Unicredit: lotte tra Rampl e Fondazioni, ma alla banca chi ci pensa?

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I nodi vengono sempre al pettine. E questo è vero anche per Unicredit, il colosso bancario europeo ed italiano. Ieri dopo sei ore di riunione dei comitati interni, è stata siglata una specie di tregua tra il nuovo uomo forte, o che aspira ad essere tale, dopo la fuoriuscita di Profumo, Dieter Rampl e le Fondazioni, cioè quella galassia di interessi partitocratici che ha spinto per eliminare lo stesso Profumo. Rampl ha aiutato le fondazioni a suo tempo a cacciare, senza motivi assai persuasivi, Profumo tra l’altro caricando la banca di oneri per 40 milioni, la buonuscita dell’ex Ceo. Una faida politica, costosa e confusa, legata al protagonismo bancario della Lega (forte nelle fondazioni) alla presenza di marpioni manovratori come Palenzona e priva di qualsiasi motivazioni strategica reale. Rampl non aveva capito il problema, oggi è profumo, domani lui, tra l’altro tedesco e quindi straniero nella verde padania. Altre lotte, Rampl si appoggia addirittura ai libici che erano arrivati in soccorso di Profumo, e oggi questa tregua. Tutto molto divertente se si parlasse di un condominio, di un circolo dopolavoristico o di una bocciofila. Qui invece si parla della prima banca italiana, con migliaia di sportelli e decine di migliaia di dipendenti, peraltro impegnati proprio in questi giorni nella trasformazione in Banca Unica o Bancone come viene definito. Uscito Profumo, la banca viene gestita dai cloni di Profumo, mentre la proprietà si accapiglia in lotte autoreferenziali. Profumo poteva avere mille difetti, anche di comunicazione e di visibilità, ma ci vedeva lungo e pensava strategie ambiziose. Lo scenario di oggi sembra quello di uomini che hanno lo stesso difetti, forse anche più rilevanti di quelli di Profumo, ma non hanno invece strategie e idee di lungo periodo. Non un bell’affare per l’economia italiana.