I cinesi che acquistano i Bot e la nuova guerra mondiale…

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Che dovesse arrivare il soccorso rosso dei cinesi francamente non se l’aspettava nessuno. Ma che la grande liquidità ammassata in decenni di vendita di “merce cinese” potesse salvare un’italietta mal guidata e assai indebitata era un’opportunità assai ghiotta per la nuova potenza mondiale. Perché tutto il tribolamento di questi ultimi anni, le crisi dei debiti, Lehman Brothers, la Grecia, la tripla A persa dagli Stati Uniti segnalano univocamente un grande cambiamento delle forze in campo a livello globale. Gli Stati Uniti sono avviati ad un declino a nostro avviso inesorabile, la nuova superpotenza all’orizzonte è sicuramente quella cinese fosse solo per motivi puramente demografici. Se questo processo avverrà in un anno, in dieci anni o in cento nessuno lo può affermare. Ma, a meno di drastici cambi di paradigmi, la sicurezza e la certezza è che avverrà.

Nello scorso millennio questi cambi di predomini tra le nazioni venivano risolti di solito con un unico evento traumatico: la guerra. Il punto è che la capacità distruttiva delle guerre si è talmente amplificata con lo sviluppo tecnologico sino ad essere, grazie all’arma atomica, praticamente impensabile. La guerra totale porta alla distruzione di tutte e due le parti combattenti e quindi i cambi di dominio sull’intero pianeta non possono essere più risolti con questa secolare metodologia. Questo ovviamente è un dato positivo per l’umanità ma espone la stessa ad una nuova esperienza, fortunatamente molto meno traumatica, ma pur sempre traumatica. Se la guerra è, secondo l’indicazione del barone Von Clausewitz, la prosecuzione della politica con altri metodi, oggi una politica che non dispone più dello strumento del conflitto cruento sta trovando nuove strade e nuove metodologie. In particolare la politica sta cercando di risolvere i propri conflitti sul piano dell’economia e della finanza. Cioè usa in buona sostanza i capitali alla stregua di armi di distruzione di massa. Gli americani stanno usando le loro banche d’affari e i tanti capitali di cui le stesse dispongono (tutto rigorosamente presi a prestito) per affossare l’Europa e difendere se stessi, ossia gli Stati Uniti in cui anno e da cui traggono la loro prosperità.

Con i numeri dello stato americano sentirsi dire che i titoli del tesoro americano sono un bene rifugio significa farsi prendere letteralmente per i fondelli. Lo Stato americano ha un volume di debito crescente ed esorbitante, un livello di spesa insostenibile e, differenza del caso italiano, non può contare nemmeno sui risparmi dei propri cittadini che sono addirittura più indebitati del governo americano. Chi presterebbe mai soldi ad un debitore combinato così? I cinesi è la risposta. Perché in questo modo tengono per il collo la superpotenza, possono interferire nei suoi affar domestici, insomma vincono una guerra che prima si combatteva con armi e con soldati. Ed è logico che la Cina voglia sostenere l’Italia, come ha già fatto con la Grecia per la verità. Perché con i soldi spera di cambiare o di mutare almeno in parte le alleanze, staccando o incuneandosi in una alleanza solida e strategica come quella che lega l’Italia agli Stati Uniti. Peccato che in questo tramestio ci vadano di mezzi le famiglie, i loro investimenti, la solidità e l’immagine di un sistema tutto sommato dignitoso come quello italiano. Per controbattere ad una simile guerra giocata con le armi della finanza e dei capitali l’Italia dovrebbe avere una classe dirigente di elevatissimo livello e di grandissima lungimiranza. Purtroppo constatiamo ogni giorno non è affatto così…

di Pietro Colagiovanni