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Emergenza Coronavirus, i contagi sul lavoro denunciati all’Inail sono 131mila

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I contagi sul lavoro da Covid-19 denunciati all’Inail alla data dello scorso 31 dicembre sono 131.090, pari al 23,7% delle denunce di infortunio pervenute all’Istituto nel 2020 e al 6,2% dei contagiati nazionali totali comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data. A rilevarlo è il 12esimo report nazionale sulle infezioni di origine professionale da nuovo Coronavirus elaborato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail, pubblicato oggi insieme alla versione aggiornata delle schede di approfondimento regionali, da cui emerge un incremento di 26.762 casi (+25,7%) rispetto al monitoraggio precedente al 30 novembre, di cui 16.991 riferiti a dicembre, 7.901 a novembre e altri 1.599 a ottobre, complice la seconda ondata dell’epidemia, che ha avuto un impatto più intenso della prima anche in ambito lavorativo.

In novembre il record negativo con quasi 36mila infezioni segnalate all’Istituto. Oltre 75mila denunce, pari al 57,6% del totale, sono concentrate nel trimestre ottobre-dicembre contro le circa 50mila (38,5%) del trimestre marzo-maggio. Novembre, in particolare, con quasi 36mila denunce è il mese del 2020 col maggior numero di casi segnalati all’Istituto. Nei mesi estivi tra la prima e la seconda ondata si era invece registrato un ridimensionamento del fenomeno, con giugno, luglio e agosto al di sotto dei mille casi mensili, anche in considerazione delle ferie per molte categorie di lavoratori, e una leggera risalita a settembre (poco più di 1.800 casi, pari all’1,4%), che lasciava prevedere la ripresa dei contagi dei mesi successivi.   

I morti sono 423, in maggioranza uomini (83,2%) e con un’età tra i 50 e 64 anni (70,2%). I casi mortali denunciati al 31 dicembre sono 423, 57 in più rispetto alla rilevazione del mese precedente e pari a circa un terzo del totale dei decessi denunciati all’Inail dall’inizio dell’anno, con un’incidenza dello 0,6% rispetto ai morti da Covid-19 comunicati dall’Iss alla data del 31 dicembre. A differenza del complesso delle denunce, per i casi mortali è la prima ondata dei contagi ad avere avuto un impatto più significativo della seconda. Quasi otto decessi su 10 (79,0%), infatti, sono avvenuti nel trimestre marzo-maggio contro il 18,0% del trimestre ottobre-dicembre. I casi mortali riguardano soprattutto gli uomini (83,2% del totale) e le fasce di età 50-64 anni (70,2%) e over 64 anni (19,9%).

Sette lavoratori contagiati su 10 sono donne. Prendendo in considerazione il complesso delle denunce, il rapporto tra i generi si inverte. Il 69,6% dei contagiati, infatti, sono donne, la cui quota nel mese di dicembre sale al 71,6%. L’età media dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni per entrambi i sessi. Il 42,2% delle infezioni di origine professionale denunciate riguarda la classe 50-64 anni. Seguono le fasce 35-49 anni (37,0%), under 34 anni (19,0%) e over 64 anni (1,8%). L’85,7% dei contagi riguarda lavoratori italiani. Il restante 14,3% sono stranieri (otto su 10 donne), concentrati soprattutto tra i lavoratori rumeni (pari al 20,9% dei contagiati stranieri), peruviani (14,0%), albanesi (7,9%), ecuadoregni (4,7%) e moldavi (4,2%).

Un quarto dei decessi nel settore della sanità e assistenza sociale. Rispetto alle attività produttive coinvolte dalla pandemia, il settore della sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – con il 68,8% delle denunce e un quarto (25,2%) dei decessi codificati precede l’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali), in cui ricadono il 9,1% delle infezioni denunciate e il 10,7% dei decessi. Gli altri settori più colpiti sono i servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il manifatturiero (tra cui gli addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare), le attività dei servizi di alloggio e ristorazione, il commercio, il trasporto e magazzinaggio, le attività professionali, scientifiche e tecniche (consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale) e altre attività di servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere…).

Più colpiti infermieri, operatori socio-sanitari e medici. L’analisi per professione dell’infortunato evidenzia la categoria dei tecnici della salute come quella più coinvolta da contagi con il 38,7% delle denunce (in tre casi su quattro sono donne), l’82,2% delle quali relative a infermieri, e il 10,0% dei casi mortali codificati. Seguono gli operatori socio-sanitari con il 19,2% delle denunce (l’80,9% sono donne), i medici con il 9,2% (il 48,0% sono donne), gli operatori socio-assistenziali con il 7,4% (l’85,1% donne) e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliario, portantino, barelliere) con il 4,7% (tre su quattro sono donne). Il restante personale coinvolto riguarda, tra le prime categorie professionali, impiegati amministrativi (4,1%, di cui il 68,9% donne), addetti ai servizi di pulizia (2,3%, il 78,3% donne), conduttori di veicoli (1,2%, con una preponderanza di contagi maschili pari al 91,9%) e direttori e dirigenti amministrativi e sanitari (0,9%, di cui il 45,8% donne).

L’incidenza del fenomeno nelle varie fasi della pandemia. Con riferimento all’analisi dei dati per mese di accadimento, si osserva una progressiva riduzione dell’incidenza dei casi di contagio per le professioni sanitarie tra le prime due fasi dell’epidemia e una risalita nella terza. La categoria dei tecnici della salute (prevalentemente infermieri), per esempio, dal 39,2% del primo periodo è passata al 23,5% del trimestre giugno-settembre, per poi ritornare al 39,2% nel trimestre ottobre-dicembre, così come i medici, scesi dal 10,1% nella fase di “lockdown” (fino a maggio compreso) al 5,4% in quella “post lockdown” (da giugno a settembre), per poi registrare l’8,8% nella seconda ondata dei contagi tra ottobre e dicembre. Altre professioni, come gli esercenti e addetti nelle attività di ristorazione, gli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia o gli artigiani e operai specializzati delle lavorazioni alimentari, hanno invece visto aumentare l’incidenza dei casi di contagio tra le prime due fasi e registrato una riduzione nella terza.

I maggiori incrementi percentuali rilevati in alcune province del Sud. L’analisi territoriale conferma che le denunce ricadono soprattutto nel Nord del Paese: il 47,5% nel Nord-Ovest (prima la Lombardia con il 28,4%), il 23,0% nel Nord-Est (Veneto 9,7%), il 13,8% al Centro (Lazio 5,6%), l’11,5% al Sud (Campania 5,4%) e il 4,2% nelle Isole (Sicilia 2,7%). Le province con il maggior numero di contagi da inizio pandemia sono Milano (11,1%), Torino (7,5%), Roma (4,5%), Napoli (3,8%), Brescia e Varese (2,8%), Genova e Verona (2,6%), Bergamo, Cuneo e Monza e Brianza (2,1%). La provincia di Milano è anche quella con il maggior numero di contagi professionali denunciati nel mese di dicembre, seguita da Torino, Roma, Verona e Varese. Sono però le province meridionali di Vibo Valentia, Oristano e Sud Sardegna a registrare i maggiori incrementi percentuali rispetto alla rilevazione di novembre.

Nel Nord-Ovest più della metà dei casi mortali. Limitando l’analisi ai soli casi mortali, la percentuale del Nord-Ovest sale al 51,3% (prima la Lombardia con il 37,6%), mentre il Sud con il 18,9% dei decessi (Campania 9,5%) precede il Centro (13,9%), il Nord-Est (12,1%) e le Isole (3,8%). Le province che contano più decessi dall’inizio della pandemia sono quelle di Bergamo (10,4%), Milano (9,2%), Napoli (6,6%), Brescia (6,1%), Roma (5,4%), Cremona (4,3%), Torino e Genova (entrambe 3,5%).

Festival di Sanremo, il Codacons: “l’evento va rinviato, troppi i rischi sanitari”

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Il Codacons ha presentato una formale istanza al Prefetto di Imperia, alla Asl 1 Imperiese e al Comune di Sanremo, chiedendo di valutare la sospensione del Festival di Sanremo se non potranno essere garantite con assoluta certezza la sicurezza e la salute di cittadini e lavoratori. Ne dà notizia l’associazione dei consumatori, che rende pubblico il contenuto dell’atto inviato ieri alle istituzioni competenti.
Un atto necessario quello del Codacons, ai fini di un possibile ricorso al Tar per bloccare il Festival di Sanremo in assenza di adeguate misure sul fronte sanitario.
“La situazione che si sta delineando è quella di un Festival a tutti i costi, in cui introiti pubblicitari e interessi economici vengono messi prima della salute dei cittadini – afferma il presidente Carlo Rienzi – Non è possibile chiedere sacrifici e rinunce agli italiani e poi vanificare la lotta al Covid organizzando un evento della portata della kermesse canora, che coinvolge migliaia di soggetti tra lavoratori, artisti, giornalisti e cittadini, e crediamo ci siano tutti i presupposti per rinviare il Festival ad altra data”.
“Per tale motivo abbiamo diffidato Comune, Asl e Prefetto ad intervenire per assicurare la salute pubblica e vietare qualsiasi manifestazione che possa rappresentare un concreto pericolo, pena un inevitabile ricorso al Tar” – aggiunge Rienzi.
Di seguito il contenuto dell’istanza inviata dal Codacons:

“Alla luce delle attuali previsioni normative, nonché della rilevanza culturale e tradizionale dell’evento che, senza dubbio, è in grado di attrarre moltissime persone, si ritiene imprescindibile invitare codesta Prefettura a voler verificare e garantire, per quanto di propria competenza, che tanto l’organizzazione quanto la concreta realizzazione dello spettacolo avvengano nel rigoroso rispetto delle misure di sicurezza normativamente previste, adottando ogni provvedimento all’uopo necessario.
Desta preoccupazione la circostanza per la quale al momento, non potendoci essere il pubblico in sala al Teatro Ariston considerato quanto stabilito dal Prefetto di Imperia, si starebbe valutando, sempre se autorizzati, di utilizzare dei figuranti contrattualizzati visto che l’Ariston è equiparato a uno studio televisivo.
Ciò peraltro – come rilevato anche dalle Associazioni Afi (Associazione fonografici italiani), Fimi (Federazione industria musicale italiana) e Pmi (Produttori musicali indipendenti) – in assenza di un protocollo/linee guida necessarie a garantire la sicurezza sanitaria di tutta la platea di utenti impegnata nella realizzazione del festival canoro.
Tutto ciò premesso, il Codacons, chiede alle Amministrazioni in indirizzo, ciascuna secondo le proprie competenze, di voler verificare e garantire, per come di competenza, che in sede di organizzazione e realizzazione della prossima edizione del Festival della canzone italiana di Sanremo vengano attuate tutte le misure di prevenzione ai fini del contenimento del contagio da Covid-19 e contestualmente valutate con rigore le eventuali proposte provenienti dalle parti interessate adottando ogni provvedimento all’uopo necessario, ed in particolare vigilando e garantendo che:
– venga predisposta una adeguata informazione sulle misure di prevenzione;
– vengano riorganizzati gli spazi, per garantire l’accesso in modo ordinato, al fine di evitare assembramenti di persone e di assicurare il mantenimento di almeno 1 metro di separazione tra gli utenti/operatori impegnati nelle attività di realizzazione dello spettacolo;
– venga privilegiato l’accesso tramite prenotazione e mantenuto l’elenco delle presenze per un periodo di 14 gg;
– venga previsto ed attuato che tutti gli addetti allo spettacolo ovvero qualsiasi soggetto presente all’interno del Teatro Ariston indossino i dispositivi di protezione individuale;
– al fine di evitare assembramenti, non venga consentito di stazionare nelle zone antistanti e/o vicine al Teatro Ariston;
– ogni ulteriore misura ritenuta opportuna e necessaria ai fini del contenimento del rischio di contagio da Covid-19”.

Coronavirus/ Torna a salire il numero dei deceduti nelle 24 ore

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E’ difficile stabilirel’andamento della curva epidemica il lunedì, visto il differente numero di tamponi che nel weekend scende in misura considerevole.

I dati del Coronavirus in Italia, secondo il bollettino del Ministero della Salute  dicono che i nuovi positivi registrati nelle ultime 24 ore sono 8.561; torna a salire il numero dei deceduti (sono 420).

Con 15.787 dimessi e guariti in più gli attualmente positivi sono 491.630 ( -7.648). Il totale delle vittime nel nostro Paese dall’inizio della pandemia sale a 85.881.

Vino, e-commerce: è boom senza precedenti

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Con la pandemia il settoreenoico ha spostato l’epicentro degli acquisti dal negozio fisico a quello virtuale. Con il canale online che ha vissuto un lungo periodo di crescita. Due nomi per tutti: Tannico , passato sotto il controllo del Gruppo Campari e Callmewine, di cui Italmobiliare si è assicurata il 60% del sito di e-commerce per 13 milioni di euro. Sono veramente tante le aziende che, hanno lancitao un loro negozio virtuale. La percentuale di wine lover che prende in considerazione l’idea di acquistare vino online nel futuro è altissima.
In Usa il 58% di chi beve vino è disposto ad acquistarlo sul web. Un trend condiviso dai wine lover di tutto il mondo, dal Canada (44%) al Messico (67%), dal Brasile (59%) alla Gran Bretagna (69%), dalla Germania (56%) alla Cina (75%), da Hong Kong (55%) a Singapore (69%) fino all’Australia (61%).
In Italia l’interesse online nei confronti degli alcolici è più che raddoppiato nello scorso anno (+110,2%), ma le ricerche per il vino sono cresciute addirittura del +446%, spinte soprattutto dai più giovani, gli under 25.

Agricoltura, approvato il riparto del Fondo Nazionale per la montagna

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Il Sottosegretario di Stato On. Giuseppe L’Abbate

Riceviamo e pubblichiamo

In Conferenza Stato-Regioni è stato approvato il riparto degli oltre 9 milioni di euro del Fondo Nazionale per la montagna per l’annualità 2020. Gli importi sono erogati alle Regioni e vanno ad incrementare i Fondi regionali destinati ai comuni montani. Il territorio maggiormente interessato è quello della Sardegna, a cui spettano oltre 940mila euro, a cui seguono il Piemonte (777mila euro), la Lombardia (755mila euro), la Calabria (752mila euro) e la Campania (710mila euro) sino ai 141mila euro destinati alla Valle d’Aosta. Al Molise sono destinati 226mila euro.

Dobbiamo valorizzare la ricchezza espressa dalla diversità e peculiarità dei diversi territori italiani – dichiara il Sottosegretario alle Politiche Agricole, Giuseppe L’Abbate – La salvaguardia e il sostegno alle aree montane rivestono carattere di preminente interesse nazionale e sono un valore costituzionale. Per superare i confini imposti dalla montagna, autonomia e solidarietà non possono essere disgiunte. Concetti ricordati dallo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio all’Unione Nazionale Comuni, Comunità ed Enti Montani dello scorso ottobre. Il Mipaaf continua il proprio massimo impegno a tutela dei territori montani – conclude L’Abbate – che, con le comunità locali, rappresentano un presidio ambientale strategico per l’Italia intera”.

Ufficio Sottosegretario di Stato On. Giuseppe L’Abbate -Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali

La riflessione/ Come aiutare giovani e donne? Formazione e politiche attive del lavoro

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Ricordo senza nostalgie ne pentimenti la chiusura del XVII° Congresso della Cisl nel quale durante le mozioni conclusive presi la parola per tentare di presentare una mozione che tentasse di dare una sterzata ai danni che avrebbe procurato la legge Fornero, fui sommerso da un coro di BUUUU, la storia mi ha dato ragione, cosa poteva interessare agli attenti partecipanti del congresso Cisl, la stragrande maggioranza pensionati tesi a difendere i propri diritti, se i sessantenni sarebbero dovuto rimanere sette anni in più sul lavoro e i giovani avrebbero dovuto attendere sette anni per vedere una speranza di un posto di lavoro?

Come se non bastasse, quando si cominciava a intravedere uno spiraglio positivo sui dati occupazionali, ci toccava anche questo difficile periodo, caratterizzato dal Covid, una Pandemia che ci trasmette lezioni da imparare e da metabolizzare, ci mette a nudo e fa emergere le fragilità della nostra economia, ci sbatte in faccia le ingiustizie della nostra società e ci mostra tutte le crepe del nostro sviluppo poco equo e per niente sostenibile. La speranza ,oggi, è che il Covid sparisca o si azzerino i suoi effetti grazie a cure e/o vaccinazioni di massa, nel frattempo dobbiamo resistere, evitare affollamenti, sostenere i settori in difficoltà e aspettare, come in una giornata burrascosa: stiamo alla finestra e aspettiamo che passi la notte, tornerà il sole. Questa messa in trasparenza dei nostri difetti, questo disvelarsi dei problemi strutturali rendono fragile il nostro sistema, bisogna far sì che il “dopo” non torni ad essere come “prima”.

ll Covid ci ha aperto gli occhi, per cui possiamo vedere più in là, immaginare e iniziare a costruire un futuro più giusto, più coeso, a partire da relazioni diverse tra persone e un nuovo rapporto con l’ambiente, l’esigenza di cambiamento vale soprattutto per il lavoro, su cui è fondata l’essenza della Repubblica Italiana, che nella Costituzione riconosce un vero e proprio diritto-dovere universale al lavoro, su cui si sostiene il nostro sistema,che garantisce la coesione sociale e la dignità della persona, per questo va promosso e garantito a ciascuno. Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”, dice: “aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per far fronte a emergenze. Il vero obiettivo dovrebbe sempre essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro”.

Finita l’emergenza sanitaria, venendo meno il blocco dei licenziamenti, si teme uno tsunami nella società, anche se di tsunami, silenziosi, se ne sono già avuti tantissimi in questi mesi senza che nessuno abbia alzato la voce per denunciarli, oltre 500mila i posti di lavoro saltati dall’inizio della pandemia, sono quelli di; giovani, precari e donne, persi anche mentre vigeva il divieto di licenziamento, questa è solo la punta dell’iceberg. Il mondo giovanile già prima della pandemia, era pieno di difficoltà e storture, entrano tardi nel mercato del lavoro, sono costretti ad accettare situazioni precarie, sottopagate e spesso al di fuori delle proprie aspirazioni, “obbligati” a espatriare, nel peggiore dei casi inebetiti ad infoltire l’esercito dei Neet, un suicidio sociale che da “male individuale” sta diventando una catastrofe per la collettività ,oltre 2 milioni, giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e nemmeno più cercano lavoro. Il Cnel, nel rapporto “mercato del lavoro e contrattazione 2020” riporta i dati su giovani inattivi e occupazione femminile, impietosi, sono soprattutto loro a pagare il prezzo più alto della crisi pandemica, esposti/e a lavori precari, in particolare nei settori dei servizi, continuano a essere meno coinvolti/e nel mondo del lavoro, la quota di occupazione giovanile e femminile è al di sotto delle medie europee.

La situazione rischia di peggiorare se la crisi di governo innescata nei giorni scorsi continuerà a frenare il lavoro di programmazione e pianificazione dell’impiego delle risorse del Recovery fund. Serve un accordo di legislatura, meglio un governo di Solidarietà Nazionale, che riporti al centro la gestione dei fondi europei, per un massiccio investimento su lavoro,  sanità e infrastrutture.

In ambito politico e istituzionale, occorre immaginare un cambio di passo, la pandemia ha dimostrato come servano meccanismi di risposta rapidi ed efficaci alle istanze, vecchie e nuove, dei cittadini e una visione complessiva di come vorremmo che diventi l’Italia del futuro, bisogna mettere in discussione i vecchi modelli; concentrarsi sul segmento alto del sistema educativo (Istruzione e Formazione Professionale, scuola secondaria, università), i dati dicono che non riesce più a trattenere giovani studenti, della fascia 18-24 anni, per svilupparne le conoscenze, un buon 13,5% non ha completato il ciclo di istruzione secondaria superiore e la percentuale dei laureati italiani è tra le più basse d’Europa, mancano le  competenze richieste per il mercato del lavoro da enti e imprese (la cosiddetta mancata corrispondenza(mismatch). L’istruzione secondaria e i percorsi universitari dovrebbero essere programmati con maggiore attenzione alle necessità del mercato del lavoro; la componente professionalizzante e tecnica del sistema educativo nazionale (in particolare l’IeFP e gli Its) andrebbe fortemente sviluppata in tutte le Regioni: siamo dietro a Francia o Germania, pur essendo il secondo paese manifatturiero d’Europa.

Serve utilizzare le risorse del Recovery fund per finanziare l’apprendistato ed estenderlo ai Neet, potrebbe fare la differenza e dare nuove opportunità a tanti giovani, oggi, esclusi. L’Italia, sulle politiche attive del lavoro, si è sempre distinta per livelli di spesa pubblica molto al di sotto della media Ocse, e soprattutto inferiori rispetto alle politiche passive implementate, la spesa per le politiche passive supera il 75% della spesa complessiva per il lavoro e quello che residua è investito male, in incentivi monetari che non stimolano la crescita, ma intervengono solo sulla superfice del problema.

Occorre investire e credere nelle politiche attive del lavoro, come mezzo per sostenere la buona occupazione e lo sviluppo, significa comprendere anzitutto che la nostra attenzione deve essere spostata sui servizi e sulla formazione, più che sugli incentivi e le dazionion, servono strumenti di potenziamento delle occasioni di incontro fra domanda e offerta di lavoro, nuove infrastrutture fisiche e digitali, nuove risorse preparate per orientare e formare coloro che sono alla ricerca di lavoro. Dallo sviluppo e dal lavoro dipenderà il futuro del sistema di welfare nel nostro paese: sanità, istruzione, assistenza, previdenza dipendono e dipenderanno da quanto valore riusciremo a custodire ed esprimere in termini di crescita economica e coinvolgimento-attivazione delle energie dei lavoratori, soprattutto dei più giovani, oggi spinti ai margini.

Come ci ricorda il Papa, non possiamo più permetterci “di restare fuori da dove si genera il presente e il futuro”. O saremo coinvolti “o la storia” ci “passerà sopra”.

Alfredo Magnifico

Bologna/ Giornata della memoria, l’intervento del sindaco Virginio Merola

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Riceviamo e pubblichiamo

l Consigli comunale e metropolitano di Bologna si sono riuniti oggi, lunedì 25 gennaio, in seduta solenne e congiunta in occasione del Giorno della Memoria. Il Sindaco di Bologna e della Città metropolitana Virginio Merola è intervenuto in chiusura. Di seguito il suo intervento.
“Saluto tutti consiglieri – comunali e metropolitani- le autorità e tutti i presenti. Io ringrazio chi mi ha preceduto, il presidente De Paz e il presidente Giannelli. Il contributo che ci hanno offerto è estremamente interessante e ci invita a tenerci alla larga dal rischio del nostro tempo: un tempo che non mi stancherò mai di dire è afflitto dalla malattia del presentismo, senza storia e con ansia del futuro. Ma la capacità di offrire spunti e momenti di riflessione come quelli che ci hanno dato i nostri relatori, io credo ci metta al riparo da questo rischio. Abbiamo bisogno oggi, sì proprio oggi, di confrontarci con il fatto -come diceva l’architetto Giannelli- che non siamo stati brava gente, che una parte della nostra storia è fatta da un’ampia zona grigia di tanti italiani e di tanti bolognesi che pure in presenza di una dittatura non sono riusciti a uscire dall’indifferenza e a prendere posizione. Questo è un tema molto attuale anche per l’oggi e credo sia il filo con il quale in questi dieci anni abbiamo ragionato sulla celebrazione del 27 gennaio, del giorno della memoria. Avete sentito cos’è successo all’architetto De Angeli, come è stata complicata la vita in quel periodo con tutte le discriminazioni e i suoi soprusi. Penso che questo tema della zona grigia sia un tema importante perché evidenzia un fatto che anche oggi è decisivo. Quello di saper prendere posizione e di non pensare che quello che accade di negativo, di brutto e di opprimente per alcuni possa non riguardarci.

Permettetemi qui di inviare un caro e affettuoso saluto a Daniele De Paz e al rabbino Sermoneta. Abbiamo percorso una bella strada insieme in questi dieci anni. La nostra collaborazione con la Comunità ebraica è stata intensa, il Memoriale della Shoah che inauguravamo assieme cinque anni fa ne è l’esempio più visibile: un’opera di grande importanza che ha arricchito la mappa della nostra città. Da un anno inoltre, tanti di noi hanno incontrato sul loro cammino le pietre d’inciampo posate dall’artista Gunter Demnig, per ricordare – nei luoghi dove hanno vissuto – le persone deportate nei campi di concentramento. Ringrazio anche il presidente De Paz e il rabbino Sermoneta anche per la condivisione, in questi anni, di occasioni per favorire il dialogo interreligioso assieme al nostro arcivescovo Zuppi e al presidente della Comunità islamica Yassine Lafram.

E a proposito di luoghi della memoria credo sia giusto dare in questa occasione l’annuncio di un giardino che, nel quartiere Savena, verrà intitolato a Gemma Volli e Bianca Colbi Finzi.
Due donne della comunità ebraica bolognese: Gemma Volli fu una storica e Bianca Colbi Finzi fu presidente dell’Associazione donne ebree d’Italia e presidente della Comunità ebraica bolognese per 12 anni. In particolare Bianca Colbi Finzi ebbe un ruolo decisivo nell’aprire le istituzioni ebraiche a tutta la cittadinanza e a renderle parte integrante della cultura della nostra città. Questo giardino contribuirà a dare luce al ricordo di queste due donne e del loro impegno.
L’Istituto Parri, il nostro istituto storico, in questi giorni ha proposto due progetti dedicati a nostri studenti: dal 26 al 29 gennaio si terranno iniziative dedicate al cinema a scuola e sono lieto di dirvi che c’è un’adesione di oltre 50 classi delle scuole medie e superiori. Un altro evento organizzato dall’Istituto Parri sarà la proiezione nel quadriportico dell’ex convento di San Mattia di un filmato sulla storia delle pietre d’inciampo. Sarà una proiezione serale il 27 gennaio (non aperta al pubblico per le normative anti covid ndr).

Cito questi appuntamenti per riprendere il filo che dicevo. Noi abbiamo lavorato in questi anni perché il Giorno della Memoria non fosse solo un’importante celebrazione, un ricordo dovuto alla tragedia che ha colpito il popolo ebraico e la democrazia nel mondo ma sia anche una data fatta di un percorso, nel quale noi teniamo fermo un dato di fondo che ci serve anche per affrontare il nostro presente. Non non abbiamo mai utilizzato il termine Olocausto perché richiama l’idea di un sacrificio inevitabile ma abbiamo parlato di Shoah che, come sapete, è un termine biblico che significa tempesta devastante. Questa tempesta devastante voluta dal nazismo e dal fascismo ha comportato sei milioni di ebrei uccisi assieme a zingari, omosessuali, testimoni di Geova e oppositori politici. Quindi uno sterminio voluto, praticato e attuato da un’ideologia, quella nazista, cui poi si è aggiunta quella fascista. Abbiamo lavorato per affermare che la Shoah come l’antisemitismo e il razzismo non sono un destino scritto e inevitabile nella natura umana e in improbabili leggi della storia. Oggi che ritornano razzismo e antisemitismo, vediamo bene che non c’è possibilità di giustificazione dell’intolleranza in nessuna situazione, sia una crisi economica o il nazionalismo identitario. Anche oggi è indispensabile tenere aperta una battaglia di cultura civile e politica tra due idee di fondo: l’idea della politica come convivenza tra diversi e l’idea della politica come dominio della maggioranza sulle minoranze. Questo è molto attuale oggi nel mondo, purtroppo, e io sono convinto che abbiamo lavorato per tenere aperta questa discriminante, per fare del 27 gennaio una celebrazione importante ma, anche, un percorso di consapevolezza che ci accompagni in particolare nell’educazione dei nostri ragazzi. Per radicare nella coscienza collettiva della nostra comunità il fatto che il ricordo è molto importante per fare storia nel presente e per affrontare con consapevolezza il futuro. Perché la direzione della storia dipende anche da quello che ognuno di noi nel presente sceglie di fare. Io penso che anche grazie al rapporto con la Comunità ebraica Bologna continua ad avere un futuro certo perché la stragrande maggioranza dei cittadini al di là delle divisioni di parte politiche ha saputo scegliere la solidarietà e la libertà. Grazie”.

Comune di Bologna – Ufficio Stampa

Alimentazione/ La Casearia Carpenedo, primo laboratorio di affinamento di formaggi in Italia 

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FOTO DI REPERTORIO

La Casearia Carpenedo, oggi riconosciuta come primo laboratorio di affinamento di formaggi in Italia nasce dalla grande visione creativa del suo fondatore Antonio Carpenedo, fin da bambino animato da una passione che da sempre è inscritta nel dna di famiglia. Ogni singola creazione infatti è molto di più di un semplice prodotto caseario finalizzato al consumo, ma ha un fine preciso, come lui stesso dichiara ‘i nostri formaggi non sono fatti per sfamare ma soprattutto per donare emozioni’. Quella sviluppata da Carpenedo è una vera e propria arte, interpretata fin dall’inizio con grande passione, lavorando materie prime selezionate con cura e regalando profumi e sentori unici; é una narrazione ogni volta diversa, frutto di una estrema sensibilità e amore per la famiglia e per la vita.    La storia dell’azienda ha inizio nei primi del 1900 quando suo padre Ernesto Carpenedo iniziò come “casoin” (in dialetto veneto, pizzicagnolo), in un negozio di alimentari a Preganziol (Treviso). Il figlio cresce nella bottega del padre ereditando una passione che da sempre appartiene al DNA di famiglia. L’avventura come casaro prende il via negli anni ’60 con la gestione di un piccolo caseificio in provincia di Treviso dove con l’aiuto di un amico tecnico casaro impara l’arte del formaggio da autodidatta. Nel 1965 Antonio fu uno dei primi ad esportare fuori dalla provincia di Treviso e poi in altre regioni la “Casata Carpenedo” oggi conosciuta ed apprezzata come Casatella Trevigiana Dop.

 Il ’76 segna l’inizio di un’altra avvincente sfida, quella di affinatore, con la riscoperta di un’antica tradizione contadina della zona del Piave, ossia riporre il formaggio sotto le vinacce durante la vendemmia; un’usanza che pare abbia origine nella prima guerra mondiale quando i contadini, per preservare le forme di formaggio dalle razzie le nascondevano sotto le vinacce in fermentazione. Fu allora che si iniziarono a produrre le prime forme di formaggio affinato in vino e vinaccia che presero il nome di Ubriaco e che divenne un marchio registrato di proprietà esclusiva dell’azienda.  Da allora Antonio esprime a pieno la sua innata creatività e forte visione trasformando l’azienda nel primo laboratorio di affinamento caseario riconosciuto in Italia. Dall’utilizzo delle vinacce, passa alla sperimentazione di nuovi ingredienti come fieno, foglie di noce, pepe, spezie, birra, liquori e molti altri che oggi compongono il vasto repertorio dei “Formaggi di Cantina”.

Oggi l’azienda è guidata dai figli Ernesto, Direttore di Produzione ed Alessandro, Direttore Commerciale che con grande impegno e caparbietà sono riusciti ad inserirsi nel mercato internazionale, tanto che i loro prodotti oggi sono presenti in oltre 30 Paesi nel mondo. La gamma di produzione comprende prodotti esclusivi tra formaggi erborinati, affinati o selezioni speciali in edizione limitata, per un’offerta di indiscussa eccellenza e varietà a prova dei palati più esigenti. In particolare ricordiamo; Blu61®, Vento d’Estate®, l’Ubriaco®, marchio coniato e registrato proprio dall’azienda, considerando che nella tradizione contadina non aveva un nome, e disponibile nelle versioni al Raboso, al Prosecco doc e all’Amarone Valpolicella docg.

A questi si aggiunge una linea di formaggi tradizionali a marchio Carpenedo quali il Gorgonzola Dop o l’Asiago Dop.  I prodotti si possono trovare in Italia nelle migliori gastronomie specializzate o con il marchio Accademia del Formaggio in alcune catene della GDO, mentre all’estero sono presenti tra gli altri presso i prestigiosi magazzini Harrod’s, El Corte Inglès, e in Usa presso Wholefood, Kroger e Murray’s.    

 Ufficio Stampa La Casearia Carpenedo

Cronaca nazionale/ Quattro dispersi in montagna, forse a causa di una valanga

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Sono ore frenetiche ed i soccorsi sono tutti allertati ed operativi nella montagna dove ci sarebbero dispersi, forse a causa di una valanga; si tratta di tre uomini e una donna, nella zona Valle Majelama, sul massiccio del Velino, nel comprensorio di Avezzano (L’Aquila).
Sarebbe stato rilevato dall’elicottero AV169 della Gdf un segnale telefonico nella zona sotto al colle del Bicchero, dove si cercano i quattro dispersi sul Velino.
I quattro dispersi, tre uomini e una donna, erano usciti ieri mattina per una passeggiata in montagna, non avevano gli sci al seguito, ma non sono rientrati a casa e il papà di uno di loro ha allertato il Soccorso Alpino.
Non si sa dove i quattro fossero diretti. (foto di repertorio)

Coronavirus/ Oggi rientro in classe per gli alunni di quattro regioni

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Notizie in breve sull’epidemia da coronavirus
a) Quello del contagio nelle scuole è uno dei temi più discussi circa l’epidemia . Intanto gli studenti delle scuole superiori di Lombardia, Liguria, Marche e Umbria ricominciano oggi le lezioni in presenza a turni;
b) Oltre 100mila persone in Italia hanno ricevuto anche il richiamo del vaccino, secondo l’ultimo report della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
c) Il presidente messicano López Obrador è risultato positivo al coronavirus.