(Adnkronos) – (dall'inviata Elvira Terranova) – La rivelazione arriva a inizio udienza quando, per la prima volta, Gioacchino Genchi, ex vicequestore aggiunto della Questura di Palermo, per un periodo stretto collaboratore di Arnaldo La Barbera, e oggi avvocato penalista, ricorda un retroscena inedito, mai raccontato fino ad oggi. Un episodio che sarebbe avvenuto nel 1989, dopo l'arresto del pentito di mafia Totuccio Contorno, che era tornato a sparare e fu accusato, da una lettera anonima inviata all'epoca all'Alto Commissariato antimafia, di essere un 'killer di Stato'. "Mi ricordo che La Barbera mi parlò di armi portate a Ostia, riempite di sabbia – racconta oggi Genchi – fecero sparare le pistole con la sabbia per alterare le macro e micro striature della canna dell'arma affinché poi non vi fosse possibile corrispondenza con gli esiti balistici delle ogive che erano state rinvenute sui cadavere dei diversi omicidi che erano stati consumati prima della cattura di Contorno". Insomma, una vera propria operazione di manipolazione per far sì che le armi trovate a Contorno venissero modificate. Dichiarazioni mai fatte prima di ora. "Le armi sarebbero state portate a Roma per fare le perizie balistiche", dice Genchi rispondendo poi, dopo il controesame, al giudice a latere che si mostra interessato all'episodio inedito, e gli chiede perché proprio a Ostia. "Per scongiurare ogni ipotesi, mi disse La Barbera", spiega ancora l'ex poliziotto. Un modo per coprire un 'killer di Stato'? Un giallo che si infittisce. Poi, Gioacchino Genchi nel corso della deposizione fiume, parla anche della sua collaborazione con La Barbera e del cambio di atteggiamento dell'allora dirigente della Squadra mobile. A cambiare tutto, all'improvviso, era stato l'arresto, nel Natale del 1992, dell'ex 007 Bruno Contrada. Da quel momento in poi sarebbe cambiato radicalmente l'atteggiamento di La Barbera, impegnato nelle indagini sulle stragi mafiose del 1992. "La sua strategia era quella di 'vestire il pupo' e di chiudere le indagini al più presto, perché a Roma volevano che facesse così. La Barbera ha eseguito direttive e non ha mai agito da solo. Ora è facile processare i morti…". "Mi diceva 'Noi dobbiamo vestire il pupo così come è – dice Genchi – dobbiamo chiudere al più presto e andarcene". E' un fiume in piena, l'avvocato Gioacchino Genchi, ex vicequestore aggiunto della Questura di Palermo, nella lunga deposizione al processo d'appello sul depistaggio sulle indagini sulla strage di via D'Amelio che vede alla sbarra tre poliziotti: Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, accusati di calunnia in concorso aggravata dall'avere agevolato Cosa nostra. Secondo l'accusa i poliziotti, guidati da La Barbera, avrebbero imbeccato il falso pentito Vincenzo Scarantino, che poi ha fatto condannare all'ergastolo degli innocenti. In primo grado per Bo e Mattei è subentrata la prescrizione mentre Ribaudo è stato assolto dall'accusa. Genchi, in oltre sei ore di deposizione, ha risposto a tutte le domande di accusa e difesa, ripercorrendo il periodo che va dal 1988 al 1993, quando collaborò con l'allora dirigente Arnaldo La Barbera, deceduto nel 2002. Gioacchino Genchi, rispondendo alle domande del pm Maurizio Bonaccorso, applicato alla Procura generale, e al sostituto Pg Antonino Patti, ribadisce più volte che Arnaldo La Barbera "era portatore di direttive precise. Non faceva nulla, se non sotto il controllo del Capo della Polizia Parisi e del Prefetto Luigi Rossi. La Barbera ha eseguito direttive e non ha mai agito autonomamente". Ma più volte sottolinea che la traiettoria di La Barbera, a un certo punto, avrebbe preso una piega diversa. "Arnaldo La Barbera aveva preso una deriva e non stava lavorando per i miei fini che erano i fini istituzionali. Io non accettavo minimamente di trasgredire a quelli che erano i miei doveri istituzionali", sottolinea l'avvocato ed ex poliziotto Gioacchino. "La Barbera era stato istruito dall'allora Procuratore di Caltanissetta Tinebra sui contenuti della sentenza del maxi processo che portava in modo automatico ad attribuire a Cosa nostra qualsiasi evento fosse avvenuto a Palermo, quindi La Barbera eseguiva direttive, sempre. Tutto ciò che c'è nelle dichiarazioni di Mutolo, che portava a un ruolo equivoco di Contrada e altri appartenenti allo Stato, doveva essere sottaciuto perché si doveva chiudere così per poi avere la promozione e andare via da Palermo. Perché si doveva confezionare il pacco. Ricordo una frase di La Barbera 'L'ultima cosa che farò, quando andrò via, sarà fare un giro in elicottero per fare la pipì sulla questura di Palermo'. Siamo tra la fine del '91 e l'inizio del '92 – precisa Genchi – La Barbera cercava di andare via da Palermo e non lo svincolavano perché non trovavano un successore". Nel corso dell'udienza fiume occhi puntati anche sull'agenda rossa del giudice Paolo Borsellino, scomparsa dopo la strage di via D'Amelio. "L'unica interlocuzione è stata con il pm di Caltanissetta Fausto Cardella che mi prese una borsa dall'armadio e mi fece vedere all'interno una batteria affumicata e un costume in nylon con i lacci. E mi chiese un'opinione e io dissi che, secondo me, quella batteria non era nella borsa ed era stata solo lambita". Genchi è convinto che l'agenda non si trovasse nella borsa del magistrato. "Se l'agenda fosse stata dentro la borsa il costume avrebbe dovuto incendiarsi prima della carta. Quindi, secondo me, l'agenda non era dentro la borsa se si è bruciata. Il costume era sicuramente dentro la borsa ma l'agenda no". Poi, continuando a parlare dell'agenda rossa ricorda quella volta che Arnaldo La Barbera "era fortemente rattristato, anzi era più che altro incazzato, per il fatto che venisse adombrata la possibilità che lui avesse sottratto l'agenda rossa del giudice Paolo Borsellino. E a lui avevano riferito che la signora Agnese avesse delle riserve sul suo conto per il fatto che lo ritenesse o, meglio, fosse stata convinta -e lui riteneva che lei fosse pilotata dai carabinieri- a convincersi che l'agenda rossa l'aveva sottratta lui". Genchi ricorda "un particolare significativo". "Una sera andammo a cena a Palermo in una pizzeria e c'erano il pm Fausto Cardella, Arnaldo La Barbera e Ilda Boccassini, andammo da 'Peppino'. Eravamo seduti al tavolo quando entrò la signora Agnese, la figlia Lucia e altre persone. Siamo andati a salutarla, si sono baciate con la Boccassini, la signora Agnese però si rifiutò di salutare La Barbera. Di questa cosa se ne fece un cruccio, era mortificato". Poi, tornando a parlare dell'arresto dell'ex 007 Bruno Contrada, per concorso esterno in associazione mafiosa, il 24 dicembre del 1992, Genchi ribadisce che La Barbera e i suoi superiori "erano preoccupati" perché l'ex funzionario dei servizi segreti "era stato sempre un uomo delle istituzioni e c'era la paura di quello che poteva tirare fuori. Contrada era stato mollato, era stato espulso dal sistema, che a quel punto si doveva ricompattare". "Contrada, volendo, dopo l'arresto, avrebbe potuto palesare argomenti che potevano non essere graditi. C'era una forma di complicità o un tentativo di aiutarlo. C'era paura di Contrada e questo me lo disse La Barbera perché avrebbe potuto parlare anche di una serie di vicende come quella di Contorno". Qui scatta la "marcia indietro" di La Barbera. "E' da quel momento che iniziano le certezze di La Barbera di avere la promozione, inizia il tentativo di chiudere e di semplificare le cose, di 'vestire il pupo' come disse lui stesso". Gioacchino parla anche dell'arresto del Capo dei capi Totò Riina, avvenuto il 15 gennaio del 1993. "Seppi in anticipo che nel gennaio sarebbe stato arrestato e che lo avrebbero arrestato i carabinieri. Perché la Polizia doveva essere 'commissariata', la Polizia dopo l'arresto di Bruno Contrada, nel gennaio del 1993, doveva chiudere, insomma". E sulle stragi si dice convinto che "non si volevano individuare i veri responsabili delle stragi, su Capaci c'era il movente politico". E racconta un aneddoto: "Nel '92 La Barbera voleva andare via da Palermo e lasciare la Squadra mobile. Ricordo che mi disse una frase particolare: 'Prima di andarmene devo fare un giro in elicottero su Palermo e arrivato sopra la questura fare la pipì'. Me lo disse alla fine del '91 e prima dell'omicidio Lima". Gioacchino Genchi ricorda anche la vicenda del falso pentito Salvatore Candura, che fu creduto dai pm di Caltanissetta. "Io percepii subito che si trattava di un soggetto che presentava dei grossi problemi di ordine psichico. La seconda percezione fu che in tutte le risposte di Salvatore Candura dimostrava di essere istruito. Uscendo pensai che bisognava verificare molto i contenuti delle dichiarazioni". Salvatore Candura è l'ex pentito che si autoaccusò del furto della 126 utilizzata come autobomba per la strage di via d'Amelio. Dichiarazioni che poi si rivelarono false. Solo successivamente Candura raccontò che l'allora dirigente della Squadra Mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera e l'allora funzionario di Polizia, Vincenzo Ricciardi, gli avrebbero prospettato che avrebbe rischiato l'ergastolo se avesse ritrattato. I tre imputati, i poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo sono accusati di calunnia aggravata dall'aver favorito la mafia perché secondo la Procura generale avrebbero imbeccato il falso pentito Vincenzo Scarantino sulla strage di via D'Amelio. L'ex funzionario di Polizia Genchi oggi ha detto che nel 1992 ha assistito a Mantova all'interrogatorio tra il pm Carmelo Petralia e il falso pentito Candura. Ma per Genchi "erano evidenti le assurdità riferite" da Candura. Lo stesso ex pentito fu poi condannato per calunnia. Tornando alla collaborazione con Arnaldo La Barbera, Genchi ribadisce che con il suo arrivo "l'attività di intelligence venne trasferita a me". Nell'estate del 1988 "riuscimmo a intercettare una cabina telefonica a San Nicola L'Arena da cui telefonavano spesso Giuseppe Grado e il collaboratore di giustizia Totuccio Contorno. Chiamavano anche a Gianni De Gennaro. Quella cabina telefonica era una miniera d'oro. Contorno informava di tutto quello che faceva. Parlava di 'lumache' e di 'rugiada', ma è chiaro che parlava di persone che uscivano 'le corna' come i babbaluci (le lumache ndr). Io non me la sentivo i restare a Palermo. Avevo studiato diritto penale e avevo letto che non impedire un evento equivale a cagionarlo. E me ne andai a Roma con la mia famiglia". E qui fa la rivelazione sulle armi con la sabbia: "Seppi da La Barbera che vi erano state delle operazioni di manipolazione per far sì che venissero modificate. Arnaldo La Barbera mi parlò di armi portate ad Ostia, riempite di sabbia affinché poi non vi fosse corrispondenza con gli esiti balistici delle ogive che erano state rinvenute sui cadaveri degli omicidi avvenuti prima della cattura di Contorno". Il rapporto fra La Barbera e Genchi divenne sempre più stretto fino a quando scoppiò il 'caso' de pentito Totuccio Contorno tornato in armi in Sicilia facendo base proprio a San Nicola l'Arena. Genchi fa anche un'altra rivelazione: "Ricordo che un giorno ebbi uno scontro furibondo con la pm Ilda Boccassini sul controllo delle carte di credito di Giovanni Falcone. Mi accusava di volere indagare sulla vita privata di Falcone, dopo che lei stessa mi aveva fatto indagare su tutta la vita di Falcone, ma per me era l'unico moro per capire se il giudice era stato negli Stati Uniti". La deposizione è proseguita fino al tardo pomeriggio. Il processo riprenderà il prossimo 20 febbraio quando il Presidente della Corte Giovambattista Tona scioglierà delle riserve. —[email protected] (Web Info)
Foibe, CasaPound in corteo a Roma: “Ricordare è un dovere”
(Adnkronos) – Un lungo corteo di cittadini e militanti di CasaPound ha sfilato per via Laurentina fino al quartiere Giuliano-Dalmata, a Roma, per ricordare i martiri di Foibe ed Esodo. “Contro il negazionismo di esponenti della politica e del mondo accademico, ricordare il sacrificio di migliaia di nostri connazionali è un dovere. È anche un dovere ricordare a chiare lettere la matrice di stupri, sevizie e assassini sommari contro uomini, donne e bambini, colpevoli solo di essere italiani: furono i partigiani titini, con l’aiuto e il sostegno dei partigiani italiani, a infoibare la nostra gente. Oggi, ancora più di ieri, ribadiamo che noi non scordiamo gli oltre 10.000 infoibati e 300.000 esuli di Istria, Fiume e Dalmazia”. —[email protected] (Web Info)
Messina Denaro, l’ultimo interrogatorio del boss: “I documenti me li procuravo da me, a Roma”
(Adnkronos) – "I documenti me li sono sempre procurati da me. A Roma c'è una strada in cui vanno tutti perché sono quelli che forniscono a tutti. Mi spiego? Quando mi hanno interrogato loro, uno non è che può pensare tutto, però io dicevo… e ho detto cosa c'era in questo appartamento. Nel mentre, loro li avevano già trovati, tranne i soldi, c'erano 5 mila euro? Tranne i soldi, ma poi il resto, hanno trovato tutto. Però dimenticai a dire loro che c'erano anche delle tessere, delle tessere, carte di identità, vuote; "vuote" significa senza neanche il numero…Sì, sì… è giusto? Credo che fossero 20, 15, non lo so quante, io le ho sempre avute a quantità". E' il 7 luglio del 2023 e il boss mafioso Matteo Messina Denaro viene interrogato per l'ultima volta, prima della sua morte, dal Procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido. E' lui a rivelare ai magistrati che le carte di identità usate per nascondere la sua vera identità non sono state realizzate, a suo dire, al Comune di Campobello di Mazara, come emerse dal verbale di perquisizione dopo il suo arresto. "Un documento romano lei non lo ha mai usato?", gli chiede il magistrato. E Messina Denaro: "Romano in che senso, scusi?". "Di uno di Roma". "Sono molti i documenti, però c'è una cosa: c'è da vedere com'erano, perché se hanno il numero di matricola è un conto, non servono a niente… i documenti, la carta di identità. Certo, certo… se c'è numero di matricola, che ne deve fare? I documenti devono essere senza il numero di matricola, cioè quando partono da là; il momento in cui arrivano in Prefettura, dove deve andare col numero di matricola? Questo volevo dire. Quindi, magari…", dice il boss. —[email protected] (Web Info)
Terremoto in provincia di Salerno, scossa 3.9 a Ricigliano
(Adnkronos) – Una scossa di terremoto di magnitudo 3.9 è stata registrata oggi intorno alle 15.46 a Ricigliano, in provincia di Salerno, in base alle rilevazioni dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. —[email protected] (Web Info)
Milano, trovato cadavere in laghetto artificiale
(Adnkronos) – Vigili del fuoco in azione in via Buccinasco 45, a Milano, impegnati nel recupero di un corpo nelle acque di un laghetto artificiale. Si tratterebbe di un uomo anche se l'identificazione è apparsa sin dai primi momenti molto difficile per l'avanzato stato di decomposizione in cui versava. L'allarme è stato lanciato dal gestore di questo laghetto dopo aver visto galleggiare il corpo. Sul posto due squadre del comando di Milano e il nucleo soccorso acquatico che sta provvedendo al recupero, 118 e polizia. —[email protected] (Web Info)
Cagliari-Lazio 1-3, biancazzurri calano il tris e tornano alla vittoria
(Adnkronos) – La Lazio batte 3-1 il Cagliari in un match della 24/a giornata di Serie A, disputato alla Unipol Domus della città sarda. Apre le marcature per i biancocelesti un autogol di Deiola al 26', raddoppio di Immobile al 49', accorcia le distanze Gaetano al 51' e Felipe Anderson al 65' fissa il punteggio sul 3-1 finale. In classifica la Lazio sale al 6° posto con 37 punti, 2 in meno dell'Atalanta quarta e uno in meno della Roma. Il Cagliari, al 4° ko di fila, resta al 18° posto insieme al Verona, a quota 18. Dopo il pari con il Napoli e il ko con l'Atalanta la Lazio torna a fare i tre punti, vincendo per 3-1 sul campo del Cagliari, sconfitto grazie all'autorete di Deiola, al 26' e alle reti di Immobile (gol numero 200 in Serie A) al 49' e Felipe Anderson al 65' che permettono ai capitolini di salire al 6° posto con 37 punti, 2 in meno dell'Atalanta quarta e uno in meno della Roma. Ai sardi, al quarto ko di fila, non basta il bel gol di Gaetano al 51'. In classifica i rossoblù sono fermi a 18° posto insieme al Verona con 18 punti. Ospiti pericolosi dopo sei minuti. Corner tagliato di Luis Alberto, a rientrare, e un rimpallo porta Gaetano a toccare per ultimo, verso la propria porta. Scuffet si tuffa alla sua destra e salva con una mano. Un minuto dopo ancora il portiere rossoblù protagonista su Immobile. Classica palla profonda e improvvisa della Lazio a cercare la sua punta, il 33enne napoletano si muove con i tempi giusti e va al tiro: Scuffet alza sopra alla traversa. Al 21' Isaksen fa tutto da solo, riparte in velocità dalla sua metacampo e arriva alla porta di Scuffet con un coast to coast che chiude con un diagonale di sinistro troppo debole. Al 26' ospiti in vantaggio grazie a un autogol: sul cross teso dalla sinistra di Isaksen, non c'è nessuno della Lazio davanti alla porta e i giocatori del Cagliari fanno tutto da soli. Scuffet non ci arriva, Azzi liscia il pallone e alle sue spalle Deiola tocca per ultimo pasticciando davanti alla linea. Poco dopo la mezz'ora Luis Alberto lancia in profondità Immobile con una gran palla, il capitano biancoceleste arriva davanti a Scuffet e apre il piatto destro per indirizzarla all'angolino, ma il portiere del Cagliari si distende e salva. Poi, al termine dell'azione, viene segnalato il fuorigioco di partenza di Immobile che probabilmente avrebbe portato all'annullamento del gol. Al 44' palla in area per Luis Alberto, che controlla quasi spalle alla porta, si gira e conclude di poco fuori. In pieno recupero brutto fallo di Immobile che scalcia da dietro Mina e si becca il cartellino giallo. Prima del riposo si fa vedere il Cagliari. Sulla punizione procurata da Immobile, sulla trequarti centrale, Viola scodella al centro, la palla finisce sulla testa di Lapadula che sfiora da pochi passi, chiamando Provedel alla risposta col piede, con un riflesso che salva la sua porta. (segue) In avvio di ripresa pericolosi i padroni di casa al 2': Luvumbo da sinistra rimette in mezzo la palla, Nandez arriva da destra e conclude in maniera imprecisa da ottima posizione. Al 4' arriva il raddoppio: Isaksen calcia da posizione centrale e costringe Scuffet alla grandeparata, la palla resta nei pressi di Immobile che da posizione defilata la mette in porta per il 2-0 che coincide con il 200° gol del capitano della Lazio in Serie A. Al 6' i sardi accorciano le distanze con Gaetano. L'ex Napoli trova un gol bellissimo con un interno destro a giro che va a finire nel 'sette', imparabile per Provedel. Al quarto d'ora capitolini vicini al tris con Luis Alberto che tira di un soffio a lato. Poco dopo risponde Gaetano con un gran tiro di controbalzo sul quale è pronto Provedel. Al 18' finisce la partita di Immobile e Luis Alberto, al loro posto Castellanos e Vecino. Al 20' la Lazio cala il tris con Felipe Anderson. Il brasiliano rientra sul destro dalla sinistra e calcia in porta, una leggera deviazione di Zappa lo aiuta a battere Scuffet. Al 28' Luvumbo ci prova con un tiro da fuori area sul quale è pronto Provedel. Subito dopo Ranieri inserisce Pavoletti e Wieteska per Lapadula e Mina. Al 40' Kamada, da poco entrato al posto di Cataldi, sfiora il poker. Il giapponese parte da sinistra, si accentra, fa tutto bene preparandosi il destro e poi conclude scheggiando il palo. Nel recupero giallo al diffidato Vecino che, così come Romagnoli, salterà il match con il Bologna. —[email protected] (Web Info)
Roma, rapina in casa: con mazza di ferro minacciano donna e fuggono con soldi e gioielli
(Adnkronos) – Sono entrati in un appartamento in via Raimondo Scintu, a Cinecittà, poco prima delle 18 di ieri, probabilmente da una porta finestra scardinata in cucina. Quando si sono trovati davanti la proprietaria di casa, una donna di 60 anni, i rapinatori l'hanno minacciata con una mazza di ferro facendosi aprire la cassaforte e prendendo 10mila euro in contanti e oggetti in oro il cui valore resta da quantificare. Sul posto i poliziotti del commissariato Tuscolano, impegnati nei rilievi a caccia dei banditi. —[email protected] (Web Info)
Cancro alle ovaie, studio apre a test delle urine per scoprirlo
(Adnkronos) – Un test delle urine per scoprire il cancro ovarico quando la malattia è agli inizi. Uno studio americano apre allo sviluppo di un esame semplice che, in combinazione con le informazioni raccolte attraverso il classico dosaggio di marcatori come il Ca-125 nel sangue, l'ecografia transvaginale e l'anamnesi familiare, potrebbe aiutare la diagnosi precoce di un tumore oggi difficile da individuare nelle primissime fasi. La ricerca è stata condotta da Joseph Reiner e colleghi della Virginia Commonwealth University, e sarà presentata negli Usa durante il 68esimo meeting annuale della Biophysical Society (Philadelphia, 10-14 febbraio). Studi precedenti avevano dimostrato che nelle urine delle donne colpite da un cancro alle ovaie viaggiano migliaia di piccole molecole proteiche o peptidi. Sebbene sia possibile rilevarle utilizzando tecniche già esistenti e consolidate, queste metodiche sono complesse e dispendiose. Reiner ha cercato un nuovo approccio per captare e riconoscere i peptidi spia, concentrandosi su una tecnologia potenzialmente in grado di rilevarne diversi simultaneamente. La metodica si basa sulla misurazione dei cambiamenti di corrente elettrica o di altre proprietà, determinati dal passaggio di molecole attraverso pori minuscoli o nanopori. Il team statunitense ha usato nanoparticelle d'oro che possono bloccare parzialmente questi nanopori. I peptidi, al loro passaggio, si attaccano alle nanoparticelle e 'danzandovi' attorno produrranno una firma molecolare unica. Con questa tecnica il gruppo di Reiner è riuscito a identificare e analizzare 13 peptidi, compresi quelli derivati dal biomarcatore Lrg-1 trovato nelle urine di pazienti con cancro ovarico. "Di questi 13 peptidi ora conosciamo le firme – afferma il ricercatore – sappiamo come queste firme appaiono e come potrebbero essere utilizzate in questo schema di rilevamento. E' come avere un''impronta digitale' che ci dice cos'è il peptide. I dati clinici – sottolinea Reiner – mostrano un miglioramento del 50-75% nella sopravvivenza a 5 anni quando i tumori vengono rilevati nelle fasi iniziali. Questo è vero per numerosi tipi di cancro", incluso probabilmente quello dell'ovaio. —[email protected] (Web Info)
Cronaca nazionale/ Si cerca un uomo scomparso da sei giorni
Sono momenti di apprensione per la scomprsa di un uomo di 58 anni da Cesano Boscone, comune che si trova all’interno dell’area della città metropolitana di Milano.
Si tratta diun architetto. Sui social network sono già diversi gli appelli per ritrovarlo.
Il professionista si è allontanato dalla sua abitazione il 4 febbraio con la propria automobile. Avrebbe dovuto accompagnare un amico.
La denuncia dei familiari che si sono presentati alla caserma dei carabinieri.Il giorno della scomparsa indossava un maglione scuro e un pantalone di una tuta.
E’ alto 1,73 e pesa 77 chili. Ha alcuni segni particolari: un piercing alla bocca e tra le sopracciglia.
È calvo e ha la barba rossa.
Foto di repertorio
Geolier, fischi a Sanremo diventano ‘caso’ politico
(Adnkronos) – "Noi gente del Sud non fischiamo mai né un artista né uno sportivo del Nord, né di un altro paese. Forza Geolier, sei tutti noi!". Lo scrive sui social Stefano Graziano, deputato del Pd nato ad Aversa, capogruppo dem in commissione di Vigilanza Rai, intervenendo sul caso del giorno a Sanremo: il rapper napoletano Geolier, dopo la quarta serata del Festival, ha visto il suo primo posto in classifica accolto dai fischi del teatro Ariston. "Leggo sui social e sui giornali che qualcuno insinua che dietro il successo di Geolier ci siano giri strani, per alcuni addirittura la camorra. È uno stigma che accompagna tutte e tutti noi che siamo figli del Sud e della Campania, un pregiudizio frutto dell’ignoranza e della semplificazione", scrive sui social Pina Picierno, originaria di Santa Maria Capua a Vetere, del Pd, vice presidente del Parlamento europeo. La Picierno elenca i successi dell'artista napoletano ("dietro Geolier c’è un popolo di ascoltatori e ascoltatrici enorme: 85mila copie di dischi venduti nel 2023, 6 milioni di ascoltatori mensili su Spotify") e conclude: "Mi dispiace deludere tanti, ma il Sud è anche questo: è talento, innovazione linguistica, musicale alle volte talmente fiero e complesso che non riuscite a capirlo. Un abbraccio a Geolier, fiero rappresentante del Sud e della nuova canzone napoletana". Un altro esponente dem, il capo delegazione all'Europarlamento Brando Benifei, spezzino, non cita mai Geolier ma in un post dedicato a Sanremo scrive: "Caro popolo di @X: stasera, per salvare la baracca in un contesto elettoralmente complicato, quale strategia di voto utile bisogna portare avanti?". "Geolier vince la serata e il pubblico dell'Ariston fischia? Non credo sia stato contestato per il fatto di essere napoletano, ci sono sempre tifoserie contrapposte, anche nella musica, come in altri campi…", dice il senatore sorrentino della Lega Gianluca Cantalamessa. "Da Ranieri allo stesso Gigi D'Alessio, sono statti tanti i napoletani applauditi su quel palco", aggiunge il politico tifosissimo del Napoli calcio. "Napoli -sottolinea all'Adnkronos- è una città tanto creativa, anzi è la città più creativa per la musica" visto che "la scuola napoletana tra le più importanti al mondo". "Ma quando c'è una sfida, quando c'è qualcuno che vince e qualcuno che perde, c'è sempre qualcuno che ci resta male…", conclude il senatore membro della Commissione antimafia. —[email protected] (Web Info)


