "Nella bozza del Piano nazionale della cronicità, che è stato anticipato poche settimane fa attraverso la stampa – fa notare Aceti – le malattie della pelle non rientrano tra le patologie oggetto del Pnc, come pure i Pdta, percorsi diagnostico terapeutico assistenziali, per queste patologie sono assenti. Registriamo esperienze in alcune Asl ma non c'è un Pdta di livello nazionale e di livello regionale. In più i pazienti non hanno reti dermatologiche sulle quali contare per accedere in modo appropriato, tempestivo e con equità alle cure di cui hanno bisogno". Quindi "bisognerebbe lavorare fondamentalmente ad un Piano nazionale di cronicità che riconosca le patologie dermatologiche della pelle come patologie oggetto di intervento del Pdta e su reti dermatologiche perché questo garantirebbe un migliore accesso, una tempestività, un’appropriatezza, un’efficienza ed efficacia delle cure" conclude. —[email protected] (Web Info)
Sanità, 15 mln con malattie pelle: Salutequità ‘chiediamo inserimento nei Lea’
(Adnkronos) – Il 25% della popolazione (15 milioni di italiani) convive con una patologia della pelle, circa 6 milioni fanno i conti con una malattia infiammatoria cronica. Condizioni dermatologiche acute (es. scabbia) e croniche (es. psoriasi, vitiligine) possono portare a stigmatizzazione sociale, scarsa qualità della vita e diminuzione della produttività lavorativa. Non solo, le malattie della pelle croniche autoimmuni si accompagnano a comorbidità e ad un aumento di fattori di rischio evitabili con efficaci e tempestivi interventi di diagnosi e cura. Nonostante la loro elevata incidenza e prevalenza, per queste patologie mancano dati di buona qualità. Anche nelle rilevazioni ufficiali di Istat e Iss sulla diffusione della cronicità non sono ricomprese le malattie croniche della pelle a differenza di diabete, ipertensione, infarto acuto del miocardio. È quanto emerso in occasione dell’incontro 'Equity Group – Malattie croniche della pelle' che si è svolto a Roma alla presenza di esperti, specialisti dermatologi, associazioni di pazienti, rappresentanti delle istituzioni, politici ed esponenti delle professioni sanitarie coinvolte nell’assistenza, e realizzato grazie al contributo non condizionato di Bristol Myers Squibb, Incyte, UCB Pharma. "Per questi pazienti aumentano difficoltà di accesso alle cure per mancanza di attenzione nella programmazione nazionale e regionale – afferma Tonino Aceti, presidente di Salutequità – Inoltre, abbiamo registrato una drastica riduzione delle visite dermatologiche del Ssn nel 2022. Le patologie croniche della pelle hanno pieno diritto di avere la stessa dignità delle altre patologie anche in termini di attenzione nei Piani di programmazione di riferimento, come quello per le cronicità. Servono dati, più accurati, ottenibili solo attraverso una maggiore consapevolezza dell’impatto che queste malattie hanno sulle persone e sul Ssn". La psoriasi – è stato ribadito nell'incontro – riguarda in Italia una persona su 10 con cronicità o multi-cronicità (1,8 milioni su 24 milioni). Colpisce circa il 3% della popolazione con importanti conseguenze sulla qualità della vita e le relazioni sociali. I costi annuali per paziente in Italia, considerando quelli sostenuti da Ssn e quelli out of pocket, sono 11.434 euro (International Federation of Psoriasis Associations). Altra patologia la vitiligine, che colpisce l’1% della popolazione mondiale, finora non riconosciuta nei Lea e troppo spesso ancora considerata solo un mero difetto estetico di macchie sulla pelle. In realtà il 15,3% dei pazienti – hanno sottolineato gli esperti – presenta una o più condizioni autoimmuni: l’artrite reumatoide ha in questi pazienti una frequenza maggiore del 100%; i linfomi hanno un’incidenza maggiore di quattro volte; il lupus di 5 volte. La malattia autoimmune più frequente, presente in più di un caso su dieci di chi soffre di vitiligine, è l’ipotiroidismo, con un’incidenza maggiore di circa il 75% rispetto alla media nazionale. E chi ne è affetto ha una probabilità 5 volte maggiore di sviluppare depressione. Stando ai dati sull’attività in intramoenia pubblicati dall’Agenas – è stato evidenziato durante 'Equity Group – Malattie croniche della pelle' – nel 2022 accedere a una visita dermatologica è stato più complicato rispetto al 2019 e persino rispetto al pieno periodo pandemico: le prestazioni a disposizione per gli assistiti ai fini di una diagnosi o di controlli nelle quattro rilevazioni annuali sono state 5154 (gli altri anni le rilevazioni erano 3 ndr) contro le circa 11.000 del triennio precedente, oltre la metà in meno rispetto ai 3 anni precedenti. Alert da non trascurare arriva dalla mancanza di attenzione nella programmazione nazionale, a partire dal nuovo Piano nazionale cronicità che nella bozza più recente le ha lasciate fuori dalla parte seconda: il risultato è all’assenza di Pdta regionali e di pochi Pdta aziendali (prevalentemente ospedaliero/universitari) su malattie diffuse come la psoriasi, la vitiligine, etc. Ci sono anche segnali positivi: Parlamento e Regioni – secondo gli esperti – stanno dimostrando sensibilità politica rispetto alle malattie della pelle: mozioni, ordini del giorno, risoluzioni sono stati approvati, ma devono tradursi in atti vincolanti per garantire più equità per le persone con malattie croniche della pelle. Per questo motivo Salutequità – laboratorio italiano per l’analisi, l’innovazione e il cambiamento delle politiche sanitarie e sociali – ha delineato alcuni passaggi fondamentali: 1.accessibilità, tempestività e appropriatezza nell’accesso alle prestazioni per una presa in carico multidimensionale, capace di prevenire le complicanze e favorire l’aderenza grazie al supporto psicologico e alla telemedicina; 2. tutele e capacità di stare al passo con i tempi dei Lea; 3. semplificazione ed efficienza organizzativa. "È necessario non solo l’aggiornamento dei Lea – rimarca Aceti – per introdurre patologie e prestazioni indispensabili per un trattamento al passo con i tempi, ma anche avere tempi certi della relativa attuazione. Quelli del 2017 sono ancora al palo". Per superare le difficoltà nell’accesso le Regioni hanno messo in campo iniziative diverse. L’Osservatorio di Salutequità ha rilevato che ad esempio il Veneto ha attivato un avviso pubblico per l’attribuzione di incarichi individuali per specialisti in dermatologia e venereologia, fissando in deroga ai regimi tariffari ordinari, una remunerazione oraria fino a un massimo di 100 euro lordi omni-comprensivi per il personale medico, fino a 60 euro per il personale del comparto sanitario e 40 euro per gli specializzandi. La Puglia ha, invece, puntato sulla istituzione della rete dermatologica regionale ed il tavolo tecnico regionale in dermatologia per razionalizzare e implementare l’assistenza sanitaria, mettendo in rete ospedale e territorio; definire Pdta e indicatori per misurare volumi, qualità ed esiti; supportare un piano di comunicazione sulle malattie della pelle. Attualmente sembra avere una battuta d’arresto. I consigli regionali di Lombardia, Abruzzo, Lazio, Liguria, hanno promosso iniziative per attivare reti dermatologiche regionali, riconoscere nei Lea patologie come la vitiligine e migliorare la presa in carico delle persone con psoriasi. Diversi i provvedimenti per favorire appropriatezza prescrittiva in Piemonte, Calabria, Sicilia, Veneto, Emilia Romagna. La Sicilia ha istituito un tavolo tecnico regionale per la psoriasi e fa riferimento nel Piano della rete territoriale di assistenza, alla dermatologia come ambito su cui lavorare a reti regionali e Pdta. —[email protected] (Web Info)
Studio Aidomus-It: il 90% dei pazienti promuove l’assistenza infermieristica domiciliare
(Adnkronos) –
L’assistenza domiciliare infermieristica funziona: il 91,7% dei pazienti è soddisfatto e la promuove. Nelle Asl le Case della comunità sono ancora poco diffuse (solo nel 27,3% delle aziende), va un po’ meglio per i servizi di sanità digitale (presenti nel 57,1% delle Asl), ma il 92,2% garantisce comunque le cure a domicilio con personale infermieristico. Sono i principali risultati della prima analisi sull’assistenza infermieristica domiciliare in Italia Aidomus-It – ‘Il contributo dell’infermieristica per lo sviluppo della territorialità’ – condotta per 10 mesi del 2023 dal Cersi, Centro di eccellenza per la ricerca e lo sviluppo dell’infermieristica, che ha raccolto ed elaborato i dati su mandato della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi).
L’indagine a cui hanno aderito 77 Asl su 110, pari al 75,3% della popolazione italiana, è articolata in tre sezioni: la prima rivolta ai dirigenti delle professioni sanitarie per analizzare gli aspetti organizzativi dell’assistenza domiciliare; la seconda agli infermieri, per rilevare le caratteristiche professionali, della loro attività lavorativa e delle condizioni di lavoro; la terza, rivolta ai pazienti per rilevare la qualità e la soddisfazione dell’assistenza ricevuta. Quasi la totalità dei pazienti – si legge in una nota – promuove l’assistenza ricevuta a casa: il 91,7% dichiara di essere sempre stato trattato con cortesia e rispetto dagli infermieri, l’86% di aver percepito che si stessero sempre prendendo cura di loro, l’83,3% di essere stato ascoltato attentamente, l’82% di essere stato sempre informato dagli infermieri su tempi e modi del loro intervento. Una valutazione complessiva sull’assistenza domiciliare ricevuta, espressa con voti da 0 a 10, ha meritato una media di 9,3 (con una punta del 9,4 negli anziani).
Il numero medio di attività erogate per Asl è 10,1 su 17. Il percorso per il paziente oncologico è presente nel 40,3% delle strutture e le attività per i pazienti cronici sono erogate dal 74% delle Asl, mentre quelle per gli utenti con disabilità dal 59,7%. I servizi di infermieristica di famiglia e di comunità sono erogati dal 68,8% delle aziende mentre, il 26% delle Asl li codifica come ‘infermiere di prossimità’. La metà circa delle Asl eroga consulenze infermieristiche specialistiche e i servizi di sanità digitale risultano presenti in oltre la metà delle aziende (51,9%), di cui il 26% con attività di Teleassistenza.
In quasi tutte le Asl sono inoltre garantite le attività di assistenza erogate dagli infermieri: prelievi ematici, medicazioni semplici e avanzate, somministrazione di farmaci, gestione di device, educazione terapeutica, sanitaria, formazione dei caregiver, monitoraggio e misurazioni delle condizioni di salute, valutazione delle condizioni familiari, cure palliative, procedure clinico assistenziali come gestione del catetere vescicale, gestione della nutrizione/dei dispositivi per la somministrazione di nutrizione enterale. Nelle cure domiciliari sono 49,5, su mille abitanti, gli over 65 presi in carico: 16,8 hanno gravi limitazioni per disabilità e 8,2 hanno patologie croniche. Più di 8 infermieri su 10 (83,8%) ha dichiarato di essere soddisfatto o molto soddisfatto del proprio lavoro: solo il 20,1%, se potesse, lascerebbe il lavoro nei successivi 12 mesi. Circa un terzo dichiara un carico di lavoro medio-alto mentre il 10,3% lo ritiene elevato. Rispetto al clima del gruppo di lavoro e la possibilità di erogazione di cure sicure, il 65,8% ha riportato punteggi migliori, con una media di 76,9. Rispetto alle condizioni psicosociali nei luoghi di lavoro, il 65,8% ha riferito una criticità media. Un infermiere su 5 dichiara di averne subito uno negli ultimi 12 mesi, ma il 36,9% ne ha subito tre o più nello stesso arco di tempo. Grazie alla capillarità delle rilevazioni, lo studio Aidomus ha potuto calcolare il costo giornaliero di un infermiere che opera nel servizio di cure domiciliari, comprendente il tempo speso a domicilio (circa 24 minuti ad accesso), quello per raggiungerlo, per ritornare presso la struttura e per le attività di back-office. Il valore, considerando 6,84 accessi/pazienti al giorno, è di 138,73 euro. L’adeguatezza delle stime di costo è stata comparata e confermata anche dall’analisi di 12 capitolati di gara a livello nazionale in 10 Regioni italiane da cui risulta che il costo giornaliero di un infermiere (anche considerando il costo-orario medio appaltato dalle Asl secondo capitolato di gara) è di 152,12 euro per 6,64 accessi. Quindi, se la gestione delle cure territoriali è a carico del Ssn si registra un risparmio e la sostenibilità economica si racchiude in una duplice azione: il valore dell’assistenza domiciliare infermieristica erogata e il mancato costo di ricoveri ripetuti di anziani e fragili. Lo studio inoltre consente di valorizzare economicamente il reale valore delle attività assistenziali svolte dall’infermiere al domicilio della persona: rapportandole al tariffario ambulatoriale del 2023, il valore della produzione garantita dagli infermieri è pari a 636,31 euro/giorno. Ne consegue che, in caso di mancata erogazione strutturata del servizio e ulteriore carenza infermieristica, si rischia di non poter garantire adeguatamente tali prestazioni in regime pubblico e convenzionato, costringendo il cittadino al ricorso all'out of pocket. Anche per questo la Fnopi ritiene necessario e strategico investire sulla professione infermieristica, sostenendola a tutti i livelli. “I dati organizzativi dello studio – afferma il Comitato centrale Fnopi – sottolineano la necessità di delineare modelli organizzativi condivisi ed efficaci, basati soprattutto sulle necessità delle differenti categorie di pazienti. I diversi livelli di staffing e skill mix condizionano l’efficienza della risposta del sistema assistenziale. È auspicabile – prosegue – l’implementazione di modelli che prevedano il coinvolgimento di infermieri con formazione specifica nelle cure territoriali”, data anche la soddisfazione espressa dall’utenza. “L’indagine condotta sulla soddisfazione degli infermieri rispetto al proprio lavoro – sottolinea Fnopi – impatta sulla ‘retentio’ degli infermieri stessi e dimostra una maggiore attrattività del setting domiciliare specifico. I dati rilevati sulle missed care (cure mancate) permetteranno, con approfondimenti futuri, di determinare i predittori delle nursing missed care sul territorio (anche riferiti alla singola attività) con ricadute positive sui costi dell’assistenza in termini di re-ricoveri impropri. Attraverso le strutture, per ora scarse, quali case della comunità o unità di degenza infermieristiche, sarebbe possibile incrementare la quantità e la complessità degli interventi erogati in ambito territoriale, senza il coinvolgimento delle strutture ospedaliere, con un evidente impatto in termini di risposte ai problemi di salute del cittadino e di riduzione dei costi sanitari. Oggi la distribuzione della tipologia di servizi disponibili e delle relative risorse – conclude la Federazione – non sembra essere sempre in linea con la densità abitativa e dunque con le richieste della popolazione, contrariamente a quanto sottolineato dalla letteratura riguardo alla necessità di adattare il più possibile i modelli alle esigenze dell’utenza”. —[email protected] (Web Info)


