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Mondiali in orario d’ufficio? I responsabili aziendali dicono no

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In occasione dei Mondiali di calcio 2010, il portale Ciao.it ha voluto indagare le ricadute in termini di produttività sul lavoro di una categoria di tifosi alquanto particolare: i dipendenti d’ufficio e i responsabili aziendali. Può la passione per il calcio, soprattutto quando viene dell’alto, a vincere un ben noto tabù, ovvero la visione delle partite anche durante l’orario di lavoro?Secondo i risultati della ricerca, condotta tra capi ufficio italiani, tedeschi, francesi, olandesi, svedesi e spagnoli, ciò che prevale è una generale reticenza a concedere ai dipendenti il permesso di guardare le partite durante la giornata lavorativa.

Il veto è stato infatti confermato dal 53% degli intervistati di tutti i paesi coinvolti nella ricerca. Sono i paesi del Sud Europa i più sensibili al tifo per la propria squadra: mentre i datori di lavoro italiani sono divisi a metà, in Spagna il 60% degli intervistati guarderà le partite della nazionale con i propri dipendenti. Severissimi i tedeschi: tre datori di lavoro su quattro sostengono infatti la necessità di non distrarsi durante il lavoro, così come il 64% degli svedesi e il 60% dei francesi. L’Olanda si dimostra invece il paese con i capi più permissivi: ben il 70% permette che i loro dipendenti guardino tranquillamente le partite anche quando sono al lavoro.

In generale, ben il 40% degli Europei è interessato alla Coppa del Mondo. In paesi come l’Italia (49%), la Spagna (66%) e la Germania (41%) il calcio viene preso in modo molto serio e un cittadino su tre guarda comunque le partite durante i mondiali, anche se non particolarmente interessato. La febbre dei mondiali si può osservare anche su Internet: durante i Mondiali di calcio in Sudafrica si è assistito infatti ad un aumento del traffico, tra ricerche su informazioni e news, con dei picchi di 12,1 milioni di visitatori al minuto.
( di Tullio Matteo Fanti da PMI.it)

Aumento dell’età pensionabile

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La manovra 2010 prevede, tra gli altri provvedimenti, l’introduzione delle finestre “mobili” sia per pensioni ordinarie di vecchiaia che per pensioni di anzianità, con un slittamento di dodici mesi per i lavoratori dipendenti e di diciotto mesi per i lavoratori autonomi. Il provvedimento si applica a partire dal gennaio 2011 e sembra “strutturale”, nel senso che dovrebbe essere applicato a tutte le coorti di pensionati a partire da coloro che maturano i diritti nel 2011. In particolare il provvedimento uniforma il pensionamento ordinario di vecchiaia e il pensionamento anticipato per tutti e tre i regimi (retributivo, misto e contributivo).

Le donne e le nuove finestre:

Si tratta a tutti gli effetti di un aumento dell’età di pensionamento che avrà impatto soprattutto sulle donne. La normativa vigente prevedeva delle finestre di uscita “fisse”, quattro per vecchiaia e due per anzianità, a partire dalla data di maturazione del diritto. Ad esempio, un dipendente privato che avesse maturato il diritto alla vecchiaia nel gennaio 2011 sarebbe uscito nel luglio 2011, mentre ora deve aspettare il febbraio 2012; se avesse maturato il diritto nel febbraio 2011, deve aspettare il marzo 2012 invece del luglio 2011. Lo scorrimento della finestra comporta mesi di attesa aggiuntivi per vecchiaia, per i dipendenti, che variano dai sette ai nove mesi (per gli autonomi dai dieci ai dodici mesi). In media quindi ritardi di sei-sette mesi per i dipendenti, ritardi più lunghi per gli autonomi. Per quel che riguarda l’anzianità, gli effetti sono meno marcati in quanto l’attesa era comunque di circa sei mesi: un dipendente che avesse maturato il diritto tra il gennaio 2011 e il giugno 2011 poteva uscire solo nel gennaio 2012, mentre ora uscirà in uno dei mesi compresi tra il febbraio 2012 e il giugno 2012. L’attesa media è prolungata di circa tre mesi.
I risparmi sono stimati a circa un miliardo di euro per anno (1,2 miliardi di euro), di cui una buona parte è dovuto al posticipo delle pensioni di vecchiaia per i dipendenti privati. Èuna aumento dell’età di pensionamento che avrà impatto soprattutto sulle donne, perché in genere sono loro a uscire dal lavoro con trattamenti di vecchiaia. Infatti, per loro è più difficile aver completato l’anzianità contributiva necessaria a raggiungere i requisiti per anzianità. Da notare che anche coloro che potevano pensionarsi ad età inferiori a quelle della normativa grazie ai famosi 40 anni di contributi saranno ora costretti ad aspettare in media sei-sette mesi o anche un intero anno.

(di Agar Brugiavini da www.lavoce.info)

Moratoria dei debiti delle Pmi, concordata una proroga di 7 mesi

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Slitta al 31 gennaio 2011 il termine per la presentazione delle domande per accedere all’agevolazione. Prolungati i termini per la sospensione dei debiti delle Pmi. Ministero dell’Economia e delle Finanze, Associazione bancaria italiana e le altre rappresentanze d’impresa firmatarie dell’avviso comune sottoscritto ad agosto 2009, hanno concordato di differire di 7 mesi la scadenza per la presentazione delle domande sulla moratoria dei mutui. Le imprese avranno tempo fino al 31 gennaio 2011 per presentare la richiesta di sospensione dei debiti. Saranno ammesse all’agevolazione solo le operazioni che non sono state già oggetto di proroga.

L’Avviso comune, sottoscritto il 3 agosto scorso, prevede 12 mesi di congelamento dei pagamenti della quota capitale delle rate per mutui e leasing e l’allungamento a 270 giorni delle scadenze del credito a breve termine per sostenere le esigenze di cassa, con riferimento alle operazioni di anticipazione su crediti certi ed esigibili; il termine ultimo per presentare la domanda di moratoria alle banche era fissato al 30 giugno 2010. Con il nuovo accordo, la scadenza per accedere alle agevolazioni slitta al 31 gennaio 2011.

Il monitoraggio periodico dei dati evidenzia che, al 30 aprile scorso, le richieste pervenute sono state circa 185mila (+ 15mila rispetto al 30 marzo), per un debito residuo pari a più di 55 miliardi di euro. In particolare, tenendo conto dei tempi di istruttoria (circa 30 giorni), sono già state accolte fino ad aprile quasi 142mila domande per un ammontare di circa 10 miliardi di euro di mutui e leasing sospesi (+ 500 milioni rispetto a marzo).
( fonte Fisco Oggi)

Definito lo sconto fiscale 2010 per sicurezza, difesa e soccorso

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La detrazione Irpef sul trattamento economico accessorio è riconosciuta direttamente dal sostituto d’imposta
Fatti i conti – secondo le modalità stabilite dal Dpcm del 27 febbraio 2009 – gli appartenenti alle Forze armate, all’Arma dei carabinieri, ai Vigili del fuoco, alla Guardia di finanza, alla Polizia penitenziaria e al Corpo forestale dello Stato, che ne hanno i requisiti, potranno detrarre, nel 2010, fino a 149,50 euro dell’imposta lorda Irpef dovuta per il reddito derivante dal trattamento economico accessorio. A stabilire il tetto, il decreto della presidenza del Consiglio dei ministri del 23 aprile, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di ieri, 14 giugno, che determina l’ammontare dello sconto fiscale in base ai fondi stanziati e al numero dei beneficiari.

L’agevolazione, introdotta in via sperimentale dall’articolo 4, comma 3, del Dl n. 185/2008 per il 2009, è stata confermata anche per l’anno in corso con l’articolo 2, comma 156, della Finanziaria 2010. Rimane immutata la soglia massima di 35mila euro di reddito totale per accedere al beneficio, l’anno di riferimento è il 2009. Invariata anche la cifra stanziata allo scopo: disponibili, per il 2010, 60 milioni di euro. Aumentato rispetto al 2009, invece, l’importo ammesso in riduzione: 149,50 euro contro i 134 dello scorso anno. Il decreto pubblicato ieri in Gazzetta calcola, appunto, il quantum da scalare, visto che, quest’anno, potranno usufruire del trattamento agevolativo 400.557 unità.
I più numerosi sono i Carabinieri (84.277), seguiti da Polizia di Stato (83.578), Guardia di finanza (48.336), Vigili del fuoco (37.534), Polizia penitenziaria (36.696) e dagli appartenenti al Corpo forestale dello Stato (7.136).

La diminuzione è applicata direttamente dal sostituto di imposta, in un’unica soluzione, nel limite dell’imposta lorda calcolata sul trattamento economico accessorio corrisposto e, per l’eventuale importo residuo, in occasione delle successive erogazioni effettuate nell’anno al medesimo titolo.

( Anna Maria Badiali da Fisco Oggi)

Auto blu, contribuenti.it: prorogati al 30 giugno i termini del censimento

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Prorogati dal 15 giugno al 30 giugno i termini per la P.A. per compilazione on line del questionario conoscitivo sull’utilizzo della flotta di rappresentanza e delle auto di servizio nelle pubbliche amministrazioni previsto dalla direttiva n. 6 del 2010 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica.
La direttiva, che si inquadra nell’ambito delle iniziative volte a favorire la trasparenza dell’attività amministrativa, ha voluto richiamare l’attenzione delle pubbliche amministrazioni sulle modalità di gestione e utilizzo delle autovetture in dotazione alle P.A., con l’intento di conoscere il reale impatto economico e funzionale del servizio, al fine di elaborare idonei strumenti di razionalizzazione e abbattimento della spesa.
Il monitoraggio delle autovetture in dotazione alle P.A., curata da Formez PA, ha l’obiettivo di fornire una fotografia dell’intero parco auto in uso alle pubbliche amministrazioni negli ultimi due anni (2008 e 2009) e in particolare di rilevare:
o il numero di “auto blu” utilizzate, assegnate in uso esclusivo e non esclusivo;
o il numero e la qualifica degli assegnatari delle “auto blu”;
o il numero delle auto di servizio a disposizione per le esigenze degli uffici;
o il costo complessivo delle autovetture e la loro percorrenza chilometrica.
Oltre al modulo on line da compilare sul sito www.formez.it occorrerà inoltrare una certificazione della spesa complessiva sostenuta per le autovetture tramite pec all’indirizzo e-mail autoblu@pec.formez.it.
“Ringraziamo il ministro Brunetta per l’avvio del censimento istituzionale – afferma Vittorio Carlomagno presidente di Contribuenti.it Associazione Contribuenti Italiani – Chiediamo alla P.A. ed in particolare allo Stato, Regioni, Province, Comuni, Municipalità, Asl, Comunità montane, Enti pubblici, Enti pubblici non economici, Societa’ misto pubblico-private e Societa’ per azioni a totale partecipazione pubblico di partecipare con solerzia ed impegno a questa lodevole iniziativa che e’ fondamentale per quantificare le auto blu, cosi’ da poter prendere gli eventuali provvedimenti per ridurle”.
L’Associazione Contribuenti Italiani ringrazia tutti i parlamentari che hanno presentato interrogazioni e tutti i mass media che si sono occupati del caso e resta in attesa della pubblicazione dei risultati del censimento per una ampia campagna di sensibilizzazione.

Fonte: www.contribuenti.it

Manovra: Tremonti, alle Regioni finora è stato dato

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“Fino ad ora alle Regioni è stato dato, se si fermano per un giro non è che succede…”. Lo ha affermato il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, parlando alla Festa nazionale della Cisl, il 13 giugno,aggiungendo che “entro autunno, speriamo prima, ci sarà il patto tra le Regioni” in cui “si dividono tra loro l’entità del patto, riconoscendo vizi e virtù. Speriamo più le virtù dei vizi”, ha aggiunto.
Fonte: www.regioni.it

Corte Ue: staminali esenti da Iva a determinate condizioni

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È la conclusione a cui sono pervenuti i giudici con la sentenza pronunziata nell’ambito del procedimento C-86/09
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 132, n. 1, lett. b) e c), della direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto. In particolare mentre l’articolo 2 della direttiva detta i principi generali di imponibilità dell’Iva, secondo cui sono soggette a Iva le operazioni di cessioni di beni o prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale e le importazioni di beni, l’articolo 132, n. 1, lett. b) e c), individua le esenzioni a tale principio generale.
In particolare, secondo la normativa, gli Stati membri esentano, tra l’altro:
le operazioni di ospedalizzazione e cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da enti di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti;
le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato.
Tali esenzioni possono, poi, non applicarsi qualora non risultino indispensabili all’espletazione delle operazioni esentate o se destinate a procurare all’ente o all’organismo entrate supplementari mediante la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con quelle di imprese commerciali soggette all’Iva (articolo 134).

L’origine della controversia
Il caso di specie è relativo al rifiuto, da parte degli Uffici competenti in materia di riscossione dell’imposta sul valore aggiunto nel Regno Unito, di esentare dall’Iva le attività esercitate da una società, accreditata e abilitata dalle autorità britanniche quale banca privata di cellule staminali. In particolare, le attività della società consistevano nell’invio di un materiale di raccolta di sangue di cordone ombelicale dei neonati nonché nell’analisi e nel trattamento di detto sangue e, se del caso, nella conservazione delle cellule staminali contenute in tale sangue in vista di un eventuale futuro impiego terapeutico.

La normativa nazionale
L’articolo 31 della legge britannica del 1994 (value added tax Act 1994) relativa all’imposta sul valore aggiunto, individua un apposito elenco di operazioni che rientrano nell’ambito di esenzione dell’Iva. Tra queste sono individuate le forniture di servizi prestati da soggetti iscritti in un particolare registro, le prestazioni di cure o di trattamenti medici o chirurgici e, in tale contesto, la fornitura di qualsiasi prodotto, in qualsiasi ospedale o pubblico stabilimento, la fornitura di prodotti a finalità terapeutica derivati dal sangue umano, nonché di organi o tessuti umani impiegati per una diagnosi o a fini terapeutici o di ricerca medica. Il linea di principio, comunque, le prestazioni fornite da soggetti iscritti nel registro in parola sono da considerarsi esenti da Iva in quanto si presume rivolte a tutelare, mantenere o ristabilire la salute.

Causa principale e questioni pregiudiziali
Nel caso di specie, la società ricorrente è una banca privata di cellule staminali che risulta accreditata e abilitata dalle autorità britanniche. In particolare questa svolge le attività di invio di un materiale di raccolta di sangue di cordone ombelicale, l’analisi e il trattamento di detto sangue e, se del caso, la conservazione di cellule staminali. Queste attività sono supervisionate da uno specialista iscritto nell’apposito registro previsto dalla normativa nazionale.
Per lo svolgimento di tali attività è poi previsto il pagamento di un corrispettivo. Per tale fattispecie, gli uffici finanziari britannici, inizialmente, qualificavano la raccolta e l’analisi di cellule staminali quali attività esenti da Iva, mentre ritenevano che l’attività di conservazione delle stesse dovesse essere qualificata quale imponibile.
Successivamente, invece, gli stessi Uffici rilevavano che l’attività principale della società fosse la conservazione di cellule staminali, non assimilabile a trattamenti medici, mentre le attività di analisi e trattamento delle cellule potessero essere qualificate quale attività accessorie. In ogni caso, anche qualora fosse stato riconosciuto un carattere autonomo alle attività svolte, i servizi di analisi e trattamento di cellule staminali non potevano essere considerati assimilabili a cure mediche.

Il ricorso al tribunale nazionale
La società, quindi, proponeva ricorso dinanzi al Tribunale di Manchester, sostenendo che i servizi svolti si qualificavano come un’unica prestazione complessa di cure mediche rientrante quindi nell’esenzione. In ogni caso, anche se fossero state considerate operazioni separate, i servizi da questa svolta potevano qualificarsi esenti ai sensi dell’art. 132, n. 1, lett. b) e c), della direttiva 2006/112.

La sospensione del giudizio e il rinvio alla Corte Ue
I giudici inglesi decidevano di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
con la prima questione pregiudiziale, si chiede se, qualora uno Stato membro riconosca che i servizi sono prestati da un ente che dev’essere considerato un istituto debitamente riconosciuto di natura analoga a un istituto ospedaliero o a un centro medico o diagnostico ai sensi dell’art. 132, n. 1, lett. b), della direttiva 2006/112, l’espressione “ospedalizzazione e cure mediche” di cui all’art. 132, n. 1, lett. b), debba essere interpretata nel senso che comprende l’insieme, o, in alternativa, uno o più (e in tal caso quali) dei servizi di:
1. fornitura ai genitori del nascituro del materiale medico necessario per consentire ad un professionista del settore medico indipendente presente al momento del parto di prelevare sangue dal cordone ombelicale del neonato subito dopo la nascita;
2. analisi, all’interno di una struttura specializzata, del sangue prelevato per accertare che non sia contaminato da patogeni trasmissibili per via ematica o tramite le cellule staminali estratte dal sangue stesso, in caso di impiego terapeutico di dette cellule (e analoghe analisi a sei mesi dalla nascita);
3. trattamento del sangue prelevato ad opera e sotto la supervisione di professionisti del settore medico adeguatamente qualificati, al fine di estrarre un campione di cellule staminali idonee all’impiego terapeutico;
4. conservazione del sangue e delle cellule staminali in condizioni scientificamente controllate atte a mantenere e a preservare il sangue e le cellule staminali in perfette condizioni;
5. consegna del sangue, su richiesta dei genitori (fino a quando il figlio non abbia compiuto il diciottesimo anno di età), affinché sia destinato ad impieghi terapeutici.
con la seconda questione pregiudiziale, si chiede se nella nozione di operazioni “strettamente connesse” all’ospedalizzazione e alle cure mediche di cui all’art. 132, n. 1, lett. b), della direttiva 2006/112 debba essere interpretata nel senso che include tutti i servizi menzionati nella prima questione pregiudiziale;
con la terza questione pregiudiziale, si chiede se qualora uno Stato membro riconosca che tali servizi vengono svolti da o sotto la supervisione di uno o più professionisti del settore medico adeguatamente qualificati, se l’espressione “prestazioni mediche” di cui all’art. 132, n. 1, lett. c), della direttiva 2006/112 debba essere interpretata nel senso che essa include l’insieme o, in alternativa, uno o più (e in tal caso, quali) dei servizi elencati nella prima questione pregiudiziale.

Decisione della Corte
Sulla prima e sulla terza questione
I giudici comunitari, preliminarmente, rilevano che, per consolidata giurisprudenza, le esenzioni di cui all’articolo 13 della sesta direttiva Iva costituiscono nozioni autonome del diritto dell’Unione, che mirano a evitare divergenze nell’applicazione del sistema Iva da uno Stato membro all’altro. Identica considerazione può farsi, dunque, relativamente alle esenzioni di cui articolo 132 della direttiva 2006/112, data l’identica formulazione delle due norme. Inoltre, le operazioni che godono del regime di esenzione sono tassativamente indicate nella relativa disciplina e non riguardano l’insieme delle attività definite genericamente di interesse generale. Queste, infatti, costituiscono delle deroghe al principio generale e quindi devono essere interpretate in maniera restrittiva purché comunque si rispettino agli obiettivi perseguiti dalle esenzioni stesse e si rispettino le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale relativo al sistema comune di Iva.
Ciò premesso, la Corte nel valutare sulle questioni pregiudiziali riunisce la prima e la terza, in quanto, entrambe chiedono ciò che debba intendersi per “ospedalizzazione e cure mediche” nonché per “prestazioni mediche”.
In merito, i giudici comunitari rilevano che la nozione di “cure mediche” e quella di “prestazioni mediche” sono riferite a quelle attività volte a diagnosticare, curare e guarire malattie o problemi di salute.
Occorre, quindi, stabilire se le attività svolte nel caso in esame rientrino tra tali prestazioni, la cui finalità terapeutica non deve, tuttavia, essere intesa in un’accezione particolarmente rigorosa.
In proposito, i giudici evidenziano che l’invio di un materiale di raccolta di sangue di cordone ombelicale nonché l’analisi e il trattamento di detto sangue e, se del caso, la conservazione delle cellule staminali contenute in tale sangue non sembrano perseguire direttamente lo scopo di diagnosticare, curare e di guarire malattie o problemi di salute, e ciò indipendentemente dalla circostanza che queste siano considerate nel loro complesso o separatamente.
Le attività, infatti, relative alla causa principale hanno quale fine quello di garantire solamente la disponibilità di una particolare risorsa nell’eventualità che sia necessario un trattamento medico. In questo caso, quindi, non sarà possibile ricondurre tale attività alla nozione di “ospedalizzazione e cure mediche” o “prestazioni mediche”.
Nel caso in cui, invece, il giudice del rinvio dovesse valutare l’attività di analisi del sangue di cordone ombelicale quale attività volta al fine di consentire un’effettiva diagnosi medica, ci si troverebbe di fronte ad una prestazione di cure diagnostiche, rientranti nell’esenzione di cui all’articolo 132, n. 1, lett. b) o c), della direttiva 2006/112, qualora siano comunque rispettate tutte le condizioni prevista dalla stessa normativa.
Sulla seconda questione
Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede se la nozione di operazioni “strettamente connesse” all'”ospedalizzazione e cure mediche” ai sensi dell’art. 132, n. 1, lett. b), della direttiva 2006/112 debba essere interpretata nel senso che include tutte o alcune delle attività oggetto della causa principale. In merito i giudici comunitari, rilevano che tali attività, indipendentemente da una valutazione unitaria o separata, non possono essere considerate operazioni “strettamente connesse” all'”ospedalizzazione e cure mediche” ai sensi dell’art. 132, n. 1, lett. b), della direttiva 2006/112, in quanto le cure mediche prestate nella fattispecie non sono ancora esistenti, iniziate o programmate.
Maria Ingraffia

Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/corte-ue-staminali-esenti-da-iva-a-determinate-condizioni

Equitalia: meno costi, più incassi. Dal 2007 un trend quasi a regime

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L’ottima performance della società è avvalorata dal costante miglioramento dei servizi al cittadino
Quantità, ma soprattutto qualità dei servizi al cittadino. Nei progetti di bilancio civilistico e consolidato 2009 approvati dal Consiglio di amministrazione di Equitalia, presieduto da Attilio Befera, il riscosso raggiunge il picco di 7,7 miliardi di euro (+ 10% rispetto al 2008) e i costi sono nettamente abbattuti dalla definitiva soppressione dell’indennità fissa riconosciuta dallo Stato per l’attività di riscossione.
In questo quadro spicca, tra l’altro, il costante miglioramento dei servizi offerti al cittadino e il perfezionamento dei rapporti con i partner istituzionali.
L’ampliamento e la razionalizzazione della rete degli sportelli sul territorio, l’attivazione dell’estratto conto on line, l’individuazione di regole semplici e trasparenti per il rilascio delle rateazioni sono soltanto alcune delle iniziative realizzate in favore dei contribuenti.

Passando ai numeri – Nel 2009, la società di riscossione nazionale non soltanto ha migliorato la performance dell’anno precedente: della somma incassata dalla lotta all’evasione (7,7 miliardi), infatti, il 20% (equivalente a 1,5 miliardi) è riferibile esclusivamente a posizioni debitorie, fiscali e contributive, superiori a 500mila euro. Tutto ciò si traduce in un incremento del 17,5% rispetto al 2008. Si tratta di un risultato, da un lato sorprendente, dall’altro atteso, in considerazione della incessante crescita del volume del riscosso registrata a partire dal 2007, primo anno di operatività di Equitalia.
Il dato più rilevante è, però, quello relativo alle spese. Nel 2009, infatti, è stata interamente eliminata l’indennità fissa devoluta per l’attività di riscossione, una volta gestita dai privati. Un costo per lo Stato che, fino al 2006 era pari a 470 milioni di euro. Da allora, cioè dal momento del passaggio in mano pubblica, tale spesa si è gradualmente ridotta per arrivare a quota zero nel 2009. Dall’anno scorso, l’attività di Equitalia è remunerata esclusivamente dall’aggio sui ruoli riscossi.

Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/attualita/articolo/equitalia-meno-costi-piu-incassi-dal-2007-un-trend-quasi-a-regime

Entrate tributarie gennaio/aprile: paga bene la lotta all’evasione

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L’accertamento, nel primo quadrimestre 2010, porta all’Erario un +33,4%. I dati pubblicati sul Bollettino del Df
In calo la differenza in negativo tra le entrate tributarie del 2009 e quelle del 2010. Lo scarto, che nei primi due mesi di quest’anno registrava un -1,4%, è sceso, per il quadrimestre gennaio/aprile, a -1,2%, dopo a aver rilevato una diminuzione dell’1,3% nel trimestre gennaio/marzo.
I dati sono consultabili, on line, sul Bollettino delle entrate tributarie pubblicato, insieme alla relativa Nota tecnica, sul sito del dipartimento delle Finanze. Disponibili, in rete, anche il resoconto delle entrate tributarie internazionali e il monitoraggio delle entrate tributarie e contributive.
In risalita, quindi, il diagramma che segna l’andamento del gettito e che segue, necessariamente, il difficile percorso della congiuntura sfavorevole.
Complessivamente tra imposte dirette, indirette e altri tributi, nelle casse dello stato, sono finite, tra gennaio e aprile 2010, secondo il criterio di competenza giuridica, 108.799 milioni di euro (nel 2009 erano 110.109 milioni).
Confermato il trend positivo derivante dall’attività di accertamento con un +33,4% di entrate da ruoli, segno + anche per Ire, Iva e imposte sulle transazioni.
Imposte dirette altanelanti
Direzioni diverse per Ire e Ires.
Sono stati soprattutto i rinnovi contrattuali del settore pubblico firmati nel 2009 a determinare l’impulso positivo che ha caratterizzato l’andamento delle imposte sui redditi delle persone fisiche (Ire), che hanno raggiunto quota 1.385 milioni di euro (+2,7%).
Corretto al ribasso, invece, il dato relativo all’Ires, che nel primo quadrimestre 2010 ha visto all’attivo un totale di 1.168 milioni di euro. Il minor gettito è dovuto alla flessione degli acconti versati dalle imprese con esercizio a cavallo dell’anno solare, praticamente unica voce in entrata per il bilancio dello Stato in questo periodo dell’anno a proposito di Ires.
Continuano a registrare valori negativi l’imposta sostitutiva sui redditi e delle ritenute su interessi, premi e altri redditi da capitale, corrisposti da aziende e banche, non riferibili, per la modalità di calcolo applicate, all’attuale situazione economica, ma a situazioni finanziarie riguardanti anni passati.
Segno “più” per l’Iva, meno bene per le altre imposte indirette
Se sono in generale calo le entrate da imposte indirette, l’andamento dell’Iva fa intuire, invece, che la fase più buia della crisi economica è ormai alle spalle. Il dato da evidenziare per quest’imposta, infatti, è un incremento pari al 2,1%, 28.698 milioni gli euro incassati nei primi quattro mesi del 2010, 580 milioni in più rispetto allo stesso periodo del 2009. Il salto in avanti testimonia una ripresa dei consumi e degli scambi con l’estero, il valore positivo è infatti dovuto principalmente alla tassazione delle importazioni e all’aumento del prezzo del petrolio. Gli scambi interni stentano invece a risalire, anche se presentano segni di miglioramento rispetto al 2009 e ai primi mesi del 2010.
Continuando l’analisi delle imposte indirette, in calo l’imposta di fabbricazione sugli oli minerali e quella di consumo sul gas metano.
Aumentano le imposte di transazione
Netto il trend positivo per tutte le imposte di transazione che crescono, complessivamente del 4,7%: +7,1% di imposta di registro, +1,5% di imposta di bollo, +6,5% di imposta ipotecaria, +1,3% di diritti catastali e di scritturato.
Primo premio ad accertamento e controllo
Mantengono il gradino più alto del podio gli incassi derivanti da ruoli relativi all’attività di accertamento e controllo, segno evidente della giusta direzione intrapresa dagli uffici dell’Amministrazione finanziaria nella lotta contro l’evasione.
La variazione positiva è stata, anche per il periodo gennaio/aprile, molto evidente: +395 milioni di euro (+33,4%).
A confronto con l’Europa
I dati analizzati, relativi al gettito delle entrate tributarie nel primo quadrimestre 2010 testimoniano un allineamento tra l’Italia e gli altri paesi Ue. L’Europa, in generale, mostra evidenti segnali di ripresa.
Confrontando il rapporto pubblicato sul sito del Df si può notare, in particolare, l’importante recupero registrato dall’Irlanda rispetto al periodo precedente e la situazione anomala della Francia, che ha aumento il gettito da entrate tributarie del 17 per cento.
Anna Maria Badiali

Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/attualita/articolo/entrate-tributarie-gennaioaprile-paga-bene-la-lotta-all-evasione

Le vittime straniere della crisi italiana

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di Andrea Stuppini

Vanno letti con attenzione i dati Istat sulle forze lavoro relativi al 2009. Segnalano un aumento degli immigrati occupati nel nostro paese, dovuto presumibilmente al processo di regolarizzazione avviato a fine 2008. Indicano però anche un incremento dei disoccupati stranieri. Hanno solo sei mesi per trovare un nuovo lavoro. Scaduto il termine è probabile che molti decidano di tornare nel paese di origine. Quale sarà allora il destino dei contributi previdenziali versati? Rimarranno per lo più in Italia, nelle casse dell’Inps.
Come era prevedibile, la crisi economica fa sentire i suoi effetti negativi anche sull’occupazione dei lavoratori stranieri nel nostro paese.
I DATI ISTAT SULLE FORZE LAVORO
I dati della rilevazione delle forze lavoro Istat relativi al 2009 vanno letti con attenzione.
Segnalano un aumento degli occupati stranieri, passati da 1.750.000 nel 2008 a 1.898.000 nel 2009: l’incremento di 150mila unità è dovuto probabilmente al processo di regolarizzazione avvenuto nel dicembre 2008, che prevedeva appunto 150mila nuovi ingressi, con contratto di lavoro sottoscritto presumibilmente nel corso del 2009.
Contemporaneamente, però, i dati indicano anche un forte aumento degli stranieri in cerca di occupazione: dai 162mila del 2008 ai 239mila del 2009, ovvero 77mila disoccupati in più nell’arco di dodici mesi.
Questi stranieri si sono iscritti ai Centri per l’impiego per ottenere il permesso di soggiorno “per attesa occupazione”; hanno solo sei mesi di tempo per trovare un nuovo lavoro, in caso contrario diventeranno irregolari. Cosa che puntualmente sta già accadendo a molti di loro.
Non è quindi azzardato sostenere che tra il settembre 2008 e oggi, oltre novantamila lavoratori stranieri potrebbero aver perduto il lavoro: una quota cospicua dei nuovi disoccupati, vittime della crisi in Italia.
Fattori come la presenza massiccia in uno dei settori più colpiti, l’edilizia, la precarietà di molti rapporti di lavoro e l’obbligo per legge di iscriversi nei Centri per l’impiego possono spiegare perché gli immigrati (oggi il 7,5 per cento delle forze lavoro del paese) rappresentino oltre il 12 per cento delle persone in cerca di lavoro nel 2009.
CHE FINE FANNO I CONTRIBUTI
C’è però un altro aspetto importante che differenzia i lavoratori stranieri da quelli italiani: il destino dei contributi previdenziali versati.
Il minimo contributivo è costituito da venti anni di versamenti con il sistema retributivo oppure cinque anni nel sistema contributivo. Indubbiamente, quasi tutti gli immigrati rientrano in quest’ultima tipologia.
D’altra parte, la legge 189/2002, la cosiddetta Bossi-Fini, prevede che il lavoratore immigrato possa ricevere la pensione soltanto al compimento del sessantacinquesimo anno di età e non per anzianità lavorativa.
Se il lavoratore, trascorsi i sei mesi di ricerca di una nuova occupazione, prenderà atto che non c’è più prospettiva occupazionale in Italia, farà ritorno al paese di origine. E nel caso non abbia lavorato per almeno cinque anni e in assenza di un accordo di reciprocità tra il suo paese e l’Inps, i contributi da lui versati andranno perduti e resteranno in Italia.
L’accordo di reciprocità vige all’interno dell’Unione Europea, ma è stato sottoscritto con pochi altri paesi al di fuori della Comunità, tra questi il più rilevante è la Tunisia. Non è invece in vigore alcun accordo con molti paesi di origine degli immigrati, come Marocco, Albania, Ucraina, Cina, India e altri.
La conferma si potrà avere solo tra alcuni mesi, con i dati del saldo migratorio con l’estero, ma appare realistico stimare che almeno 20mila lavoratori, divenuti disoccupati, decidano di fare ritorno al paese di origine. Da questo calcolo sono già esclusi i lavoratori comunitari, quelli provenienti dalla Tunisia, dagli altri paesi minori con accordo di reciprocità e i possessori di carta di soggiorno.
Se consideriamo uno stipendio medio (dati Inps) di 12mila euro lordi l’anno, i contributi previdenziali versati dai lavoratori dipendenti ammontano a quasi 4mila euro l’anno; per una media di due anni e mezzo di permanenza in Italia, significano circa 10mila euro.
Se la stima di 20mila lavoratori rientrati sarà confermata, nel complesso si tratterà di circa 200 milioni di euro che questi lavoratori avranno perduto, a meno che non riescano in futuro a ottenere un nuovo rapporto di lavoro in Italia, e che l’Inps potrà legittimamente trattenere nel suo bilancio.
Per inciso, si tratta di una cifra analoga al costo annuo sostenuto per i circa 45mila stranieri che vivono negli alloggi di edilizia residenziale pubblica, e dei quali tanto si parla nelle regioni settentrionali.
Le novità introdotte dalla crisi nel lavoro immigrato sono quindi importanti e hanno ad esempio indotto le organizzazioni sindacali a chiedere una modifica legislativa e il ritorno da sei a dodici mesi per il permesso di attesa occupazione. Richieste finora rimaste inascoltate da parte del governo.
Peraltro, diverse sedi Inps segnalano casi di immigrati che, rientrati nel paese di origine anche dopo parecchi anni di lavoro in Italia, al compimento del sessantacinquesimo anno non hanno presentato domanda di riscossione della pensione, probabilmente per la mancata conoscenza della normativa.
È questo uno dei motivi per i quali i versamenti contributivi non possono essere considerati automaticamente come “salario differito”, quando si ragiona sull’apporto finanziario degli immigrati. In futuro, occorrerà una verifica puntuale della situazione al compimento dell’età pensionabile.
Fonte: http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001762.html