L’analisi/Perché conviene essere un correntista dello Ior (Istituto Opere di religione)?

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In questi giorni, tra una casa a Montecarlo e un Profumo che evapora, sta passando forse sottotraccia una notizia per così dire storica: l’inchiesta sullo Ior, l’Istituto per le opere di religione, istituto di credito privato posseduto dallo Stato della Città del Vaticano. Non è la banca centrale dello stato papale, come si potrebbe pensare, bensì una banca statale, in questo caso dello Stato Vaticano. Si tratta di uno degli enigmi finanziari che più, nel corso degli anni, hanno saputo creare un clima di mistero negli ambienti economici di emanazione cattolica. Dai tempi di monsignor Marcinkus e di Calvi, sino alle recenti rivelazioni sull’operatività attribuita a Giulio Andreotti i conti dello Ior sono sempre stati avvolti da una fitta coltre di riservatezza. La recente inchiesta della Procura di Roma, per omesso rispetto delle normative antiriciclaggio che ha coinvolto il presidente Gotti Tedeschi ha riportato nuovamente alla ribalta l’istituto di credito vaticano. Lo Ior tecnicamente ha un solo sportello, nel torrione Niccolò V dello Stato Vaticano ma intrattiene rapporti anche con istituti italiani e con loro specifiche filiali. Fino a qualche tempo fa lo Ior era assimilato ad una banca italiana, con obblighi di monitoraggio più blandi. Dopo l’adozione di una specifica direttiva comunitaria lo Ior è diventato a tutti gli effetti un istituto bancario di stato extracomunitario e nei suoi confronti gli obblighi di segnalazione sono risultati rafforzati. Su questo si dibatte nel caso aperto dalla Procura di Roma. Il problema però, superato lo schermo per così dire formale, è certamente più sostanziale. Lo Ior ha permesso, e sono fonti ufficiali a dirlo, la schermatura, ossia l’anonimato di alcune decine di conti riservati non a cittadini o dipendenti dello stato vaticano ma a privati cittadini “laici” che potevano liberamente operare su questi conti protetti dalla segretezza della cifratura della loro intestazione. In pratica attraverso lo Ior si potevano esportare o movimentare capitali all’estero (il Vaticano è uno stato a sé distinto dall’Italia) senza che le autorità di controllo italiano potessero sapere chi, come e perché. Basta leggere Wikipedia alla voce Ior per capire concretamente come ciò sia possibile: “Una rete di contatti con banche sparse nel mondo rende possibile l’esportazione di quantità illimitate di denaro in assoluta riservatezza, poiché Città del Vaticano non aderisce ai patti internazionali antiriciclaggio. Inoltre, il conto può essere aperto sia in euro che in valuta straniera. I clienti vengono identificati solo attraverso un numero codificato, alle operazioni non si rilasciano ricevute, non esistono libretti di assegni intestati allo IOR e tutti i depositi e passaggi di denaro avvengono tramite bonifici. Infine, avendo sede in uno Stato sovrano, ogni richiesta di rogatoria deve partire tramite il ministero degli esteri del paese richiedente. Finora quasi nessuna rogatoria è stata mai concessa dal Vaticano”. Altro che staterello di Santa Lucia nei Caraibi! Il punto è che oggi questa finestra di assoluta discrezionalità finanziaria e patrimoniale è stata chiusa, almeno parzialmente e messa sotto osservazione prima dalla Banca d’Italia (che sta facendo pressing sugli istituti di credito italiano, tra cui Unicredit, che hanno rapporti con lo Ior) e poi, come è noto, dalla Procura di Roma. Al cittadino qualunque, al di là degli esiti della specifica vicenda, interessa un ragionamento più semplice e più diretto. Perché se hai un assegno da qualche migliaio di euro e lo versi devi essere segnalato, rischi accertamenti patrimoniali e fiscali dello stato e dell’agenzia delle entrate sei tracciabile in tutto e per tutto (come è giusto che sia) e se invece sei un correntista Ior fai praticamente quello che ti pare, anche esportare all’estero un milione di euro senza che nessuno dica niente? Nei prossimi tempi si vedrà se questa anomalia potrà rientrare. Lo stesso Papa Benedetto XVI sembra essere conscio del danno di immagine che questo non limpidissima vicenda può creare alla propria missione pastorale e di cura delle anime. Ma le resistenze, dopo tanti anni di pacifica convivenza, sono dure a morire.

di Pietro Colagiovanni