Private equity, Aifi: segnali di ripresa nel 2010. Tiene l’ammontare investito (2,5 miliardi)

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Sono stati 292 gli investimenti effettuati nel 2010 dagli operatori di private equity e venture capital attivi in Italia, un numero che, dopo le difficoltà del 2009, segna comunque un’inversione di tendenza (+3%). Tiene l’ammontare investito, con circa 2,5 miliardi di Euro, contro i 2,6 dell’anno precedente, grazie soprattutto alle operazioni realizzate nella seconda parte dell’anno. Il secondo semestre del 2010, infatti, con 1,9 miliardi di Euro investiti in 163 operazioni, ha fatto registrare, rispetto ai primi sei mesi dell’anno, una crescita del 26% in termini di numero e del 246% in termini di ammontare. È quanto emerso dai dati presentati oggi in occasione del Convegno Annuale dell’Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital (AIFI) presso la sede di Assolombarda a Milano, derivanti dalla ricerca condotta da AIFI, in collaborazione con PwC – Transaction Services, sul mercato italiano del capitale di rischio.
“Il secondo semestre 2010 inizia a dare dei segnali di ripresa dell’attività di investimento. La maggior parte del valore porta sulle operazioni di buy out, che rappresentano il 67% del totale investito. È cambiato però il mercato – ha commentato Mara Caverni, Partner di PwC – perché il valore è più concentrato su poche operazioni rilevanti: infatti, gli operatori sono più selettivi e si concentrano su pochi asset validi e con buone prospettive economiche; tendenza che continua a manifestarsi anche nei primi mesi e nella pipeline del 2011.
Infatti, sia sul fronte degli investimenti che dei disinvestimenti alcune operazioni si sono già concluse o sono state già annunciate nei primi due mesi del 2011. Sul fronte del “financing”, per queste tipologie di asset, le banche sono presenti con dei multipli di EBITDA che si sono “ripresi” rispetto al recente passato”.

SEGNALI POSITIVI DA INVESTIMENTI DI MINORANZA E VENTURE CAPITAL TECNOLOGICO

Nel dettaglio, la maggior parte delle risorse investite (1.647 milioni di Euro), come negli anni precedenti, è stata destinata ad acquisizioni di maggioranza (buy out), nonostante un leggero calo (-2%) rispetto al 2009. Da sottolineare la crescita del peso degli interventi di expansion che, con 583 milioni di Euro investiti, hanno attratto il 24% delle risorse complessive (contro il 14% nel 2009). Considerando il numero di investimenti effettuati nell’anno, invece, continua a prevalere il segmento dell’expansion, con 109 investimenti, seguito a breve distanza dall’early stage che, con 106 investimenti, ha mostrato ancora una volta segnali positivi (+34% rispetto al 2009).

AUMENTA L’ATTENZIONE VERSO LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE E VERSO IL SETTORE DELL’ENERGIA

Dal punto di vista della dimensione delle aziende oggetto di investimento, nel corso del 2010 si è osservato un ulteriore incremento del peso delle imprese di piccole e medie dimensioni. Infatti, l’85% degli investimenti (77% nel 2009) ha riguardato imprese con meno di 250 dipendenti. Risultati simili si riscontrano analizzando il fatturato delle società target: il 78% delle operazioni si è concentrato su aziende aventi un fatturato inferiore ai 50 milioni di Euro, contro il 74% del 2009.
Osservando la distribuzione settoriale delle società oggetto di investimento, emerge il predominio di imprese operanti nel settore dell’energia & utilities (14% del numero totale di operazioni), che hanno sorpassato il comparto dei beni e servizi industriali (9%), storicamente al primo posto per numero di operazioni. In termini di ammontare investito, invece, la maggior parte delle risorse è confluita verso il settore dei beni di consumo (24% dei capitali complessivamente investiti), seguito dal comparto dell’energia & utilities (21%).
Per quel che riguarda gli investimenti in imprese attive nei settori ad alta tecnologia, con 70 operazioni realizzate, nel 2010 il peso sul numero totale di investimenti è stato del 24%, contro il 26% del 2009. Questo dato testimonia come, nell’ultimo biennio, un investimento su quattro abbia riguardato imprese high tech. Significativo, dall’altra parte, l’aumento delle risorse destinate ad aziende high tech, passate da 549 milioni di Euro nel 2009 a 907 milioni nel 2010, con un conseguente incremento del peso percentuale rispetto all’ammontare complessivamente investito (37% nel 2010 contro il 21% del 2009). È importante precisare che il 73% delle operazioni high tech rilevate ha interessato imprese in fase di avvio. Per quanto concerne la ripartizione tra nuove operazioni (initial) e reinvestimenti in società già partecipate (follow on), nel 2010 gli investimenti appartenenti alla seconda tipologia hanno rappresentato la maggioranza in termini di numero (58% sul totale), mentre in termini di ammontare hanno prevalso le operazioni initial (51%).
Infine, considerando la distribuzione geografica dell’attività, il Nord Italia ha continuato ad attrarre la maggior parte degli investimenti (73% del numero complessivo), mentre va segnalata la crescita della quota di investimenti realizzati nel Sud e Isole (8% contro il 4% dell’anno precedente). In termini di ammontare, invece, sono cresciute in modo significativo le risorse destinate al Centro del Paese, che hanno rappresentato il 48% dell’ammontare complessivo, eguagliando i capitali destinati ad aziende del Nord. “Nel 2010 gli investimenti di private equity e venture capital in Italia hanno mostrato segnali di ripresa – ha commentato Giampio Bracchi, Presidente AIFI – soprattutto con riferimento alla seconda metà dell’anno. Un’attenzione crescente, in particolare, è stata rivolta verso il mid market e le start up innovative, segmenti fondamentali per la ripartenza dell’economia italiana. L’intervento degli operatori in imprese familiari di una certa dimensione – ha continuato Giampio Bracchi – si è frequentemente configurato, inoltre, come l’unica opportunità di mantenere l’headquarter in Italia, rafforzando altresì il ruolo dei manager italiani che le guidano”.

RIPARTE L’ATTIVITÀ DI RACCOLTA

Dopo le difficoltà del 2009, l’attività di raccolta ha visto nel 2010 una significativa ripresa, con 2.187 milioni di Euro raccolti e un incremento del 129% rispetto all’anno precedente.Prendendo in considerazione i capitali affluiti verso operatori indipendenti aventi focus specifico sull’Italia (1.903 milioni di Euro, pari all’87% del totale), va sottolineato l’incremento della quota domestica (98%), mentre nel 2009 la componente estera rappresentava il 32%. Per quanto concerne la tipologia di fonte, gli istituti bancari, principali sottoscrittori del Fondo Italiano d’Investimento, hanno rappresentato la prima fonte di capitale (41%), seguiti dai fondi di fondi (12%) e dalle fondazioni bancarie ed accademiche (10%).“I capitali raccolti nel 2010 sono più che raddoppiati rispetto al 2009, – ha commentato Anna Gervasoni, Direttore Generale AIFI – segno di una ritrovata attenzione degli investitori istituzionali verso il private equity. Anche senza le risorse raccolte dal Fondo Italiano d’Investimento, la raccolta (pari a 1,6 miliardi di Euro) ha comunque visto un incremento significativo del 66%. È importante, inoltre, sottolineare – ha continuato Anna Gervasoni – che buona parte di questi capitali saranno destinati al segmento del mid market ed alle infrastrutture, in linea con la tendenza internazionale”.

I WRITE OFF RITORNANO A LIVELLI FISIOLOGICI

Anche l’attività di disinvestimento nel 2010 ha mostrato segnali positivi. Nonostante l’ammontare dismesso, calcolato al costo d’acquisto (con esclusione, quindi, dei capital gain), faccia segnare una diminuzione rispetto al 2009 (977 milioni di Euro nel 2010, contro i 1.821 milioni dell’anno precedente), va segnalato il significativo calo dei write off, vale a dire delle svalutazioni, totali o parziali, delle società in portafoglio. Questa modalità di exit, infatti, ha rappresentato il 28% in termini di ammontare disinvestito, contro l’85% nel 2009, e l’11% in termini di numero, a fronte del 39% dell’anno precedente.
Guardando alle altre modalità di cessione delle partecipazioni, la vendita a soggetti industriali si conferma il primo canale di disinvestimento in termini di numero, con una incidenza del 51%, seguita dalla vendita ad altri investitori finanziari (17%). In termini di ammontare, la vendita ad altri investitori finanziari si è configurata come il principale canale utilizzato, con il 43% dell’ammontare complessivamente dismesso, seguita dalla vendita a soggetti industriali, con il 21%.
Al 31 dicembre 2010, infine, il portafoglio complessivo degli operatori monitorati in Italia risultava composto da 1.336 investimenti attivi, distribuiti su 1.160 società, per un controvalore delle partecipazioni detenute, valutate al costo d’acquisto, pari a 21,5 miliardi di Euro. Nel dettaglio, il 93% degli investimenti attivi riguarda imprese localizzate in Italia e nel 68% dei casi le operazioni sono state realizzate da operatori privati. Alla fine del 2010, le risorse disponibili per investimenti, al netto delle disponibilità degli operatori pan-europei e captive, ammontavano a 8,1 miliardi di Euro.
“I dati relativi ai disinvestimenti – ha concluso Giampio Bracchi – mostrano come, da un lato, i write off siano tornati ai livelli fisiologici del passato, mentre, dall’altro, i canali del trade sale e della vendita ad altri investitori finanziari stiano tornando ad acquisire grande importanza. Per quanto riguarda le IPO, invece, la scelta della quotazione risulta ancora poco percorsa da parte delle piccole e medie imprese. A tal fine, nuove strategie di mercato sono al vaglio dell’advisory board dedicato ad AIM Italia e MAC, che vede un’attiva partecipazione di AIFI accanto ai principali attori del mercato. AIFI, inoltre, è impegnata insieme ad ABI in un apposito Tavolo di Lavoro, che ha l’obiettivo di agevolare la way out per le operazioni di minoranza.Degno di nota, infine, il portafoglio complessivo degli operatori, che per la prima volta ha superato i venti miliardi di Euro di controvalore”.