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Agrigento: arriva il finanziamento di oltre 26mln di euro per la rete idrica

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Il decreto di finanziamento regionale per il rifacimento della rete idrica urbana di Agrigento è stato firmato.

Ad Agrigento sono stati destinati 26.179.791 euro che saranno subito utilizzati per le opere di ristrutturazione ed automazione finalizzate ad ottimizzare la rete della distribuzione idrica in città ed assicurare finalmente e definitivamente ai cittadini un servizio primario ed indispensabile per una vivibilità civile e dignitosa.

Un sogno, come ha scritto il sindaco Zambuto al Presidente della Regione Lombardo qualche mese fa, inseguito dagli agrigentini da oltre cinquant’anni: avere l’acqua corrente nelle loro case e la certezza che il prezioso liquido, non disperdendosi più dalle reti di distribuzione ridotte ad autentico colabrodo, continuasse ad intaccare il sistema idrogeologico cittadino.

“Un sogno che oggi – dichiara Marco Zambuto – si realizza grazie alle battaglie dei cittadini, alla sensibilità del Presidente della Regione, alla determinazione del Presidente della Provincia a cui va il mio ringraziamento e quello dell’intera città; un ringraziamento doveroso ed anche un apprezzato riconoscimento del faticoso lavoro svolto va anche allo staff dell’ATO idrico per la definizione dell’intero progetto”.

“Abbiamo raggiunto – continua il sindaco Zambuto – un obiettivo storico che ci consentirà non soltanto di risolvere definitivamente l’annoso problema dell’approvvigionamento idrico per la città, ma anche di poter fare davvero turismo, di ridurre le tariffe idriche ai cittadini in un momento di particolare crisi finanziaria per le famiglie e soprattutto di ridare nuova stabilità all’assetto idrogeologico del sottosuolo della città, gravemente deteriorato dal versamento dell’acqua a causa della vecchia e fatiscente condotta, per dare una maggiore sicurezza dell’intera struttura urbana di Agrigento”.

Incontro Cameron – Monti: lavorare insieme sul mercato unico

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Nell’incontro che si è tenuto ieri tra il Primo Ministro inglese David Cameron e il nostro Presidente del Consiglio Mario Monti è stata rinnovata la volontà di lavorare assieme sul mercato unico per raggiungere la stabilità e rafforzare la crescita.

Buon proposito coerente con il percorso che in cinque tappe la Commissione europea ha tracciato: una tabella di marcia (COM(2011) 669 del 12.10.2011), successivamente inserita all’interno delle conclusioni di Consiglio europeo e vertice area euro, per rispondere a esigenze diverse ma tra loro collegate.

L’obie ttivo è quello di consentire la nascita di un modello sociale europeo lavorando su proposte concrete in grado di favorire, attraverso un processo a tappe, una ripresa economica motore di sviluppo e nuova occupazione. Requisito indispensabile è la revisione della governance. La Commissione nei prossimi mesi lavorerà sodo, attraverso il pacchetto six-pack, ad un rafforzamento della sorveglianza delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri. Ma la revisione della governance, utile per garantire un feedback positivo ed immediato delle politiche strutturali, resta una condizione non autosufficiente per liberare la crescita. Al riguardo, le proposte attualmente al vaglio per i programmi di spesa dell’Unione europea mirano a definire il contenuto delle nuove politiche di coesione (COM (2011) 607 – 612, 614 – 615 del 6.10.2011): dall’occupazione e lo sviluppo delle imprese che intendono affacciarsi su nuovi merca… la rice rca e l’innovazione e la modernizzazione dei sistemi d’istruzione europei (potenziamento dell’Erasmus compreso), fino ad arrivare al finanziamento di progetti (Connecting europe COM(2011) 657, 665 e 676 del 19.10.2011) a sostegno della realizzazione di nuove infrastrutture. Il tutto, senza trascurare l’agenda europea per i consumatori: fattore di crescita determinante sia nella direzione della fiducia dei cittadini nei confronti delle Istituzioni e degli operatori, che per una più sana e compiuta realizzazione del mercato unico.

di Michele Gerace

Tassa sulle concessioni governative per l’utilizzo dei telefonini

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La tassa sulle concessioni governative sui contratti di abbonamento per l’utilizzo della telefonia mobile è dovuta da tutti gli utenti, comprese le amministrazioni pubbliche non statali. Lo chiarisce la risoluzione n.9/E con cui l’Agenzia delle Entrate ribadisce la vigenza del presupposto normativo per il pagamento del tributo che non è stato intaccato dall’entrata in vigore del “Codice delle Comunicazioni” (Dlgs n.259/2003).

Molteplici sono, infatti, le conferme dell’attuale efficacia dell’articolo 21 della Tariffa allegata al Dpr n.641/1972.

Il Codice delle Comunicazioni non abroga l’articolo 21 – Con l’entrata in vigore del “Codice delle Comunicazioni”(art.218 del Dlgs n.259/2003) è stato espressamente abrogato l’a rt. 318 del Dpr n.156/1973, che disciplina la “licenza di esercizio”, ma non è stata in alcun modo alterata l’efficacia dell’articolo 21 della Tariffa allegata al Dpr n. 641/1972. Questa norma prevede il pagamento della tassa di concessione governativa a fronte del rilascio della “licenza o documento sostitutivo per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione”. Conferme circa la sussistenza del tributo possono essere rintracciate nella legge 244 del 2007 che, esentando i non udenti dal pagamento del tributo, di fatto, ne ha confermato la debenza in capo a tutti gli altri. O ancora, nell’articolo 219 dello stesso “Codice delle Comunicazioni” che, asserendo che dalla sua attuazione “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato”, individua una condizione impossibile da soddisfare se non fosse previsto il pagamento del tributo.

Le amministrazioni pubbliche non statali sono tenute al pagamento del tributo – La qualifica di amministrazione pubblica non esonera dall’obbligo del pagamento della tassa sulle concessioni governative per l’utilizzo della telefonia mobile. Anche questo principio trova conforto nella recente prassi e giurisprudenza. La risoluzione n. 55 del 2005 chiarisce, infatti, che le amministrazioni statali, essendo diretta emanazione dello Stato “titolare di ogni diritto e facoltà”, come quest’ultimo non necessitano di apposite autorizzazioni per l’esercizio di determinate attività. Non necessitano, quindi, di alcuna licenza o documento sostitutivo neppure per l’impiego di apparecchiature terminali per il s ervizio radiomobile. Da questo regime di favore restano evidentemente escluse tutte le amministrazioni pubbliche diverse da quelle statali, in quanto non riconducibili allo Stato. A conferma di quanto detto, una sentenza emanata lo scorso maggio dalla Commissione Regionale di Venezia-Mestre (n.76/6/11) che ribadisce l’assoggettamento dei Comuni al tributo in quanto “dotati di autonomia politica, amministrativa e finanziaria e quindi distinti ed autonomi rispetto alle Amministrazioni dello Stato”.

Istat, commercio estero: a novembre +2,3% export extra Ue

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A novembre, secondo i dati pubblicati dall’Istat, si registra un aumento congiunturale delle esportazioni pari al 2,3%, trascinato dai mercati extra Ue (+3,1%). La crescita delle importazioni è pari allo 0,5%.

Nel trimestre settembre-novembre le esportazioni crescono dell’1% rispetto al trimestre precedente, con un incremento maggiore sui mercati extra Ue (+1,4%). Per gli acquisti dall’estero si osserva, invece, una flessione dello 0,6%.

La crescita tendenziale delle esportazioni a novembre (+6,5%) presenta forti differenze per area di sbocco: +3,1% per l’Ue e +11,3% per l’extra Ue. Gli acquisti dall’estero aumentano dello 0,5%, risentendo del calo degli acquisiti dai paesi Ue (-2,1%) e di un aumento (+3,9%) di quelli dai paesi extra Ue.

Nel periodo gennaio-novembre 2011 si rilevano tassi di crescita tendenziali leggermente superiori per l’export (+11,9%) rispetto all’import (+10,6%), con aumenti più consistenti per i mercati extra Ue.

A novembre la dinamica tendenziale dei volumi è positiva per l’ export (+0,4%) e in forte diminuzione per l’import (-8,5%). Nel corso dell’anno sono aumentati del 4,3% i volumi esportati e si sono ridotti dello 0,4% quelli importati. La crescita tendenziale dei valori medi unitari a novembre è stata pari al 10% per l’import e al 6,2% per l’export.

Il disavanzo commerciale di novembre è pari a 1,6 miliardi di euro. Nei primi undici mesi il deficit ha raggiunto i 25,8 miliardi, in miglioramento rispetto al 2010 (-27 miliardi). Nello stesso periodo, il saldo non energetico (+30,5 miliardi) è in forte aumento sul 2010 (+19,6 miliardi), mentre quello energetico sale a 56,3 miliardi dai 46,6 miliardi del 2010.

A novembre i raggruppamenti principali di industrie più dinamici sono stati i prodotti energetici all’import (+17,2%), i beni di consumo non durevoli all’export (+10,1%) e all’import (+8%) e i prodotti intermedi all’export (+8,4%). Risulta in calo l’import di beni di consumo durevoli e di input intermedi e strumentali.
A novembre la crescita dell’export è trainata dalle vendite di prodotti in metallo e di apparecchi elettronici e ottici verso la Svizzera e di macchinari e apparecchi verso Stati Uniti, Germania e Turchia.

La modesta crescita dell’import è in parte imputabile alla riduzione degli acquisti di apparecchi elettronici e ottici dalla Cina e dalla Germania, di gas naturale dai paesi Opec e di mezzi di trasporto dai paesi Eda.

Andria: campagna d’ascolto sulle chiusure domenicali

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L’8 gennaio scorso, in occasione dell’ultima domenica programmata di chiusura al traffico veicolare di un’ampia zona del centro cittadino, l’Assessorato alla Mobilità del Comune di Andria ha predisposto un questionario, sottoposto ai cittadini, al fine di trarre spunto per iniziative future e per conoscere il gradimento della cittadinanza in merito alle chiusure domenicali del centro cittadino, evidenziandone aspetti positivi ed eventuali criticità.
Hanno risposto a questo questionario 1445 cittadini dei quali il 46% residenti nella zona interessata dalle chiusure domenicali ed il 48% residenti in altre zone della città. Il restante 6% del campione è risultato invece essere residente in città delle province di Bari e di Barletta-Andria-Trani.
Alla domanda “Ritiene che la chiusura al traffico veicolare del centro cittadino sia un’azione positiva per il cittadino?” il 72% ha risposto positivamente a fronte di un 28% espressosi in modo negativo. Alla domanda “Ritiene che le zone di chiusura al traffico debbano essere ancora più ampie?” il 62% ha risposto di sì, il 38% di no.
Attraverso l’analisi dei risultati del questionario in oggetto si evince inoltre che, per il 55% degli intervistati, il servizio di Park&Ride va implementato e che, per l’88% occorrono comunque più parcheggi.
Per l’82,5% del campione interessato la chiusura al traffico veicolare va adottata non solo nel periodo natalizio ma anche in altri periodi dell’anno.
Infine, riguardo i giorni della settimana nei quali andrebbero programmate le chiusure al traffico veicolare del centro cittadino, l’1,5% ha risposto di volerle sempre, mentre la percentuale più alta di gradimento la si ha in riferimento alle giornate di sabato e domenica che sono viste positivamente dall’87% degli intervistati. Il restante 11,5% del campione gradirebbe la chiusura al traffico anche nella giornata del venerdì.
“Questi dati – afferma l’assessore al Traffico e Mobilità, Michele Zinni – innanzitutto ci confortano in quanto evidenziano un largo consenso dei cittadini in merito alle chiusure al traffico veicolare ed alla creazione di future isole pedonali o ZTL. Inoltre ci dimostrano come tali chiusure vengano viste di buon occhio anche durante tutto l’anno e non solo relegandole ad un periodo ben preciso come quello natalizio”.
“Faremo tesoro dei risultati di questa campagna d’ascolto – conclude Zinni – cercando di andare incontro alle esigenze dei cittadini, interloquendo anche con esercenti commerciali e residenti delle zone interessate alla chiusura del traffico veicolare”.

Dalla CCIAA di Roma 5mila euro all’idea in “rosa” più innovativa

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Cinquemila euro all’idea imprenditoriale “in rosa” più innovativa e competitiva così da assicurare un sostegno concreto al fare impresa al femminile. Con questo fine la Camera di Commercio di Roma, grazie al suo Comitato per la Promozione dell’Imprenditorialità femminile, ha lanciato il bando “Idea Innovativa, la nuova imprenditorialità al femminile” rivolto alle micro o piccole imprese operanti sul territorio di Roma e provincia nei seguenti settori: commercio, industria, artigianato, agricoltura e servizi.
Questi i requisiti per poter partecipare: 1) essere ditte individuali con titolare donna; 2) essere società di persone e società cooperative in cui il numero di donne socie rappresenti almeno il 60% dei componenti la compagine sociale; 3) essere società di capitali in cui le donne detengano almeno i due terzi delle quote di capitale e costituiscano almeno i due terzi del totale dei componenti dell’organo amministrativo. Tutte le imprese partecipanti devono essere iscritte nell’apposito Registro della Camera di Commercio di Roma, in regola con la denuncia di attività e con il versamento del diritto annuale degli ultimi 5 anni, e che non abbiano subito protesti. Un’apposita commissione valuterà i progetti presentati sulla base di due criteri prioritari: innovatività e originalità dell’iniziativa; completezza e coerenza complessiva del progetto.

La domanda di partecipazione va inviata entro il 31 gennaio 2012.

Per ulteriori informazioni e per scaricare il modulo di partecipazione http://www.rm.camcom.it/archivio43_bandi-altri-bandi_0_28_82_1.html

Libertà economica, l’Italia in caduta libera: 92a al mondo

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L’Index of Economic Freedom registra uno slittamento di cinque posti.

Nel 2012 l’Italia vede ulteriormente scendere la sua libertà economica. Secondo la classifica annuale Heritage Foundation-Wall Street Journal, di cui l’Istituto Bruno Leoni è partner, il nostro Paese si ferma al 58,8 per cento, 1,5 punti percentuali in meno dell’anno scorso, conquistando la 92ma posizione (cinque in meno rispetto al 2011). L’Italia è classificata penultima nella graduatoria dei Paesi europei: peggio di noi solo la Grecia. Si tratta del terzo anno consecutivo nel quale si registra una riduzione della libertà economica italiana. Questa volta, a incidere negativamente sono soprattutto l’aumentare della corruzione percepita e l’incapacità, nonostante le diverse manovre, di mantenere sotto controllo le finanze pubbliche, incidendo sullo stock del debito. Più in generale, i punti strutturalmente deboli per la libertà economica nel nostro Paese stanno nella spesa pubblica (valutata ad appena il 19,4 per cento, 9,2 punti in meno dell’anno scorso) e la libertà del lavoro (43 per cento), oltre alla più ampia incertezza del quadro normativo e all’insostenibile pressione fiscale.

Commenta il Presidente dell’Istituto Bruno Leoni, Nicola Rossi: “La stampa riporta, pressoché quotidianamente, nuove ipotesi allo studio per stimolare la crescita italiana ormai scomparsa da oltre un ventennio ma – com’è noto – non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere: la strada per ritrovare la crescita è scritta infatti con chiarezza e da anni nella graduatoria dell’Index of Economic Freedom. In particolare, il governo italiano – che si propone di fare «un decreto al mese» per rilanciare la crescita – forse potrebbe fermarsi a riflettere: tutto lascia pensare che non sia quella la strada giusta”.

Il calo italiano si colloca in un contesto globale che, pure, sconta una crisi della libertà economica, frutto della reazione keynesiana di molti Paesi (specie nel mondo sviluppato) alla recessione. È proprio l’aumento della spesa pubblica, infatti, ad aver determinato l’interruzione di una tendenza verso la maggiore libertà economica nel mondo che si era manifestata quasi ininterrottamente da quando la redazione dell’Indice è iniziata, 18 anni fa, fino al 2008.

“A dispetto delle letture neokeynesiane, resta robusta l’evidenza della correlazione tra la libertà economica e la crescita, da un lato, e la riduzione della povertà, dall’altro. A questo proposito, è significativo che la classifica della libertà economica di quest’anno veda il ritorno del Cile e l’ingresso delle Mauritius fra i 10 Paesi più liberi al mondo”, nota il Direttore Generale dell’IBL Alberto Mingardi.

La classifica è ancora una volta guidata da Hong Kong, Singapore e Australia, mentre gli Stati Uniti occupano la decima posizione. All’interno dell’Unione Europea, il Paese più libero è l’Irlanda (76,9 per cento, nona posizione), mentre il meno libero è la Grecia (55,4 per cento, 119ª posizione). L’Italia è penultima tra gli Stati membri dell’UE.

L’Indice della libertà economica è costruito attraverso dieci indicatori sintetici che, sulla base dei dati forniti dalle maggiori organizzazioni internazionali, consentono di “schematizzare” la libertà economica, attraverso una serie di variabili che misurano l’invadenza dello Stato (come la pressione fiscale e la spesa pubblica), la qualità della regolamentazione e la certezza del diritto, l’autonomia degli attori economici nel condurre le loro attività (per esempio il mercato del lavoro o gli adempimenti necessari ad avviare o condurre attività produttive), la qualità del sistema giudiziario, la corruzione, eccetera.

L’Indice della libertà economica è scaricabile integralmente sul sito www.heritage.org/index. La scheda relativa all’Italia è disponibile, in italiano, anche sul sito dell’Istituto Bruno Leoni www.brunoleoni.it.

Guardia finanza: pubblicato bando per 53 allievi ufficiali

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Sulla Gazzetta Ufficiale – IV Serie Speciale n. 1 del 3 gennaio 2012 è stato pubblicato il bando di concorso, per esami, per l’ammissione di 53 allievi ufficiali del “ruolo normale” al 1° anno del 112° corso dell’Accademia della Guardia di Finanza, per l’anno accademico 2012-2013.
Al concorso possono partecipare i cittadini italiani che abbiano compiuto, alla data del 1° gennaio 2012, il diciassettesimo anno di età e non superato il ventiduesimo (siano nati, cioè, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1990 ed il 1° gennaio 1995 – estremi inclusi) e siano in possesso del diploma di istruzione secondaria di secondo grado che consenta l’iscrizione a corsi di laurea previsti dal decreto interministeriale 12 aprile del 2001, ma anche coloro che, pur non essendo in possesso del previsto diploma alla data di scadenza per la presentazione delle domande, lo conseguano nell’anno scolastico 2011/2012.
La domanda di partecipazione va compilata esclusivamente mediante la procedura informatica disponibile sul sito www.gdf.gov.it – area “concorsi Online” entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del presente bando sulla Gazzetta Ufficiale, vale a dire entro il 2 febbraio 2012.
Sul predetto sito internet è possibile acquisire ulteriori e più complete informazioni di dettaglio sui concorsi.

Verbania: Bando contributi manutenzione caldaie famiglie under 8.500 euro annui

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Dalla Provincia di Verbano Cusio Ossola un aiuto alle spese di manutenzione delle caldaie alle famiglie più in difficoltà. L’Amministrazione del Presidente Nobili ha infatti istituito un fondo per il quale possono presentare domanda le famiglie, residenti nel Verbano Cusio Ossola, con un reddito ISEE non superiore agli 8.500 euro e che abitano in un fabbricato con un impianto termico di riscaldamento soggetto all’obbligo della manutenzione.

“Ad ogni richiedente potrà essere concesso un contributo massimo di 80 euro. Per quanto
piccolo, credo che possa essere comunque un concreto gesto di sostegno per coloro, anche anziani soli, che fanno fatica a far quadrare i conti del bilancio domestico e che purtroppo in questi tempi di crisi sono sempre più numerosi” commenta l’Assessore Provinciale all’Ambiente Lucio Pizzi.

I Consorzi Intercomunali per i Servizi Sociali collaborano con la Provincia dando supporto e informazioni nella compilazione delle domande.

I criteri d’assegnazione dei contributi e le modalità di presentazione della domanda sono riportate in dettaglio nel bando che può essere richiesto agli uffici provinciali (telefono 0323-4950.259) o presso le sedi dei CISS.

Il bando è scaricabile dal sito della Provincia www.verbano-cusio-ossola.it. Lo si trova nella sezione Settore VII – Ambiente e Georisorse, Informazioni su Impianti Termici-CALDAIE.

Stesso riferimento on line per iscriversi al seminario di aggiornamento organizzato dalla Provincia giovedì 2 febbraio, con inizio alle ore 14.00.

Il seminario è rivolto a Manutentori di Impianti Termici ai sensi della L.R. 13/2007: un aggiornamento indispensabile per il rilascio dei Bollini Verdi.

Il modulo d’iscrizione scaricato dal sito, va compilato e inviato via fax allo 0323-4950.274.

La bufala delle (finte) liberalizzazioni: negli ultimi vent’anni sono costate quasi 110 miliardi

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Il tema caldo di politica economica degli ultimi giorni, le liberalizzazioni annunciate che costituiranno la fase 2 del governo Monti, quale base per il rilancio dello sviluppo a lungo termine del Nostro Paese, necessita di una riflessione attenta alla luce dei dati forniti dalla CGIA di Mestre proprio sulle liberalizzazioni susseguitesi negli ultimi vent’anni.

Secondo quanto rivelato dall’analisi in questione le aperture dei mercati delle assicurazioni, dei mezzi di trasporto, carburanti, gas, trasporti ferroviari e urbani e dei servizi finanziari avrebbero inciso sulle famiglie italiane per quasi 110 miliardi, non comportando, quindi, alcun vantaggio economico nei confronti dei consumatori cui i benefici dovevano essere rivolti.

Le uniche note positive verrebbero dal solo mercato dell’energia elettrica che avrebbe segnato dei miglioramenti.

Ciò che inquieta e che invita alla riflessione sulla necessità di evitare con i provvedimenti in corso di definizione danni maggiori per i consumatori rispetto alla situazione attuale, sono i dati relativi alle maggiori spese subite dalle famiglie a seguito di vent’anni di presunte ed annunciate liberalizzazioni: sarebbero ben 286 all’anno gli euro pagati in più all’anno dalle famiglie italiane che, moltiplicati per il numero degli anni trascorsi dall’avvio, agli inizi degli anni ’90, delle aperture dei mercati di ogni singolo settore e sino al novembre scorso hanno fatto salire l’ammontare complessivo a 4.576 euro per nucleo familiare.

Ma venendo ai singoli settori, tra il 1994 e il novembre del 2011, le assicurazioni hanno pesato ben 2.462 euro in più nelle tasche delle famiglie italiane, con un aumento medio annuo pari a 154 euro.

Un altro mercato che ha colpito gravosamente i bilanci familiari è stato quello dei servizi finanziari (costo dei conti correnti, dei bancomat, commissioni varie e altro), con costi medi supplementari pari a 58 euro in più ogni anno con un aumento globale dal 1993 al novembre 2011 pari a 921 euro che, moltiplicati per il numero totale delle famiglie porterebbero alla spaventosa cifra di 21,9 miliardi di euro.

Tra gli ultimi mercati ad aver visto attuati provvedimenti liberalizzativi è da segnalare quello del gas che però come gli altri due descritti precedentemente non ha subito degli effetti positivi dalla parte degli utenti: dal 2003 al novembre 2011 gli aumenti medi totali per ogni famiglia corrispondono alla cifra di 901 euro con una crescita annua d’importo pari a 56 euro in più, e costi globali esorbitanti che arrivano a 22,1 miliardi di euro per tutte le famiglie.

Come detto, l’unico settore a salvarsi dagli esiti di quelle che appaiono come finte liberalizzazioni alla luce dei dati riportati, solo quello dell’energia elettrica dove nel complesso, il risparmio per le famiglie è stato di 6,7 miliardi di euro.

Per tali ragioni, Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, condivide l’analisi del segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi secondo cui “in Italia le liberalizzazioni, nella stragrande maggioranza dei casi, non hanno funzionato. Prezzi o tariffe sono cresciuti, con buona pace di chi sosteneva che un mercato più concorrenziale avrebbe favorito il consumatore finale. Purtroppo in molti settori si è passati dal monopolio pubblico a vere e proprie oligarchie private”.

Secondo Giovanni D’Agata, sull’assunto di quanto sostenuto dal segretario della Cgia di Mestre, se aperture dei mercati vi devono essere, devono essere aperture reali, efficaci ed effettivamente in grado di portare reali vantaggi ai consumatori.

Non si può parlare di liberalizzazioni dei trasporti come quello urbano dei taxi o dell’orario di apertura dei negozi che potrebbero apparire come iniziative quasi demagogiche per non dire populistiche, se prima non s’interviene con vere liberalizzazioni nei confronti delle lobbies e delle corporazioni che dominano quasi incontrastate l’economia del paese quali assicurazioni, banche ed imprese del settore energetico.