La Seconda Sezione della Cassazione cambia opinione in merito alla – fin ora – ritenuta liquidabilità d’ufficio, anche in caso di una specifica richiesta in tal senso, del rimborso forfetario delle spese generali in ragione del 12,50% spettante agli avvocati sull’importo degli onorari e dei diritti ed afferma il principio secondo cui “Nel procedimento speciale disciplinato dalla legge 13 giugno 1942, n. 794, per la determinazione del compenso spettante all’avvocato nei confronti del proprio cliente per l’attività professionale svolta, il rimborso forfetario delle spese generali, ai sensi della tariffa professionale forense, non può essere liquidato d’ufficio, occorrendo l’apposita domanda del professionista, in applicazione dei principi previsti dagli artt. 99 e 112 cod. proc. civ.”
Il Collegio – si legge nella sentenza – è consapevole che questa Corte, esaminando l’identica questione che qui viene in rilievo, ha statuito che il rimborso forfetario delle spese generali, ai sensi delle disposizioni generali della tariffa professionale forense, avendo lo scopo di esonerare il professionista dal gravoso onere di una minuta documentazione di spese connesse all’espletamento dell’incarico, spetta al professionista in ogni caso e anche nello speciale procedimento previsto dalla legge n. 794 del 1942 deve essere liquidato dal giudice, cosi come avviene ex art. 91 cod. proc. civ., senza bisogno di specifica richiesta, dovendo la relativa richiesta ritenersi compresa nella istanza di liquidazione dei diritti e degli onorari (Sez. II, 18 marzo 2003, n. 4002).
Il Collegio non condivide tale indirizzo e da esso intende discostarsi.
Invero, nel procedimento per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti spettanti agli avvocati per prestazioni giudiziali in materia civile, non può essere utilmente richiamata la disciplina normativa relativa alla condanna del soccombente al rimborso delle spese processuali: mentre in quest’ultimo caso la liquidazione che il giudice effettua, anche in assenza di notula, riguarda la definizione di un giudizio contenzioso nel quale il carico delle spese è una diretta conseguenza dell’esito del giudizio, concernendo il diritto di ciascuna parte di vedersi rimborsare le spese sostenute, nel primo caso viene in diretta considerazione il rapporto tra professionista e cliente ed il giudice non può sostituirsi, nella determinazione del quantum dovuto, alle richieste dell’interessato, liquidando a carico del cliente una somma maggiore rispetto a quella domandata dallo stesso professionista.
(Litis.it, 3 Dicembre 2010)
Cassazione Civile, Sezione Seconda, Sentenza n. 24081 del 26/11/2010
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 5 febbraio 2008, l’Avv. [OMISSIS] ha proposto ricorso, sulla base di un motivo, per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale di Ferrara del 13 luglio 2007, che – nell’ambito di un procedimento ai sensi della legge 13 giugno 1942, n. 794 (Onorari di avvocato e di procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile) – ha liquidato in suo favore il compenso professionale per l’attività difensiva prestata nei confronti di [OMISSIS] in una causa di sequestro giudiziario di fondi rustici, senza tuttavia riconoscere il, non espressamente richiesto, rimborso forfetario delle spese generali in ragione del 12,50% sull’importo degli onorari e dei diritti.
L’intimato non ha resistito con controricorso.
In un primo tempo è stata avviata la procedura in camera di consiglio sulla base di relazione redatta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.; indi la Corte, con ordinanza interlocutoria 1 dicembre 2009, n. 25328, ha disposto la trattazione del ricorso in pubblica udienza per la mancanza delle condizioni di evidenza della decisione.
Motivi della decisione
1. – Con l’unico motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 14 della vigente tariffa forense, approvata con decreto ministeriale 8 aprile 2004, n. 127 (Regolamento recante determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali in materia civile, amministrativa, tributaria, penale e stragiudiziali), il quale prevede che all’avvocato è dovuto un rimborso forfetario delle spese generali in ragione del 12,50% sull’importo degli onorari e dei diritti, sostenendo che detto rimborso è dovuto anche in assenza di specifica richiesta.
2. – Il motivo è infondato.
2.1. – Il rimborso forfetario delle spese generali costituisce una componente delle spese giudiziali, la cui misura è predeterminata dalla legge, e spetta automaticamente al professionista difensore, anche in assenza di allegazione specifica e di apposita istanza.
Il principio della spettanza automatica, senza bisogno di apposita richiesta, del rimborso forfetario delle spese generali – costante nella giurisprudenza della Corte (da ultimo: Sez. III, 20 dicembre 2005, n. 20321; Sez. II, 10 gennaio 2006, n. 146; Sez. III, 22 febbraio 2010, n. 4209) e che il Collegio condivide – opera là dove il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanni la parte soccombente al rimborso delle spese processuali a favore dell’altra parte.
Invero, come la pronuncia sui diritti, sugli onorari e sugli esborsi di causa non presuppone affatto, affinché il giudice possa (ed anzi, debba) adottarla, una domanda di parte (la quale, pure se proposta, è irrilevante ai fini del valore della causa: arg. ex artt. 10 e 31 cod. proc. civ.), ma ha il suo titolo esclusivamente nel contenuto della decisione sul merito della controversia, in applicazione del principio della soccombenza (Cass., Sez. I, 27 agosto 2003, n. 12542; Corte cost., sentenza n. 232 del 2004); cosi, allo stesso modo, la liquidazione in via automatica del rimborso forfetario – voce di credito che spetta in base alla tariffa professionale degli avvocati e la cui misura è ex lege determinata, in misura percentuale, sull’importo degli onorari e dei diritti ripetibile dal soccombente – trova fondamento nel principio posto dall’art. 91 cod. proc. civ.
2.2. – Sennonché, al di fuori della condanna alle spese – pronuncia accessoria e consequenziale alla definizione del giudizio, la quale può e deve essere emessa a carico della parte soccombente anche d’ufficio e in difetto di esplicita richiesta della parte vittoriosa, a meno che vi sia un’espressa volontà contraria di quest’ultima – non v’è spazio per una liquidazione ex officio del compenso forfetario.
Occorre considerare che nel procedimento speciale disciplinato dalla legge 13 giugno 1942, n. 794, con cui l’ordinamento ha messo a disposizione degli avvocati un iter snello e rapido per la tutela del diritto al compenso per l’attività professionale svolta nei confronti dei loro clienti, vanno osservate le comuni norme circa l’onere della domanda (Corte cost., sentenza n. 238 del 1976).
Ne deriva che – come di recente precisato (Cass., Sez. II, 13 novembre 2008, n. 27123) – l’avvocato attualizza il diritto al compenso per la prestazione professionale nei confronti del proprio cliente formulando una richiesta attraverso la presentazione della nota spese, con la quale non solo individua specificamente le attività per le quali viene formulata la richiesta, ma anche precisa i titoli, le voci e le componenti per i quali vi è domanda di liquidazione.
Il Collegio è consapevole che questa Corte, esaminando l’identica questione che qui viene in rilievo, ha statuito che il rimborso forfetario delle spese generali, ai sensi delle disposizioni generali della tariffa professionale forense, avendo lo scopo di esonerare il professionista dal gravoso onere di una minuta documentazione di spese connesse all’espletamento dell’incarico, spetta al professionista in ogni caso e anche nello speciale procedimento previsto dalla legge n. 794 del 1942 deve essere liquidato dal giudice, cosi come avviene ex art. 91 cod. proc. civ., senza bisogno di specifica richiesta, dovendo la relativa richiesta ritenersi compresa nella istanza di liquidazione dei diritti e degli onorari (Sez. II, 18 marzo 2003, n. 4002).
Il Collegio non condivide tale indirizzo e da esso intende discostarsi.
Invero, nel procedimento per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti spettanti agli avvocati per prestazioni giudiziali in materia civile, non può essere utilmente richiamata la disciplina normativa relativa alla condanna del soccombente al rimborso delle spese processuali: mentre in quest’ultimo caso la liquidazione che il giudice effettua, anche in assenza di notula, riguarda la definizione di un giudizio contenzioso nel quale il carico delle spese è una diretta conseguenza dell’esito del giudizio, concernendo il diritto di ciascuna parte di vedersi rimborsare le spese sostenute, nel primo caso viene in diretta considerazione il rapporto tra professionista e cliente ed il giudice non può sostituirsi, nella determinazione del quantum dovuto, alle richieste dell’interessato, liquidando a carico del cliente una somma maggiore rispetto a quella domandata dallo stesso professionista.
Deve, pertanto, essere conclusivamente affermato il seguente principio di diritto: “Nel procedimento speciale disciplinato dalla legge 13 giugno 1942, n. 794, per la determinazione del compenso spettante all’avvocato nei confronti del proprio cliente per l’attività professionale svolta, il rimborso forfetario delle spese generali, ai sensi della tariffa professionale forense, non può essere liquidato d’ufficio, occorrendo l’apposita domanda del professionista, in applicazione dei principi previsti dagli artt. 99 e 112 cod. proc. civ.”.
3. – Il ricorso è rigettato.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Depositata in Cancelleria il 26.11.2010