La riflessione/ La fine del blocco dei licenziamenti preludio di un’estate di lacrime e sangue

0
35
foto di repertorio

Quelli che più di tutti rischiano di ritrovarsi disoccupati dopo che il governo ha deciso di non prorogare il blocco dei licenziamenti e per i quali non si prospetta un’estate tranquilla sono i circa 60.000 lavoratori coinvolti nei 99 tavoli di crisi aperti al Ministero Dello Sviluppo Economico.Un anno fa il governo Conte per evitare che la pandemia provocasse una crisi sociale, ricoprì con CIG e blocco dei licenziamenti il mondo del lavoro, provvedimento prolungato a marzo 2021 fino al 30 giugno dal governo Draghi.

Il blocco nella prima versione del decreto Sostegni bis arrivava al 28 agosto, apriti cielo, grande levata di scudi da parte di Confindustria e delle altre associazioni datoriali e improperi al ministro del lavoro, la norma è stata cassata ed è scomparsa dopo le proteste.Nel decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale è rimasta la parte che prevede la possibilità di far ricorso alla cassa integrazione senza pagare l’aliquota addizionale per le imprese che decidano di non licenziare, come se con una mancetta le iene ridens rinunciano al gusto di licenziare. La cancellazione della proroga ha dimostrato l’ennesimo asservimento della classe politica al potere economico imprenditoriale con il rischio di dare il via ad una macelleria sociale, inaccettabile, socialmente pericolosa si prospetta la probabilità di aggiungere al milione di posti perduti, durante la pandemia, anche ulteriori centinaia di migliaia di posti di lavoro.

In Europa, solo Grecia e Spagna (e Lussemburgo da aprile a giugno del 2020) hanno proibito i licenziamenti nelle aziende che hanno sospeso le attività durante il lockdown, la Spagna ha, addirittura, stabilito che non si può mandare a casa nessuno nei sei mesi dopo la fine della cassa integrazione per covid, la Francia ha aumentato i controlli sui licenziamenti per evitare abusi, in molti altri paesi europei si è deciso di gestire l’emergenza attraverso gli ammortizzatori sociali e aiuti alle imprese. Nessuno sa prevedere cosa succederà in Italia dal primo luglio 2021, ma, vista l’insistenza di Confindustria a togliere il blocco la cosa si può facilmente immaginare, “dal terremoto di licenziamenti” all’ipotesi che l’impatto potrebbe essere sì pesante, ma più contenuto in diversi settori, poiché il fatturato dell’industria italiana, da dati forniti dall’Istat, sarebbe già tornato ai livelli pre-pandemia.

L’ultima nota Istat,infatti, pubblicata l’11 maggio 2021, fa registrare a marzo 2021 un più 37,7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020. Il manifatturiero ha retto al punto tale che la banca d’investimento Goldman Sachs, in un report pubblicato a marzo 2021, l’ha indicato come base da cui ripartire per una “ripresa solida”. Il milione di posti di lavoro divorati dalla pandemia potrebbe essere il frutto di aziende che avevano necessità di alleggerire il costo del lavoro ed hanno già adottato le misure durante la pandemia, come non rinnovare i contratti a termine ed evitare di sostituire chi è andato in pensione.

Eurostat ha stimato un calo dello 0,9 per cento del tasso di occupazione durante la pandemia, mentre l’Istat ha calcolato in 945 mila i posti persi tra febbraio 2020 e febbraio 2021. Alcune multinazionali hanno chiuso stabilimenti e licenziato operai in pieno lockdown, senza passare neppure per la cassa integrazione.

Il blocco dei licenziamenti ha funzionato, la clausola di poter chiudere i rapporti di lavoro su base della volontarietà, ha consentito di arginare e diluire la crisi, evitando un bilancio ben più grave, di certo la cancellazione del blocco dei licenziamenti,   non sarà indolore: Le stime di Banca d’Italia prevedono, con la fine del divieto di licenziare, che salteranno ancora oltre mezzo milione di posti di lavoro.

Il precedente governo Conte era riuscito a diminuire il numero delle vertenze aperte al MISE da 140 a 99 , e a dicembre 2020, con il cosiddetto decreto Rilancio, aveva istituito un fondo di garanzia che consentiva l’ingresso dello stato come socio di minoranza nella aziende in crisi, attraverso la società pubblica Invitalia, per facilitare la ristrutturazione delle aziende in crisi. Il fondo di garanzia ha previsto una dotazione di cento milioni di euro per il 2021, cifra sufficiente a risolvere non più di una decina di crisi aziendali, se dovessero moltiplicarsi, ci sarebbe bisogno di ben altro.

Non si sprechi neanche un centesimo in sussidi ma tutto sia finalizzato a tutelare, rafforzare e accrescere l’occupazione.

Alfredo Magnifico