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Lombardia: agricoltura, fondi a impianti trattamento nitrati

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E’ stato pubblicato sul Burl della Regione Lombardia il decreto che dispone la riapertura dei termini per la presentazione delle istanze di adesione al ‘Programma straordinario di interventi per l’attuazione della direttiva nitrati’.
Per l’attuazione del programma – ha detto l’Assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia, Giulio De Capitani – disponiamo di 3 milioni di euro nel bilancio 2011, di ulteriori 7 nel 2012 e di altri 5 in quello del 2013. Si tratta di importanti somme che ci consentono di aiutare le numerose aziende agricole lombarde alle prese con quello che ho più volte definito il ‘problemone’ del corretto riciclo dei nitrati prodotti dagli allevamenti“.
Regione Lombardia intende promuovere l’attivazione di tecniche gestionali e di sistemi idonei a limitare l’impatto ambientale degli effluenti da allevamento mediante il contenimento del carico di azoto e delle emissioni climalteranti prodotte da effluenti zootecnici. Gli interventi previsti e i connessi investimenti risultano così finalizzati a un complessivo miglioramento della sostenibilità ambientale delle attività zootecniche.
Nel ‘Programma straordinario di interventi per l’attuazione della direttiva nitrati‘ – ha aggiunto l’Assessore – puntiamo al finanziamento di quegli impianti che, utilizzando i reflui per la produzione di energia da fonti rinnovabili, prevedano l’estrazione della frazione di azoto, limitando per tanto l’impatto dei nitrati di fonte agricola sul ciclo delle acque superficiali e profonde e migliorando la sostenibilità ambientale delle attività zootecniche“.
Potranno presentare domanda, per questa seconda tranche di finanziamento imprese individuali, società agricole, cooperative, imprese associate, società di capitali, Associazioni temporanee di impresa, Consorzi di bonifica e comuni.
Con questo decreto – ha concluso l’Assessore De Capitani – confermiamo l’attenzione e il concreto impegno che tutto il settore agricolo dedica al tema dell’ambiente e della sostenibilità delle produzioni sui quali sono state fatti passi fondamentali da parte delle imprese agricole. Uno studio che stiamo per attivare a livello dell’intera pianura padana servirà a definire oggettivamente, dati alla mano, qual è esattamente il contributo specifico del settore agricolo all’inquinamento da nitrati, rispetto ai settori civili e industriali“.
(Lombardia Notizie)

Regione Lombardia

Abruzzo: 15 mln dal Fse per “Lavorare in Abruzzo 2”

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E’ stato presentato nella mattinata del 12 Agosto dall’Assessore al Lavoro, Paolo Gatti, l’avviso pubblico “Lavorare in Abruzzo 2” che prevede bonus del valore di 10.000 euro per l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori svantaggiati. Il progetto è finanziato con 15 milioni di euro del Piano Operativo 2009/10/11 del FSE 2007/2013 ed è la naturale evoluzione della best practice “Lavorare in Abruzzo” che nel 2010 ha prodotto oltre 2.500 nuovi posti di lavoro in Abruzzo. L’iniziativa punta alla crescita e alla salvaguardia dei livelli occupazionali regionali ed è diretto ai datori di lavoro e alle imprese abruzzesi che intendono incrementare i livelli occupazionali. Entro l’anno saranno creati 1.600 nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato. “La crisi non è mai andata via, – ha dichiarato Gatti – restiamo in trincea consapevoli che la guerra dei mercati, della finanza, dei debiti sovrani incide sulle imprese, sull’occupazione, alla fine dunque sui lavoratori e le loro famiglie. Cerchiamo di evitare – ha proseguito – che la crisi bruci nuovi posti di lavoro, che scoraggi gli imprenditori a investire in capitale umano, che falcidi le nostre aziende. Per questo mettiamo sul piatto subito 15 milioni di euro a favore delle imprese abruzzesi che hanno il coraggio di investire e di assumere, replicando un progetto che è stato una felice intuizione e che, nella sua prima esperienza, nel 2010, ha prodotto oltre 2.500 nuovi posti di lavoro, incontrando il favore del mondo imprenditoriale e sindacale e suscitando numerose imitazioni in Italia ed in Europa. In questo momento in cui sembra venire meno lo spirito europeo e si addensano dubbi sul futuro dell’Unione, proprio dalle Regioni d’Europa possono venire esempi di speranza attraverso l’uso intelligente dei fondi europei. L’Abruzzo lo sta facendo, dimostrando che anche al Sud si può spendere bene, senza rimandare indietro risorse importanti, difendendo l’occupazione, sostenendo le donne e i giovani e il loro ingresso nel mercato del lavoro. Siamo sicuri che l’economia abruzzese saprà cogliere questa nuova scossa, dando una opportunità ai tanti lavoratori che nei mesi scorsi hanno subito sulla propria pelle gli effetti della crisi”. I 10 milioni di euro del Progetto sono destinati alle assunzioni nelle aziende operanti nelle “Aree di Crisi” (Area Sisma, Valle Peligna/Alto Sangro, Val Vibrata/Val del Tronto Piceno, Val Sinello) e nei “Poli di innovazione” (Agroalimentare; Automotive; Elettronica/ICT. Energia; Edilizia sostenibile; Chimico/farmaceutico; Servizi avanzati; Tessile/Abbigliamento/Calzaturiero; Turismo; Mobili/Arredamento, Economia sociale e civile). In particolare, 9 milioni sono riservati alle nuove assunzioni e 1 milione è riservato alle trasformazioni di rapporti flessibili con un bonus di 5.000 euro. I restanti 5 milioni sono destinati ai “Grandi investimenti” e riguardano esclusivamente le nuove assunzioni; le aziende richiedenti dovranno presentare candidature che prevedano nuove assunzioni non inferiori alle 50 unità nel territorio regionale. L’incentivo per ogni singola impresa o datore di lavoro non potrà essere superiore a 1 milione di euro. Potranno essere assunti i lavoratori svantaggiati (ovvero chi non ha un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi; chi non possiede un diploma di scuola media superiore o professionale; i lavoratori che hanno superato i 50 anni di età; gli adulti che vivono soli con una o più persone a carico; i lavoratori occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo/donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo/donna in tutti i settori economici dello Stato membro interessato se il lavoratore interessato appartiene al genere sottorappresentato; i lavoratori molto svantaggiati (ovvero il lavoratore senza lavoro da almeno 24 mesi); i lavoratori disabili. I beneficiari del bonus devono essere assunti con un contratto di lavoro subordinato ex art. 2094 c.c. a tempo indeterminato (anche a tempo parziale, purché non inferiore a ventiquattro ore settimanali), con l’impegno da parte del datore di lavoro o dell’impresa a non licenziare il lavoratore durante i primi ventiquattro mesi successivi all’assunzione. Le candidature dovranno pervenire entro il 20 settembre alla Regione Abruzzo. La selezione della candidature prevedrà una valutazione che seguirà i seguenti criteri: numero assunzioni a tempo indeterminato; prodotto/servizio offerto; mercato di riferimento e strategia commerciale; programma degli investimenti; coerenza tra strategie di sviluppo; redditività dell’intervento e fabbisogno di risorse umane.

Regione Abruzzo

“Pesche in spiaggia”, l’iniziativa del Mipaaf a sostegno del comparto ortofrutticolo

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Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in collaborazione con le Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, il Consorzio Pesca e Nettarina di Romagna IGP, il Consorzio di Tutela della Pesca di Verona IGP ed il Consorzio di tutela della Pesca di Leonforte IGP con il coordinamento del Centro Servizi Ortofrutticoli società cooperativa (CSO) lancia “Pesche in spiaggia”, campagna a sostegno delle produzioni d’eccellenza di pesche e nettarine italiane.
La campagna “Pesche in spiaggia” – ha dichiarato il Ministro Saverio Romano – si inserisce nel quadro di iniziative che stiamo mettendo in campo per il sostegno del comparto ortofrutticolo nazionale. In questo momento è fondamentale sostenere il settore che subisce gli effetti della crisi economica, aggravati dalle conseguenze di mercato dell’allarme E.coli. Per questo abbiamo deciso con i Consorzi di promuovere la qualità delle pesche e nettarine italiane a indicazione geografica direttamente e gratuitamente sulle spiagge, stimolando i consumatori italiani a riscoprire il gusto e la piacevolezza dei frutti estivi. Con “Pesche in spiaggia” raggiungeremo un bacino di oltre mezzo milione di persone e sarà così l’avvio di un progetto che vogliamo consolidare e ripetere con frequenza“.
La campagna si articola in azioni di promozione sui mezzi di stampa e che prevede una distribuzione gratuita delle pesche e nettarine che avverrà secondo il seguente calendario:
–       13-14 agosto: Emilia Romagna e Veneto
–       20-21 agosto: Lazio
–       27-28 agosto: Sicilia
Tra le località coinvolte ci sono: Cesenatico, Milano Marittima, Cervia, Rosolina Mare, Jesolo, Peschiera, Ostia Lido, Fregene, Taormina, Catania, Palermo.

Contesto
L’Italia è il primo produttore europeo di ortofrutta ed è leader nel comparto pesche e nettarine. La produzione di pesche e nettarine (escludendo le percoche avviate principalmente alle trasformazione) si aggira annualmente attorno a 1,5 milioni di tonnellate, rappresentando il 48% delle pesche e il 54% delle nettarine in Europa. Tale produzione è in grado di generare a livello nazionale una PLV di circa 700 milioni di euro, pari al 12% della PLV frutticola italiana.
Il comparto ortofrutticolo italiano sta versando in un forte stato di crisi, riconducibile in gran parte anche al “batterio killer” che ha fortemente ridotto la domanda di ortofrutta proprio all’inizio della campagna estiva nei mercati principali di destinazione dei nostri prodotti, quelli del nord Europa. Di conseguenza sono state indirizzate maggiori quantità di prodotto sul mercato nazionale.
Per quanto riguarda le pesche e nettarine l’importante calo dei consumi è stato aggravato anche da un clima non molto favorevole al consumo di frutta estiva, in concomitanza di una produzione di pesche e nettarine meno scalare rispetto ad annate normali. L’accavallamento produttivo fra le diverse aree di produzione dovuto ad un anticipo di produzione nelle regioni del Nord accompagnato da un ritardo di maturazione nelle regioni del Sud, ha creato infatti una concentrazione di produzione molto importante in alcune settimane, soprattutto nel periodo fine giugno e metà luglio.
Si è creata così una situazione di mercato veramente difficile, con gli operatori stretti fra un’elevata produzione e la crisi di consumi che ha finito per portare i prezzi di mercato su livelli talmente bassi da non coprire i costi di produzione.
Sulla base dei dati rilevati dalle diverse camere di commercio i prezzi alla produzione delle pesche e nettarine, aggiornati alla settimana 29, sono progressivamente scesi fino ad arrivare attualmente a poco oltre i 20 centesimi di euro al chilogrammo per le nettarine e 0.24 euro/kg per le pesche, più che dimezzati rispetto allo scorso anno e nettamente al di sotto dei costi di produzione, che ricordiamo a seconda delle varietà e delle aree di produzione, non vanno comunque al di sotto dei 45 centesimi di euro.

Fonte: Mipaaf

Libri: dal I settembre prezzi più alti

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E’ stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 5 agosto 2011 n. 181 la Legge 27 luglio 2011, n. 128 che stabilisce la nuova disciplina del prezzo dei libri. Nell’intento del Governo c’è il sostegno alla promozione dei libri e della letteratura e lo sviluppo del sistema librario. Dunque, dal 1° settembre i venditori al dettaglio, anche on-line, non potranno più applicare sconti superiori al 15% sul prezzo fissato dagli editori o importatori, salvo che in occasione di particolari manifestazioni internazionali, nazionali o regionali e locali, quali le fiere, o in favore di attività non lucrative di utilità sociale, quali biblioteche o istituzioni scolastiche.
Gli editori invece potranno organizzare campagne promozionali di durata non superiore ad un mese e non reiterabili più di una volta nel corso dell’anno, con sconti comunque non superiori al 25% del prezzo già in precedenza fissato.

LEGGE 27 luglio 2011, n. 128

Nuova disciplina del prezzo dei libri

(GU 5-08-2011, n. 181)

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato:

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga

la seguente legge:

Art. 1.
Oggetto e finalità generali

1. La presente legge ha per oggetto la disciplina del prezzo dei libri.

2. Tale disciplina mira a contribuire allo sviluppo del settore librario, al sostegno della creatività letteraria, alla promozione del libro e della lettura, alla diffusione della cultura, alla tutela del pluralismo dell’informazione.

Art. 2.
Disciplina del prezzo dei libri

1. Il prezzo al consumatore finale dei libri venduti sul territorio nazionale è liberamente fissato dall’editore o dall’importatore ed è da questo apposto, comprensivo di imposta sul valore aggiunto, su ciascun esemplare o su apposito allegato.

2. E’ consentita la vendita dei libri ai consumatori finali, da chiunque e con qualsiasi modalità effettuata, compresa la vendita per corrispondenza anche nel caso in cui abbia luogo mediante attività di commercio elettronico, con uno sconto fino ad una percentuale massima del 15 per cento sul prezzo fissato ai sensi del comma 1.

3. Ad esclusione del mese di dicembre, agli editori è consentita la possibilità di realizzare campagne promozionali distinte tra loro, non reiterabili nel corso dell’anno solare e di durata non superiore a un mese, con sconti sul prezzo fissato ai sensi del comma 1 che eccedano il limite indicato al comma 2 purché non superiori a un quarto del prezzo fissato ai sensi del predetto comma 1. E’ comunque fatta salva la facoltà dei venditori al dettaglio, che devono in ogni caso essere informati e messi in grado di partecipare alle medesime condizioni, di non aderire a tali campagne promozionali.

4. La vendita di libri ai consumatori finali è consentita con sconti fino ad una percentuale massima del 20 per cento sul prezzo fissato ai sensi del comma 1: a) in occasione di manifestazioni di particolare rilevanza internazionale, nazionale, regionale e locale, ai sensi degli articoli 40 e 41 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112; b) in favore di organizzazioni non lucrative di utilita’ sociale, centri di formazione legalmente riconosciuti, istituzioni o centri con finalita’ scientifiche o di ricerca, biblioteche, archivi e musei pubblici, istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, educative e universita’.

5. I commi 1 e 2 non si applicano per i seguenti prodotti: a) libri per bibliofili, intesi come quelli pubblicati a tiratura limitata per un ambito ristretto e di elevata qualità formale e tipografica; b) libri d’arte, intesi come quelli stampati, anche parzialmente, con metodi artigianali per la riproduzione delle opere artistiche, quelli con illustrazioni eseguite direttamente a mano e quelli che sono rilegati in forma artigianale; c) libri antichi e di edizioni esaurite; d) libri usati; e) libri posti fuori catalogo dall’editore; f) libri pubblicati da almeno venti mesi e dopo che siano trascorsi almeno sei mesi dall’ultimo acquisto effettuato dalla libreria o da altro venditore al dettaglio; g) edizioni destinate in via prioritaria ad essere cedute nell’ambito di rapporti associativi.

6. Il prezzo complessivo di collane, collezioni complete, grandi opere, fissato in via preventiva ai sensi del comma 1, può essere diverso dalla somma dei prezzi dei singoli volumi che le compongono.

7. Alla vendita dei libri non si applicano le norme in materia di vendite promozionali, di saldi di fine stagione e di disciplina del settore della distribuzione commerciale di cui ai commi 1, lettere e) e f), 3 e 4 dell’articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

8. La vendita di libri, effettuata in difformita’ dalle disposizioni del presente articolo, comporta l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 22, comma 3, e 29, commi 2 e 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.

9. Il comune vigila sul rispetto delle disposizioni del presente articolo e provvede all’accertamento e all’irrogazione delle sanzioni previste al comma 8; i relativi proventi sono attribuiti al comune nel quale le violazioni hanno avuto luogo.

Art. 3.
Efficacia e abrogazione. Relazione al Parlamento

1. Le disposizioni della presente legge si applicano a decorrere dal 1° settembre 2011.

2. A decorrere dalla data di applicazione delle disposizioni della presente legge è abrogato l’articolo 11 della legge 7 marzo 2001, n. 62.

3. Decorsi dodici mesi dal termine di cui al comma 1, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro per i beni e le attività culturali e con il Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero, se nominato, con il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’informazione e all’editoria, nel quadro delle rispettive competenze, trasmette alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’informazione e l’editoria, che provvede al successivo inoltro alle Camere, una relazione sugli effetti delle disposizioni della presente legge sul settore del libro.

Art. 4
Clausola di neutralità finanziaria

1. I comuni provvedono alle attività di cui al comma 9 dell’articolo 2 con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi’ 27 luglio 2011

NAPOLITANO

Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Visto, il Guardasigilli: Alfano

LAVORI PREPARATORI

Camera dei deputati (atto n. 1257):
Presentato dall’on. Ricardo Franco Levi il 5 giugno 2008. Assegnato alla VII commissione (cultura, scienza e istruzione), in sede referente, il 5 settembre 2008 con pareri delle commissioni I, II, V, X, e questioni regionali. Esaminato dalla VII commissione, in sede referente, il 29 aprile 2010; il 20 e 27 maggio 2010; il 3, 16 e 30 giugno 2010; il 7 luglio 2010. Assegnato nuovamente alla VII commissione (cultura, scienza e istruzione), in sede legislativa, il 13 luglio 2010, con pareri delle commissioni I, II, V, X e questioni regionali. Esaminato dalla VII commissione, in sede legislativa, ed approvato il 14 luglio 2010. Senato della Repubblica (atto n. 2281): Assegnato alla 7ª commissione (istruzione pubblica, beni culturali), in sede referente, il 20 luglio 2010 con pareri delle Commissioni 1ª, 5ª e 10ª. Esaminato dalla 7ª commissione, in sede referente, il 28 settembre 2010; il 6 e 12 ottobre 2010; il 3 e 17 novembre 2010. Esaminato in aula il 22 febbraio 2011; ed approvato, con modificazioni, il 2 marzo 2011. Camera dei deputati (atto n. 1257-B):
Assegnato alla VII commissione (cultura, scienza e istruzione), in sede referente, il 7 marzo 2011 con pareri delle commissioni I, V e X.
Esaminato dalla VII commissione, in sede referente, il 23 e 29 marzo 2011; il 6 e 13 aprile 2011. Assegnato nuovamente alla VII commissione (cultura, scienza e istruzione), in sede legislativa, l’8 giugno 2011 con pareri delle commissioni I, V e X. Esaminato dalla VII commissione, in sede legislativa l’8 giugno 2011 ed approvato, con modificazioni, il 22 giugno 2011. Senato della Repubblica (atto n. 2281-B): Assegnato alla 7ª commissione, in sede referente, il 1° luglio 2011 con pareri delle commissioni 1ª e 5ª. Esaminato dalla 7ª commissione, in sede referente, il 6 luglio 2011. Esaminato in aula il 14 luglio 2011 ed approvato il 20 luglio 2011.

Crisi finanziaria: le inconfessabili verità degli Stati Uniti

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La tempesta finanziaria di questo giorni sembrerebbe sfuggire alle classiche definizioni di crisi. Chi parla di cigno nero (ossia evento statisticamente poco probabile, come la nascita di un cigno di colore nero), chi parla di contrazione (che è cosa diversa dalla recessione) insomma tutti ritengono che questa sia una crisi diversa dalle altre. Ma è proprio così? Il punto è capire bene alcune dinamiche, che sembrerebbero a prima vista abnormi ma che poi tante abnormi non sono. In primis questa crisi sta colpendo in modo formidabile l’Europa e i paesi ritenuti più deboli, tra cui l’Italia. Ma è giusto questo? Ed è un fatto straordinario? Bisogna intendersi su cosa significhi essere più deboli: la sciando perdere la Grecia, che effettivamente ha debiti difficilmente rimborsabili, l’accanimento contro alcuni sistemi paesi e segnatamente quello italiano non è pienamente giustificato. L’Italia ha un debito pubblico molto alto, è vero ma ha anche un patrimonio statale a garanzia elevatissimo e capace di rimborsare il debito stesso. Non solo. Gli italiani hanno risparmi per 8600 miliardi di euro, secondo le ultime statistiche di Banca d’Italia, quattro volte l’ammontare del debito pubblico. Inoltre a differenza degli Stati uniti l’Italia ha un debito privato assai basso e quindi è disponibile un patrimonio netto rilevante. Purtroppo però l’Italia è un paese di grande solidità patrimoniale ma di scarso dinamismo economico. E questo ci sta penalizzando. Secondo le migliori prassi per l’affidamento bancario non basta che chi richiede un prestito abbia garanzie ma abbia anche un reddito prospettico capace di rimborsare  i soldi ricevuti. Ed è qui che l’Italia stenta. La produttività di un sistema, che possiamo paragonare al reddito di un capofamiglia, per uno stato è essenzialmente la crescita del Prodotto interno lordo. E l’Italia negli ultimi dieci anni ha visto una crescita assai ridotta, quasi nulla del proprio Pil, a differenza degli altri stati europei. Ecco quindi perché l’Italia è finita sotto tiro. Ma come sempre in economia non conta solo la propria situazione ma anche quella degli altri. Ed è qui che personalmente non ci ritroviamo. Vedere che, nel bel mezzo della tempesta, il bene rifugio per eccellenza è diventato ilo titolo di stato americano francamente lascia più di qualche dubbio. Perché i conti dell’America non solo sono in disordine, molto peggio dell’Italia ma non hanno ragionevoli prospettive di tornare ad essere ordinati per un lungo periodo di tempo. In America ad un debito pubblico enorme si assomma anche un debito privato di grandissime dimensioni. Il patrimonio immobiliare americano, reduce da pesanti svalutazioni dopo l’esplosione della bolla, vale anche un 40% meno dei livelli pre crisi e quindi le garanzie a servizio dei due debiti sono molto più basse. Ma anche sulla redditività dell’America si può nutrire più di qualche dubbio. Il sistema sanitario americano, ad esempio, già oggi costa quasi il doppio di quello europeo ma assicura prestazioni ridotte per quantità e qualità di assistenza. Il sistema pensionistico è destinato, se non corretto, ad un vero e proprio crack. Ma l’America, si dirà ha una grande elasticità, è produttiva, il Pil corre. Sue sono le aziende che guidano l’innovazione, l’America ha la Apple, la Coca cola, Facebook, Google, Wall Street. E’tutto americano, è tutto bello, è tutto incoraggiante. Ma le cose anche in questo caso non stanno esattamente così. Certo gli Stati uniti sono all’avanguardia nell’innovazione tecnologica. Certamente Gli Stati Uniti hanno imposto ilo loro modello di capitalismo e di stile di vita al resto del mondo, Cina inclusa. Certamente gli Stati uniti posseggono e continuano a sfornare i marchi più conosciuti e più riconoscibili a livello mondiale. Ma gli Stati Uniti hanno anche un numero enorme di disoccupati che non riescono ad assorbire: le loro istituzioni finanziarie hanno problemi di bilancio e di qualità degli asset che le banche italiane non hanno sicuramente. Ed anche sulla tecnologia gli stati emergenti, ma anche la stessa piccola Italia, vantano possibilità competitive che sarebbe ingiusto ridurre a zero e che sono invece crescenti specie per le economie più dinamiche. L’immagine invece è solo è quella degli Stati Uniti, l’unica superpotenza esistente. E noi vivendo in un mondo di immagine riteniamo ancora gli Stati uniti gli stessi di venti, trenta o quaranta anni fa. In pratica, e volendo semplificare, lo zio Sam quando va in banca arriva ancora in una lussuosa limousine, accessoriata con ogni ben di dio tecnologico. Quando scende lo zio Sam è ancora quello di una volta, ben vestito in giacca e cravata, rampante, sicuro, dalla stretta di mano poderosa e dall’ottimismo senza infingimenti. E questo in banca funziona. E’il miglior cliente di sempre, perché dovremmo mai non rispondere alla sue richieste? Anzi. Quando qualche altro cliente dall’immagine acciaccata (anche per nostra colpa, a dire il vero) come l’italia si presenta gli preferiamo lo scintillante zio Sam. Il punto è che la macchina dello zio Sam non fa la revisione da qualche anno, le rate dei gadegt tecnoligici da qualche mese non vengono pagate e i vestiti sono quelli di qualche anno fa e da allora sono stati solo rammendati e mai cambiati. Resta solo il sorriso, l’immagine e l’ottimismo. E al momento per i mercati mondiali (che guarda caso sono gestiti e diretti da colossi finanziari americani) questo sembra sia più che sufficiente. Ma il sorriso e la stretta di mano fino a quando potranno bastare?

Manovra, CGIL: tagli in PA e privilegi nella politica

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Il responsabile del dipartimento Settori pubblici della Cgil Nazionale, Michele Gentile, punta il dito contro il governo, accusato di farsi scudo della “lettera della Bce”, di cui, sottolinea, non vengono svelati i contenuti. Gentile solleva dubbi e alimenta i sospetti che la lettera spedita dall’ Eurotower sia sta usata dal governo ” per le sue ‘piccole vendette’ contro tutto ciò che è pubblico, accanendosi per la quarta volta in tre anni contro i lavoratori pubblici ma certamente non contro tutti”. Il sindacalista denuncia i “privilegi” che sopravvivono nel decreto, nonostante i “tagli discrezionali e indiscriminati”. “Non credo che nella lettera si affermasse l’esigenza ‘urgente ed indifferibile’ di procedere all’ennesimo, immotivato e generalizzato spoil system della dirigenza pubblica, come invece prevede il decreto; così come non credo che si manifestasse l’esigenza urgente ed indifferibile di ‘politica economica’ di rimuovere senza motivazioni dal proprio incarico anticipatamente qualche Prefetto”. Nelle indicazioni contenute nella lettera, continua Gentile, “forse si affermava l’esigenza di imporre e far rispettare il tetto delle retribuzioni, e dei trattamenti previdenziali, per gli altissimi dirigenti pubblici che proprio in ragione di tale mancanza continuano a lucrare trattamenti a dir poco incredibili. Ma di questo tema nel decreto non c’è traccia”. “Forse – ha proseguito – si affermava che in caso di non raggiungimento dei ‘tagli lineari’ delle amministrazioni, si agirà sulla riduzione delle spese discrezionali delle amministrazioni ad iniziare dalle consulenze e dai tanti doppi incarichi o dalla riduzione dei consiglieri di amministrazione delle tante società partecipate dal Ministero dell’Economia e non solo. Ma tutto ciò non è ancora dato sapere”. Alla luce delle misure sinora adottate, conclude Gentile, “rimane la certezza che la manovra è la continuazione della campagna del governo contro il lavoro pubblico, ma anche contro quel sistema di regole e di imparzialità che i continui tagli e il trionfo della discrezionalità da parte della politica impediscono alle pubbliche amministrazioni di far rispettare”. Il sindacalista esprime infine la propria convinzione e certezza “della necessità di una risposta forte e generale di mobilitazione contro l’ennesimo attacco alle condizioni di lavoro, alla dignità ed ai diritti del lavoro pubblico, alla funzione delle Pubbliche Amministrazioni”.

Nadia Poli

Studio Cataldi

Allarme antibatterici chimici, il triclosan nel mirino della F.D.A

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Il Triclosan è in gran parte dei saponi commercializzati nel mondo, il principio attivo contenuto in tali prodotti ma anche in dentifrici, che vengono commercializzati come antibatterici o antimicrobiologici e che spicca ancora in bella vista sull’etichette di moltissimi di questi, nonostante numerose associazioni dei consumatori, ma anche qualche produttore, abbiano avviato da tempo alcune battaglie per bandirlo poiché sarebbe causa di possibili danni alla salute.

In particolare, diversi studi avrebbero dimostrato che il triclosan potrebbe alterare la regolazione ormonale negli animali da laboratorio o causare resistenza agli antibiotici, tant’è che al di là delle cause intentate da alcuni gruppi di consumatori anche membri del Congresso statunitense si starebbero battendo per vietare la messa in commercio di prodotti a base di tale tipo di antisettico.

Così il triclosan è finito anche nel mirino della F.D.A., la Food and Drug Administration, ossia l’ente americano che vigila sulla sicurezza alimentare che ha avviato una propria indagine conoscitiva che però non si concluderà prima della fine dell’anno prossimo, anche perché tale inchiesta federale potrebbe determinare non pochi “grattacapo” per i produttori di saponi a base di antimicrobici e antibatterici, che rappresentano circa la metà del mercato americano pari a 750 milioni di dollari, secondo la società di ricerche di mercato Kline & Company.

Chiaramente le industrie produttrici di saponi e prodotti a base di triclosan si sono sbrigate immediatamente a smentire ogni possibile rischio per la salute da parte dei propri prodotti, anche perché gli stessi sarebbero sul mercato ormai da decenni.

L’altra faccia della medaglia da parte dei produttori è rappresentata dal fatto che non appena le associazioni consumistiche statunitensi hanno avviato campagne contro il triclosan, alcuni grandi gruppi industriali  hanno rimosso e sostituito gli ingredienti meno controversi.

Per esempio, la Colgate-Palmolive  ha sostituito il triclosan con acido lattico nel sapone liquido antibatterico Dish Palmolive , ed il Softsoap, sapone liquido per le mani, è stata riformulato nella sua composizione chimica.

Colgate, tuttavia, continua ad utilizzare triclosan nel suo dentifricio Colgate Total, perché è stato dimostrato assai efficace per combattere gengivite, come approvato proprio dall’FDA e “supportato da oltre 70 studi clinici su oltre 10.000 pazienti” ha annunciato la società in un comunicato.

Ma nell’ambito della polemica innescata negli States vi è da riferire quali sono le cause che hanno scatenato tale bagarre tra associazioni dei consumatori da una parte ed industrie produttrici dall’altra.

Gli studi che accennavamo prima, avrebbero dimostrato che il triclosan sconvolgerebbe a lungo termine l’ormone tiroideo in rane e topi, mentre altri avrebbero stabilito che triclosan altererebbe gli ormoni sessuali degli animali da laboratorio. Altri studi avrebbero dimostrato che il triclosan può causare un’ultra resistenza di alcuni batteri agli antibiotici.

A loro volta gli industriali del settore hanno replicato che le prove contro il triclosan erano poco convincenti e che la sostanza chimica è stata utilizzata in modo sicuro nei prodotti di consumo e negli ospedali per decenni ed inoltre, che non ci sarebbe alcuna prova che il triclosan avrebbe causato resistenza agli antibiotici.

Per quanto riguarda gli studi che avrebbero dimostrato che il triclosan sia un interferente endocrino, hanno spiegato, che gli animali utilizzati negli studi sono stati sottoposti a livelli tali che non sarebbero mai paragonabili a quelli ai quali siamo sottoposti a nell’uso quotidiano.

Ma veniamo all’Europa e alla Nostra Italia.

Ad oggi, non risulterebbe avviata nel Vecchio Continente da parte degli enti di controllo deputati, alcuna indagine, anche di natura conoscitiva sui possibili pericoli connessi all’utilizzo frequente di antibatterici contenuti in saponi e dentifrici.

Stante la natura degli interessi coinvolti, la salute dei cittadini da una parte e gli interessi finanziari di multinazionali dall’altra, al di là delle polemiche e delle voci, sarebbe comunque utile ed opportuno un intervento da parte degli organi di controllo a partire dal Ministero della Sanità per avviare un inchiesta sugli effetti del triclosan e degli antibatteri contenuti nei saponi e dentifrici anche in Italia.
Giovanni D’Agata

Ue: una risoluzione ad hoc per tre obiettivi strategici

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L’introduzione di un sistema di prelievi a carico degli istituti finanziari e sulle operazioni finanziarie dovrebbe contribuire ad abbattere i deficit pubblici, stimolare l’economia reale, sostenere le politiche sociali con un occhio attento al bilancio comunitario. È quanto indicato da una nuova risoluzione del Parlamento europeo.

Tassazione del settore finanziario e sostegno alla  crescita economica dell’Ue
La risoluzione del Parlamento europeo dell’8 giugno 2011 “Investire nel futuro: un nuovo quadro finanziario pluriennale (QFP) per un’Europa competitiva, sostenibile e inclusiva” (2010/2211(INI)), adottata per affrontare la crisi economica globale, creare occupazione, sostenere una crescita economica intelligente, ragionevole,  inclusiva,  equilibrata, basata  sulla stabilità dei prezzi, insieme a un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, rafforza quanto già indicato in favore della tassazione del settore finanziario. Una tassa Ue sulle transazioni finanziarie potrebbe costituire un contributo sostanziale ai costi economici e sociali della crisi, contribuire in parte al finanziamento del bilancio dell’Unione e alla riduzione del contributo degli Stati membri basato sul reddito nazionale lordo. Nella  risoluzione dell’8 marzo 2011 “un finanziamento innovativo a livello mondiale ed europeo”, il Parlamento europeo aveva  già approvato l’introduzione di una Ttf (tassa sulle transazioni finanziarie) per fronteggiare i modelli commerciali altamente pregiudizievoli per i mercati finanziari, come le transazioni sul breve periodo e le transazioni automatiche ad alta frequenza, porre un freno alla speculazione e ai danni finanziari provocati da evasione e frode fiscale che in Europa oscillano fra i 200 e i 250 miliardi di euro l’anno. Di conseguenza se una TTF con un’aliquota bassa riuscisse a generare entrate per circa 200 miliardi di euro l’anno a livello comuniatrio e circa 650 miliardi di dollari a livello mondiale, i costi  della crisi potrebbero essere abbattuti. Uno strumento efficace per contribuire alla sostenibilità delle finanze pubbliche riducendo i livelli di frode fiscale ed elusione e altre forme di fuga illecita di capitali, che hanno una considerevole incidenza sui  bilanci degli Stati.

Dai vertici del  G20 l’input alla regolamentazione dei mercati finanziari
In occasione dei vertici del G20 di Washington, del 2008, e di Pittsburgh del 2009, si raggiunge un accordo per realizzare una seri di riforme in grado di rafforzare i regimi normativi e la vigilanza dei mercati finanziari. A Pittsburgh, in particolare, il G20 incarica il Fondo monetario internazionale di preparare una relazione sulle possibili opzioni di tassazione del settore finanziario. Il Rapporto dell’Fmi , consegnato nel giugno 2010   e intitolato “A fair and substantial contribution by the financial sector – final report for the G-20 ” manifesta  i problemi della crisi economica mondiale e svolge un’accurata analisi sull’applicazione e ruolo  della Ftt (financial transactions tax) e della  TAF  (Financial activities tax ). Al  vertici del G20 di Toronto  e  di Seul nel 2010, per affrontare  la ripresa dalla crisi economica e finanziaria globale, si afferma il principio secondo cui il settore finanziario  può accrescere la copertura degli oneri di interventi statali,  ridurre il rischio sistemico,  sostenere una crescita  più solida e stabile dell’economia, e rafforzare la cooperazione internazionale .

L’intervento nel settore delle istituzioni europee
Il lavoro avviato a livello di G20, è stato accolto favorevolmente dal Parlamento europeo, e con la Risoluzione del 10/03/2010, è stata proposta l’implementazione di misure internazionali in materia di tassazione delle operazioni finanziarie per assicurare una repentina crescita economica  mondiale. Nel contempo sono stati evidenziati i notevoli costi e le conseguenze della crisi finanziaria sull’economia reale, ai danni dei  contribuenti, dei consumatori, ai servizi pubblici ed alla società in generale ed è stata sottolineata la necessità di creare capitali sani per  finanziare investimenti nell’economia reale, e  prevenire l’eccessiva assunzione di rischi.

Il sostegno della  Commissione europea
La Commissione europea  sostiene  che un  adeguamento del sistema fiscale  può sicuramente contribuire al  risanamento delle finanze pubbliche messe a dura prova dalla crisi finanziaria , e che  un riesame dell’imposizione delle attività del settore finanziario, attraverso l’ implementazione di nuovi strumenti che diano respiro alla planetaria e sistemica  crisi finanziaria,  può dare un apporto  al risanamento dei  bilanci pubblici ,   creare risorse ausiliarie e nuove  condizioni per una crescita più sostenibile,  in linea con la strategia Europa 2020. Pertanto, evidenzia,  l’opportunità di lavorare su linee di policy condivise dal Fondo monetario internazionale in materia di FAT (Financial Activity Tax) ovvero di FTT (Financial Transactions Tax). Queste due nuove forme alternative di prelievo (da condividere a livello globale), andrebbero a incidere sulle società che operano nel settore finanziario, colpendo strutturalmente i profitti realizzati (FAT) ovvero le singole operazioni finanziarie (la FTT).

Financial Transaction tax  e Financial Activities Tax
La TTF è una tassa applicata su tutte le transazioni e su tutti i mercati finanziari. Concepita come una tassa sul valore delle singole transazioni finanziarie e su una vasta gamma di prodotti finanziari (azioni, obbligazioni, valute e derivati) sui mercati regolamentati che informali, cosiddetti Over The Counter (OTC), potrebbe contribuire a stabilizzare i mercati finanziari riducendo le negoziazioni speculative a breve termine. A essere penalizzate le transazioni indesiderabili, precisamente   the high frequency trading (HFT),  ovvero  le negoziazioni ad alta frequenza. Su scala mondiale, la TTF può rivelarsi una fonte appropriata di gettito fiscale per il finanziamento di obiettivi strategici mondiali. La TAF, tassa sulle attività finanziarie, proposta dal FMI, colpisce profitti e compensi complessivi, le rendite economiche e/o il rischio economico. Contrariamente alla TTF, che colpisce ogni singolo operatore del mercato finanziario in funzione delle sue transazioni, la TAF è imposta alle società. Non modifica i prezzi degli strumenti finanziari e lascia quindi inalterata la struttura del mercato. Questo significa anche che non influisce direttamente sull’esistenza di negoziazioni ad alta velocità. La TAF colpisce i guadagni totali ricavati dall’attività economica degli istituti finanziari. In questo senso è prelevata su tutte le attività, non soltanto su quelle di negoziazione.

La posizione degli economisti da Keynes a Stiglitz
John Maynard Keynes sostenitore  dell’intervento pubblico nell’economia con misure di politica fiscale e monetaria, fu l’ideatore della TTF. Nel 1972, un anno dopo la fine del sistema a cambi fissi sancito a Bretton Woods, l’economista americano James Tobin, premio Nobel per l’economia nel 1981, presentò  il progetto di questa imposta. Mentre la Tobin Tax colpisce esclusivamente gli scambi di valuta, la TTF coinvolge un numero maggiore di transazioni e con un tasso inferiore a quello della Tobin. Stephan Schulmeister dell’Austrian Institute of Economic Research (WIFO) sostiene che le transazioni a breve termine (per esempio comprare valuta estera e rivenderle pochi minuti dopo) rendono instabili i prezzi delle valute e degli altri prodotti finanziari, come azioni e strumenti derivati. Questa differenza si riflette anche nel lungo termine, determinando tassi di cambio instabili e grandi variazioni nei prezzi delle azioni, con gravi danni per il mercato finanziario. L’economista sostiene che una tassa sulle transazioni finanziarie a breve termine intorno allo 0,05% scoraggia le speculazioni-lampo degli operatori ad alta frequenza, come banche di investimento e fondi hedge ma nello stesso tempo  contribuisce a una maggiore stabilità del mercato. La tassa porterebbe anche 300 miliardi di euro nelle casse dell’Unione europea.  J. Stiglitz   premio Nobel 2001 per l’economia, sostiene che la tassa sulle transazioni finanziarie “porta equità ed efficienza ed “è la medicina giusta per curare il disperato bisogno di fondi dei governi di tutto il mondo, impegnati nel contenimento del deficit e del debito pubblico”.

Maria Concetta Cefalù

Fisco Oggi

Istituti di ricovero e cura: donazioni sempre deducibili

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Per la norma valgono le finalità di ricerca e sperimentazione in materia di salute pubblica, svolte anche da organizzazioni con attività peculiari a quelle degli ospedali

Le donazioni agli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) sono deducibili dal reddito delle persone fisiche e da quello dei soggetti Ires. Questo, in sintesi, il contenuto della risoluzione 87/E del 19 agosto.
L’assunto deriva dalla richiesta di delucidazioni, formulata da un istituto scientifico che ha chiesto il riconoscimento come Irccs, una srl costituita da soci pubblici e privati, che si occupa, a livello nazionale, di formazione, cura, ricerca clinica, biologica e traslazionale in campo oncologico. Quest’ultimo tipo di attività può essere considerata un “ponte” tra la ricerca scientifica e le sue applicazioni pratiche, dalle analisi di laboratorio alla sperimentazione diretta sui malati.

Le norme che permettono le deduzioni
Sia l’articolo 1, comma 353, della legge 266/2005 (la finanziaria del 2006), sia l’articolo 10, comma 1, lettera l-quater, del Tuir citano, tra i destinatari delle donazioni che danno diritto a una deduzione dal reddito, gli enti di ricerca pubblici.
La società che pone il quesito è, a suo dire, in procinto di ottenere il riconoscimento come Ircc. Questo tipo di istituti, secondo la norma che disciplina il riordino in materia sanitaria (Dlgs 502/1992), sono enti a rilevanza nazionale “che perseguono finalità di ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale, nel campo biomedico … unitamente a prestazioni di ricovero e cura di alta specialità”.
È evidente, quindi, che questi Istituti hanno finalità di ricerca e sperimentazione in campo sanitario anche per mezzo del ricovero e della cura, attività tipiche delle strutture ospedaliere.

In proposito, è utile il riferimento al Dl 70/2011, più noto come decreto sviluppo, convertito con la legge 106/2011, che all’articolo 1 dispone “un credito di imposta a favore delle imprese che finanziano progetti di ricerca, in Università ovvero enti pubblici di ricerca” e al comma 3, dello stesso articolo, specifica che tra questi enti vanno compresi anche gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.

Conclusioni
È manifesta, secondo i tecnici dell’Agenzia delle Entrate, la volontà del legislatore di incentivare, anche attraverso lo strumento dell’agevolazione fiscale, le sovvenzioni e i finanziamenti a chi può dare garanzia di operatività nel campo della ricerca scientifica e di realizzazione dei progetti a essa connessi, caratteristica tipica degli Irccs, sia pubblici sia privati.
Nel caso specifico, l’Istituto che ha sollevato la richiesta di delucidazioni, potrà vedere riconosciuta l’agevolazione fiscale ai suoi finanziatori, naturalmente nell’ipotesi in cui concluderà il procedimento di riconoscimento come Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico.

Rodolfo Rinaldi

Fisco Oggi

CGIL, manovra: petizione per salvare l ‘identità del Paese

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La Cgil lancia una petizione contro la maxi-manovra, convinta della necessità “che ognuno di noi si faccia carico di dire la propria contrarietà a questa previsione e di farla dire al maggior numero di cittadini possibile: tante sono le gravi conseguenze dei contenuti della manovra”. In particolare il sindacato punta il dito sul “capitolo festività” e sulla scelta di spostare o accorpare alla domenica le festività non religiose, giudicata lesiva dell’identità e della storia d’ Italia. La segreteria nazionale della Cgil sottolinea in una nota come “in un provvedimento iniquo, e che noi contrastiamo con forza, si colloca così anche una norma che colpisce l’identità e la storia del nostro Paese, ne indebolisce la memoria e rappresenta un grave limite per il futuro” a fronte di un “irrisorio beneficio economico che ne deriverebbe. I costi civili sul versante della memoria e dell’identità sarebbero, se la norma venisse confermata, di gran lunga maggiori”. Le ricorrenze civili e laiche, argomenta il sindacato, “vanno celebrate con attenzione e rispetto, perché parlano a tutti, alla ragione stessa del nostro stare insieme, e perché i valori che esse affermano non siano ridotti ad un momento residuale”. Il 25 aprile, il 1° maggio e il 2 giugno, ovvero “il ricordo della Liberazione del nostro Paese da una dittatura feroce e sanguinaria; la celebrazione del Lavoro come strumento di dignità per milioni di donne e uomini che con la loro fatica ed intelligenza consentono al Paese di progredire; la celebrazione del passaggio alla Repubblica parlamentare”, rappresentano “tappe fondamentali che non intendiamo consentire vengano cancellate. Inoltre, è sufficiente un confronto con altre situazione per vedere come l’Italia è un Paese che ha un numero contenuto di festività civili e come in altri Paesi le ricorrenze civili siano celebrate e custodite con attenzione”. Una petizione quindi per tutelare le tre ricorrenze poste in discussione (Liberazione, Lavoro e Repubblica) e che si potrà sottoscrivere sul sito della Cgil (www.cgil.it) o direttamente presso le Camere del lavoro presenti sul territorio.
Nadia Poli
Studio Cataldi