La Camera ha approvato il 13 aprile il Regolamento della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale. Si riporta di seguito il testo.
REGOLAMENTO DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L’ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE (Articolo 3, comma 2, della legge 5 maggio 2009, n. 42)
Art. 1. (Norme applicabili).
1. Il presente regolamento disciplina, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, della legge 5 maggio 2009, n. 42, l’attività e il funzionamento della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, istituita dal comma 1 dell’articolo 3 della predetta legge.
2. La Commissione esercita le funzioni ad essa assegnate dalla legge 5 maggio 2009, n. 42.
3. Per quanto non disciplinato dal presente regolamento si applicano le disposizioni contenute nel Regolamento del ramo del Parlamento al quale appartiene il Presidente della Commissione.
Art. 2. (Ufficio di Presidenza).
1. L’Ufficio di Presidenza è composto dal Presidente della Commissione, che lo presiede, da due Vicepresidenti e da due Segretari.
2. Per l’elezione dei due Vicepresidenti e dei due Segretari ciascun componente la Commissione scrive sulla propria scheda un nome per i Vicepresidenti e un nome per i Segretari. Risultano eletti coloro che hanno conseguito il maggior numero dei voti. Nel caso di parità di voti è proclamato eletto il più anziano come parlamentare e, fra i parlamentari di pari anzianità, il più anziano di età.
3. Le stesse disposizioni si applicano per le elezioni suppletive.
Art. 3. (Funzioni del Presidente, dei Vicepresidenti e dei Segretari).
1. Il Presidente rappresenta la Commissione, la convoca e ne presiede le sedute, regolando le discussioni e le votazioni. Convoca l’Ufficio di Presidenza. Esercita gli altri compiti attribuitigli dal presente Regolamento.
2. I Vicepresidenti collaborano con il Presidente e lo sostituiscono in caso di assenza o di impedimento.
3. I Segretari verificano i risultati delle votazioni e sovrintendono alla redazione del processo verbale.
Art. 4. (Programmazione dei lavori).
1. L’Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, predispone il calendario dei propri lavori per un periodo di norma mensile. Il calendario comprende lo svolgimento delle attività previste dall’articolo 5.
2. Il calendario approvato con il consenso dei rappresentanti dei gruppi la cui consistenza numerica sia complessivamente pari almeno a tre quarti dei componenti della Commissione è definitivo e comunicato alla Commissione. Qualora non si raggiunga la predetta maggioranza, il calendario è predisposto dal Presidente, inserendovi anche proposte avanzate dai gruppi di opposizione in relazione all’esercizio delle funzioni assegnate alla Commissione. Il calendario così formulato diviene definitivo dopo la comunicazione alla Commissione.
Art. 5. (Attività della Commissione).
1. La Commissione esprime i pareri sugli schemi dei decreti legislativi di cui all’articolo 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42 e verifica lo stato di attuazione di quanto previsto dalla predetta legge n. 42. La Commissione può ottenere dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, dalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica e dal Comitato di rappresentanti delle autonomie territoriali, di cui alla medesima legge n. 42, tutti i dati e le informazioni necessarie allo svolgimento delle proprie funzioni, anche mediante la richiesta di predisposizione di apposite relazioni.
2. La Commissione può deliberare di chiedere ai Presidenti delle Camere la proroga di venti giorni per l’espressione del parere sugli schemi di decreti legislativi di cui all’articolo 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42, qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia o per il numero di schemi trasmessi nello stesso periodo dal Governo. In caso di urgenza, il Presidente può sottoporre tale deliberazione all’Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, appositamente convocato. Della delibera è data comunicazione alla Commissione nella prima seduta utile.
3. Ai fini dell’esame degli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Presidente incarica due relatori, uno dei quali sentiti i gruppi di opposizione.
4. Sulla base dell’attività conoscitiva svolta, la Commissione può, mediante l’approvazione di un apposito documento, formulare osservazioni e fornire al Governo elementi di valutazione utili ai fini della predisposizione degli schemi di decreti legislativi di attuazione della delega legislativa conferita dall’articolo 2 della legge n. 42 del 2009. Il documento è stampato e distribuito ed è comunicato ai Presidenti delle Camere ed al Governo.
5. Oltre ad avvalersi delle ordinarie procedure informative previste dal Regolamento del ramo del Parlamento al quale appartiene il Presidente, la Commissione può procedere ad audizioni del Comitato di rappresentanti delle autonomie territoriali previsto dall’articolo 3, comma 4, della legge n. 42 del 2009, della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale prevista dall’articolo 4 della legge n. 42 del 2009 e della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica di cui all’articolo 5 della medesima legge n. 42 del 2009. Previa intesa con i Presidenti delle Camere, la Commissione può procedere all’audizione di ulteriori soggetti quando ciò risulti necessario per acquisire elementi di conoscenza finalizzati allo svolgimento delle funzioni assegnate alla Commissione.
6. Le procedure di cui ai commi 4 e 5 sono deliberate dall’Ufficio di Presidenza nell’ambito delle decisioni relative alla programmazione dei lavori della Commissione di cui all’articolo 4, comma 2.
7. La Commissione riferisce alle Camere ogni sei mesi in merito allo stato di attuazione della legge n. 42 del 2009 fino alla conclusione della fase transitoria di cui agli articoli 20 e 21 della medesima legge.
Art. 6. (Numero legale).
1. Per la validità delle deliberazioni relative all’approvazione dei pareri sugli schemi dei decreti legislativi di cui all’articolo 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42, al documento di cui al comma 4 dell’articolo 5, per l’elezione dell’Ufficio di Presidenza e per la deliberazione sulle proposte di modifica al regolamento è necessaria la presenza della maggioranza dei componenti della Commissione. Per le altre deliberazioni della Commissione è necessaria la presenza di un terzo dei componenti.
2. Il Presidente non è obbligato a verificare la sussistenza del numero legale se non quando ciò sia richiesto da quattro componenti e la Commissione stia per procedere a votazione per alzata di mano. I richiedenti la verifica del numero legale sono sempre considerati presenti agli effetti del numero legale.
3. Se si accerta la mancanza del numero legale, il Presidente rinvia la seduta di un’ora, ovvero, apprezzate le circostanze, toglie la seduta. Qualora alla ripresa sia nuovamente accertata la mancanza del numero legale, il Presidente toglie la seduta, annunciando l’ordine del giorno, la data e l’ora della seduta successiva.
Art. 7. (Deliberazioni della Commissione).
1. Le deliberazioni della Commissione sono adottate a maggioranza dei presenti, considerando presenti coloro che esprimono voto favorevole o contrario. In caso di parità di voti la proposta si intende respinta.
2. La Commissione vota normalmente per alzata di mano. Quattro componenti o uno o più rappresentanti di gruppi, che, separatamente o congiuntamente, risultino di almeno pari consistenza numerica nella Commissione, possono chiedere la votazione nominale nella deliberazione sui pareri sugli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 dell’articolo 5, sul documento di cui al comma 4 dell’articolo 5 e sulle proposte di modifica al regolamento. I firmatari di una richiesta di votazione qualificata sono sempre considerati presenti agli effetti del numero legale.
Art. 8. (Pubblicità dei lavori).
1. Delle sedute della Commissione viene redatto il processo verbale.
2. Dei lavori della Commissione è pubblicato un resoconto sommario; si procede alla pubblicazione di un resoconto stenografico relativamente alle sedute nelle quali si svolgano le attività conoscitive di cui all’articolo 5, comma 5.
Art. 9. (Modifiche al regolamento della Commissione).
1. Le modifiche al presente regolamento possono essere proposte da ciascun componente della Commissione. Le proposte, formulate in modo testuale con riferimento alle norme di cui si propone la modifica e debitamente motivate, sono presentate al Presidente della Commissione, che le trasmette agli altri componenti della Commissione medesima.
2. La discussione e la deliberazione sulle proposte di modifica al presente Regolamento hanno luogo in sedute della Commissione appositamente convocate con almeno una settimana di preavviso.
Fonte: http://www.regioni.it/newsletter/newsletter.asp?newsletter_data=2010-04-15&newsletter_numero=1556#art1
Federalismo fiscale: il Regolamento della Commissione parlamentare
Il Sindaco lascia la sua poltrona. E un’Irap più pesante al Comune
L’indennità di fine mandato corrisposta all’ex primo cittadino rientra nella base imponibile del tributo
La “buonuscita” spettante al sindaco non più in carica, pur essendo assoggettata a imposizione secondo le stesse regole applicabili al Tfr ai fini dell’Irpef, perde, strada facendo, l’analogia fiscale con il trattamento di fine rapporto. Quest’ultimo, a differenza delle indennità corrisposte, in generale, agli amministratori locali in dipendenza del termine del mandato elettorale, nel caso all’attenzione dell’Agenzia, a un primo cittadino uscente, resta fuori dalla base imponibile Irap perché escluso anche dalla formazione di quella previdenziale.
In base a questo assunto, nel ricordare che le Amministrazioni pubbliche devono determinare la base imponibile Irap tenendo conto del “sistema retributivo” e, per tale motivo ne fanno parte:
• le retribuzioni corrisposte ai dipendenti
• i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente
• i compensi erogati per collaborazione coordinata e continuativa e quelli per attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente,
l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 29/E del 15 aprile, conclude che l’indennità in questione va computata, ai fini Irap, dal Comune che chiede il chiarimento, perché elencata espressamente dalla norma (articolo 50, comma 1, lettera g) del Tuir) tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
L’attrazione dell’indennità di fine mandato è desumibile, inoltre, da un chiarimento arrivato già nel 2001: “i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all’articolo 47 (ora 50) del TUIR concorrono a formare la base imponibile IRAP nell’importo determinato ai sensi del successivo articolo 48-bis (ora 52), prescindendo, quindi, dalla rilevanza o meno che assumono ai fini dell’imposizione previdenziale” (risoluzione 24/2001).
Una risposta che chiarisce anche l’altro dubbio interpretativo sollevato dall’istante: l’importo da far confluire nella base imponibile Irap è lo stesso tassato ai fini Irpef. Quindi, l’abbattimento di 309,87 euro per anno (in base alle regole della tassazione separata, cui l’indennità è sottoposta) risulterà applicabile anche per calcolare l’imposta regionale sulle attività produttive, dovuta dall’ente locale.
r.fo.
Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/normativa-e-prassi/articolo/il-sindaco-lascia-la-sua-poltrona-e-unirap-piu-pesante-al-comune
Formazione a tre contro l’evasione. In campo Entrate, Anci e Ifel
Avviato un ciclo di seminari sui contributi erariali e sull’interscambio di dati tra gli enti coinvolti
Corsi specialistici contro l’evasione fiscale, rivolti ai dipendenti comunali addetti all’area tributi. Questo il cuore del progetto formativo che ha preso il via a Torino e che coinvolgerà altri dieci città metropolitane.
L’iniziativa, illustrata oggi dal Comune di Torino, è promossa da Agenzia delle Entrate, Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e Ifel (Istituto per la finanza e l’economia locale), con la partecipazione della Scuola superiore di economia e finanza.
L’Agenzia delle Entrate, nel corso degli anni, ha svolto, anche in intesa con l’Anci, una costante attività di formazione rivolta al personale degli enti locali: adesso, però, il progetto formativo nasce sotto una triplice egida, grazie al protocollo d’intesa siglato lo scorso novembre tra Agenzia, Associazione nazionale comuni italiani e Ifel.
I corsi: chi, dove, quando
L’iter formativo prevede dei seminari specialistici rivolti agli addetti all’area tributi dei Comuni che partecipano all’iniziativa e focalizzati principalmente sull’analisi dei contributi erariali e sulle modalità di interscambio di dati tra gli enti coinvolti. Obiettivo, rendere ancora più efficace la partecipazione degli enti locali all’attività di accertamento e di contrasto all’evasione fiscale.
Ogni singolo corso si svolge lungo l’arco di tre giornate, per sette ore di lezione quotidiane, e vi possono partecipare 25 dipendenti per ogni città metropolitana.
Dopo Torino, prossime tappe in agenda: 20 aprile a Roma, 6 maggio a Venezia e primi giorni di giugno a Genova. In attesa di definizione, inoltre, le date delle lezioni per i Comuni di Napoli e Bari.
Il “patto” Agenzia Entrate-Anci-Ifel
Il ciclo di seminari trae origine dal protocollo d’intesa sottoscritto nel novembre 2009 da Agenzia delle Entrate, Anci e Ifel, con l’obiettivo di incrementare e uniformare la partecipazione dei Comuni all’attività di accertamento.
Il progetto formativo, fin dall’inizio, ha rappresentato uno dei punti chiave dell’intesa, insieme all’interscambio di dati tra Anci e Entrate, al monitoraggio costante sull’attività di segnalazione messa in atto dai Comuni, al miglioramento degli strumenti informatici a disposizione per l’attività di controllo fiscale.
Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/attualita/articolo/formazione-a-tre-contro-l-evasionein-campo-agenzia-entrate-anci-ifel
Studi di settore → contenzioso. In mezzo c’è il contraddittorio
Ribadita a due anni di distanza dalla circolare 5/2008 la necessità del confronto con il contribuente
Nuova mappa dettagliata alle strutture dell’Agenzia che gestiscono il contenzioso tributario relativo agli accertamenti basati sugli studi di settore. Le indicazioni, che arrivano con la circolare n. 19/E del 14 aprile, mettono in primo piano la centralità del contraddittorio con il contribuente, anche alla luce di quattro sentenze del 2009 delle sezioni unite della Cassazione (nn. 26635, 26636, 26637 e 26638), che confermano sostanzialmente l’orientamento dell’Agenzia già espresso in precedenti documenti di prassi (in particolare, nella circolare n. 5/2008).
In tutte le pronunce della Corte viene rilevato che solo dopo l’avvio della fase di “dialogo” è possibile legittimare l’accertamento derivante dalla verifica di uno scostamento della dichiarazione del contribuente dai valori “standard” elaborati dallo studio, in relazione all’attività svolta dal dichiarante.
In questa fase endoprocedimentale preliminare, si sottolinea nelle sentenze di legittimità, “i segnali emergenti dallo studio di settore (o dai parametri) devono essere “corretti”, in contraddittorio con il contribuente, in modo da “fotografare” la specifica realtà economica della singola impresa la cui dichiarazione dell’ammontare dei ricavi abbia dimostrato una significativa “incoerenza” con la “normale redditività” delle imprese omogenee considerate nello studio di settore applicato”. Tutto ciò, nel rispetto del principio del giusto procedimento amministrativo.
Controversie pendenti, la parte del leone al contraddittorio
Tanto premesso, in caso di mancata attivazione del contraddittorio, gli avvisi d’accertamento relativi agli studi di settore risulteranno “viziati”, pertanto gli uffici dell’Agenzia abbandoneranno tutti i relativi contenziosi “sospesi”. Al contrario, dove si sia cercato il confronto con il contribuente e questo lo abbia rifiutato, si può andare avanti con la pretesa tributaria, sempre che la stessa sia giudicata sostenibile. È soltanto la prima delle istruzioni fornite con la circolare, ma è quella propedeutica a tutte le altre.
Dal “confronto” obbligatorio agli effetti sulla motivazione
L’omessa indicazione delle ragioni per cui non sono stati presi in considerazione gli elementi addotti dal contribuente a prova dell’inapplicabilità dello studio di settore alla propria realtà economica, non inficia la validità della motivazione dell’atto di accertamento, a condizione che le stesse ragioni siano esplicitate dall’ufficio in sede di contraddittorio e scritte nel relativo verbale consegnato al contribuente. È, infatti, sempre il dialogo a prevalere e a confermare il principio di cooperazione tra le parti stabilito dallo Statuto (legge 212/2000).
Nel caso in cui il contribuente invitato al contraddittorio non risponda affatto, la motivazione dell’atto di accertamento potrà basarsi solo sull’applicazione dello studio di settore, con riferimento allo standard applicato. La “reticenza” nell’affrontare il confronto con l’Amministrazione è, infatti, sintomo di presenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (articolo 39, comma 1, lettera d) del Dpr 600/1973 e articolo 54 del Dpr 633/1972), come ribadisce la Cassazione.
… e sull’onere della prova
Tra Fisco e contribuente, la dimostrazione delle rispettive tesi è equamente ripartita. In particolare, considerato che, in sede di contraddittorio, il contribuente può ribaltare le presunzioni semplici avanzate dall’Agenzia attraverso l’applicazione degli studi di settore (o i parametri), utilizzando tutti gli elementi in suo possesso, è naturale, in questo caso, che l’onere della prova sia a suo carico.
Da parte sua, l’Amministrazione finanziaria, è tenuta a dimostrare l’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto dell’accertamento.
Paola Pullella Lucano
Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/normativa-e-prassi/articolo/studi-di-settore-contenzioso-mezzo-c-e-il-contraddittorio
Made in Italy: pubblicate le liste dei progetti
Il Ministero dello Sviluppo Economico rende noto l’elenco dei 209 Progetti di innovazione tecnologica, al termine della valutazione del bando “Nuove tecnologie per il Made in Italy”, di cui 104 ammessi ai finanziamenti ed i restanti 105 idonei.
I 209 progetti hanno superato una prima fase di selezione, che ha visto la partecipazione di 429 progetti presentati da quattromila imprese e centri di ricerca.
Di questi, i 104 progetti vincitori vedono il coinvolgimento di 162 grandi imprese, 128 medie e 455 piccole e micro imprese, per un investimento complessivo di 638 milioni di euro, che potrebbe comportare l’impiego di oltre 7 mila tra ricercatori e tecnici. Per i restanti 105 resta la possibilità di ulteriori finanziamenti.Il bando è il terzo “Programma di Innovazione Industriale” finanziato dal Ministero dopo quelli su “Mobilità Sostenibile” ed “Efficienza Energetica”. Complessivamente, gli incentivi in corso di erogazione ammontano a circa 700 milioni.
Fonte: http://lazio-side.it/attualita/news/made-in-italy-pubblicate-le-liste-dei-progetti.html
La scuola che piace alla Borsa
Un buon investimento nell’educazione scolastica passa anche dalla Borsa. Per lo meno negli Stati Uniti dove alcuni gruppi specializzati nell’educational sono presenti a Wall Street. Il loro mercato di riferimento continua a crescere. Secondo i dati del Department of Education (DoE) le scuole private quotate in Borsa nel periodo che va dal 2005 al 2009 hanno fornito i loro servizi al 23% della popolazione scolastica americana. “Si tratta di un dato impressionante”, spiega uno studio firmato da Todd Young, analista azionario di Morningstar. “E questa tendenza potrebbe continuare”. La crisi economica che ha colpito gli Usa, infatti, sta spingendo sempre più famiglie a cercare un’educazione migliore per i propri figli, nella speranza che in futuro possano trovare un buon posto di lavoro.
L’esplosione delle scuole private è confermata anche dal calo degli iscritti in quelle pubbliche. Secondo uno studio della American School and University (un’associazione che raccoglie le società attive nell’educational) nel decennio 1998-2008 le seconde hanno registrato un aumento degli iscritti dell’1,6%. Un dato inferiore anche a quello previsto dal DoE che si attendeva un incremento del 2,6%. “Questo indica che la scuola tradizionale non riesce a mantenere la sua quota di mercato mentre il numero degli alunni potenziali sta crescendo”, continua Young. “La colpa è anche delle politiche di iscrizione di questi istituti che spesso sono molto restrittive per mantenere alto il profilo del proprio nome”. Il risultato è una crescita della richiesta per le scuole private, che non hanno regole particolari e punteggi minimi per la selezione degli studenti.
Tutto questo non significa che le private quotate non abbiano concorrenza. La più forte è rappresentata dai cosiddetti community college (si tratta di scuole biennali che accettano studenti della comunità locale e sono sovvenzionate da tasse comunali) che stanno aumentando la loro quota di mercato. Secondo uno studio del Department of Higher Education nello stato del Connecticut questo sistema scolastico nel 2008 e nel 2009 ha visto crescere del 7,8% la popolazione delle superiori. Nello stesso periodo, quella universitaria è aumentata dell’1,7%. “La minaccia da parte di queste istituzioni per le private, tuttavia, non è molto seria. I community college, infatti, danno una preparazione di soli due anni, mentre le quotate permettono di completare i diversi cicli di studi”, continua lo studio di Young. “Molti community college, inoltre, stanno firmando convenzioni particolari con gli istituti privati per permettere ai propri alunni di continuare a studiare”.
Dal punto di vista operativo l’analista consiglia prudenza. “Il settore delle scuole private quotate è destinato a crescere nel lungo termine”, dice Young. “Ma, nei prossimi due trimestri, potrebbe esserci una frenata. Se è vero infatti che la crisi economica sta spingendo molte persone senza lavoro sui banchi di scuola, bisogna anche tenere conto che una ripresa della congiuntura provocherà il movimento inverso. A loro vantaggio gioca la scarsità di risorse delle scuole tradizionali e la mancanza di volontà nel cercare nuovi iscritti”. Fra i gruppi che operano nel settore, l’analista segnala Apollo. “All’interno del comparto education è in grado di fornire una buona diversificazione”, spiega lo studio. “A livello geografico, le sue scuole sono presenti in molti stati americani. Gli istituti che controlla, inoltre, riescono a coprire tutti i livelli della scala educativa statunitense, dalle scuole primarie fino ad arrivare alle università”.
Fonte: http://www.morningstar.it/it/news/article.aspx?articleid=88308&categoryid=56&refsource=newsletter〈=it-IT
Depositata la lista per il Cda e il Collegio sindacale di Cassa Depositi e Prestiti
Il Ministero dell’economia e delle finanze, titolare del 70% del capitale sociale di Cassa Depositi e Prestiti Spa, e le Fondazioni bancarie, titolari dell’altro 30% del capitale, informano di aver provveduto oggi al deposito della lista comune dei candidati che verrà sottoposta all’approvazione dell’assemblea degli azionisti, convocata per il prossimo 28 aprile per il rinnovo del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale della società.
In dettaglio, per il Consiglio di Amministrazione, composto da nove membri ai sensi dell’articolo 15 dello Statuto, sono stati indicati: Franco Bassanini, Cristian Chizzoli, Cristiana Coppola, Piero Gastaldo, Giovanni Gorno Tempini, Ettore Gotti Tedeschi, Vittorio Grilli, Nunzio Guglielmino e Mario Nuzzo.
Per il Collegio Sindacale, composto da cinque sindaci effettivi e da due sindaci supplenti ai sensi dell’articolo 27 dello Statuto, sono stati designati: Angelo Provasoli, Paolo Fumagalli, Biagio Mazzotta, Gianfranco Romanelli, Giuseppe Vincenzo Suppa quali sindaci effettivi; Francesco Bilotti e Gerhard Brandstatter quali sindaci supplenti.
Il Ministero dell’economia e delle finanze esprime un vivo ringraziamento ai consiglieri e sindaci uscenti e all’Amministratore Delegato, Massimo Varazzani, per il lavoro svolto e per i risultati conseguiti.
Fonte: http://www.mef.gov.it/ufficio-stampa/comunicati/?idc=24222
Per le Entrate è il sesto concorso di Fisco & scuola
Saranno premiate le tre scuole che meglio rappresentano il messaggio della legalità fiscale
Con le ultime visite delle scuole agli uffici dell’Agenzia delle Entrate si concluderà, in Sardegna, la prima fase del progetto “Fisco & Scuola”, che quest’anno ha registrato l’adesione di 50 istituti scolastici di ogni ordine e grado – molti con più sezioni – e il coinvolgimento di oltre 2700 studenti.
Il progetto – nato nel 2004 dall’intesa tra Agenzia delle Entrate e Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, recepita in sede regionale dall’Accordo fra la Direzione Regionale e l’Ufficio Scolastico Regionale – mira a diffondere tra le giovani generazioni il senso della legalità e i principi costituzionali dell’etica contributiva, con incontri nelle scuole da parte dei funzionari dell’Agenzia e con visite degli studenti presso gli uffici operativi.
Anche quest’anno si ripete la formula del concorso a premi: gli istituti che hanno aderito al progetto potranno concorrere con un elaborato secondo le modalità indicate nel regolamento del concorso (scritti, fumetti, video, rappresentazioni grafiche, giochi) che sarà valutato da una Commissione composta da rappresentanti dell’Agenzia delle Entrate e dall’Ufficio Scolastico Regionale.
Saranno premiate le tre scuole – una per ogni ordine – che meglio rappresenteranno il messaggio di “Fisco & Scuola”.
I lavori dovranno pervenire entro il 30 aprile 2010, in plico postale o via e – mail, ai seguenti indirizzi:
Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale della Sardegna – Ufficio del Direttore Regionale, Via Bacaredda n. 27 – 09127 Cagliari.
[email protected]
Zone montane non metanizzate, bonus gasolio sulla “distanza”
Esclusi dall’agevolazione gli edifici ubicati in aree interne al centro abitato dove ha sede il Municipio
Gasolio e Gpl meno cari soltanto per chi abita “lontano” dal Municipio. Per capire meglio, i residenti nelle aree “non metanizzate” dei Comuni appartenenti alla zona climatica E, che possono quindi accendere il riscaldamento per 14 ore giornaliere dal 15 ottobre al 15 aprile, godono di una riduzione di prezzo sui combustibili utilizzati.
L’agevolazione, quella a regime dal 1999 grazie alla legge 448/1998, riguarda in particolare le “frazioni di Comuni”, cioè “le porzioni edificate ubicate, a qualsiasi quota, al di fuori dal centro abitato ove ha sede la casa comunale, ivi comprese le case sparse” (articolo 4, comma 2, Dl 268/2000).
Nel 2002, con la Finanziaria per quell’anno, il beneficio è stato esteso anche agli edifici situati in zone parzialmente non metanizzate ricadenti nel centro abitato. L’allargamento dell’agevolazione era però limitato nel tempo, pertanto, di anno in anno si è resa necessaria una conferma “scritta” nelle successive leggi finanziarie. Ciò è avvenuto fino a quella per il 2009, mentre, nell’ultima Finanziaria (legge 191/2009) l’estensione della concessione non è stata convalidata.
Allo stato attuale, dunque, lo sconto si applica alle parti di territorio comunale fuori dal centro abitato, individuate come non metanizzate con delibera consiliare. Nessun risparmio invece per le aree interne al centro, dove ha sede il Municipio, anche se l’amministrazione le ha indicate come “non metanizzate”.
Il dilemma e la soluzione proposta dalle Dogane
Molti dei Comuni in questione hanno un territorio montano caratterizzato da una frammentazione delle porzioni edificate, proprio per l’impossibilità fisica di costruire agglomerati urbani estesi, e spesso non è semplice distinguere le posizioni geografiche di alcuni edifici. Il problema che si pone per gli enti locali è distinguere di volta in volta, quali immobili insistono nel centro abitato e quali fuori, anche in conseguenza di delibere che negli ultimi anni hanno accorpato entrambe le tipologie in un’unica zona “non metanizzata”.
Per questo motivo, l’Agenzia delle Dogane, con la nota del 12 aprile, fa sapere di avere predisposto, in collaborazione con le Associazioni di categoria e l’Anci, un modello dedicato ai Comuni per aiutarli a operare le opportune “separazioni” e individuare chi può e chi non può fruire della riduzione di prezzo.
Sulla scorta dell’attestazione, debitamente compilata dall’amministrazione comunale, i fornitori di gasolio e Gpl che da gennaio hanno fatturato a prezzo pieno, per gli impianti ubicati in tali zone, potranno effettuare, se spettanti, gli sconti e presentare agli uffici delle Dogane competenti domanda di rimborso.
Paola Pullella Lucano
Accertamento Iva e imposte dirette. Sugli immobili, ritorno al passato
L’abrogazione della presunzione legale legata al valore normale ha effetti anche per il periodo ante Dl 223/06
L’abrogazione delle norme attribuenti agli uffici il potere di rettificare la dichiarazione Iva e il reddito d’impresa del contribuente che avesse dichiarato, nella cessione di beni immobili, un corrispettivo inferiore al valore normale degli stessi, produce effetti, con riguardo alle situazioni non ancora definite, anche per il periodo precedente alla loro introduzione (Dl 223/2006).
Questo ha precisato l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 18/E del 14 aprile.
L’intervento dell’Amministrazione fa così chiarezza sugli “effetti temporali” della modifica normativa, operata dalla legge comunitaria 2008.
Dal Dl 223/2006 alla Comunitaria 2008
Il decreto legge 4 luglio 2006 aveva introdotto una presunzione legale relativa a favore degli uffici che, nell’ambito dell’attività di accertamento dell’Iva (articolo 54, terzo comma, Dpr 633/19712) e del reddito d’impresa (articolo 39, primo comma, lettera d), del Dpr 600/1973), collegata alle cessioni di immobili, potevano provare “l’infedeltà” sulla base dello scostamento tra il corrispettivo delle cessioni e il valore normale dei beni. Valore normale, per la cui individuazione era poi arrivato – facendo seguito alla relativa previsione contenuta nella Finanziaria 2007 – il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate 27 luglio 2007 (cosiddetto provvedimento “valori OMI”, l’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia del Territorio).
Successivamente, considerata l’incompatibilità – in relazione all’Iva – dell’intervento normativo, gli articoli 54 del Dpr 633/1972 e 39 del Dpr 600/1973 sono stati riportati “allo stato originario”, eliminando le disposizioni figlie del “Visco-Bersani” e ripristinando, in sostanza, il quadro normativo esistente prima del 4 luglio 2006.
Ma, con riguardo alle situazioni non ancora definite, cosa accade per il periodo compreso fra l’entrata in vigore del decreto legge 223/2006 (4 luglio 2006) e la decorrenza delle disposizioni contenute nella Comunitaria 2008 (15 luglio 2009 per l’Iva e 29 luglio 2009 per le imposte sui redditi)?
Il chiarimento dell’Agenzia
L’Amministrazione ha, come anticipato, chiarito che l’abrogazione della presunzione legale relativa, a suo tempo introdotta dal Dl 223/2006, produce effetti anche con riferimento al periodo pregresso: “Tanto si desume dalla circolare n. 11 del 16 febbraio 2007, paragrafo 12.4, con la quale è stato affermato che la norma introdotta dal decreto-legge n. 223 del 2006 (e – a maggior ragione – la successiva norma abrogativa) ha natura procedimentale e che, pertanto, ha efficacia anche per le rettifiche relative ai periodi d’imposta ancora accertabili”.
Lo scostamento fra valore normale dell’immobile e corrispettivo dichiarato della cessione ritorna, quindi, ad avere la valenza di elemento presuntivo semplice senza limiti temporali, con gli uffici che sono, di conseguenza, chiamati a esaminare le controversie pendenti, abbandonando quelle derivanti da accertamenti – alla luce del modificato quadro normativo – non adeguatamente provati. Accertamenti, cioè, non basati, su ulteriori elementi idonei a supportare la pretesa di recupero (come, ad esempio, il mutuo richiesto dall’acquirente per un importo che eccede quello della compravendita, prezzi emergenti dalla ricostruzione dei ricavi operata in seguito a indagini finanziarie, oppure da precedenti atti di compravendita aventi a oggetto lo stesso immobile), che si affiancano alla sola e semplice differenza fra il valore normale e il corrispettivo.
r.fo.


