L’analisi/ Lo sdoppiamento Fiat: quando è l’industria a creare la finanza

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Il fatto del giorno, o forse del nuovo anno, è l’esordio in Borsa delle due azioni Fiat, Fiat Spa e Fiat Industrial. Nella prima la produzione di auto, nella seconda i veicoli pesanti (Iveco, Cnh in primis). Un’operazione finanziaria che nasconde una logica, quella di Sergio Marchionne, tutta industriale. Due contenitori distinti e separati, con business tracciabili e verificabili nei loro rendimenti. Da un lato si fabbricano automobili, dall’altra veicoli industriali. Non si finanziano le perdite dell’uno con gli eventuali profitti dell’altro, e il proprietario del controllo di Fiat sorride: due cose, per motivi fossero solo psicologici, valgono sempre più di uno. E già l’esordio in Borsa sembra dare ragione a chi sostiene questo semplice concetto .Si tratta quindi di una logica lineare, condivisibile o meno, ma chiara, che porta al listino di Piazza affari quanto di meno frequente c’è stato negli ultimi anni: titoli industriali, gente che si sporca le mani nel fabbricare qualcosa e non solo finanza, credito, derivati o bolle fondate sulla carta. Detto questo il destino prossimo dei due titoli non è semplice. Ma questa analisi in verità è tipica degli industriali, specie in un mondo complesso come questo dove il semplice fabbricare, dopo l’irruzione di paesi con costi della manodopera ridotti, non è più sufficiente. Bisogna saper fabbricare, e fabbricare cose nuove, tali da giustificare prezzi diversi da quelli di un’azienda cinese tanto per dirne una. Marchionne assicura che vincerà questa sfida, riportando l’Italia, nonostante tutto e tutti, nell’empireo di colo che sanno fare prodotti e sanno farli bene. Ci riuscirà? Impossibile saperlo, anche perché i rischi sono elevati. E non parliamo solo della Fiom che non firma il contratto. Parliamo di auto competitive, per la Fiat Auto spa, e di una buona ripresa mondiale per Fiat Industrial, che vive di ciclo economico e di investimenti. Intanto registriamo l’innovazione e apprezziamo l’idea, insolita dalle parti nostre: la finanza deve seguire l’industria, adattarsi ad essa e non come troppo spesso succede viceversa. (Pietro Colagiovanni)