Coronavirus, l’esperienza di Omar operatore del 118 e assistito Inail: “Distanti oggi, per riabbracciarci più forte domani”

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Omar Bortolacelli, 35enne operatore del 118 nel capoluogo emiliano, ogni giorno risponde alle chiamate di chi teme di aver contratto il nuovo coronavirus, un nemico invisibile che sta mettendo a durissima prova il nostro Paese e, ormai, il mondo intero. Nove anni fa, quando era autista soccorritore del 118, è finito contro un camion durante un turno di lavoro, perdendo l’uso delle gambe. Avevamo raccontato la sua esperienza di rinascita e reinserimento sociale dopo l’infortunio anche grazie all’assistenza Inail, nella campagna di comunicazione “Le belle storie”. Omar è uno che non si arrende, ama lo sport, corre in moto e vuole raccontare la sua esperienza nella centrale operativa di Bologna, che copre le emergenze anche per Ferrara e Modena, lanciando un appello ai più giovani: “Ragazzi, la vita è bella! Non sprechiamola. Teniamoci distanti oggi, per riabbracciarci più forte domani”.
 
Omar in cosa consiste il tuo lavoro?
Io sono un operatore “filtro”, cioè la prima persona che risponde alle chiamate di chi chiede un’ambulanza. In pochissimi secondi devo filtrare le richieste e passarle all’infermiere che, in base alle risposte dell’utente alle sue domande, decide sull’urgenza del servizio. Rosso per le più urgenti, giallo e verde per le altre. Devo essere più freddo possibile e fermo nel rispondere, usando un tono della voce più alto, perché l’utente ascolti bene le nostre domande. Tutto questo nel giro di un minuto circa.
 
Come state affrontando l’emergenza coronavirus?
Abbiamo potenziato la squadra, siamo in quindici per turno e nonostante il ritmo sia più sostenuto, non possiamo fermarci. Due postazioni si occupano di Coronavirus, con due infermieri e due medici. Abbiamo due ambulanze attrezzate per i pazienti sospetti.
 
Quante persone chiamano al giorno e qual è la fascia d’età che chiama con più frequenza in questo momento?
Riceviamo più di mille chiamate e, ad oggi, il 75% di queste provengono da persone che credono di essere positive al Covid19. Naturalmente continuano a presentarsi anche le altre emergenze. E noi dobbiamo essere in grado di garantire il servizio a tutti. Ci contattano per lo più persone tra i 25 e i 50 anni, chiamano per sé e per i propri familiari. Soprattutto si tratta di anziani, affetti da patologie varie, alcune anche gravi.
 
Quali sono le domande che ponete per individuare casi sospetti di contagio e quali sono i problemi principali nella gestione del vostro lavoro?
Chiediamo a chi chiama se ha difficoltà respiratorie, febbre alta, se ha avuto contatti con persone delle zone rosse o con positivi al tampone, se ha soggiornato in zone focolaio d’infezione. In questo momento di confusione e ansia, riceviamo molte telefonate causate da uno stato di paura generale, in cui non si riscontrano urgenze reali. Con conseguente perdita di tempo prezioso.
 
Omar da sei anni, come volontario, entri nelle scuole d’Italia per promuovere la sicurezza sulle strade con il progetto “Fai strada alla vita” e da un anno, insieme a quattro vigili della polizia municipale, porti avanti nelle scuole e nei teatri del bolognese l’iniziativa “Mi fido di te?” per prevenire bullismo, cyberbullismo e pregiudizi. Quale messaggio vuoi dare ai più giovani in questo momento?
L’esperienza nelle scuole mi riempie di gioia perché è bello regalare il proprio tempo agli altri, senza chiedere niente in cambio. Ai ragazzi dico: “La vita è bella, non sprechiamola! Oggi teniamoci distanti, per poi riabbracciarci ancora più forte. Proteggiamo la nostra vita e, soprattutto, quella degli altri”.