Il governo Monti: un progetto di marketing pagato dai poveri cristi

0
342

Lo avevamo detto sin dall’inizio e tutto si sta svolgendo secondo i piani prestabiliti. Il governo “tecnico” guidato da Mario Monti è un costoso spot pubblicitario che la casta sacerdotale della grande finanza internazionale (quella che governa al momento il mondo occidentale) ha imposto all’Italia per evitare un fallimento finanziario. Vedere Mario Monti (un professore di economia senza idee particolarmente brillanti, un commissario europeo costretto alle dimissioni senza troppa gloria nel 1999) sulla copertina di Time come eroe e baluardo dell’Europa fa sicuramente specie. Detta tra di noi, fa anche piacere perché significa che quantomeno lo spot pubblicitario sta funzionando. Il presidente degli Stati Uniti (anche lui inevitabilmente condizionato dai grandi potentati finanziari americani che ne supportano le campagne elettorali) si lancia in lodi sperticate del professor Monti, così come già avevano fatto il duo di Piadena Merkel- Sarkozy. Ma cosa avrebbe fatto di tanto geniale Mario Monti? Nulla o quasi. Ma avendo portato al governo un gruppo di persone gradite all’establishment finanziario (di cui per la verità molti fanno parte a pieno titolo, vedi caso di Corrado Passera o del figlio di Mario Monti) i sacerdoti miliardari che governano il mondo si sono sentiti sollevati, hanno ripreso fiducia e hanno archiviato l’Italia come problema. Addirittura stanno intuendo la possibilità di trasformarla in un esempio. Nella realtà concreta il governo Monti non ha fatto nulla di trascendentale, anzi. Ha varato una manovra di scarsissima qualità economica, la cosiddetta Salva Italia, profondamente ingiusta specie verso i ceti più deboli e fortemente recessiva. Una manovra perla quale non si doveva scomodare il gotha Bocconiano dell’Italia ma bastava il compagno Gigetto. Poi il governo Monti, sempre per confermare il suo status di governo di “supereroi” ha varato a spron battuto una seconda manovra, di presunte liberalizzazioni e quant’altro. In questo secondo calderone ci sono una miriade di misure di dettaglio, alcune utili altre no che hanno solo portato ad un gran fracasso sociale, alle rivolte dei forconi in Sicilia e poi in Italia. Fatta eccezione per l’abolizione delle tariffe minime dei professionisti (misura peraltro già esistente da qualche anno) tutto il resto ha lasciato la sgradevolissima sensazione che ad essere penalizzati non siano state le grandi lobby finanziario/bancarie (che anzi sono state aiutate, vedi tracciabilità dei pagamenti della pubblica amministrazione) ma poveri cristi come tassisti e camionisti. Sempre per mandare avanti il piano di marketing su cui si regge il governo Monti, il signor Attilio Befera, dominus dell’agenzia delle Entrate e di Equitalia (stipendio mezzo milione di euro l’anno) ha avviato una pompatissima campagna mediatica contro l’evasione fiscale. Cortina, Milano, interviste, notizie continue, spot televisivi. D’incanto l’evasione fiscale dei piccoli, dei negozianti e degli artigiani è diventata la madre di tutte le battaglie e lo Stato, grazie a blitz al panettone e allo spumante, la stava vincendo con grande facilità. Peccato che, dietro le fumisterie del marketing ci sia poi la dura e cruda verità. Equitalia incassa 11 miliardi l’anno di recupero di evasione che tutto è meno che evasione fiscale. Si tratta per la gran parte di errori di calcolo dei contribuenti o imposte non pagate per mancanza di liquidità. Per recuperare queste somme Equitalia costa al contribuente 1,2 miliardi di euro l’anno. Un carrozzone poco efficiente e praticamente superfluo. Ma questo non lo dice nessuno (tranne Beppe Grillo che si è beccato l’accusa di sabotatore dello stato italiano). Punto secondo. La vera evasione fiscale, secondo un accurato studio in Italia non è risiede nei piccoli contribuenti, specie coloro che operano al dettaglio (quelli che non fanno lo scontrino per intenderci). Secondo questo studio, ammesso e non concesso che tutti questi soggetti dichiarassero togni euro incassato, lo stato italiano alla fine recupererebbe al massimo 8 miliardi di euro. E dove sta allora la grande evasione fiscale italiana? In due soggetti che il governo Monti o non ha sfiorato (anzi ha fatto un’amnistia mascherata con lo svuota carceri) o ha addirittura agevolato ( i piaceri alla grande finanza e alle banche). La criminalità organizzata è la prima fonte di evasione fiscale in Italia, con 78 miliardi di gettito nascosto al fisco. La seconda fonte di evasione fiscale sono le grandi aziende che grazie alla loro forza fanno sparire gli imponibili all’estero e non versano imposte allo stato italiano per ben 34 miliardi di euro. Questa è la realtà, altro che il pasticciere con la Ferrari. Ma sin dai tempi di Goebbels la propaganda non va troppo per il sottile. Serviva il messaggio che l’evasione fiscale in Italia si stava debellando. E con i soliti poveri cristi il messaggio è stato molto più facile da confezionare. Infine, mentre finalmente lo spread f si abbassava, Monti si inventava anche un decreto semplificazioni. Un decreto che praticamente non semplificava niente e che deve essere riapprovato dal consiglio dei ministri perché la prima bozza aveva tali e tanti difetti da non potere essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Signori questo è marketing puro. Il punto è uno solo: visto che a ciascun italiano, specie quelli meno agiati (come sono invece tutti i membri di questo governo/club del Rotary) tra Imu, benzina, Iva e quant’altro Monti è costato un botto si spera che tutti questi spot sulle magnifiche sorti e progressive dell’Italia governata dai professori servano a qualcosa, salvino i nostri risparmi e evitino conseguenze disastrose all’economia italiana. Che poi sia tutta una fiction beh questo è un altro discorso.

di Pietro Colagiovanni