Parmalat Ciappazzi: chiesta la reclusione per Geronzi e Arpe

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Continuano i procedimenti legati alla Parmalat e alle relazioni industriali che hanno portato al crack di Calisto Tanzi; questa volta in aula si è discusso della requisitoria nel processo Ciappazzi. Il procedimento imputato – Vincenzo Picciotti, pm di Parma che segue il caso, ha chiesto al giudice di condannare alla reclusione vari dirigenti di banca e concessione di crediti. A essere messa in discussione è l’azienda di acqua minerale acquistata durante un periodo di gravi difficoltà economiche del gruppo Ciarrapico che, secondo gli inquirenti, è stato influenzato dallo stesso Geronzi. Le richieste del PM
Per Cesare Geronzi che, all’epoca dei fatti, ricopriva il ruolo di presidente di Banca di Roma – e attualmente condannato a quattro anni per il crack della Cirio – sono stati chiesti 7 anni senza alcuna attenuante. Per Matteo Arpe, all’epoca AD di Capitalia, soltanto due perché si considerano le attenuanti generiche.

E ancora per Alberto Giordano, che era il vicepresidente di Banca di Roma, 4 anni; pentre soltanto tre per Roberto Monza, direttore centrale dell’Istituto Banca di Roma, per Riccardo Tristano, ex componente del cda di Fineco Group e per Antonio Muto, ex dirigente Area funzione crediti Fineco Group.
Per Eugenio Favale, ex dirigente Area grandi clienti di Banca di Roma e Luigi Giove, ex responsabile recupero crediti di Mediocredito Centrale, 2 anni e 6 mesi.
Assoluzione dall’accusa di distrazione e bancarotta della Cosal, la società della Parmalat che ha materialmente acquisito la Ciappazzi, invece, per Arpe, Favale e Muto.

Marcella Sardo

Fonte: Corriere Informazione