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C’è un futuro per la Fiat in Italia?

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Il 21 aprile la Fiat annuncia il progetto Fabbrica Italia, che prevede la separazione societaria delle attività automobilistiche dal resto del gruppo e un investimento di 20 miliardi di euro in Italia per ribadire il radicamento italiano di un’impresa che si sta trasformando sempre di più in una multinazionale. Il primo passo riguarda lo stabilimento di Pomigliano d’Arco, dove la Fiat prevede di spostare dalla Polonia la produzione della Panda. A fronte di un investimento di 700 milioni, l’azienda chiede la firma di un contratto duro, per garantire governabilità dello stabilimento e saturazione degli impianti. Tutti i sindacati firmano con esclusione della Fiom, che accusa l’azienda di violare il contratto nazionale e la Costituzione. Il referendum fra i lavoratori conferma l’accordo con una maggioranza del 62%, molto al di sotto del “plebiscito” sperato dai firmatari. La Fiom è oggettivamente la vincitrice di questo round. La reazione della Fiat è composita. Da una parte, conferma l’investimento su Pomigliano e l’accordo “con chi ci sta”, per non rompere l’asse con i sindacati firmatari. Dall’altra, prende provvedimenti che accrescono il livello dello scontro: licenzia cinque lavoratori accusati di ostruzionismo o assenteismo, non concede il premio di produzione, delibera lo scorporo e, il segnale più forte di tutti, annuncia che la “L0”, che sostituirà alcuni modelli attualmente prodotti a Mirafiori, verrà prodotta in Serbia. Da ultimo, le voci di costituzione di una newco, cioè di una nuova società svincolata da obblighi di contratto nazionale che imporrà ai singoli lavoratori di Pomigliano la firma del nuovo contratto.

LE RAGIONI DIETRO L’ACUIRSI DELLO SCONTRO

La situazione ha preso una piega molto brutta. Le posizioni di Fiat e Fiom diventano sempre più inconciliabili, come riconosciuto anche da Epifani. È fondamentale capire perché si è arrivati a questo punto per trovare vie di uscita.
Una possibilità, avanzata da diversi commentatori, è che in realtà la Fiat avesse già deciso il ridimensionamento della produzione in Italia. Tutti i fatti sopra riportati sarebbero solo una brutta commedia per poter tagliare le produzione addossando a qualcun altro la responsabilità. Se questo fosse il caso, sarebbe utile che Fiat lo dicesse apertamente, come argomentato da Carlo Scarpa su questo sito. LINK
Esiste una seconda interpretazione. Il piano Fabbrica Italia funziona solo se gli impianti italiani raggiungono alti livelli di produttività. Il sistema produttivo che la Fiat intende applicare su larga scala (il world class manufacturing) richiede l’utilizzo a ciclo continuo degli impianti, il consenso da parte della forza lavoro, le certezze sulla gestione dei rapporti sindacali. In quest’ottica, non basta che aderisca la maggioranza dei sindacati: serve un accordo che impegni tutti i lavoratori. Qualunque sindacato, quindi, ha di fatto diritto di veto sugli accordi. Quello della Fiom è rafforzato dal fatto che la sua posizione è minoritaria ma non marginale fra i lavoratori, come dimostrato dal referendum di Pomigliano. Secondo questa interpretazione, il management Fiat ha sbagliato le proprie valutazioni, in quanto si aspettava una accoglienza positiva unanime al progetto di rilancio di Pomigliano. La netta opposizione della Fiom ha colto di sorpresa l’azienda. A questo punto, tutto il progetto Fabbrica Italia è stato messo in discussione, data l’incertezza sulla gestione dei rapporti industriali.
L’escalation di scelte provocatorie da parte della Fiat mira a rompere questa incertezza. Marchionne lo ha detto esplicitamente. Ma, da esperto di contrattazione, sa bene che solo gesti che segnalino chiaramente la posta in gioco possono provocare una reazione. Questo è particolarmente vero in Italia, dove solo le emergenze sono in grado di sollecitare risposte forti. Il manager vuole sapere se le condizioni di gestione delle fabbriche che lui ritiene necessarie per il rilancio dei siti produttivi italiani siano assicurabili oppure no. Le sue scelte puntano a risolvere al più presto l’incertezza, costringendo la controparte a scelte chiare: sì o no, e l’azienda deciderà di conseguenza. Il “ni” non basta.
È difficile prevedere gli esiti dello scontro. L’accelerazione imposta da Marchionne stride con i tempi della politica italiana, abituata a rinviare in eterno la risoluzione dei nodi strutturali che frenano lo sviluppo del paese. Come in ogni trattativa, l’elemento fondamentale è l’alternativa in caso di rottura. Per la Fiat, il radicamento produttio in Italia è ancora forte. Tuttavia, un ridimensionamento sostanziale della capacità produttiva è alla portata, come la scelta serba vuole segnalare. Per i lavoratori, esistono poche alternative. Un ridimensionamento della Fiat avrebbe conseguenze nefaste su un sistema industriale già provato da 15 anni di crescita asfittica e con una presenza ai minimi termini di grandi imprese. In questi termini, è chiaro chi ha più da perdere da una rottura. Non sembra pensarla così la Fiom, che, del tutto legittimamente, antepone questioni di principio alla possibile chiusura degli stabilimenti. Il problema è che la sua scelta di intransigenza coinvolge tutti i lavoratori, anche quelli che la pensano diversamente, a causa del diritto implicito di veto discusso sopra.

ESISTONO VIE D’USCITA?

L’atteggiamento intransigente assunto dall’azienda dopo Pomigliano, che si contrappone a quello altrettanto rigido della Fiom, ha condotto la trattativa in un vicolo cieco. Vale la pena percorrere tutte le strade per riaprire il dialogo. Il ministro Sacconi sembra iniziare a capire che presiedere il “Ministero per la Divisione Sindacale e l’Isolamento della Cgil” non è il modo migliore per accompagnare questa difficile partita. Purtroppo, è improbabile che la riapertura tavoli negoziali possa sbloccare la situazione se non si ha qualcosa da proporre. A parole, Sacconi ha colto il punto di quello che il governo deve fare: predisporre le infrastrutture materiali e immateriali per poter fare impresa in modo efficiente. In questo caso, l’aspetto più urgente è la riforma del sistema di rappresentanza. La globalizzazione impone tempi di reazione molto brevi da parte delle imprese. Come sostenuto da Tito Boeri e Pietro Ichino, un sistema in cui l’impresa deve trattare con cinque o dieci sindacali sigle non può garantire efficienza e celerità. L’ipotesi della “newco” a Pomigliano costituisce una riforma di fatto del sistema di relazioni industriali. Un “rompete le righe” non regolamentato sarebbe di dubbia legittimità giuridica, e quindi soggetto alla possibilità di infiniti ricorsi. Potrebbe inoltre innescare una stagione di conflittualità sociale. Meglio una riforma condivisa da fare in tempi brevissimi in Parlamento, che garantisca forza ai rappresentati sindacali per trattative anche dure, ma rompa il diritto di veto di ogni sigla.

CONCLUSIONI

All’inizio dell’anno scrissi su questo sito che la vicenda Fiat avrebbe rappresentato una cartina di tornasole della capacità del paese di mantenere sul territorio italiano il quartier generale, e una parte sostanziale della produzione, di una multinazionale nata e cresciuta in Italia. La valutazione degli eventi degli ultimi sei mesi fa temere il peggio. Le scelte di rottura dell’azienda aumentano la posta in gioco, diminuendo lo spazio di manovra e accorciando i tempi entro i quali si possa trovare un accordo per far partire Fabbrica Italia. L’inconcludenza della politica e le divisioni sindacali rendono altamente improbabili le risposte necessarie per una soluzione positiva per il Paese. A questo punto, il disimpegno progressivo di Fiat dall’Italia è un’ipotesi concreta. L’ottimismo di maniera non riuscirà a mantenere i posti di lavoro. Servono azioni immediate e decise.

Fonte: http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001847.html

Cassazione: Fisco sbaglia i conti? L’accertamento non va annullato

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La sezione tributaria della Corte di Cassazione (sentenza n.17072/2010) ha stabilito che l’errore di calcolo eventualmente commesso in fase di accertamento tributario non determina necessariamente la nullità dell’accertamento stesso. Secondo la Corte “Qualora il giudice d’appello rilevi errori nell’atto di accertamento tributario, deve calcolare l’incidenza dell’errore sull’accertamento opposto per verificare innanzitutto se, in concreto, correggendo l’errore, permangono presupposti per il tipo di accertamento posto in essere e, in ogni caso, se residua una pretesa fiscale”. In particolare i giudici della Corte hanno chiarito che il processo tributario non va considerato tra quelli di ‘impugnazione – annullamento’ ma piuttosto tra quelli di ‘impugnazione – merito’ nel senso che si tratta di un procedimento che non è diretto alla eliminazione dell’atto impugnato ma “alla pronunzia di una decisione di merito” che va a sostituire sia la dichiarazione resa dal contribuente sia l’accertamento dell’amministrazione finanziaria. Per questo – continua la Corte – “il giudice, il quale ravvisi l’infondatezza parziale della pretesa dell’amministrazione, non deve né può limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti dal “petitum” delle parti.

Roberto Cataldi

Finanziamenti pubblici alle imprese bloccati

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Dopo le dimissioni di Claudio Scajola, il Ministero dello Sviluppo Economico è ancora senza ministro, per il momento sostituito da Silvio Berlusconi. E a subirne le conseguenze sono le imprese, le quali stanno sperimentando uno stallo dei pagamenti degli aiuti. Tante, troppe, le imprese che hanno ricevuto sulla carta l’approvazione dei finanziamenti pubblici ma che di fatto non hanno ancora ricevuto un euro.
Esasperate dalla situazione, 140 aziende che partecipano al programma di innovazione Industria 2015 hanno inviato una lettera di protesta a Berlusconi in qualità di premier e ministro ad interim.

Il tutto, mentre il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, in commissione Bilancio alla Camera, dichiara l’inutilità di una manovra aggiuntiva nel 2010.

I contratti di innovazione lanciati a gennaio da Scajola non sono mai decollati, così come i contratti di sviluppo per i quali, pur essendo stati presentati nel 2009, non è mai arrivato il decreto attuativo. Non va meglio neanche per i contratti di programma con circa venti contratti giacenti nonostante siano già stati finanziati con oltre 500 milioni di euro.

Nel periodo 2000-2006 sono stati approvati 95 contratti per i quali al 31 dicembre scorso sono stati erogati 1.164 milioni di euro, contro un contributo pubblico complessivo di 3.758 milioni. Nell’arco del 2009 sarebbero stati sbloccati solo 74 milioni. Nel 2008 era arrivata l’estensione dei contratti di programma a tutto il territorio nazionale ma poi il 6 luglio 2009 Invitalia, l’agenzia che gestisce le procedure, ha comunicato la sospensione delle domande per contratti in Abruzzo, Molise e regioni del Centro-nord per carenza di disponibilità di risorse finanziarie.

A tutto questo si aggiunge la mancata riforma del sistema incentivi, prevista dalla legge sviluppo 2009 e rinviata a data da destinarsi anche a causa delle dimissioni di Scajola.

Nessun vantaggio, infine, neanche dalle novità introdotte dalla manovra nel nome del federalismo fiscale, che consentirebbero ad Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia di modificare le aliquote Irap. Difficile, infatti, che queste regioni riescano a sopportare il conseguente calo di gettito soprattutto a fronte dei tagli imposti dalla manovra e che quindi mettano realmente in atto l’abolizione dell’imposta.
Noemi Ricci

Fonte: http://www.pmi.it/finanziamenti/news/7473/finanziamenti-pubblici-alle-imprese-bloccati.html

Aziende, B2B e integrazione: la crisi è finita!

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È ciò che afferma l’85% dei manager intervistati per la ricerca Vanson Bourne OmniBoss 2010 realizzata da Sterling Commerce sulle strategie delle aziende per l’integrazione B2B

Lo studio ha visto la partecipazione di ben 600 manager IT con potere decisionale presso aziende di grandi dimensioni. E la maggior parte di questi si sono detti disponibili ad investire nuove risorse in software e servizi per l’integrazione B2B.

In particolare, hanno affermato di essere disposti a spendere la stessa cifra dello scorso anno, se non addirittura una somma più alta.

La ricerca è stata realizzata intervistando manager IT operanti in aziende del settore dei servizi finanziari, manifatturiero, della distribuzione, dei trasporti e in altri settori commerciali, nei paesi del Regno Unito, in Francia, Germania e negli Stati Uniti.

Nello specifico, dall’inchiesta emergono due trend: il 78% ritiene che la recessione sia quasi terminata, mentre l’85%, come già detto, afferma che sia conclusa del tutto.

«A oggi, le aziende mostrano preoccupazione per quanto riguarda la stabilità finanziaria dei loro partner B2B – ha affermato Dave Carmichael, Senior Product Marketing Manager di Sterling Commerce – e questo le spinge ad adottare un nuovo approccio all’integrazione B2B per prevenire rischi di business».

Fonte: http://lazio-side.it/attualita/news/aziende-b2b-integrazione-la-crisi-finita.html

Il 29 luglio Conferenza Regioni

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Il presidente Vasco Errani ha convocato la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome per giovedì 29 luglio (ore 10.30 , Roma, Via Parigi 11), con il seguente ordine del giorno:

1) Approvazione resoconti sommari delle sedute del 24 giugno, 1, 7, 8, 14 e 15 luglio 2010;

2) Comunicazioni del Presidente;

3) Esame questioni all’o.d.g. della Conferenza Unificata;

4) Esame questioni all’o.d.g. della Conferenza Stato-Regioni;

5) COMMISSIONE AFFARI ISTITUZIONALI E GENERALI – Regione Lazio
a) Posizione della Conferenza da rappresentare all’audizione delle Commissioni riunite Affari costituzionali di Camera e Senato sulle problematiche relative alle ipotesi di modifica della parte seconda della Costituzione – Punto all’esame della Commissione nella riunione del 28 luglio;

b) Materia Politiche del Personale e Contratti – Coordinamento Regione Emilia Romagna
Approvazione documento: “ D.L. 31 maggio 2010, n. 78 – Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica: contenuti principali, problematiche applicative e conseguenti proposte di modifica” – Punto esaminato dalla Commissione nella riunione del 7 luglio 2010;

6) COMMISSIONE BENI E ATTIVITA’ CULTURALI – Regione Calabria
Proroga per un ulteriore triennio del Protocollo d’intesa per la rilevazione dei dati e lo sviluppo di un sistema informativo integrato sugli istituti di antichità e d’arte e i luoghi della cultura non statali, sottoscritto dal Ministero dei beni e delle attività culturali, l’Istituto nazionale di statistica e la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome il 28 agosto 2007 – Punto all’esame della Commissione nella riunione del 28 luglio 2010;

7) COMMISSIONE SALUTE – Regione Veneto
Documento in materia di “Contenzione fisica in psichiatria: una strategia possibile di prevenzione” – Punto esaminato dalla Commissione nella riunione del 7 luglio 2010;

8) COMMISSIONE POLITICHE SOCIALI – Regione Liguria e COMMISSIONE SALUTE – Regione Veneto
Invalidità civile: Problematiche attuative dell’articolo 20 del D.L. 78/2009 convertito in L. n. 102/2009 – Punto all’esame delle Commissioni nelle riunioni del 28 luglio 2010;

9) COMMISSIONE POLITICHE SOCIALI – Regione Liguria
Informativa del Coordinatore della Commissione Politiche Sociali sugli incontri svoltisi con i Ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi e della Gioventù, Giorgia Meloni;

10) COMMISSIONE ISTRUZIONE, LAVORO, INNOVAZIONE E RICERCA – Regione Toscana
Bozza di accordo tra Governo, Regioni, Province autonome di Trento e Bolzano, Province, Comuni e Comunità montane concernente le finalità, i tempi e le modalità di attuazione del Titolo V, parte II della Costituzione, in materia di istruzione – Punto esaminato dalla Commissione nella riunione del 21 luglio 2010;

11) COMMISSIONE POLITICHE AGRICOLE – Regione Puglia
Ordine del giorno della Commissione relativo alle problematiche del settore agricolo – Punto esaminato dalla Commissione nella riunione del 21 luglio 2010;

12) COMMISSIONE ATTIVITA’ PRODUTTIVE – Regione Marche
a) Presa d’atto del Calendario Fieristico Nazionale per il 2011 – Punto all’esame della Commissione nella riunione 28 luglio 2010;
b) “Documento delle Regioni in materia di procedimento per la costituzione dei Consigli delle Camere di Commercio”in attuazione del D.lgs. n. 23/2010 – Punto all’esame della Commissione nella riunione 28 luglio 2010;

13) Varie ed eventuali.

SEDUTA RISERVATA

14) DESIGNAZIONI:
Congresso dei Poteri Locali e Regionali d’Europa (CPLRE): rinnovo – diciotto rappresentanti regionali (nove membri titolari e nove membri supplenti).

Pubblicità ingannevole: la denuncia della Associazione Consumatori

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Il Codacons ha denunciato alla Procura di Torino e Bologna la Granarolo. L’associazione ha reso noto che intende per chiedere che venga accertata la legittimità di una pubblicizzazione che indichi come italiani prodotti realizzati anche con materie prime straniere. In particolare il Codacons vuole che venga accertato se, una simile pratica, possa integrare gli estremi di reati, quali la frode in commercio o la truffa aggravata, nonché le eventuali responsabilità connesse, al fine di avviare una indagine per accertare possibili danni all’erario connessi alle esportazioni e al discredito per il “made in Italy”. Secondo l’associazione consumatori la nota casa produttrici non impiegherebbe nella lavorazione dei latticini esclusivamente materie prime italiane e se ciò venisse dimostrato ne deriverebbe un grave danno sia per i consumatori che per l’economia italiana. Ancora una volta viene posto l’accento sul carattere ingannevole della pubblicità, capace di avere un impatto negativo per l’economia del paese determinando una perdita di credibilità per i prodotti doc. italiani e più in generali per tutto il made in Italy.

Elisa Barsotti

Fonte: http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_8769.asp

Corte Ue, non dovuti i dazi e l’Iva senza obbligazione doganale

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È quanto hanno stabilito in via definitiva i togati comunitari con la sentenza pronunziata di recente

L’articolo 1 del codice doganale comunitario prevede l’applicazione del codice sia agli scambi nell’ambito delle istituzioni comunitarie che agli scambi tra Stati membri e Paesi terzi. All’articolo 4 si definisce obbligazione doganale l’obbligo di una persona di corrispondere l’importo dei dazi all’importazione o all’esportazione previsti dalle disposizioni comunitarie. Un particolare regime di transito delle merci (articolo 91, n.1) è quello del transito esterno relativo alle merci non comunitarie nel territorio doganale comunitario senza che le stesse siano soggette a dazi all’importazione o a misure di politica commerciale. Il successivo articolo 92, puntualizza come il regime di transito esterno abbia termine nel momento in cui le merci vincolate a tale regime sono presentate all’ufficio doganale di destinazione. Per l’articolo 204, n. 1, il sorgere di un obbligazione doganale ha luogo nel momento in cui vi sia una inadempienza nell’ambito del regime di permanenza. Altra normativa a cui fare riferimento è il regolamento Cee della Commissione del 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento Cee n. 2913/92 modificato dal regolamento CE della Commissione 18 dicembre 2003, n. 2286 che si riallaccia a quanto stabilito dal codice doganale comunitario. Infatti, all’articolo 859, si fa riferimento ai presupposti che determinano l’inosservanza degli obblighi derivanti dall’inclusione delle merci a un regime di transito. L’articolo 860, invece, stabilisce che l’autorità doganale ritiene sorta l’obbligazione doganale, salvo prova contraria, qualora non siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 859.

I fatti oggetto di controversia
La controversia vede come protagonisti da una parte il Ministero delle Finanze ed dall’altra un impresa danese di trasporti e logistica, ai sensi dello statuto, qualificata come speditore autorizzato. La qualifica di speditore autorizzato permette all’impresa una procedura semplificata per la spedizione di merci soggette al regime di transito esterno. Inoltre lo spedizioniere autorizzato ha la facoltà di non presentare materialmente le merci all’ufficio doganale di partenza ma un elenco informatico delle merci. Nel 2005 l’impresa danese spediva, in regime di transito esterno, due partite di merci originando, per errore, due regimi di transito per ciascuna delle due partite. Presso l’ufficio di destinazione le merci sono state presentate nel rispetto delle regole della procedura di transito esterno. Di conseguenza i due regimi di transito sono stati appurati in modo regolare. Con riferimento ai due regimi di transito soprannumerari, generati per errore, l’ufficio di destinazione non ha potuto effettuare alcuna verifica in modo regolare perché non esisteva alcuna merce che potesse essere presentata all’ufficio doganale di destinazione. Le autorità danesi, non trovando soddisfazione alla richiesta di fornire una prova alternativa alla chiusura del transito, dichiaravano la società debitrice dei dazi doganali e dell’Iva relativi a tale operazione di transito. Proprio sulla scorta di tale decisione, per ciascuno dei regimi in questione, in virtù dell’articolo 204 del codice doganale, nasceva una obbligazione doganale. La società di spedizione provvedeva successivamente a contestare tale decisione appellandosi alle autorità tributarie. Non trovando riscontro, la società impugnava le decisioni incriminate dinanzi al Tribunale di Horsen che ordinava il rimborso dei dazi doganali e dell’Iva riconoscendo non maturata alcuna obbligazione doganale. A questo punto l’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso alla Corte di appello della regione occidentale, che sospendeva il procedimento per proporre la questione pregiudiziale ai giudici della Corte di giustizia europea.

La domanda pregiudiziale
Nel procedimento C-234/09 il giudice del rinvio rimanda alla Corte due questioni, sebbene debbao essere esaminate congiuntamente. La prima è se, alla luce dell’articolo 204, n. 1, lett. a), del codice doganale in regime di transito soprannumerario, una merce inesistente, faccia sorgere o meno l’obbligazione doganale che impone di versare i dazi e l’imposta sul valore aggiunto. L’altra questione, proponibile nel caso in cui sia affermativa la prima, consiste nell’appurare se, in base alle disposizioni del codice doganale, per merci si debbano intendere soltanto quelle materialmente esistenti o anche quelle esistenti soltanto in modo virtuale. Per le autorità doganali danesi, nel caso trattato, l’obbligazione doganale sorge in virtù dell’articolo 204 del codice doganale comunitario in considerazione anche del fatto che lo spedizioniere, non presentando le merci oggetto di tale regime di transito all’ufficio doganale di destinazione, contravverrebbe agli obblighi di cui all’articolo 96, n. 1, lett. a), del codice doganale. Si deve ritenere, in maniera pacifica, come le circostanze della causa principale non rientrino tra le inadempienze elencate nell’articolo 859 del regolamento di attuazione che al punto 2, lett. a), di tale articolo, disciplina le inosservanze legate all’applicazione del regime di transito. Quest’ultimo prevede che la merce vincolata al regime di transito sia materialmente presentata all’ufficio doganale di destinazione. Dall’esame della fattispecie di cui alla causa principale, si evince come i due regimi di transito siano stati generati per errore in quanto non esisteva per uno dei due regimi alcuna merce tale da soddisfare gli obblighi previsti dal regime di transito esterno. Nelle circostanze quali quelle descritte della causa principale, è palese l’assenza del pregiudizio per la ratio sottesa all’articolo 204 del codice doganale tale da giustificare il sorgere di un’obbligazione doganale.

I rischi per assenza di controlli
Un altro aspetto che la norma intende tutelare riguarda la prevenzione del rischio che merci non comunitarie vengano introdotte nel territorio comunitario senza alcun controllo. A tal riguardo il regime doganale di transito esterno, effettuato per una merce non esistente, non comporta alcun rischio nè in termini di concorrenza sleale nè di perdite fiscali. Ne consegue che l’obiettivo di una diligente applicazione del regime doganale non può essere realizzato nel caso di un regime di transito esterno che non corrisponde a una merce esistente. Accogliendo l’interpretazione caldeggiata dalle autorità danesi, l’articolo 204 del codice doganale comporterebbe come unico risultato sanzionare l’errore legato ai regimi di transito esterno e non l’inosservanza degli obblighi propri di tale regime. L’errore di avviare due regimi di transito esterno per una sola merce non pregiudica gli obiettivi sottesi all’applicazione dell’articolo 204 giustificando il sorgere dell’obbligazione doganale. I giudici comunitari ritengono che alla fattispecie in oggetto non si possa applicare il più volte richiamato articolo 204 del codice doganale comunitario.

La pronuncia della Corte
Secondo la Corte di giustizia l’articolo 204, n. 1, lett. a), del codice doganale comunitario non è applicabile alla fattispecie descritta nella causa principale dove uno speditore autorizzato genera erroneamente due regimi di transito esterno per un’unica merce. Tale regime, facendo riferimento a una merce inesistente, non può comportare il sorgere di una obbligazione doganale con i consecutivi oneri per dazi e imposte.

Andrea De Angelis

Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/corte-ue-non-dovuti-dazi-doganali-e-iva-senza-obbligazione-doganale

Entratel, operativa la linea telefonica d’emergenza

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Un ulteriore tassello al piano straordinario organizzato per far fronte alle difficoltà degli utenti
Risponde temporaneamente al numero 800299940 l’assistenza telefonica di Entratel, la cui “linea” verde (848836526) è stata sospesa il 23 luglio, per cause tecniche non dipendenti dalla volontà dell’Agenzia. Il terzo canale del piano di soccorso predisposto per l’occasione è attivo da domani alle 12.

Per arginare le difficoltà degli utenti del servizio telematico dedicato a imprese, professionisti, intermediari e amministrazioni dello Stato, le Entrate hanno, infatti, messo a punto un programma straordinario di intervento che prevede anche:

► il potenziamento dell’attività dei Cam (Centri di assistenza multicanale) al numero 848800444 – opzione 1 assistenza con operatore – opzione Area Tematica

► la creazione di una casella di posta elettronica funzionale dedicata dc.sac.assistenzaentratel@agenziaentrate.it dove inviare i propri quesiti.

Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/attualita/articolo/entratel-operativa-da-domani-la-linea-telefonica-d-emergenza

Registrazione locazioni immobili: on line le specifiche tecniche

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Le nuove procedure consentono la gestione di contratti contenenti più case con diversi dati catastali. Dal 10 agosto sarà possibile registrare on line contratti di locazione relativi a più immobili, con diversi dati catastali, contemporaneamente. Con il provvedimento direttoriale del 23 luglio sono state, infatti, approvate le nuove specifiche tecniche che consentono una gestione globale degli adempimenti di legge, relativi a tali operazioni, da rispettare per essere in regola con il Fisco. Le procedure tecnico-informatiche appena approvate riguardano, nello specifico, la registrazione telematica dei contratti d’affitto degli immobili, da effettuare con il modello “69”, e il pagamento delle relative imposte. Inoltre, permettono di comunicare i riferimenti catastali degli immobili nei casi di cessione, risoluzione o proroga degli stessi contratti. Per questo tipo di comunicazione va utilizzato il modello “CDC”. Sia il “69” sia il “CDC” erano stati approvati con il provvedimento del direttore dell’Agenzia del 25 giugno scorso. Per il primo modello si era semplicemente trattato di un restyling, per il secondo di un vero e proprio debutto. Nello stesso documento, poi, si annunciava l’imminente uscita delle specifiche tecniche che avrebbero consentito il graduale abbandono della presentazione cartacea di richieste di registrazione e di comunicazioni di dati.L’intera operazione si è resa necessaria in seguito all’entrata in vigore del Dl 78/2010 che, all’articolo 19 (commi 15 e 16), ha previsto l’obbligo, dal prossimo 1° luglio, di indicare i riferimenti catastali dei beni immobili “nazionali”, contestualmente alla richiesta di registrazione dei contratti, e chi non si attiene alla nuova disposizione “è punito con la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento” dell’imposta di registro dovuta.Entrambi i modelli, disponibili sul sito dell’Agenzia nella sezione modulistica, dal momento dell’approvazione sono stati strutturati per la trasmissione telematica ma, mentre per il “69” la modalità era già in linea, per il neonato “CDC” era stato previsto un periodo transitorio, necessario alla messa a punto della procedura informatica. Pertanto, fino al prossimo 10 agosto, il contribuente che cede, proroga o recede da un contratto dovrà continuare a presentare il modello in forma cartacea all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, presso il quale è stato registrato il negozio stesso, entro 20 giorni dal versamento attestante l’operazione.

Paola Pullella Lucano

http://www.nuovofiscooggi.it/attualita/articolo/registrazione-locazioni-immobili-line-le-specifiche-tecniche

Finanziamenti pubblici alle imprese bloccati

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Con il Ministero dello Sviluppo economico ancora in stallo, restano tutti bloccati i finanziamenti, approvati e mai arrivati a centinaia di aziende italiane. Proteste inviate al Premier Berlusconi. Dopo le dimissioni di Claudio Scajola, il Ministero dello Sviluppo Economico è ancora senza ministro, per il momento sostituito da Silvio Berlusconi. E a subirne le conseguenze sono le imprese, le quali stanno sperimentando uno stallo dei pagamenti degli aiuti. Tante, troppe, le imprese che hanno ricevuto sulla carta l’approvazione dei finanziamenti pubblici ma che di fatto non hanno ancora ricevuto un euro. Esasperate dalla situazione, 140 aziende che partecipano al programma di innovazione Industria 2015 hanno inviato una lettera di protesta a Berlusconi in qualità di premier e ministro ad interim. Il tutto, mentre il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, in commissione Bilancio alla Camera, dichiara l’inutilità di una manovra aggiuntiva nel 2010. I contratti di innovazione lanciati a gennaio da Scajola non sono mai decollati, così come i contratti di sviluppo per i quali, pur essendo stati presentati nel 2009, non è mai arrivato il decreto attuativo. Non va meglio neanche per i contratti di programma con circa venti contratti giacenti nonostante siano già stati finanziati con oltre 500 milioni di euro. Nel periodo 2000-2006 sono stati approvati 95 contratti per i quali al 31 dicembre scorso sono stati erogati 1.164 milioni di euro, contro un contributo pubblico complessivo di 3.758 milioni. Nell’arco del 2009 sarebbero stati sbloccati solo 74 milioni. Nel 2008 era arrivata l’estensione dei contratti di programma a tutto il territorio nazionale ma poi il 6 luglio 2009 Invitalia, l’agenzia che gestisce le procedure, ha comunicato la sospensione delle domande per contratti in Abruzzo, Molise e regioni del Centro-nord per carenza di disponibilità di risorse finanziarie. A tutto questo si aggiunge la mancata riforma del sistema incentivi, prevista dalla legge sviluppo 2009 e rinviata a data da destinarsi anche a causa delle dimissioni di Scajola. Nessun vantaggio, infine, neanche dalle novità introdotte dalla manovra nel nome del federalismo fiscale, che consentirebbero ad Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia di modificare le aliquote Irap. Difficile, infatti, che queste regioni riescano a sopportare il conseguente calo di gettito soprattutto a fronte dei tagli imposti dalla manovra e che quindi mettano realmente in atto l’abolizione dell’imposta.
di Noemi Ricci