Libia, stretta Ue: fondi congelati e sanzioni alla Banca centrale

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Accordo all’Ue sulle sanzioni contro la Banca centrale libica e il fondo di investimenti Libyan Investment Authority (Lia), che ha partecipazioni in Finmeccanica, Eni e Unicredit. Lo hanno riferito all’Adnkronos fonti diplomatiche, precisando che i 27 hanno deciso di congelare anche gli investimenti della Lafico, che in Italia detiene il 7,5% della Juventus. L’adozione formale delle sanzioni – che coinvolgerebbero anche un individuo – dovrebbe avvenire giovedì, in occasione del Consiglio competitività o della riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione europea.
L’impegno Ue non si limita alle sanzioni economiche. Bruxelles potrebbe infatti inviare anche una missione diplomatica a Bengasi dopo quella a Tripoli guidata da Agostino Miozzo, responsabile della gestione delle crisi. “Non si può escludere al momento la possibilità che l’Ue lanci una missione anche a Bengasi – ha anticipato Michael Mann, portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera Ue Catherine Ashton – anche se per ora non è prevista”.
Quanto a un’eventuale missione indipendente Onu-Ue in Libia per verificare quanto sta avvenendo, se sarà presa, la decisione arriverà venerdì al vertice Ue straordinario come ogni altra eventuale azione da parte europea nei confronti del Paese mediterraneo, ha precisato Mann, dopo che ne avranno preventivamente discusso i ministri degli esteri dei 27 giovedì a Bruxelles.
Dal canto suo il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Durao Barroso, torna a ribadire durante la plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo che “nessuna ambiguità è pensabile da parte dell’Unione europea”, per cui “un regime che spara sulla sua popolazione non ha posto nel concerto delle nazioni”. Anche se “dire no alle dittature non porta automaticamente lo stato di diritto e la democrazia” e “il cammino a volte può essere tortuoso e comunque non è mai facile”, l’Ue deve sostenere i Paesi della sponda sud del Mediterraneo che hanno aspirazioni democratiche, ha ribadito il presidente dell’esecutivo di Bruxelles.
Intanto, oggi il presidente americano Barack Obama e il premier britannico David Cameron hanno parlato per telefono della situazione in Libia e hanno concordato di portare avanti la pianificazione – anche alla Nato – di un ampio spettro di possibili risposte, tra cui la sorveglianza, assistenza umanitaria, attuazione di un embargo sulle armi e una no-fly zone.
E se la chiusura dei cieli libici per impedire ai caccia di Gheddafi di bombardare i rivoltosi dovesse prendere corpo, le basi sul territorio italiano che il governo metterebbe a disposizione sarebbero Sigonella, Trapani e Gioia del Colle. Per adesso però, fanno notare fonti militari, si tratta più di un’ipotesi che di una prospettiva concreta. Nulla è stato deciso e non sembra che alle Nazioni Unite una risoluzione relativa a una misura su questo tema sia imminente.
Sulle basi, il ministro della Difesa Ignazio La Russa fa sapere: ”Otto caccia da Trapani, Gioia del Colle e Grosseto sono in allerta immediata per la difesa dello spazio aereo nazionale”. Alcuni di questi aerei, ha spiegato, ”sono pronti al decollo in soli 15 minuti per il controllo dello spazio aereo nazionale”. L’allarme ha fatto seguito all’atterraggio, nelle settimane scorse, di due caccia libici a Malta.
E su un possibile intervento militare in Libia, dice: ”Ne parleremo nelle sedi internazionali, l’Italia non ha fatto un intervento militare unilaterale dalla fine della guerra ad oggi”, replica parlando con i giornalisti alla Camera. ”Non c’è nessun intervento militare – precisa La Russa – che non sia stato sotto l’egida di un organismo internazionale”, come la Nato e l’Onu, e ”non cambieremo” questa linea.
L’intervento militare dell’Italia ”è una delle opzioni in campo” di cui però ”si dovrà discutere nelle sedi internazionali”. Opzione che potrebbe essere autorizzata solo dopo il via libera degli organismi internazionali, ”prima di tutto l’Onu. Sicuramente non sarà una decisione unilaterale” precisa La Russa. Il nostro paese, insiste, “dalla fine della guerra non ha mai attuato un’azione militare senza l’autorizzazione degli organismi internazionali”. Secondo il ministro, che ha citato l’esempio del Kosovo, un eventuale intervento di natura militare sarebbe ipotizzabile solo “eventualmente dalla Nato e sotto l’egida dell’Onu”.

Fonte: Adnkronos