Conciliazione impresa/dipendente: decade la diffida accertativa ma i contributi vanno versati in toto

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In questo periodo di crisi economica è più facile trovare una azienda che abbia problemi con il Fisco piuttosto una che si trovi in regola con i pagamenti. Pagamenti che, in più delle volte, interessano le retribuzioni dei dipendenti, prima ad essere intaccate quando l’impresa si trova in sofferenza di liquidità. Con la circolare dell’8 gennaio 2013 m.1/2013, il Ministero del Lavoro regola i casi in di diffida accertativa ovvero quando gli ispettori del lavoro si trovano a dover accertare lo stato patrimoniale del datore di lavoro e, nel caso, ad imporgli di corrispondere ai dipendenti quanto dovuto loro sia in termini di salario che di contributi previdenziali. In quest’ultimo caso è bene spiegare cosa succede nel caso in cui, anche dopo la diffida avviata, le parti raggiungano un accordo. Il Dlgs 124/2004 prevede che prima di tutto una decadenza automatica del provvedimento degli ispettori del lavoro. Quello che, però, non può essere concordato è l’importo dei contributi da versare. A stabilirlo è l’articolo 1 del Dl 338/1989 (convertito in legge 389/1989) secondo cui il calcolo dei versamenti non più essere fatto sulla base di retribuzioni inferiori a quanto stabilito per legge o da accordo collettivi e sindacali. Detto ciò, in fase di conciliazione tra datore di lavoro e lavoratori, il primo sarà in ogni caso obbligato a versare all’Inps quanto stabilito dalla diffida accertativa.

C.M.

Di seguito il testo della Circolare:

Circolare n 1 del 2013 Ministero del lavoro