Enel Green Power: perché non è adatto al piccolo risparmiatore

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La notizia di questi giorni in materia di mercati finanziari è certamente l’Ipo, ossia l’offerta pubblica di acquisto delle azioni di Enel Green power, costola del colosso elettrico nazionale specializzata in produzioni energetiche da fonti rinnovabili ed ecocompatibili. Nei giorni scorsi la pubblicità a tappeto dell’offerta, destinata essenzialmente ai piccoli risparmiatori, ha creato un clima assai favorevole all’iniziativa, tenuto conto anche della tranquillità che il marchio Enel, a ragione, infonde ai risparmiatori italiani. Il titolo Enel infatti è uno dei titoli migliori che un risparmiatore italiano possa detenere, e negli anni ha dimostrato di essere affidabile, di offrire un buon rendimento e di essere stabile rispetto alle grandi turbolenze del mercato. Il punto è un altro. Enel Green Power non è Enel, e i risparmiatori, e i futuri sottoscrittori questo lo devono sapere. Il modello di business di Enel Green Power quella della generazione da fonti rinnovabili di energia è un business innovativo, anche se in forte espansione, le cui prospettive, come tutti i business innovativi possono essere anche di grandissimo successo ma presentano ovviamente anche dei rischi. Tranne il “Fatto Quotidiano” che ha criticato il prezzo di collocamento eccessivo (con successiva polemica sull’acquisto degli spazi pubblicitari da parte di Enel) non si riscontra invece un serio ragionamento sull’adeguatezza per un piccolo risparmiatore, con un patrimonio contenuto, di uno strumento come Enel Green Power. Il punto che qui si vuole affacciare è solo uno: chi acquista Egp (acronimo di Enel green Power) si assume un rischio di mercato e di impresa molto elevato. Il che vuol dire che questo rischio potrà portare anche a grandi guadagni in termini di rivalutazione del valore dell’azione, ma anche, se le cose non vanno per il verso giusto, a potenziali perdite. Non si tratta di un’azione tranquilla e questo per due ordini di motivi. Il primo è che Egp opera su mercati apparentemente simili ma che sono dissimili o con logiche diversificate. Una cosa è l’eolico, una cosa sono le biomasse, un’altra è il fotovoltaico. Hanno dinamiche differenti, sono molto esposte, essendo attività relativamente giovani alle innovazioni tecnologiche. E questo significa che sono mercati rischiosi, dove un nuovo player, che potrebbe non essere necessariamente Egp, con una tecnologia innovativa brevettata potrebbe creare gravi problemi al modello di business della stessa Egp. Certo l’azioni Enel ha le spalle forti,e nessuno sta paventando rischi sistemici al business. Ma un’azienda viene valutata n base alla propria redditività futura, e nel caso di Egp questa redditività può oscillare in basso ed in alto in modo rilevantissimo senza che nessuno al momento possa prevederla accuratamente. Il secondo problema, forse anche più rilevante, per Egp è che essa dipende, per la sua redditività e i suoi guadagni dal regolatore pubblico, peraltro non uno ma numerosi spalmati tra Europa e Stati Uniti, campi di azione della società. Le fonti rinnovabili, infatti, in quasi nessun caso sono competitive come costi di produzione con le classiche fonti non rinnovabili, in primis il petrolio. Lo diventano solo a seguito di una spinta dei governi, che investono soldi per spingere verso il consumo di energie da fonti rinnovabili, ritenute a ragione meno impattanti sull’ambiente. Questo processo, che probabilmente è destinato a continuare e forse a rafforzarsi (vedi la spinta in tal senso del nuovo Presidente americano Obama) non è comunque una scelta sulla quale Egp può avere l’ultima parola. Probabilmente si andrà sempre di più su questa strada, ma in teoria è possibile anche il contrario, e dipende dai governi la gestione del processo. E’evidente che anche questo è un fattore di rischio, del quale il piccolo risparmiatore deve essere accuratamente edotto. Ecco perché ritengo Egp un titolo buono, con grandi potenzialità ma solo per un pubblico di investitori specialisti e tecnicamente attrezzati all’analisi del suo modello di business. Nonostante la pubblicità di massa sono convinto invece che il piccolo risparmiatore non sia in grado di valutare adeguatamente il rischio incorporato nell’azienda e pertanto non lo reputo particolarmente adeguato alle sue necessità di investimento.