Serve rilanciare una politica per lo sviluppo, basata su istruzione, scienza e tecnologia

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Alfredo Magnifico,

1993-2023: QUELL’ ACCORDO CHE DIEDE LA SVOLTA ALLE RELAZIONI SINDACALI

Riflettere sull’accordo che trent’anni fa cambiò le relazioni sindacali. potrebbero ispirare, anche se nella diversità, i primi attori dei nostri giorni.

Il 23 luglio del 1993 le confederazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil sottoscrissero con il governo Ciampi un protocollo che segnò la storia del sindacalismo italiano e diede una svolta alle relazioni sindacali.

L’accordo poneva questioni di grande rilevanza economica, confermando la soggettività politica e l’autonomia del sindacato, affrontava la politica dei redditi in relazione alla politica dei prezzi e delle tariffe con l’obiettivo di riallineare il tasso medio dell’inflazione italiana a quella europea.

Stabilizzava due livelli di contrattazione, il nazionale e il territoriale o aziendale, affrontava la questione della rappresentanza istituendo le rappresentanze sindacali unitarie (Rsu).

Poneva temi quali: investimenti in ricerca e innovazione, rilancio della piena occupazione, determinava novità per istruzione e formazione professionale, definiva una strategia per un nuovo modello di sviluppo centrato sull’accrescimento della occupazione e della qualità del lavoro, individuate come obiettivo delle politiche di bilancio dei redditi e monetarie, introduceva l’impegno alla contrattualizzazione del pubblico impiego.

Il contesto in cui maturò la formazione di quell’intesa potrebbe essere di esempio per avanzare una riflessione sulla situazione attuale, in cui le relazioni industriali sono inesistenti e impotenti di fronte al galoppare dell’inflazione, che sta minando la dinamica salariale e il potere di acquisto delle famiglie e ha portato l’Italia al di sotto degli altri paesi europei.

Oggi più di allora sarebbe importante, a fronte della crisi che investe: il sociale, il  clima, la politica migratoria, i cambiamenti che si sono abbattuti sull’organizzazione del lavoro, sempre più condizionati dalle nuove tecnologie digitali e dalla forza lavoro aggredita da precarietà e dai bassi salari.

In questi giorni si è ripreso il dibattito sul salario minimo, con una certa apertura della presidente Meloni, che spero porti a una conclusione positiva. Quello che non mi piace è che si usa l’espressione “Lavoro Povero “mentre sarebbe più corretto chiamarlo “Lavoro Sfruttato”. 

L’accordo provocò nel sindacato più di qualche maldipancia e incrinò non poco i rapporti unitari, ci furono manifestazioni di dissenso, le assemblee sui luoghi di lavoro diedero un significativo assenso.

L’ accordo cambiò il modo di fare sindacato, limitò l’azione della base, per consegnarla a funzionari e operatori e diede vita a un processo che portò alla burocratizzazione.

Il sindacato non deve limitare la sua iniziativa solo a poche e urgenti questioni , ma dovrebbe affrontare la questione su quale modello di sviluppo indirizzare il mondo del lavoro nel nostro tempo.

La questione ambientale e tecnologica richiede scelte nuove a radicali, non ci si può accontentare di qualche bonus, affrontare la questione  ambiente e transizioni a essa connesse, investiranno stile di vita e produzione il sindacato non deve accontentarsi della retorica ambientalista, ma, serve  una grande mobilitazione, che affermi una nuova politica salariale, professionale e di mobilità sociale, del miglioramento e adeguamento  delle condizioni di lavoro, del superamento della precarietà e ricordi a tutti che non esiste crescita infinita in un mondo finito.

Serve rilanciare una politica per lo sviluppo, basata su istruzione, scienza e tecnologia, mettendo al centro l’ambiente come vincolo e fattore trainante.

Sarà in grado il sindacato di affrontare queste sfide? Visto come si stanno muovendo qualche dubbio mi viene, spero in un’assunzione di responsabilità.

Alfredo Magnifico