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Accertamento Iva e imposte dirette. Sugli immobili, ritorno al passato

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L’abrogazione della presunzione legale legata al valore normale ha effetti anche per il periodo ante Dl 223/06

L’abrogazione delle norme attribuenti agli uffici il potere di rettificare la dichiarazione Iva e il reddito d’impresa del contribuente che avesse dichiarato, nella cessione di beni immobili, un corrispettivo inferiore al valore normale degli stessi, produce effetti, con riguardo alle situazioni non ancora definite, anche per il periodo precedente alla loro introduzione (Dl 223/2006).
Questo ha precisato l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 18/E del 14 aprile.
L’intervento dell’Amministrazione fa così chiarezza sugli “effetti temporali” della modifica normativa, operata dalla legge comunitaria 2008.
Dal Dl 223/2006 alla Comunitaria 2008
Il decreto legge 4 luglio 2006 aveva introdotto una presunzione legale relativa a favore degli uffici che, nell’ambito dell’attività di accertamento dell’Iva (articolo 54, terzo comma, Dpr 633/19712) e del reddito d’impresa (articolo 39, primo comma, lettera d), del Dpr 600/1973), collegata alle cessioni di immobili, potevano provare “l’infedeltà” sulla base dello scostamento tra il corrispettivo delle cessioni e il valore normale dei beni. Valore normale, per la cui individuazione era poi arrivato – facendo seguito alla relativa previsione contenuta nella Finanziaria 2007 – il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate 27 luglio 2007 (cosiddetto provvedimento “valori OMI”, l’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia del Territorio).
Successivamente, considerata l’incompatibilità – in relazione all’Iva – dell’intervento normativo, gli articoli 54 del Dpr 633/1972 e 39 del Dpr 600/1973 sono stati riportati “allo stato originario”, eliminando le disposizioni figlie del “Visco-Bersani” e ripristinando, in sostanza, il quadro normativo esistente prima del 4 luglio 2006.
Ma, con riguardo alle situazioni non ancora definite, cosa accade per il periodo compreso fra l’entrata in vigore del decreto legge 223/2006 (4 luglio 2006) e la decorrenza delle disposizioni contenute nella Comunitaria 2008 (15 luglio 2009 per l’Iva e 29 luglio 2009 per le imposte sui redditi)?
Il chiarimento dell’Agenzia
L’Amministrazione ha, come anticipato, chiarito che l’abrogazione della presunzione legale relativa, a suo tempo introdotta dal Dl 223/2006, produce effetti anche con riferimento al periodo pregresso: “Tanto si desume dalla circolare n. 11 del 16 febbraio 2007, paragrafo 12.4, con la quale è stato affermato che la norma introdotta dal decreto-legge n. 223 del 2006 (e – a maggior ragione – la successiva norma abrogativa) ha natura procedimentale e che, pertanto, ha efficacia anche per le rettifiche relative ai periodi d’imposta ancora accertabili”.
Lo scostamento fra valore normale dell’immobile e corrispettivo dichiarato della cessione ritorna, quindi, ad avere la valenza di elemento presuntivo semplice senza limiti temporali, con gli uffici che sono, di conseguenza, chiamati a esaminare le controversie pendenti, abbandonando quelle derivanti da accertamenti – alla luce del modificato quadro normativo – non adeguatamente provati. Accertamenti, cioè, non basati, su ulteriori elementi idonei a supportare la pretesa di recupero (come, ad esempio, il mutuo richiesto dall’acquirente per un importo che eccede quello della compravendita, prezzi emergenti dalla ricostruzione dei ricavi operata in seguito a indagini finanziarie, oppure da precedenti atti di compravendita aventi a oggetto lo stesso immobile), che si affiancano alla sola e semplice differenza fra il valore normale e il corrispettivo.
r.fo.

Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/normativa-e-prassi/articolo/accertamento-iva-e-imposte-dirette-sugli-immobili-ritorno-al-passato

Formazione per le PMI del Lazio 2010

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Parte il III ciclo dei seminari gratuiti IntFormatevi, una iniziativa realizzata da SprintLazio e ICE – Istituto nazionale per il Commercio Estero, nell’ambito delle attività congiunte a sostegno dell’internazionalizzazione dei sistemi produttivi locali, che si rivolge alle PMI laziali che intendono dare una dimensione internazionale alla propria attività.
Aperte le iscrizioni ai seminari

Il percorso formativo per il 2010 è organizzato in collaborazione con BIC Lazio e Unioncamere Lazio, in qualità di partner della rete EEN – Enterprise Europe Network, struttura che riunisce a livello europeo 570 organizzazioni di sostegno alle imprese, ed è strutturato in 6 workshop gratuiti della durata di una giornata che si rivolgono ad imprenditori, dirigenti e quadri d’impresa di aziende laziali e che riguardano temi di interesse strategico per affrontare i percorsi di internazionalizzazione. Le giornate formative saranno organizzate a rotazione nelle cinque province regionali con il contributo del sistema delle Camere di Commercio del Lazio.
Questa iniziativa congiunta rientra, inoltre, nell’edizione 2010 della “Settimana delle PMI”, organizzata dalla DG Enterprise che prevede una serie di eventi, decentralizzati in tutta Europa, pensati per offrire alle PMI un’occasione di condivisione delle esperienze consentendo di trarre spunti utili per sviluppare ulteriormente i loro affari.
Le passate edizioni, durante le quali sono stati svolti 11 seminari, hanno registrato la partecipazione di oltre 400 imprenditori (link in basso).
Fonte: http://lazio-side.it/attualita/news/formazione-per-le-pmi-del-lazio-2010.html

Polizze dormienti: le ultime novità

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Il decreto legge 40, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso 25 marzo, oltre a definire importo e settori d’interesse degli incentivi al consumo, ha scritto un’ulteriore fase della storia infinita delle polizze dormienti. Nello specifico, il decreto ministeriale ha cancellato la retroattività delle norme contenute nella legge 166/2008, relativa al versamento degli importi non riscossi delle polizze vita nel Fondo per le vittime dei crack finanziari.
La novità

In base a quanto stabilito dal recente decreto incentivi, dunque, quanto previsto dalla precedente normativa si applicherà solo “ai contratti nei quali la prescrizione non era ancora maturata alla data del 28 ottobre 2008, quando cioè era stata introdotta la legge sule polizze dormienti”.

La normativa

Il decreto, insomma, va a intervenire proprio sull’aspetto più critico della normativa già in vigore. La legge 166 del 27 ottobre 2008, altrimenti nota come “decreto Alitalia”, prevede che finiscano al Fondo ministeriale per le vittime delle frodi finanziarie e non ai legittimi beneficiari, i soldi delle polizze vita non riscattate entro due anni dalla morte del contraente. Le critiche dei consumatori e dell’opinione pubblica si sono da subito concentrate sulla retroattività delle disposizioni di legge, simile a un balzello imposto a quanti non fossero al corrente della nuova normativa.

Le critiche non si spengono

Le associazioni dei consumatori incassano le modifiche alla legge come una vittoria parziale. Come spiega il Movimento Consumatori, infatti: “La norma prevede che non debbano essere automaticamente devoluti al Fondo per le vittime degli scandali finanziari (ma utilizzato dal Governo per altri fini: stabilizzazione dei precari, social card, ricerca ecc.) solo gli importi per i quali non era maturata la prescrizione al 28 ottobre 2008. Sono, quindi, salvi solo gli eredi degli assicurati deceduti prima del 27 ottobre 2007 per i quali non sia già avvenuto il trasferimento al Fondo. Pare, anche se non sono al momento disponibili dati ufficiali, che siano stati trasferiti quasi 10 milioni di euro di indennizzi”. Nel caso l’assicurato sia deceduto dopo il 27 ottobre 2007, invece, verrà disposto il trasferimento degli importi per coloro che non abbiano interrotto la prescrizione entro due anni. Per il futuro, infine, dovranno essere trasferiti ai fondi tutti gli importi non reclamati entro due anni.
Fonte: http://www.borsaitaliana.it/notizie/finanzapersonale/assicurazioni/dettaglio/polizzedormienti321.htm

Bollette: sale il gas scende l’elettricità

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Dal 1 aprile ulteriori rincari nelle bollette del gas mentre scenderà la spesa per l’elettricità. E’ quanto ha fatto sapere l’Autorità per l’Energia elettrica ed il gas che ha annunciato che a risentirne di più saranno i consumatori che non fanno parte del mercato libero, ma che rientrano ancora nel segmento della “maggior tutela”.
Le nuove bollette del gas
Se l’energia elettrica continua a ribassare in modo consistente, ora del 3,1% , al contrario, il gas cresce del 3,6% dovuto agli andamenti determinati dai forti aumenti del petrolio +60% in un anno e dalle quotazioni cui è agganciato anche il gas.
In seguito alla revisione delle tariffe, dunque, la spesa media per l’elettricità di una famiglia tipo si riduce di circa 13 euro su base annua (da sommare alle riduzioni di 39 euro del 2009 e di 10 euro di inizio 2010). La famiglia italiana tipo, quindi, spenderà 34 euro in più per la bolletta del gas su base annua. Tuttavia, svolgendo questa considerazione, non si può dimenticare che nel corso del 2009 il gas ha subito delle forti riduzioni dei prezzi (-16,4,%) consentono di mantenere la spesa annua ancora inferiore, di 32 euro, rispetto a quella del 1° aprile 2009. In base a tutto ciò, dunque, la spesa totale per gas ed elettricità di una famiglia tipo italiana rimane inferiore del 4% (ovvero di 59 euro più bassa), su scala annuale, in confronto a quella di un anno fa.
Quali soluzioni
Secondo i calcoli di Altroconsumo scegliere un fornitore di energia passando al mercato libero consente di ottenere un risparmio in bolletta di più del 10%. Scegliere l’offerta più conveniente in base alle proprie esigenze ed abitudini può essere un modo per risparmiare sulle spese di luce e gas.
Altro consumo però chiarisce che i consumatori continuano a non capire le offerte proposte sul mercato libero e non si fidano a cambiare fornitore. Diversi i problemi, che vanno dall’attivazione non richiesta dei contratti da parte degli operatori alla scarsa leggibilità delle bollette, elementi sui quali l’Autorità di garanzia deve intervenire. Per far funzionare il mercato aperto alla concorrenza tra gli operatori le offerte devono essere chiare, comprensibili e confrontabili.

Fonte: http://www.borsaitaliana.it/notizie/finanzapersonale/risparmio/dettaglio/certificazioneimpianti445.htm

Fisco, le novità del decreto incentivi

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Approvato venerdì, il decreto legge 40/2010, oltre agli incentivi per il sostegno al consumo in particolari settori, introduce anche rilevanti novità nei settori della lotta alle frodi internazionali e della riduzione del contenzioso.
Incentivi
La somma messa definitivamente a disposizione del Fondo per l’erogazione degli incentivi di sostegno al consumo, alla mobilità sostenibile, all’efficienza energetica, alla sicurezza sul lavoro e all’innovazione (istituito presso il ministero dello Sviluppo economico) è pari a 300 milioni di euro. La versione finale del decreto legge prevede bonus per l’acquisto di motocicli elettrici ed elettrodomestici ad alta efficienza energetica, ma anche incentivi per la realizzazione di immobili rispondenti ai parametri del risparmio energetico e per l’acquisto di macchine per uso agricolo. Tra le misure predisposte, inoltre, figurano anche scontri per chi compera motori ad alta efficienza e per la nautica da diporto. Nei prossimi giorni, con un decreto del ministero dello Sviluppo economico (in concerto con il Mef e con il ministero dell’Ambiente), saranno rese note le modalità di erogazione dei contributi e i tetti massimi previsti per ciascuna tipologia.
Novità nella lotta al fisco
Dal decreto legge esce rafforzata la lotta all’evasione internazionale. In base al testo della legge, rispondendo alle nuove norme Ue sulla fatturazione elettronica, tutti i possessori di partita Iva saranno tenuti a comunicare per via telematica all’Agenzia delle Entrate qualsiasi cessione di beni e prestazione di servizi effettuata e ricevuta nei confronti di soggetti economici dei Paesi black list (segnalati dai decreti del ministero dell’Economia e delle Finanze del 1999 e del 2001.
Il taglio al contenzioso
Il testo del decreto innova in maniera sostanziale anche le procedure del contenzioso tributario. In particolare, il contribuente – nella conciliazione giudiziale – dovrà fornire una garanzia adeguata per il pagamento delle rate di quanto dovuto solo quando l’importo delle rate successive oltrepassi il valore di 50mila euro.
Fonte: http://www.borsaitaliana.it/notizie/finanzapersonale/fisco/dettaglio/decretoincentivi123.htm

Pensioni. La previdenza complementare cresce

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Nel 2009 la previdenza complementare in Italia è cresciuta, ma in misura inferiore di quanto aveva fatto nel corso dell’anno precedente. A rivelarlo sono i numeri raccolti da uno studio del Centre for applied research in finance (Carefin Bocconi), che ha scandagliato nei minimi dettagli il settore delle forme pensionistiche private.
I numeri generali
Interpellando e intervistando operatori del settore, autorità di vigilanza e il legislatore, i ricercatori hanno appurato che, a tutto dicembre 2009, erano più di 5 milioni gli italiani iscritti a forme pensionistiche complementari. Dietro ai numeri assoluti si nasconde una crescita su base annua delle pensioni complementari pari al 4,7%, un tasso di sviluppo inferiore a quello registrato nel 2008. Guardando ad altri aspetti, si sottolinea come il rendimento medio aggregato delle forme pensionistiche complementari nel 2009 è stato dell’8,5% per i fondi negoziali e dell’11% per i fondi aperti, mentre i piani individuali hanno raggiunto un rendimento del 16,5%.
Aspetti critici del sistema
La ricerca si è dedicata anche all’analisi dei passaggi critici del sistema pensionistico complementare in Italia. Tra le principali problematiche, il Carefin ha segnalato: la scarsa attenzione alla fase di erogazione delle rendite, l’asimmetria tra i lavoratori privati e quelli pubblici (di fatto esclusi dai fondi pensione collettivi) e il rischio che a fare ricorso alle pensioni private siano soprattutto i lavoratori più ricchi e più tutelati. Riguardo al primo punto, al Carefin ritengono opportuno che si inizi a “spostare l’attenzione dalla fase di accumulo delle risorse a quella di erogazione delle rendite, ad esempio introducendo maggiori vantaggi fiscali per chi sceglie di percepire una rendita rispetto a chi opta per la liquidazione dell’intero capitale”.
Maggiore informazione tra i lavoratori
Inoltre, si ritiene fondamentale anche un impegno puntuale nell’allargamento dell’educazione previdenziale. Nello specifico, sarebbe opportuno diffondere la conoscenza delle regole introdotte nel 2010 per il calcolo della pensione pubblica, tramite cui si perverrà a una drastica riduzione del tasso di sostituzione (il rapporto tra la pensione e l’ultima retribuzione percepita dal lavoratore). La scarsa familiarità che i lavoratori hanno con lo strumento del fondo pensione, infatti, potrebbe essere alla base di uno squilibrio quasi paradossale nella diffusione di quest’ultimo. A tale proposito, va ricordato che la Covip (che si occupa della vigilanza sui fondi pensione) ha registrato una maggiore adesione a forme di previdenza complementare tra quanti, godendo di stipendi più alti e quindi in futuro di pensioni pubbliche più elevate, avrebbero meno bisogno di farvi ricorso. Sembra utile, dunque, rendere coscienti i lavoratori dell’esiguità delle pensioni pubbliche future e dell’utilità di avvicinarsi, anche se precari e a reddito medio-basso, allo strumento dei fondi pensione.
Fonte: http://www.borsaitaliana.it/notizie/finanzapersonale/pensioni/dettaglio/cresceprevidenzacomplementare218.htm

Gestione del rischio fiscale Ue. In rete l’update alla guida 2010

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Sul sito della Taxud, aggiornato il manuale dedicato all’analisi comportamentale del contribuente
Che cosa provoca un comportamento inadempiente sotto il profilo fiscale da parte di cittadini e imprese? Quali sono gli strumenti di trattamento che devono essere utilizzati per incoraggiare la conformità ed evitare gli inadempimenti? Come deve comportarsi una Amministrazione finanziaria se l’inadempimento trova origine da una legislazione complessa o da una scarsa conoscenza della normativa da parte del contribuente? A tutti questi interrogativi risponde l’aggiornamento alla guida alla gestione dei rischi, denominato gestione dei rischi di conformità, redatto da funzionari delle Amministrazioni finanziarie degli Stati membri dell’Unione europea. Si tratta di un argomento relativamente nuovo e in fase di sviluppo per la maggior parte delle Amministrazioni finanziarie. Deriva dal principio fondamentale che comprendere un comportamento è il primo passo per poterlo influenzare. Le Amministrazioni finanziarie, per definire i modelli di comportamento, si avvalgono di analisi che permettono di evidenziare i fattori che più influiscono sul loro manifestarsi e la loro conoscenza consente di definire i trattamenti più adatti a indirizzarli nella direzione desiderata.
Le caratteristiche della guida
L’aggiornamento, rispetto alla versione di base, si concentra sugli strumenti che ogni Amministrazione deve essere in grado di mettere in campo per favorire l’adempimento spontaneo degli obblighi tributari da parte dei contribuenti. Alcuni anni fa il concetto di gestione del rischio trovava applicazione soltanto con riferimento alle verifiche fiscali. L’idea, presentata nel 2006 in occasione di un seminario organizzato nell’ambito del programma europeo Fiscalis, è stata poi trasformata in una pubblicazione sul sito internet della Commissione. Oggi la guida costituisce un utile vademecum con informazioni di approfondimento e buone prassi a uso e consumo delle Amministrazioni finanziarie.
Il concetto di gestione del rischio di conformità
La gestione del rischio di conformità potrebbe essere descritta come un processo sistematico nell’ambito del quale una Amministrazione finanziaria compie alcune scelte intenzionali per favorire l’adempimento spontaneo degli obblighi tributari in base alle conoscenze della società, del comportamento dei contribuenti e alle loro reali possibilità. La scienza comportamentale ha infatti dimostrato che la sola applicazione di sanzioni penali non costituisce la risposta giusta (e può anzi avere un effetto negativo) se l’inadempimento è provocato da una legislazione complessa o da una scarsa conoscenza della normativa da parte del contribuente. Ogni Amministrazione finanziaria deve essere nelle condizioni di far coincidere la propria strategia (di conformità) con l’atteggiamento e le motivazioni del contribuente.
L’identificazione e l’analisi del rischio
L’obiettivo della gestione dei rischi di conformità è consentire a ogni Amministrazione finanziaria di raggiungere i propri obiettivi strategici preparando i manager d’azienda affinché siano nelle condizioni di assumere le decisioni più appropriate. La guida, manuale teorico-pratico destinato a un vasto bacino di lettori, dai politici allo staff operativo, presenta una panoramica completa dei fattori che influenzano l’ambiente in cui il rischio di conformità è più marcato e la sequenza di azioni da compiere. In particolare l’identificazione e l’analisi del rischio, le priorità, il trattamento, la valutazione e la contestualizzazione, gli obiettivi e la strategia. Il quadro teorico è poi supportato da alcuni esempi pratici forniti dagli Stati membri dell’Unione europea. In questo modo è possibile utilizzare al meglio le esperienze acquisite e procedere a uno scambio delle informazioni in materia di rischio fiscale.
Gianluca Di Muro
Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/dal-mondo/articolo/gestione-del-rischio-fiscale-ue-rete-lupdate-alla-guida-2010

Beni in sospensione di accisa: dalle Dogane arrivano le news

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I rappresentanti fiscali potranno acquisire la qualifica di depositario autorizzato o destinatario registrato
Con la nota 49125 del 9 aprile, l’Agenzia delle Dogane interviene per fare chiarezza sulle novità introdotte dal Dlgs 48/2010 che dà attuazione alla direttiva comunitaria 2008/118/Ce sulla libera circolazione dei prodotti soggetti ad accisa e apporta sostanziali modifiche al relativo Testo unico.
In particolare, la nota fornisce delucidazioni sul ruolo dei soggetti obbligati nella circolazione in sospensione di accisa.

Il documento precisa che gli operatori registrati al 1° aprile (giorno di entrata in vigore del decreto legislativo) continuano a svolgere la propria attività come destinatari autorizzati. Coloro che, invece, dalla stessa data richiedono la qualifica di destinatario registrato, in attesa dell’adeguamento della procedura “Anagrafica accise”, saranno “immatricolati” seguendo lo stesso iter valido per gli operatori professionali.

I rappresentanti fiscali possono, al ricorrere dei requisiti necessari, acquisire la qualifica di depositario autorizzato o destinatario registrato per la ricezione dei prodotti in regime sospensivo.

Inoltre, il debitore dell’accisa sui prodotti già immessi in consumo in un altro Stato Ue, acquistati da privati e spediti o trasportati nel territorio dello Stato dal venditore o per suo conto, è il rappresentante fiscale del venditore autorizzato secondo criteri stabiliti da una futura determinazione del direttore delle Dogane.

Infine, la nota invita gli uffici territoriali a non ostacolare la circolazione di beni nell’ambito comunitario e a permettere ai rappresentanti fiscali di continuare a operare, occupandosi anche del pagamento dell’accisa nell’ambito della circolazione sia ad imposta assolta sia in sospensione.

Tutto questo, nell’attesa che vengano esaminate dall’Amministrazione le istanze presentate dagli stessi rappresentanti fiscali per ottenere la qualifica di destinatario registrato o depositario autorizzato in relazione alle movimentazione verso operatori che, esercitando attività economica, potrebbero essere autorizzati a operare come destinatario registrato.
r.fo.
http://www.nuovofiscooggi.it/normativa-e-prassi/articolo/beni-sospensione-di-accisa-dalle-dogane-arrivano-le-news

Buono il metodo induttivo, anche in contabilità ordinaria

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Valide sia la ricostruzione del volume d’affari dell’ufficio sia l’ispezione della GdF a casa del contribuente
Accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, con la sentenza n. 7813 del 31 marzo, la Corte di cassazione ha stabilito, in tema di determinazione del reddito d’impresa, che se l’amministratore di un’azienda è intestatario di due utenze telefoniche, una relativa al deposito e l’altra figurante come abitazione, può essere legittimata la verifica ispettiva della Guardia di finanza nel domicilio reale del contribuente.
Il fatto
Il contenzioso trova origine nei rilievi mossi dall’Amministrazione finanziaria nei confronti del contribuente, principalmente sotto il profilo della ricostruzione del volume d’affari e del reddito imponibile (omessa contabilizzazione di ricavi/corrispettivi), anche per il tramite del metodo di accertamento induttivo, considerate le gravi incongruenze riscontrate in sede di verifica della Guardia di finanza conclusa con correlato processo verbale di constatazione.
Il verificato, esercente attività di commercio all’ingrosso di salumi e formaggi, si oppone all’atto impositivo notificato, eccependone sostanzialmente:
l’invalidità della motivazione, in quanto asseritamente priva di validi supporti sostenibili poiché basata su semplici assunti presuntivi
l’illegittimità dell’imputazione a proventi non dichiarati delle movimentazioni risultanti dal conto corrente bancario intestato al contribuente perché frutto di una inammissibile sommatoria aritmetica delle operazioni, ascrivibili invece a versamenti e prelevamenti “per legittime necessità economiche” del titolare e dei propri familiari.
Le asserzioni del contribuente trovano pieno accoglimento in Commissione tributaria provinciale, con conferma anche in secondo grado, nella cui decisione la Ctr motiva:
che la Guardia di finanza ha ispezionato illegittimamente l’abitazione del contribuente senza che ricorressero, nella specie, i presupposti previsti dall’articolo 52, comma 2, del Dpr 633/1972, ossia l’imprescindibile sussistenza di “gravi indizi” di violazioni alla normativa tributaria
che l’autorizzazione all’accesso da parte della competente Procura della Repubblica fosse sfornita di motivazione e che, per l’effetto, il susseguente avviso di accertamento avesse recepito “acriticamente”, le argomentazioni valorizzate nel propedeutico verbale ispettivo trasmesso all’ufficio
l’illegittima imputazione a ricavi d’impresa delle operazioni attive e passive eseguite sul conto corrente bancario per le ragioni esposte dal contribuente, tanto più che l’impresa operava in regime di contabilità ordinaria (articolo 14, Dpr 600/1973), cosicché le scritture contabili dell’impresa – per tale ragione – farebbero piena prova a favore dell’imprenditore e non dell’ente impositore.
Nell’osteggiare tali argomentazioni, con ricorso per cassazione, l’Amministrazione finanziaria contrappone la fondatezza della pretesa erariale, per conformità sia alla normativa civilistica sull’onere della prova (articoli 2727 e 2729 c.c.) e sull’efficacia probatoria delle scritture contabili (articolo 2709 c.c.), sia alla normativa fiscale in materia (articoli 51 e 52 del Dpr 633/1972, articolo 75 del Dpr 917/1986 e articoli 32 e 39 del Dpr 600/1973). Semmai sarebbe illegittima, illogica, manifestamente omissiva e contraddittoria la motivazione della sentenza di seconde cure, soprattutto in merito al rilievo preliminare circa l’accesso domiciliare della Guardia di finanza.
La decisione
La Suprema corte assume la fondatezza del ricorso andando a demolire dalle radici più profonde le motivazioni della sentenza impugnata, assegnando così al giudice del rinvio l’arduo compito della ricostruzione in termini della controversia, bilanciando con le dovute considerazioni gli elementi “trascurati o contraddittoriamente valutati” dalla sentenza annullata.
A indurre tale rigore metodologico sono le trame argomentative della decisione di secondo grado, “gravemente carenti” nella valutazione degli elementi di fatto oggetto del giudizio di appello.
Infatti, nella sentenza 7813/2010, è evidenziato che sono stati negligentemente trascurati nella valutazione del secondo giudice i circostanziati elementi di “pericolosità” fiscale rapportati dall’ufficio finanziario al procuratore della Repubblica per il rilascio del provvedimento autorizzativo all’accesso, come:
la redditività denunciata dal contribuente, in termini di volume d’affari e ricavi, che risultava di gran lunga inferiore alla potenzialità reale dell’attività esercitata dall’impresa
la sede dell’attività dichiarata dall’impresa come effettiva (ex articolo 35, Dpr 633/1972), che veniva invece utilizzata per magazzino (operazioni di carico e scarico delle merci, peraltro limitatamente a un orario fisso della giornata)
e, soprattutto, l’intestazione di due utenze telefoniche, ove la sede effettiva veniva indicata come deposito, mentre l’abitazione veniva dichiarata come sede reale della vendita all’ingrosso dei beni commercializzati (salumi e formaggi).

Tutte le indicate circostanze indiziarie, che facevano ragionevolmente presupporre l’esistenza di una situazione di diritto (simulata) contraria a quella di fatto (dissimulata), non sono state valorizzate nella loro esatta dinamica dalla Commissione regionale nel momento in cui ha espresso un giudizio di insufficienza motivazionale sull’autorizzazione all’accesso.
Mentre l’ufficio, avendole rappresentate nell’istanza alla Procura, ha trovato positivo riscontro e legittimazione nell’accoglimento della richiesta medesima. Senza trascurare di evidenziare poi che, trattandosi di una tematica molto delicata (l’accesso domiciliare incide su posizioni soggettive garantite dalla Costituzionequale l’inviolabilità del domicilio), il giudice del riesame è stato erroneamente indotto a credere in un provvedimento privo degli idonei supporti normativi.
Altra grave carenza della sentenza impugnata concerne il merito dell’accertamento susseguente alla verifica bancaria, implementato invece con sufficienza, prima, dalla Guardia di finanza, poi, dall’ufficio, nel cui iter procedimentale è emerso che sul conto corrente personale dell’imprenditore erano confluite somme di gran lunga superiori agli importi dei ricavi risultanti dai libri contabili dell’impresa nell’anno considerato.
Tali afflussi non sono stati affatto giustificati dal contribuente, come richiedono le norme interessate ai fini della prova della non inerenza delle movimentazioni bancarie con l’attività dell’impresa, contenute, rispettivamente, negli articoli 32 del Dpr 600/1973 e 51 del Dpr 633/1973, venendosi così a realizzare il fondato convincimento che trattasi di proventi dell’attività “deviati” ai fini di eludere la tassazione, convincimento “rafforzato” anche dal rinvenimento, durante la verifica strumentale presso l’abitazione del titolare della ditta, di documentazione extra-contabile dalla quale emergevano operazioni non fatturate, annotate separatamente rispetto a quelle registrate nella contabilità ufficiale.
La decisione impugnata non trae, inoltre, alcun “insegnamento” dall’orientamento consolidato della Cassazione, secondo cui, in tema di accertamento delle imposte sui redditi e dell’Iva, i dati raccolti dall’ufficio in sede di accesso ai conti correnti bancari del contribuente consentono, in virtù della presunzione contenuta nelle norme, di imputare gli elementi da essi risultanti direttamente a ricavi dell’attività d’impresa, salva la possibilità per il contribuente di provare che determinati accrediti non costituiscono proventi della detta attività (cfr, sentenze 326/2009, 430/2008, 3115/2006, 8614/2003 e 4601/2002).
Peraltro, la Corte rimarca il fatto che “tutte le movimentazioni in entrata ed uscita sono state operate dal contribuente in dare e avere sul conto “titolare” e sul conto “cassa”, con regolari annotazioni sul mastrino nella più assoluta trasparenza e che tali passaggi sono comunque riferiti ad operazioni non attinenti all’impresa”, ma anche di tali rilevanti circostanze la Ctr non si è fatta alcun carico, tanto da legittimarne la regolarità basandola sulla considerazione surrettizia che un regime di contabilità ordinaria opererebbe una sorta di “scudo” per ripararsi dalle irregolarità contabili e dichiarative commesse.
La prassi giurisprudenziale
Sull’erroneo convincimento della Ctr, riguardo l’illegittima “sommatoria” di versamenti e prelievi ai fini della ricostruzione induttiva del reddito di impresa, la giurisprudenza di legittimità (cfr, Cassazione, sentenze 587/2010, 4589/2009, 13818/2008, 14018/2007, 2450/2007, 19920/2006, 3115/2006 e 28342/2005) ha ripetutamente affermato il principio che nel processo tributario, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari:
da un lato, è onere del contribuente, a carico del quale si determina un’inversione legale dell’onere della prova, dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non siano riferibili a operazioni imponibili
dall’altro, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, ex lege, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti medesimi.

Giova inoltre aggiungere che l’assunto, valorizzato dalla giurisprudenza, trova specifico supporto normativo nell’articolo 32, comma 1, n. 2), del Dpr 600/1973, il quale, nel testo in vigore all’epoca dei fatti, disponeva (e dispone) che i singoli dati ed elementi risultanti dai conti sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto a imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine.
Alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi a base delle stesse rettifiche, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario, i prelevamenti annotati negli stessi conti e non risultanti dalle scritture contabili.
Con specifico riferimento all’Iva, la stessa giurisprudenza (cfr Cassazione, sentenze 26312/2009, 25473/2008 e 19447/2005) ha affermato che l’emissione di assegni da parte dell’amministratore, non giustificata da documentazione commerciale, fa legittimamente presumere che la società abbia effettuato operazioni non fatturate di acquisto e rivendita di beni, potendosi partire dalla presunzione legale prevista dall’articolo 51, comma 2, del Dpr 633/1972, per la quale i prelevamenti annotati nei conti correnti bancari sono serviti per acquistare merci successivamente commercializzate, per poi costruire su tale prova legale i conseguenti passaggi logici, vale a dire che le merci non rinvenute nei luoghi in cui il contribuente esercita la sua attività sono state poi rivendute con la percentuale di ricarico applicata normalmente dalla società.
In effetti, con la norma contenuta nell’articolo 51, il legislatore ha imposto una regola di giudizio inderogabile (presunzione legale), salvo prova contraria (non fornita nella specie), secondo la quale gli organi dell’accertamento, prima, e il giudice, poi, non possono valutare diversamente i prelevamenti se non come relativi ad acquisti. Pertanto, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, correttamente gli organi di controllo fiscale, nella ricostruzione dei ricavi sottratti a imposizione, sono partiti dal dato certo (per dettato legislativo) che tutti i prelevamenti dai conti dell’amministratore sono serviti per acquisti relativi all’attività di produzione e commercio della ditta stessa.
Infine, a proposito dell’ulteriore postulato del giudice del riesame, secondo cui una contabilità ordinaria farebbe piena prova a favore dell’imprenditore, si ricorda che l’adozione del metodo induttivo, in sede di accertamento delle imposte, non trova alcuna causa ostativa nella regolare tenuta della contabilità da parte del contribuente, laddove gli elementi, i dati e le notizie in possesso dell’Amministrazione finanziaria assumano rango di materiale indiziario sufficiente per fondare presunzioni munite dei caratteri di gravità, precisione e concordanza suscettibili di inficiare l’attendibilità formale delle scritture contabili (cfr Cassazione, sentenze 7184/2009, 18421/2005 e 8422/2002).
Salvatore Servidio

http://www.nuovofiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/buono-il-metodo-induttivo-anche-contabilita-ordinaria

Accertamento ed entrate tributarie: una combinazione sempre vincente

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Sul Bollettino del dipartimento delle Finanze i dati del gettito erariale relativo ai primi due mesi del 2010
Buono l’andamento delle entrate tributarie nel bimestre gennaio-febbraio 2010, che raggiungono, complessivamente, quota 56.279 milioni di euro. Il dato è evidenziato nel Bollettino n. 96 pubblicato sul sito del dipartimento delle Finanze insieme alla Nota tecnica che lo accompagna e ne spiega i contenuti.

Confrontando i dati con quelli registrati nello stesso periodo dello scorso anno, guadagnano il segno + Ire (1,4%), Iva (0,8%) e, ancora, le imposte di fabbricazione (0,7%), di consumo sul metano (19,5%) e quelle sulle transazioni (3,4%).
Il premio per la migliore performance spetta però alle entrate erariali frutto dell’attività di accertamento e controllo, che crescono di ben 39,6 punti percentuali.

Guardando più da vicino i numeri riportati nel Bollettino, seppur evidenziabile una leggera flessione del gettito rispetto allo stesso bimestre del 2009 (-1,4% con una perdita di 809 milioni di euro), il dato appare imputabile, principalmente, secondo quando precisato nella Nota tecnica pubblicata, all’andamento negativo dell’imposta sostitutiva sui redditi e delle ritenute su interessi, premi e altri redditi da capitale, corrisposti da aziende e banche, non riferibili, per la modalità di calcolo applicate, all’attuale situazione economica, ma a situazioni finanziarie riguardanti anni precedenti: in questo settore il calo è stato del 66,9%.
Viceversa, commentano i tecnici delle Finanze, sono in rialzo le entrate legate alla produzione e ai consumi, segnale evidente di una congiuntura economica in risalita.

Ire e Ires, chi sale e chi scende
Più nel dettaglio, le imposte dirette sono scese complessivamente di 964 milioni di euro, ma anche qui è utile fare dei distinguo. L’Ire, come già segnalato, è in salita, mentre l’Ires ha perso 31 milioni rispetto al 2009, differenza ancora non definitiva e che potrebbe essere bilanciata, come già avvenuto lo scorso anno, con l’acquisizione, nel mese prossimo, da parte del bilancio dello Stato, del secondo acconto versato dalle imprese con esercizio a cavallo dell’anno solare.

In rialzo le imposte indirette
Sul fronte delle imposte indirette, i segnali sono positivi. Gli incassi ammontano a 23.670 milioni di euro, 155 milioni di euro in più rispetto allo stesso bimestre 2009, il salto in avanti è stato dello 0,7 per cento.
L’Iva relativa agli scambi interni, pur continuando a registrare valori al negativo, accenna segnali di miglioramento passando da un -3,8% di fine 2009 a un -2,4% del primo periodo 2010.
Come già evidenziato, sono in crescita le somme incassate con l’imposta di fabbricazione sugli oli minerali, 2.581 milioni per l’esattezza, 18 milioni in più rispetto al 2009 e sono addirittura 103 milioni gli euro in aggiunta a quelli dello scorso anno arrivati nelle casse dell’Erario grazie all’imposta di consumo sul gas metano, per un totale di 630 milioni di euro (+19%).
E inoltre, tra le imposte di transazione che crescono del 3,4%, l’imposta di registro ha portato 878 milioni di euro (+4,6%) e l’imposta ipotecaria 375 milioni di euro, con un +15% di gettito.

Tabacchi e gioco, settori in crisi
In evidente discesa la voglia di giocare e di fumare. Diminuite, infatti, le entrate da imposte dirette e indirette relative ai giochi: – 5,8%, e in calo anche il gettito proveniente dalla tassazione dei tabacchi con un – 2,3 per cento.

Sempre più efficace l’accertamento
L’attività di controllo svolta dall’Amministrazione finanziaria è sempre più efficace e mirata: i numeri lo testimoniano. Il dato più rilevante da evidenziare per questi primi due mesi, infatti, è proprio quello riferito al gettito record derivante dai ruoli: 730 milioni di euro, +207 milioni rispetto al periodo gennaio-febbraio 2009. Nel dettaglio, 506 milioni da imposte dirette (+44,6%) e 224 milioni da imposte indirette (+29,5%).

Guardando l’Europa, non va male
Soddisfacente la situazione italiana se confrontata con gli altri Paesi della Comunità europea. In particolare, appaiono sicuramente più in crisi sul fronte delle entrate tributarie, la Germania e la Spagna con una flessione, rispettivamente, del 5,3% e del 3,6 per cento. Sul “Report delle entrate tributarie internazionali” del febbraio 2010, pubblicato dal dipartimento delle Finanze, l’analisi e le statistiche dell’andamento dei gettiti tributari di Francia, Germania, Irlanda, Portogallo, Regno Unito e Spagna messi a confronto.
Anna Maria Badiali

Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/attualita/articolo/accertamento-ed-entrate-tributarie-una-combinazione-sempre-vincente