(Adnkronos) – Il 16 luglio 30 coraggiosi nuotatori – persone con la malattia di Parkinson, familiari e neurologi che li hanno in cura – attraverseranno a nuoto lo Stretto di Messina nella 'Swim for Parkinson' organizzata da Fondazione Limpe per il Parkinson Onlus con il patrocinio della Federazione italiana nuoto e della Federazione italiana nuoto paralimpico. L’iniziativa ha il duplice obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica su questa malattia neurodegenerativa e di raccogliere fondi in favore delle diverse realtà che sul territorio offrono assistenza e servizi dedicati a coloro che ne sono affetti. Tutti possono contribuire sul web: www.retedeldono.it/progetto/swim-parkinson-2024. "I nuotatori arrivano da tutta Italia e qualcuno anche dall’estero, e percorreranno, chi per intero, chi in staffetta, i quasi 4.000 metri che separano Capo Peloro da Cannitello – sottolinea Fondazione Limpe per il Parkinson Onlus – Un’impresa giunta alla quarta edizione che rappresenta un’occasione per avvicinare altre persone con il Parkinson alla pratica sportiva e un momento unico di condivisione tra malati, familiari e medici. Fin dalla prima traversata, tra gli altri partecipanti, ci sono infatti anche la professoressa Francesca Morgante e la dottoressa Mariachiara Sensi, neurologhe della Fondazione Limpe che con Cecilia Ferrari ed Emanuela Olivieri, entrambe persone con il Parkinson, fanno parte del Comitato organizzatore della manifestazione". Il Parkinson è un disturbo neurologico causato dalla progressiva morte dei neuroni situati nella zona del cervello che controlla i movimenti. Tra i sintomi più evidenti ci sono tremori, rigidità muscolare e lentezza nei movimenti a cui si aggiungono fatica, depressione e insonnia. Tutti aspetti che contribuiscono a ridurre progressivamente la qualità di vita delle persone che ne sono colpite. Nonostante siano numerose le terapie che permettono di gestire i sintomi anche in fase avanzata, ad oggi non esiste una cura per questa patologia, che in Italia colpisce oltre 300mila persone (è la seconda malattia neurodegenerativa più diffusa, dopo l’Alzheimer). "Sono però numerosi gli studi scientifici che dimostrano i benefici dell’attività fisica nel rallentare la progressione della malattia e nel migliorare il benessere emotivo dei pazienti – ricorda la Fondazione Limpe per il Parkinson Onlus – Se praticato in gruppo, inoltre, lo sport contribuisce a creare legami, favorendo un senso di appartenenza e sostegno reciproco, così come avviene durante la 'Swim for Parkinson' in particolare tra medico e paziente. La traversata dello Stretto rappresenta per le persone con il Parkinson un’impresa non solo fisica ma anche di grande coraggio: un’occasione per mettersi alla prova e dimostrare che i limiti imposti dalla patologia possono essere superati insieme, bracciata dopo bracciata". “La malattia di Parkinson non colpisce solo il singolo individuo – afferma Michele Tinazzi, presidente di Fondazione Limpe per il Parkinson Onlus – ma anche l’intero nucleo familiare, causando gravi ricadute sociali e nei rapporti personali, poiché non si limita ai soli sintomi motori, ma coinvolge molteplici aspetti della vita, anche di relazione. Un maggiore supporto alle persone che ne sono affette e alle loro famiglie è quindi essenziale per affrontare al meglio questa patologia. Per questo è importante poter contare su risorse e assistenza che migliorino la qualità di vita delle persone con il Parkinson e dei loro cari.” —[email protected] (Web Info)
Salute: maschio o femmina? 3,6% adolescenti non si riconosce in un genere
(Adnkronos) – Femmina, maschio, non mi identifico. A scegliere la terza opzione il 3,6% del vasto campione di adolescenti che ha partecipato all'ampia indagine nazionale sugli stili di vita dei teenager che vivono in Italia, edizione 2024, realizzata da Laboratorio adolescenza e Istituto di ricerca Iard con il supporto operativo di Mediatyche Srl, su 3.427 studenti tra i 13 e i 19 anni, rappresentativi del territorio nazionale. L'inserimento dell'opzione 'non mi identifico' nelle risposte sull'appartenenza di genere previste dall'indagine è stata "una richiesta – spiegano gli autori dello studio – che ci è stata avanzata, attraverso i loro insegnanti, dagli stessi ragazzi, ma che per le rilevazioni dello scorso anno non avevamo accolto, scoraggiati da qualche dirigente scolastico che temeva 'reazioni' da parte dei sempre più invadenti genitori. Quest'anno abbiamo deciso di inserire l'opzione 'non mi identifico' che è stata scelta da un minoritario, ma significativo 3,6%. Una opzione di libertà che cerca, nel suo piccolo, di contribuire a far rientrare nella normalità una condizione esistente e diffusa". "Un'opportunità importante, offerta agli adolescenti, e un dato interessante da registrare – afferma Piernicola Garofalo, endocrinologo, già presidente della Società italiana di medicina dell'adolescenza – che probabilmente, confrontando studi simili effettuati negli Usa, ancora sottostima la realtà. Il nostro interesse primario di medici ed educatori deve essere quello di dare la possibilità ai giovani (ma non solo a loro, ovviamente) di esprimere serenamente la percezione che hanno della loro identità con tutte le sfumature e le incertezze che caratterizzano questo percorso, per aiutarli e supportarli nel modo più opportuno se e quando ce ne fosse bisogno. L'errore che non dobbiamo commettere è quello di ignorare il fenomeno o cercare ipocritamente di occultarlo, perché sarebbe una imperdonabile disattenzione". —[email protected] (Web Info)
Salute, Trombelli (Sidp): “Fumo e diabete fattori di rischio parodontite”
(Adnkronos) – "Tendenzialmente il paziente affetto da parodontite è nella quinta decade di vita e, in genere, presenta fattori di rischio, uno dei quali è certamente un'igiene orale insufficiente che ha determinato una condizione che precede quella della parodontite, che è la gengivite, cioè l'infiammazione delle gengive, da cui poi si sviluppa il corteo fisiopatologico che determina la distruzione del tessuto di supporto al dente. L'abitudine al fumo certamente determina un'accelerazione nella distruzione dei tessuti parodontali: tanto più il paziente è fumatore, tanto più rischia tale condizione con progressione più rapida. Altro fattore di rischio fondamentale è il diabete, in particolare, il diabete non controllato". Lo spiega Leonardo Trombelli, presidente eletto Sidp, Società italiana di parodontologia e implantologia, all'Adnkronos Salute in occasione della Giornata nazionale della parodontite. "Nel momento in cui ci troviamo davanti a una condizione di parodontite severa – aggiunge Trombelli – è sempre importante fare una valutazione anche del metabolismo glicemico, della glicemia e dell'emoglobina glicosilata, in modo da accertare che non vi sia una coesistenza di un diabete non diagnosticato. E' altrettanto vero, però, che la parodontite può esacerbare il diabete, nel senso che l'infezione orale potrebbe determinare uno scompenso metabolico nel paziente diabetico". Nel dettaglio, "la parodontite è una condizione infettivo-infiammatoria che è determinata da una disbiosi, cioè da un'alterazione di quella che è la flora orale, che determina una condizione infiammatoria. Inoltre – precisa lo specialista – i batteri possono andare continuamente in circolo filtrando dal margine gengivale ed essere immessi nel torrente circolatorio, anche semplicemente durante le fasi di masticazione. La persistente condizione infiammatoria, d'altro lato, può scatenare delle complicanze anche in organi e distretti corporei diversi, come l'insorgenza di lesioni e placche aterosclerotiche che predispongono poi il paziente a una patologia cardiovascolare". Tecnicamente, la parodontite "è una patologia polifattoriale, in cui entrano sia componenti genetiche che ambientali – rimarca l'esperto – Dal punto di vista genetico è poligenica, per cui ci sono un corredo di geni che sembrano essere sottesi alla suscettibilità nei confronti della parodontite, nessuno dei quali però la determina. Diventa quindi particolarmente complesso identificare dei marker, siano essi legati al microbioma o a fattori e mediatori dell'infiammazione, come del resto fattori di carattere genetico ed epigenetico del paziente a rischio. Per questo è estremamente importante la diagnosi precoce – conclude Trombelli – cioè intercettare quelle che sono le forme precoci di malattia, come ad esempio la gengivite, perché il trattamento della gengivite è la miglior prevenzione primaria per la parodontite". —[email protected] (Web Info)
Caldo: ondate calore influenzano gravidanza, più bimbi prematuri
(Adnkronos) – Mentre un'altra ondata di calore si abbatte sull'Italia, gli esperti della Società europea di medicina della riproduzione ed embriologia (Eshre) mettono in guardia dagli effetti del caldo estremo sulle donne incinte, sul feto sui tassi di natalità. L'esposizione prenatale a temperature eccessive è "associata a maggiori rischi di parto pretermine, basso peso alla nascita e natimortalità". Le ondate di calore, ormai sempre più frequenti, sono collegate a un aumento del tasso di nascite premature, anche secondo un recente studio americano che ha analizzato 53 milioni di nascite nelle 50 aree metropolitane più popolose degli Stati Uniti dal 1993 al 2017. Le donne – prosegue l'Eshre – hanno maggiori probabilità di soffrire di ipertensione, di esiti peggiori della gravidanza e degenze ospedaliere più lunghe. Non solo. L'esposizione del feto al calore eccessivo potrebbe causare effetti negativi a lungo termine, ad esempio sulle capacità cognitive. Infine, i tassi di natalità mostrano un'associazione significativa con le temperature estreme. "E' tempo di agire", affermano gli esperti, riuniti a congresso ad Amsterdam, sollecitando "politiche per affrontare gli effetti del cambiamento climatico sulla salute riproduttiva: dare priorità alla ricerca sugli impatti dell'inquinamento atmosferico e dell'esposizione al calore sulla fertilità e gravidanza per guidare lo sviluppo di misure protettive; promuovere azioni rapide, etiche e durature per ridurre le emissioni di Co2 e l'inquinamento atmosferico con l'obiettivo di raggiungere zero emissioni nette di Co2 entro i prossimi 20 anni; realizzare politiche ambiziose e investimenti economici per ottenere sostanziali riduzioni delle emissioni di Co2, migliorare la qualità dell'aria e stabilizzare l'aumento delle temperature globali entro 1,5 gradi C". —[email protected] (Web Info)
Minori: adolescenti e alcol, il 75% si è ubriacato almeno una volta
(Adnkronos) – Un rapporto critico tra adolescenti e alcol, non tanto per la frequenza, ma per l'utilizzo 'da sballo': oltre 7 ragazzi su 10 si sono ubriacati almeno una volta, secondo i primi risultati dell'indagine nazionale sugli stili di vita degli adolescenti che vivono in Italia, edizione 2024, realizzata da Laboratorio adolescenza e Istituto di ricerca Iard, con il supporto operativo di Mediatyche Srl, su un campione nazionale rappresentativo di 3.427 studenti tra i 13 e i 19 anni. In generale bevono alcol più volte alla settimana meno del 15% dei maschi e uno scarso 10% delle femmine, e il 50% afferma di non bere mai alcol. Ma tra i non astemi il 75% si è ubriacato almeno una volta, il 32% dei quali più di 3 volte. E nella fascia degli ultimi 2 anni di scuola superiore, la percentuale di chi si è ubriacato più di 3 volte sale al 45% e la percentuale di chi non si è mai ubriacato scende all'11%. Una sorta di 'passaggio obbligato', dunque, dove nel 20% dei casi il condizionamento degli amici è forte. La percezione degli adolescenti, inoltre, è che bere alcol faccia molto meno male alla salute che fumare sigarette e meno male anche di quello che può derivare da una vita stressante. Alla domanda 'quanto sei d'accordo nell'affermare che bere alcol può provocare problemi di salute?', solo poco più del 30% ha risposto 'molto d'accordo', mentre il 40% si è indirizzato su un più vago 'abbastanza d'accordo'. Forse hanno ragione nel desiderare che la scuola dia loro informazioni più precise al riguardo. L'emergenza alcol – afferma Gianluigi Marseglia, direttore della Clinica pediatrica dell'Università di Pavia e membro del Consiglio direttivo di Laboratorio adolescenza – è forse oggi una delle maggiori per quel che riguarda l'adolescenza. Ogni sabato sera, tanto per citare un caso pratico, il Pronto soccorso del Policlinico San Matteo di Pavia si prepara alla sfilata notturna di adolescenti e giovani adulti con disturbi legati all'abuso di sostanze alcoliche. Malessere, stato confusionale, fino ad arrivare a vere e proprie intossicazioni e al coma etilico. A volte sono i genitori, ma spesso sono altri giovani, gli amici, che accompagnano al pronto soccorso, spaventati, il loro o la loro socia di bevute". "Ma, al di là del superamento del momento critico, quello che i giovanissimi sembrano non comprendere – evidenziano gli autori dell'indagine – è la pericolosità dell'alcol non solo nell'immediato dell'ubriacatura, ma anche a medio e lungo termine. Di fronte a questa situazione, l'impegno dei pediatri e dei medici di famiglia deve essere massimo per affrontare attivamente l'argomento con i loro pazienti adolescenti per fare prevenzione". "L'86% dei giovani intervistati considera il fare uso di droghe sintetiche un fattore di alto rischio per la salute. Il dato cala vertiginosamente a un 33,9% quando si fa riferimento all'alcol. Secondo l'Oms – sottolinea Giada Giglio Moro, psicologa e psicoterapeuta di Milano – l'alcol rientra tra la classificazione delle droghe, per cui appare chiara una grave disinformazione riguardo al fatto che l'alcol è a tutti gli effetti una droga. Questa differenza nella percezione del rischio può essere molto pericolosa ed è più che mai necessario aiutare i ragazzi ad interrogarsi circa le ragioni che li conducono a fare uso e abuso di alcol". Dietro questa scelta "c'è sempre un tentativo di gestire qualcosa, e l'alcol interviene come apparente soluzione a questi problemi. Allora sarebbe opportuno – suggerisce l'esperta – fare prevenzione là dove i ragazzi sono, online e offline, ovvero sui canali digitali e nelle scuole, per aiutarli a trovare modalità adattive che rispondano in modo efficace a ciò che li turba dentro, che li aiuti nella regolazione delle proprie emozioni, nel loro processo di crescita e di sviluppo, al fine promuovere il loro bisogno evolutivo di esplorazione e di non permettere all'alcol, come ad altre sostanze, di mettere un punto alla loro ricerca di sé". —[email protected] (Web Info)
**Estate: nel beach volley infortuni in difesa e schiacciata, ‘50% a caviglia e ginocchio’**
(Adnkronos) – E' uno degli sport più amati e praticati in estate sulle spiagge e dal 1996 – con i Giochi olimpici di Atlanta – il beach volley è diventato anche uno sport olimpico e lo vedremo a Parigi 2024. "In generale giocare a pallavolo sulla spiaggia comporta un aumento del rischio di infortuni legati a cadute e distorsioni, mentre l'attività indoor o su campi duri può comportare un maggiore sovraccarico articolare e della colonna vertebrale. I 3 infortuni acuti più comuni nel beach volley sono le distorsioni di caviglia e al ginocchio e i traumi contusivi/distorsivi delle dita. Questi 3 tipi di infortuni rappresentano fino alla metà di tutti gli infortuni acuti subiti giocando sulla sabbia e spesso comportano l'assenza prolungata dal gioco o dagli allenamenti". Così Andrea Bernetti, vice presidente della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa (Simfer), fa il punto per l'Adnkronos Salute sui rischi dei 'crack' legati al beach volley, nel primo di 3 focus sugli sport da spiaggia più diffusi in estate. "Inoltre, secondo una ricerca, l'incidenza di infortuni – prosegue l'esperto – era di 4,9 ogni 1.000 ore di beach volley e 4,2 infortuni ogni 1.000 ore di pallavolo indoor. In questo sport, la maggior parte degli infortuni si verifica durante la difesa in campo e la schiacciata, mentre nella pallavolo indoor la maggior parte degli infortuni si verifica durante il muro e la schiacciata". Secondo il medico fisiatra, "mentre gli agonisti giocano durante tutto l'anno, a livello amatoriale questa attività naturalmente si intensifica durante l'estate e in vacanza. Questo – riflette – predispone ad un maggiore rischio di infortuni, soprattutto se si conduce una vita sedentaria e quindi si gioca con poco allenamento alle spalle". Altri infortuni possono "colpire le spalle – puntualizza – come ad esempio la tendinopatia della cuffia dei rotatori e le lesioni del labbro glenoideo". Bisogna anche considerare come, quando giocato come da regolamento con solo due giocatori sul campo rispetto ai 6 del volley tradizionale, "nel beach volley il volume dei movimenti ripetitivi e le differenze nelle azioni tecniche portano i giocatori a compiere più movimenti ogni partita – ricorda Bernetti – Anche le condizioni climatiche possono influire sul rischio di infortunio: il caldo con eccessiva disidratazione può predisporre gli atleti a maggiore fatica e quindi peggiore controllo articolare". "Come in qualsiasi altro sport a qualsiasi livello, la prevenzione è possibile con un po' di attenzione e durante l'allenamento e le partite. Sono in particolare importanti gli esercizi dedicati all'equilibrio, soprattutto perché – conclude il fisiatra Bernetti – il beach volley si gioca su una superficie irregolare. Inoltre è molto utile fare attenzione alla tecnica di salto e di caduta e rinforzare la muscolatura degli arti inferiori. Non bisogna poi dimenticarsi di idratarsi a sufficienza durante l'attività fisica". —[email protected] (Web Info)
Bellezza: +20% botulino in Italia, ritocchi senza bisturi 2 volte più graditi
(Adnkronos) – Sempre più botox in Italia. L'anno scorso "i trattamenti estetici non chirurgici con tossina botulinica sono stati 195mila, circa 34mila in più rispetto all'anno precedente" quando erano stati circa 161mila: un "+21%. E, in generale, gli interventi estetici non chirurgici si confermano essere quasi il doppio di quelli chirurgici". A sottolineare il trend è Giovanni Salti, presidente dell'Associazione italiana terapia estetica botulino (Aiteb), commentando il '2023 Isaps International Survey', studio dell'International Society of Aesthetic Plastic Surgery che fotografa annualmente l'andamento delle procedure di medicina estetica nel mondo. Nel nostro Paese, complessivamente, l'anno scorso sono state 757.442, di cui circa 262mila chirurgiche e circa 495mila 'senza bisturi'. Tra gli interventi non chirurgici, dominano le procedure iniettabili: botulino in primis, seguito dalle iniezioni di acido ialuronico (190mila circa nel 2023) e, a grande distanza, da quelle di idrossiapatite di calcio (12mila circa). Fra gli altri trattamenti 'bisturi-free', fanno registrare numeri significativi anche l'epilazione (26mila circa) e i peeling chimici (22mila circa). Tra le procedure chirurgiche, invece, sul primo gradino del podio c'è l'ingrandimento del seno (quasi 39mila casi), seguito da interventi alle palpebre (31mila), miglioramento delle labbra/procedura periorale (27mila), liposuzione (26mila) e rinoplastica (18mila). "Il trattamento con tossina botulinica – afferma Salti – si conferma al primo posto nella classifica mondiale con quasi 9 milioni di interventi, che riguardano sia donne che uomini in diverse fasce d'età. Un primato che apprezziamo anche nel nostro Paese e che certifica come questa rappresenti, per i pazienti che non intendono ricorrere a pratiche chirurgiche, una soluzione sicura ed efficace. In Italia – rileva il presidente Aiteb – le pratiche cosmetiche che vertono su interventi come il ringiovanimento facciale, peeling chimici, rassodamenti della pelle o trattamenti anticellulite sono tutte in aumento. La nostra medicina estetica conferma dunque un ruolo di eccellenza all'interno del contesto internazionale, sia guardando alla domanda interna, sia al turismo medico che siamo in grado di attrarre ogni anno da diverse parti del mondo". —[email protected] (Web Info)
Cavalcanti (Sidp): “Sanguinamento gengive primo campanello allarme”
(Adnkronos) – "Il primo campanello d'allarme per le malattie parodontali in generale, quindi anche per le forme più lievi, come le gengiviti, è una gengiva rossa che sanguina. Il sanguinamento con lo spazzolamento è già un segno che deve mettere in allarme. Abbiamo pazienti che si rivolgono a noi, al parodontologo o comunque al dentista, perché riferiscono per esempio di trovare, la mattina, il cuscino sporco di sangue: sono già dei sanguinamenti spontanei che danno l'idea di qualcosa di più grave. Anche accorgersi di avere dei denti mobili, o la loro migrazione, è un altro segnale. E' importante cercare di accorgersi dei sintomi precoci e comportarsi di conseguenza". Così Raffaele Cavalcanti, vicepresidente della Società italiana di parodontologia e implantologia (Sidp), spiega all'Adnkronos Salute sintomi e trattamenti della patologia orale, in occasione della Giornata nazionale della parodontite. "Come tutti i pazienti che hanno altre condizioni di infiammazione cronica sistemica, anche il paziente con la parodontite – aggiunge Cavalcanti – deve fare una terapia costante che può avere una fase attiva e una fase di supporto, di mantenimento. La terapia è efficace, ma ha bisogno poi di un programma, di richiami personalizzati nel tempo, in base alle condizioni iniziali in cui troviamo i nostri pazienti e alle condizioni al termine della fase attiva di trattamento. Gli intervalli più rigorosi, per pazienti più a rischio, sono di circa 4 mesi, quindi 3 volte all'anno. Quelli invece con un profilo di rischio più basso possono avere degli intervalli un po' più lunghi". A tale proposito, sull'incidenza della parodontite, "non c'è una grande differenza tra i due generi, ma ci sono degli stili di vita che sono più comuni alla popolazione maschile, uno su tutti il fumo, per esempio, oppure un regime alimentare non adeguato e, in generale, per tutti la scarsa attività fisica, che sono dei fattori che predispongono alla malattia". Le tecnologie "ci hanno consentito, in linea generale, di fare passi da gigante – osserva l'esperto – Per quanto riguarda l'aspetto diagnostico, lo strumento tuttora di riferimento è manuale, la sonda parodontale, una specie di righello molto piccolo e sottile per misurare una serie di aspetti, ma anche per esempio la risposta al sondaggio dei tessuti con il sanguinamento. Ci sono poi degli esami diagnostici più avanzati, dalla radiologia di secondo livello, agli esami tridimensionali – conclude Cavalcanti – che possono integrare il percorso diagnostico iniziale che associa, al sondaggio parodontale, radiotografie classiche bidimensionali, soprattutto per i programmi terapeutici e per eventuali percorsi chirurgici: per l'inserimento di impianti, la radiologia di secondo livello e delle immagini 3D possono essere utili". —[email protected] (Web Info)
Salute, Gianserra (Sidp): “Parodontite pesa su casse Ssn, diagnosi precoce è tutto”
(Adnkronos) – "Il 50% della popolazione italiana soffre con una forma di parodontite, di questi almeno il 13-15% convive con forme gravi e invalidanti che portano alla perdita dei denti e della funzione masticatoria, quindi è una patologia che ha un impatto importantissimo sulla qualità di vita del paziente e sulle casse del nostro Servizio sanitario nazionale. Per questi motivi la diagnosi precoce è tutto". Così all'Adnkronos Salute Rodolfo Gianserra, tesoriere della Società italiana di parodontologia e implantologia (Sidp), in occasione in occasione della Giornata nazionale della parodontite che si celebra oggi. E' una patologia "che può essere curata e può essere prevenuta, soprattutto nelle forme iniziali – assicura Gianserra – invece più la diagnosi è tardiva e maggiori sono i costi per le cure a cui dovrà sottoporsi il paziente". La prevenzione e l'igiene costante "iniziano a casa con delle buone procedure", con il lavaggio dei denti 3 volte al giorno. "A questa si aggiunge l'igiene eseguita dal dentista o dall'igienista, in questo modo rendiamo la parodontite praticamente curabile e prevenibile con costi economici minimi". Se invece "dobbiamo trattare forme di parodontite più avanzate di stadio 3 o di stadio 4 – rimarca lo specialista – questo comporta dover fare terapie di igiene professionale, interventi chirurgici, sostituzioni di elementi dentari, protesi, impianti, con costi che oggi sono decisamente molto elevati". La diagnosi precoce presuppone che ci sia una consapevolezza da parte del cittadino. "Purtroppo questa consapevolezza non c'è come vorremmo – lamenta Gianserra – Noi come Sidp lavoriamo per rendere il cittadino partecipe della propria diagnosi e cura puntando sull'informazione, attraverso il nostro numero verde 800144979, attivo tutto l'anno, e promuovendo la Giornata nazionale della parodontite. Tutte iniziative che servono per sensibilizzare la popolazione su questa patologia ancora poco nota, ma che si può prevenire e curare". Per saperne di più il cittadino intanto deve recarsi dal proprio dentista e "richiedere una visita parodontale, durante la quale non basta essere guardati in bocca superficialmente, ma è necessario l'utilizzo di un righello, di una sonda millimetrata, che permette al dentista di fare diagnosi precoce. Quindi questa è la prima cosa che tutti i cittadini dovrebbero già iniziare a capire". Queste informazioni "sono tutte disponibili sul sito della Società italiana di parodontologia e implantologia (https://www.sidp.it/) e su www.gengive.org", conclude. —[email protected] (Web Info)
Ucraina-Russia, Orban e la lettera all’Ue: “Guerra danneggia cittadini europei”
(Adnkronos) – Il premier ungherese Viktor Orban ha giustificato la missione a Mosca e l'incontro con il presidente russo Vladimir Putin, che non ha concordato con i vertici Ue, parlando dell'impatto negativo che la guerra in Ucraina ha per i cittadini europei. E' quanto si legge in una lettera ottenuta dalla Dpa, datata 5 luglio – lo stesso giorno della visita – e indirizzata al presidente del Consiglio europeo Charles Michel e ad altri leader Ue. "Gli effetti economici negativi della guerra pongono un onere pesante sulle vite di ogni giorno dei nostri cittadini e sulla competitività dell'Unione Europea", è la tesi sostenuta da Orban, da nove giorni presidente di turno del 27. Nella lettera, il premier ungherese riporta le impressioni avute dall'incontro con Putin avvenuto venerdì scorso, con il presidente russo convinto di avere il tempo dalla sua parte e sorpreso per il fatto che Kiev non abbia accettato le sue condizioni per il cessate il fuoco. Secondo quello che scrive Orban nella lettera ai colleghi di Bruxelles, sulla base dei colloqui avuti con il presidente russo, "c'è adesso un'opportunità più grande per un cessate il fuoco e per un percorso verso colloqui di pace". Quindi, il premier ungherese esorta i 27 a prendere l'iniziativa, in una fase in cui "la leadership politica degli Stati Uniti è limitata a causa della campagna elettorale in corso". La missione a Mosca di Orban sarà domani al centro di una riunione dei rappresentanti permanenti presso l'Ue, con l'ambasciatatore ungherese invitato a "dare chiarimenti". —internazionale/[email protected] (Web Info)


