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Trenitalia: alta velocità, arrivano le nuove promozioni

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A partire da lunedì prossimo, 1 marzo 2010, arrivano in materia di trasporto ferroviario ad alta velocità delle novità sulle corse e sul prezzo dei biglietti. Nel dettaglio, da lunedì prossimo sarà potenziata l’offerta sulla tratta Roma – Napoli e sulla Torino – Milano negli orari di maggior richiesta, mentre la “promozione Speciale 48 euro” viene prorogata di un mese, dal 28 febbraio al 31 marzo; trattasi, nello specifico, di una tariffa speciale, soggetta a limitazione di posti, che permette di viaggiare in seconda classe sui treni Frecciarossa e Frecciargento a soli 48 euro a patto di prenotare almeno entro la mezzanotte del giorno che precede la partenza.

Le promozioni alta velocità di Trenitalia, inoltre, si arricchiscono con altri 100 mila biglietti al mese, con prenotazione in anticipo di almeno 30 giorni, per i viaggi sulla tratta Roma – Milano e Roma – Napoli; nel dettaglio, sulla tratta Roma – Napoli, nel limite dei posti disponibili, si può viaggiare, per le corse a partire dal 31 marzo 2010, a 25 euro in seconda classe ed a 35 euro in prima, mentre sulla tratta Roma – Milano la tariffa è di 69 euro in prima e 39 euro in seconda classe.

I canali di acquisto dei biglietti a prezzi speciali sono quelli attraverso il sito Internet delle Ferrovie dello Stato, il call center oppure le Agenzie di viaggio convenzionate. A seguito di un livello di frequentazione bassa, invece, le Ferrovie dello Stato hanno deciso di sopprimere le seguenti due corse: il Frecciarossa 9629 Milano – Napoli delle 16,30 ed il Frecciarossa 9628 Napoli – Milano delle ore 15,20.

Le FS, inoltre, comunicano d’aver predisposto tariffe speciali in concomitanza con l’ostensione, a Torino, della Sacra Sindone; per i viaggi diretti a Torino, dal 10 aprile 2010 e fino al 23 maggio, attraverso tutti i canali di vendita, e su tutti i treni a media ed a lunga percorrenza, sarà possibile per i pellegrini viaggiare con uno sconto sul prezzo pieno del biglietto pari al 20%.

Fonte: http://www.vostrisoldi.it/articolo/trenitalia-alta-velocita-arrivano-le-nuove-promozioni/25399/

Banche italiane rafforzano i presidi di difesa

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Nelle filiali delle banche italiane aumenta l’uso della tecnologia associata all’erogazione dei servizi, e contestualmente diventano sempre più evoluti i sistemi ed i presidi di difesa contro le rapine. A rilevarlo è un Rapporto a cura dell’Ossif, il centro di ricerca dell’Associazione Bancaria Italiana che si occupa di sicurezza, da cui è emerso come sia stato rafforzato presso gli oltre 30 mila sportelli bancari in Italia l’utilizzo dei dispositivi biometrici, del metal detector e della video sorveglianza.

Come diretta conseguenza la vita è sempre più dura per i rapinatori di filiale visto che oramai quasi la metà viene individuato proprio grazie al rafforzamento dei presidi di difesa. E se nel 2008, a fronte di un bottino sempre più magro, le rapine presso le filiali bancarie erano scese del 27%, l’Ossif rileva come nei primi dieci mesi dello scorso anno ci sia stato un ulteriore calo, pari a ben il 24%, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In nove sportelli bancari su dieci sono oramai presenti i sistemi di ripresa digitale che hanno permesso alle Forze dell’Ordine, nel 46,8% dei casi, di individuare gli autori delle rapine.

Ogni anno le banche destinano all’incirca 800 milioni di euro per rafforzare le difese anticrimine con l’obiettivo di adottare delle soluzioni tecnologiche che siano sempre più avanzate al fine di scoraggiare gli ingressi da parte dei malviventi e garantire la sicurezza dei clienti e dei dipendenti bancari.

E così, dal Rapporto Ossif emerge come le filiali che fanno uso della videoregistrazione siano l’87,5% del totale, in netto rialzo rispetto al 75,3% del 2008, ma si rafforzano altresì anche i sistemi legati alla gestione ed alla custodia del denaro contante attraverso l’utilizzo di scomparti temporizzati. Per la protezione degli accessi in banca, è il metal detector lo strumento a maggiore diffusione, ma stanno prendendo piede anche i dispositivi biometrici, adottati dal 7,7% delle filiali rispetto al 6% dell’anno 2008.

Fonte: http://www.vostrisoldi.it/articolo/banche-italiane-rafforzano-i-presidi-di-difesa/25367/

Conti correnti: Istituti di pagamento, parte la rivoluzione

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Dall’1 marzo prossimo nel nostro Paese cade il “monopolio” di banche e Poste per quel che concerne i conti correnti; soggetti diversi possono infatti accedere al business attraverso quelli che sono stati definiti come i “conti di pagamento“. I nuovi soggetti, definiti come “Istituti di pagamento”, infatti, potranno proporre alla propria clientela degli strumenti che garantiranno sempre di più la “sparizione” del contante. Trattasi chiaramente di un business che fa gola alla grande distribuzione organizzata che potrà in questo modo attuare anche delle politiche ancor più forti per quel che riguarda la fidelizzazione.

I “conti di pagamento” aperti presso i canali alternativi diversi da banche e Poste non matureranno interessi, così come questi nuovi soggetti non potranno offrire mutui o proporre, ad esempio, strumenti di risparmio come i libretti o i pronti contro termine. L’avvio dei “conti di pagamento” avverrà con ogni probabilità attraverso la formula del “prepagato”.

Gli importi presenti sul “conto di pagamento” potranno essere utilizzati per saldare di tutto, così come avviene per il classico conto corrente: dal pagamento della spesa a quello delle bollette di luce e gas e passando per gli abbonamenti televisivi e le multe. Inoltre, sarà ammessa per questi conti anche la concessione di prestiti a breve termine, con durata non superiore ai dodici mesi.

La vigilanza su questi “conti di pagamento” sarà sempre a cura della Banca d’Italia; questa novità a regime dovrebbe far aumentare la concorrenza tra banche e “non banche”, e dovrebbe garantire sia maggiore trasparenza, sia soprattutto un abbattimento dei costi a carico dell’utenza. I “conti di pagamento”, infatti, si candidano ad essere degli strumenti a costo zero o quasi, e garantiranno anche l’inclusione all’utilizzo di servizi di natura bancaria da parte di soggetti che un conto corrente non l’hanno mai avuto.

Fonte: http://www.vostrisoldi.it/articolo/conti-correnti-istituti-di-pagamento-parte-la-rivoluzione/25375/

TivuSat: Rai, ecco come avere la smart card

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In ottemperanza alle disposizioni dell’Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, a partire da domani, sabato 27 febbraio 2010, gli abbonati Rai in regola con il pagamento del canone televisivo potranno richiedere, ad un prezzo pari al solo rimborso dei costi, la smart card di Tivù Sat. A darne notizia è la Televisione di Stato nel precisare che in questo modo gli utenti potranno vedere i canali della nuova piattaforma con un decoder preesistente e, quindi, anche senza dover acquistare necessariamente un decoder certificato Tivù Sat.

Per quanto riguarda i costi, comprensivi di Iva, questi variano in funzione della modalità con cui la smart card viene richiesta: per le richieste online, effettuate dal sito Internet della Rai, www.rai.it, e contestuale pagamento con carta di credito, il costo è pari a 16,20 euro a smart card; per le richieste effettuate sempre online, ma con pagamento in contrassegno, il costo è pari a 18 euro per ogni smart card, mentre per le richieste via posta e pagamento in contrassegno il costo per acquisire la smart card sale a 21,60 euro.

Ogni utente potrà ricevere al massimo, per ogni abbonamento Rai in regola, due smart card a fronte della presentazione di due richieste distinte. Il costo richiesto dalla televisione di Stato riguarda, in base alle modalità di pagamento, quello della smart card unitamente alle spese per spedizione postale, logistica ed utilizzo del contrassegno o della carta di credito.

Nell’ottemperare alle disposizioni dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, pur tuttavia, la Rai fa presente che l’utilizzo della smart card con ricevitori diversi da quelli certificati Tivù Sat è sotto la piena e totale responsabilità dell’utente; la società Tivù srl, che eroga i servizi della piattaforma, inoltre, fornisce assistenza tecnica solo ed esclusivamente ai possessori di quelle tessere che sono associate ad un ricevitore certificato Tivù Sat.

Fonte: http://www.vostrisoldi.it/articolo/tivusat-rai-ecco-come-avere-la-smart-card/25383/

Evasione fiscale: giro di vite su duemila contribuenti

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In materia di evasione fiscale internazionale, il Fisco ha pianificato una nuova offensiva a carico di ben duemila contribuenti italiani che, relativamente al biennio 2007-2008, hanno trasferito somme di denaro all’estero. A darne notizia è l’Agenzia delle Entrate nel far presente come trattasi di somme di denaro che questi contribuenti, togliendole dalle tasche dei cittadini italiani, le hanno depositate presso i “paradisi fiscali”. Gli “007″ sono quindi al lavoro nel portare avanti un’inchiesta antievasione a carico di questi duemila contribuenti sui cui grava il forte sospetto che queste somme siano state esportate in maniera illecita.

A carico di tutti coloro che non riusciranno a dimostrare la regolarità delle operazioni, scatteranno puntuali e pesanti le sanzioni da parte del Fisco. I contribuenti sotto inchiesta provengono da tutte le Regioni italiane con la sola eccezione della Val D’Aosta, l’unica quindi virtuosa. In maggioranza, i contribuenti sospetti risiedono in Lombardia, Piemonte, Veneto, Lazio ed Emilia-Romagna.

Per le indagini, l’Amministrazione finanziaria si avvale sia di una apposita e nuova “task force” istituita proprio per combattere l’evasione fiscale internazionale, sia, congiuntamente, dei Reparti Speciali della Guardia di Finanza. In materia di lotta all’evasione fiscale internazionale ricordiamo tra l’altro che in queste ultime settimane il Fisco ha provveduto in Italia a bussare alla porta delle filiali di numerose banche estere al fine di verificare se fosse stato regolarmente aggiornato l’Archivio dei rapporti finanziari.

Sul territorio italiano, inoltre, l’Agenzia delle Entrate può far leva anche sui cosiddetti comuni “caccia-evasori”, ovverosia quelle Amministrazioni locali che, avendo aderito ad un’intesa Entrate-Anci dei mesi scorsi, inviano ai fini del contrasto all’evasione delle segnalazioni qualificate. Se le segnalazioni portano al recupero delle imposte evase, su quelle effettivamente riscosse al comune spetta una fetta pari a ben il 30%.

Fonte: http://www.vostrisoldi.it/articolo/evasione-fiscale-giro-di-vite-su-duemila-contribuenti-italiani/25395/

Corte Ue, ok a entità unica tra società madre e controllata

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La domanda di pronuncia pregiudiziale è relativa all’interpretazione degli articoli 43 e 48 del Trattato Ce
La domanda di pronuncia pregiudiziale (procedimento C-373) è relativa all’interpretazione degli articoli 43 e 48 CE. Nella fattispecie, si tratta di una domanda presentata da una società di capitali olandese contro il negato riconoscimento da parte dell’Amministrazione finanziaria olandese, di un entità fiscale unica della società con un’altra controllata e residente in Belgio. Il punto è costituito dal fatto che la società controllata non essendo residente nei Paesi Bassi non può essere assoggettata secondo le norme dell’ordinamento fiscale olandese. Pertanto, contro il rigetto manifestato dalla Amministrazione finanziaria olandese veniva proposto ricorso ai giudici nazionali i quali a loro volta si sono pronunciati legittimando la posizione del Fisco. Proprio a seguito di tale legittimazione, la società madre olandese proponeva ricorso per cassazione alla Corte suprema dei Paesi Bassi che, a sua volta, decideva la sospensione del procedimento per sottoporre la questione ai giudici europei, In partcilare se secondo l’articolo 43 e l’articolo 48 Ce, sia possibile che una normativa nazionale di uno Stato membro acconsenta al fatto che una società madre e la sua controllata non residente siano assoggettate a imposta seguendo le disposizioni fiscali della società madre alla stregua di un unico soggetto passivo. O se il suddetto trattamento spetti a quelle società controllate ma residenti nello Stato membro della società madre.
La convenzione contro doppia imposizione tra Belgio e Paesi Bassi
L’accordo convenzionale datato 5 giugno 2001 mira a evitare comportamenti di elusione fiscale sul pagamento delle imposte sul reddito e sul patrimonio. A norma dell’articolo 7, gli utili conseguiti da una società residente in uno Stato membro sono imponibili in questo Stato mentre gli utili prodotti tramite una stabile organizzazione situata in altro Stato sono assoggettati alla normativa fiscale di quest’ultimo. Laddove una società con sede nei Paesi Bassi consegua utili nello Stato belga e detti proventi siano tassati in quest’ultimo Stato, la società può scomputare le imposte assolte dalle imposte dovute all’Amministrazione finanziaria olandese.
La normativa olandese
La normativa di riferimento è costituita dall’articolo 15 della legge del 1969 il cui ambito è proprio l’imposizione sulle società. Secondo l’articolo 15, nell’ipotesi di una società madre, che detenga almeno il 95% delle quote di capitale di un’altra società, l’imposta dovuta da suddette società può essere riscossa, se richiesto, unitariamente come se si trattasse di un unico soggetto passivo. Si paventa in tal caso la figura di un entità fiscale unica. Conditio sine qua non è l’applicabilità delle norme nel calcolo delle imposte sugli utili, cosa che sta a significare anche che società madre e controllata abbiano entrambi sede nello Stato membro e nel caso di specie nei Paesi Bassi. A questa regola si può derogare con apposito provvedimento amministrativo generale a condizione che al soggetto passivo possa essere applicata la convenzione contro la doppia imposizione oppure che si tratti di una società per azioni, a responsabilità limitata o simili ed infine nel caso in cui il soggetto passivo sia componente dell’entità fiscale in qualità di società madre.
Entità fiscale unica e libertà di stabilimento
Occorre premettere che, come da giurisprudenza costante, il diritto comunitario costituisce ormai un riferimento per gli Stati membri anche in materia di imposte dirette seppur di competenza propria di quest’ultimi. Il principio della libertà di stabilimento attribuisce, nell’ambito della Comunità europea, tra le altre cose, proprio la possibilità di costituire e gestire imprese nell’intero territorio comunitario alle condizioni previste dallo Stato membro. Si è osservato che la possibilità di costituire un entità fiscale unica tra società madre e controllata da parte dello Stato olandese determina una posizione di vantaggio per le società interessate. Questo perché, si consente di consolidare in capo alla società madre utili e perdite delle società controllate attribuendo carattere fiscalmente neutro alle operazioni infragruppo. Pertanto, se si nega ad una società madre con una controllata in altro Stato membro di costituire un entità fiscale unica si corre il rischio di scoraggiare l’esercizio della libertà di stabilimento dissuadendo dal creare società controllate in altri Stati membri. Alcuni governi europei nelle loro osservazioni alla Corte hanno affermato che la suddetta disparità non si crea in quanto società controllate residenti e non si trovano in situazioni fiscali confrontabili alla luce del regime tributario descritto nella causa principale. Inoltre, il regime fiscale in trattazione è giustificato dall’esigenza di tutelare la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri.
La conclusione della Corte
A conclusione dell’esame della questione pregiudiziale gli eurogiudici si sono espressi nel senso che non sussiste alcun ostacolo, a norma del combinato disposto degli articoli 43 e 48 CE, che impedisca ad uno Stato membro di consentire ad una società madre la possibilità di costituire un’entità fiscale unica, ai fini della tassazione, composta dalla società madre con la società controllata residente. Diversamente, non si può ammettere una entità unica laddove la società controllata sia una società non residente, nello Stato membro della società madre, ai cui utili si applica una normativa tributaria propria dello Stato membro di appartenenza. Ne consegue che la suddetta entità unica si può avere tra società madre e controllata residente qualora gli utili di quest’ultima siano assoggettati a tassazione secondo le norme tributarie dello Stato membro della società madre.

Andrea De Angelis
Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/corte-ue-ok-a-entita-unicatra-societa-madre-e-controllata

Lotta all’evasione internazionale. Continua l’offensiva Entrate-Gdf

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Oltre 2000 contribuenti nel mirino per la mancata indicazione nel quadro RW di somme detenute all’estero
Prende il via oggi, dopo mesi di analisi e incrocio di dati, una nuova offensiva dei reparti speciali della Guardia di Finanza e della task force dell’Agenzia delle Entrate contro l’evasione fiscale internazionale. Sotto la lente del Fisco, oltre 2000 contribuenti sospettati di aver trasferito all’estero tra il 2007 e il 2008 più di due miliardi di euro, violando le norme sul monitoraggio fiscale.
“Si tratta di persone che hanno portato all’estero capitali superiori a 500mila euro ciascuno attraverso intermediari finanziari”, spiega il comandante Stefano Screpanti, capoufficio Tutela entrate del Comando generale della Guardia di Finanza.
“I capitali sui quali è concentrata l’indagine – prosegue Screpanti – sono stati portati in Paesi comunitari, extra-comunitari non paradisi e anche nei cosiddetti paradisi fiscali contenuti nelle black list italiane come Svizzera, Singapore, Panama e altri”. Tra questi, Liechtenstein e Isole del Canale.

L’indagine è scattata in seguito all’esame delle segnalazioni che banche e altri intermediari, in base al decreto legge 167/1990, hanno effettuato all’Agenzia delle Entrate in merito ai trasferimenti da o verso l’estero di capitali.
Dagli elenchi trasmessi dagli intermediari, gli 007 del Fisco sono risaliti, attraverso accurate analisi, ai nomi dei contribuenti che non hanno indicato le somme detenute all’estero nell’apposito quadro RW della propria dichiarazione, violando così la normativa sul monitoraggio fiscale.
“L’analisi puntuale delle singole posizioni e l’attività istruttoria conseguente (verifiche, questionari, colloqui in ufficio) sono assegnati al nucleo speciale dell’Ucifi, l’Ufficio centrale illeciti fiscali, per le posizioni a maggior rischio di evasione e per i collegamenti con altre posizioni sospette, su tutte le altre sono impegnate le strutture regionali e locali dell’Agenzia”. Queste le parole di Emiliana Bandettini, capo della task force dell’Agenzia delle Entrate, costituita da 50 esperti fiscali.

Si intensifica, quindi, l’attività di contrasto all’evasione fiscale internazionale.
In base alle nuove norme in materia, introdotte dall’articolo 12 del Dl 78/2009, gli investimenti e le attività finanziarie detenute nei cosiddetti paradisi fiscali in violazione delle norme sul monitoraggio fiscale si considerano come redditi sottratti a imposizione in Italia, salvo prova contraria del contribuente.
Spetta, quindi, adesso alle persone finite nel mirino del Fisco dimostrare il contrario affinché tale presunzione non sia operativa. Inoltre, dovranno pagare le sanzioni riguardanti la violazione degli obblighi dichiarativi. Sanzioni inasprite dallo stesso articolo 12 del Dl 78/2009: dal 200 al 400% della maggiore imposta dovuta per omessa indicazione in dichiarazione (come nel caso dell’indagine in corso) e dal 240 al 480% della imposta dovuta in caso di omessa presentazione della dichiarazione.

Il gruppo di contribuenti finiti nella rete del Fisco, pur essendo distribuito su tutto il territorio nazionale, si concentra soprattutto in Lombardia, Lazio, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte. Unica regione virtuosa, la Valle d’Aosta.

La Guardia di Finanza estenderà gli accertamenti anche su profili non strettamente fiscali su un centinaio dei soggetti indagati, perché hanno già precedenti per reati a sfondo patrimoniale o per legami con la criminalità.
Alessandra Gambadoro

Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/attualita/articolo/lotta-allevasione-internazionalecontinua-loffensiva-entrate-gdf

Accusa di evasione archiviata? L’accertamento fiscale va avanti

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Il giudice tributario non può limitarsi a rilevare una pronuncia penale favorevole al contribuente
L’archiviazione in sede penale delle accuse di evasione in favore di un contribuente non blocca l’accertamento e, quindi, la responsabilità fiscale.
A questa conclusione è giunta la sentenza n. 3564 del 16 febbraio, con la quale la Corte di cassazione ha accolto le censure dell’Agenzia delle Entrate, rafforzando così la linea interpretativa che limita fortemente gli effetti del giudicato penale nel processo tributario.

Il fatto
Una società a responsabilità limitata, operante nel settore del commercio all’ingrosso delle carni, impugna un avviso di accertamento in materia di Iva con il quale l’ente impositore, sulla scorta di un processo verbale di constatazione, recuperava a tassazione indebite detrazioni d’imposta (ex articolo 19 Dpr 633/1972) per reiterata utilizzazione di fatture ritenute soggettivamente inesistenti da fornitori nazionali fittizi interposti nel traffico transfrontaliero delle carni, ma il cui effettivo destinatario commerciale era la società intimata. In particolare, la frode veniva perpetrata mediante un sistema d’interposizione fittizia che consentiva alla società di far apparire la merce, che in realtà veniva importata direttamente dalla stessa, come acquisita all’estero e rivenduta in Italia da altre società che non avevano né struttura organizzativa né patrimonio sociale, risultando peraltro le stesse amministrate o possedute da soggetti nullatenenti di comodo, successivamente falliti.

L’interposizione così strutturata è destinata a creare, da un lato, un debito d’imposta a carico della società “filtro” che, in realtà, non veniva assolto, e dall’altro un credito di imposta inesistente a favore della società ora resistente. Peraltro, la falsità delle fatture, ossia la loro provenienza da soggetti che in realtà non avevano venduto la merce, e la conseguente inesistenza dell’operazione commerciale sotto il profilo soggettivo, sono circostanze non contestate.

La verifica effettuata dalla Guardia di finanza comportava anche, di riflesso, denuncia all’Autorità giudiziaria, al fine di valutare la sussistenza delle violazioni di natura penali di cui all’articolo 2 del Dlgs 74/2000, che punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sul reddito o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, elementi passivi fittizi. Si aggiunge al riguardo, per completezza espositiva, che, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera a), Dlgs 74/2000, con i termini “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” si intendono, secondo il testuale disposto normativo, non solo le fatture emesse a fronte di operazioni nella realtà in tutto o in parte inesistenti, ma altresì quelle che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi. Le fattispecie delittuose di cui all’articolo 8 (emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) e al citato articolo 2 del Dlgs 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), sono integrate, oltre che dall’emissione o dall’utilizzazione nelle dichiarazioni annuali dei redditi e ai fini Iva di documentazione contabile, fiscalmente rilevante, che non corrisponda a operazioni reali, anche dall’emissione di detta documentazione da parte di soggetti diversi rispetto a quelli tra i quali è intercorsa l’operazione commerciale ovvero dalla successiva utilizzazione di detta documentazione nelle dichiarazioni annuali relative alle imposte citate da parte dell’operatore commerciale che ha ricevuto le fatture da un soggetto diverso rispetto all’effettivo esecutore della prestazione (Cassazione, 48039/2008).

La Commissione tributaria provinciale adita respinge il ricorso, la cui sentenza viene riformata dal giudice di appello, il quale, condividendo le argomentazioni dell’appellante, ha ritenuto che l’atto impositivo non fosse supportato da validi elementi probatori ma soltanto da “semplici presunzioni ed elementi indiziari che non appaiono peraltro né gravi né precisi né concordanti”. Inoltre, l’assunto della sentenza del gravame si basa anche sul dirimente esito favorevole del contestuale procedimento penale per la falsità delle operazioni, essendo quest’ultimo risultato infondato nelle accuse mosse al responsabile della società e, quindi, archiviato.

L’Agenzia delle Entrate oppone ricorso per cassazione in forza di due motivi, con i quali il secondo giudicato viene sostanzialmente censurato:
1. per vizi di motivazione, per avere la Commissione regionale ritenuto insufficienti, senza l’esposizione di un’adeguata motivazione, gli elementi indiziari offerti dall’ente impositore sulle incontestate circostanze di fatto idonee a sostenere la presunzione di evasione de qua
2. violazione di legge, per avere la stessa Commissione ritenuto fondante nel giudizio tributario l’avvenuta archiviazione del procedimento penale, senza spiegare, anche stavolta, le ragioni che “lo riteneva idoneo a superare il corredo di indizi diffusamente richiamato dall’Ufficio”.

Decisione sui vizi motivazionali
La Corte di cassazione ritiene fondate le contestazioni dell’Amministrazione finanziaria. Quanto al primo motivo, l’affermazione del giudice di appello, secondo cui gli elementi posti dall’ufficio a base dell’accertamento sarebbero privi di supporti probatori, risulta “assolutamente generica” e, perciò, passibile di censura, non esternando adeguatamente le ragioni del proprio convincimento, in modo da rendere impossibile il controllo di legittimità sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento seguito. Soprattutto se poi tale ragionamento ha considerato gli elementi indiziari di parte pubblica versati in atti del tutto privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cassazione 1727/2007, 1569/2007, 27341/2005, 9100/2001).

Al riguardo, si rileva che la giurisprudenza della Suprema corte ha stabilito in più occasioni (cfr sentenze 1756/2006, 890/2006, 3114/1995, 2067/1998) che ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità, nella duplice manifestazione di “difetto assoluto” o di “motivazione apparente”, quando il giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. Si ricorda in proposito che la presunzione – conseguenza che la legge o il giudice trae da fatti noti (quelli accertati dalla polizia tributaria) per risalire a un fatto ignorato (entità dell’evasione fiscale) – costituisce essa stessa, senza necessità di altre prove, una fonte del convincimento del giudice (Cassazione 2699/2004), il quale è tenuto ad accertare che gli elementi indiziari a disposizione siano forniti del carattere di gravità, precisione e concordanza (articolo 2729 cc) (Cassazione 1575/2007). Questo giudizio, affidato alla prudenza del giudice di merito, non è sindacabile in sede di legittimità solo se adeguatamente motivato (Cassazione 7122/2006, 1216/2006, 154/2006, 9225/2005).

Ma il decisum di merito viene ritenuto esecrabile dalla Cassazione anche da un altro punto di vista, allorché non enuncia a sufficienza il significato che dovrebbe attribuirsi all’espressione “validi elementi probatori”, per distinguerla dalle “semplici presunzioni”, perché altrimenti tale asserzione potrebbe apparire addirittura arbitraria sul piano logico-giuridico, dato che proprio nel contesto normativo l’articolo 54, comma 1, ultimo periodo, del Dpr 633/1972 consente all’ufficio, anche mediante dati e notizie raccolti con le modalità stabilite dall’articolo 51 dello stesso Dpr 633, di procedere ad accertamento anche in base a presunzioni semplici che, se fondate su indizi gravi, precisi e concordanti, hanno in ogni caso l’effetto di spostare sul contribuente l’onere della prova contraria (Cassazione 25141/2009, 3590/2009, 3305/2009, 15299/2008, 10964/2007).
Detta prova contraria, a parte il diverso oggetto dedotto in giudizio, non può comunque essere costituita dalla sola esibizione dei mezzi di pagamento delle fatture contestate, che normalmente vengono usati fittiziamente, rappresentando un mero elemento indiziario la cui presenza, o assenza, deve essere valutata nel contesto di tutte le altre risultanze processuali.

Decisione sulla violazione di legge
Con la sentenza 3564/2010, la Corte di legittimità ha anche accolto il rilievo dell’Amministrazione ricorrente relativo all’incidenza, nel processo tributario, delle decisioni assunte dal giudice penale in merito alle ipotesi di reato emergenti dall’accertamento, stabilendo che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di un provvedimento penale favorevole al contribuente e assumere automaticamente gli effetti nel giudizio di propria competenza (articolo 116 cpc), ma deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui lui è destinato a operare.
A tal fine – come già rilevato dalle sentenze 19481/2004, 11272/2001 e 9410/2000 -, la Corte ricorda, in tema di norme penaltributarie implicate nella vicenda, come l’articolo 12 del Dl 429/1982, secondo cui la sentenza irrevocabile di condanna o di proscioglimento pronunciata in seguito a giudizio relativa a reati previsti in materia di imposte sui redditi e di Iva ha autorità di cosa giudicata nel processo tributario per quanto concerne i fatti materiali che sono stati oggetto del giudizio penale, è stato prima implicitamente abrogato per effetto della entrata in vigore dell’articolo 654 del nuovo codice di procedura penale e dell’articolo 207 disp. att. cpp e poi espressamente abrogato dall’articolo 25 del Dlgs 74/2000.

In particolare, l’articolo 654 cpp, mentre ha confermato i limiti oggettivi dell’efficacia vincolante del giudicato penale ex articolo 28 cpp del 1930, ne ha ridefinito i limiti soggettivi, ponendo come condizione per l’estensione del giudicato penale nel giudizio civile o amministrativo il fatto che l’imputato, la parte civile o il responsabile civile abbiano partecipato al processo penale; tale norma opera, ex articolo 207 disp. att. cpp, anche per i reati previsti da leggi speciali e, quindi, dalle leggi penali tributarie, come stabilito dalla sentenza 586/2006 (cfr anche Cassazione 15089/2000).
Ciò significa che il riferito principio di diritto é anche conseguenza del mutato quadro normativo appena descritto, caratterizzato specialmente dalla disposizione per cui l’efficacia della sentenza penale in altri giudizi è subordinata alla circostanza che la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa, di modo che nessuna automatica autorità di cosa giudicata possa più attribuirsi nel giudizio tributario (neppure) alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in materia di prova posti dall’articolo 7, comma 4, del Dlgs 546/1992 (in precedenza, dall’articolo 35, comma 5, del Dpr 636/1972), e trovano ingresso, con rilievo probatorio, in materia di determinazione dell’Iva, anche presunzioni semplici, prive dei requisiti prescritti ai fini della formazione di siffatta prova tanto nel processo civile (articolo 2729, comma 1, cc), che nel processo penale (articolo 192, comma 2, cpp) (Cassazione 28564/2008, 5720/2007, 9109/2002, 6337/2002, 3961/2002, 889/2002, 15207/2001, 3421/2001).

In altri termini, non potendosi legittimamente riconoscersi autorità di cosa giudicata a un decreto di archiviazione (come nel caso di specie), non è neppure da escludersi che l’imputato, assolto in sede penale, anche con piena formula (per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste), potrebbe tuttavia essere responsabile fiscalmente qualora l’atto impositivo risulti fondato su validi indizi, insufficienti per un giudizio di responsabilità penale, ma adeguati, fino a prova contraria, da parte dello stesso contribuente, a giustificare in tutto o in parte il debito tributario.

Osservazioni conclusive
Per concludere, appare anche utile aggiungere che gli assunti della pronuncia in narrativa hanno trovato ulteriore conferma, da ultimo, nella similare sentenza 4013/2010, nella quale la Suprema corte, in particolare, ha espresso il principio di diritto in base al quale, in tema di Iva, se l’Amministrazione finanziaria contesta al contribuente l’indebita detrazione di fatture perché relative a operazioni inesistenti, la prova della legittimità della correttezza delle detrazioni, legata all’effettività delle operazioni poste in essere, deve essere fornita dal contribuente, e che tale prova, tuttavia, non può essere limitata alla circostanza rituale dell’esibizione dei mezzi di pagamento, i quali rappresentano un mero elemento indiziario da valutare attentamente nel coacervo di tutti gli altri fattori acquisiti al processo.
Salvatore Servidio

Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/accusa-di-evasione-archiviata-l-accertamento-fiscale-va-avanti

In rete il software Iva 74-bis 2010 insieme alle procedure di controllo

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La nuova tecnologia semplifica e assicura sempre l’utilizzo della versione aggiornata del prodotto informatico
Disponibile sul sito delle Entrate il software Iva 74-bis 2010 attraverso il quale è possibile compilare on line il modello Iva 74-bis 2010 – usato per dichiarare le operazioni effettuate nella frazione d’anno antecedente la dichiarazione di fallimento o liquidazione coatta amministravi avvenuta nel 2010 – e inviare direttamente il relativo file telematico senza passare necessariamente per la verifica preventiva delle procedure di controllo scaricabili, in ogni caso, allo stesso indirizzo internet.

Sulla pagina web dell’Agenzia anche alcune informazioni sul prodotto e i vantaggi della moderna procedura informatica adotta, basata su criteri innovativi per la distribuzione dei software Java. La nuova tecnologia, infatti, assicura sempre l’utilizzo dell’ultima versione del software evitando complesse procedure di installazione e aggiornamento perché consente di attivare direttamente le applicazioni dalla rete.

È importante segnalare, inoltre, che le modalità di installazione sono cambiate rispetto allo scorso anno ed è quindi opportuno leggere le istruzioni.
r.fo.
Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/attualita/articolo/rete-il-software-iva-74-bis-2010-insieme-alle-procedure-di-controllo

Erasmus per giovani imprenditori: un programma volto a stimolare la creazione di piccole imprese

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Pensate di mettere su un’impresa o siete già un imprenditore di successo? Il programma di scambio “Erasmus per giovani imprenditori” offre ai nuovi imprenditori un’eccellente opportunità per acquisire le competenze utili per gestire una piccola o media impresa (PMI). I nuovi imprenditori imparano come gestire una PMI e acquisiscono familiarità con il contesto imprenditoriale di un altro paese dell’UE lavorando a contatto con un imprenditore già affermato. Il programma “Erasmus per giovani imprenditori” è stato avviato dalla Commissione europea nel febbraio 2009.
Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione e uropea e responsabile per le imprese e l’industria ha affermato: “In questo periodo di difficoltà economiche dobbiamo svincolare le enormi potenzialità di coloro che aspirano a creare una propria impresa incoraggiandoli a compiere il passo decisivo in tal senso. Grazie a questo programma essi acquisiscono un’opportunità senza pari per apprendere da colleghi già esperti come meglio tradurre nella realtà le loro idee di impresa. Dobbiamo aiutare un maggior numero di PMI ad uscire dalla crisi attuale visto che le PMI creano la maggior parte dei nuovi posti di lavoro e sono il volano dell’economia.”
I nuovi imprenditori possono scegliere di fare uno stage della durata di 1 – 6 mesi presso un imprenditor e già affermato. Durante tale periodo, essi hanno l’opportunità di acquisire le necessarie conoscenze per l’avvio e la gestione di una PMI in ambiti quali la gestione finanziaria e operativa, lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi, strategia di vendita e di marketing efficaci, il diritto commerciale europeo e il mercato unico.
Gli imprenditori ospitanti sono imprenditori già affermati che possiedono o gestiscono una PMI nell’UE. Essi traggono a loro volta beneficio dal programma poiché hanno l’opportunità di migliorare il loro accesso al mercato e di identificare partner potenziali in altri paesi dell’UE. Il programma agevola la costituzione di reti tra imprenditori facendo leva sulle conoscenze e esperienze transfrontaliere all’interno dell’UE.
Antonio Tajani ha ribadito che si deve migliorare il livello di internazionalizzazione delle PMI visto che attualmente soltanto poche PMI esportano i loro prodotti e servizi verso altri paesi dell’UE o verso paesi terzi.
A tutt’oggi si sono conclusi più di 50 scambi mentre altri 100 sono attualmente in corso. Si sono registrate più di 1800 candidature: la parte del leone la fanno l’Italia e la Spagna cui corrisponde più del 45% delle candidature totali.
Il programma “Erasmus per giovani imprenditori” è finanziato dalla Commissione europea ed è portato avanti nei singoli Stati membri dell’UE da più di 160 organizzazioni intermediarie aventi vocazione di sostegno alle aziende come ad esempio le camere di commercio, le organizzazioni di sostegno alle imprese e i centri che aiutano le imprese nella loro fase di avviamento.

Fonte: http://first.aster.it/news/show_news.php?ID=21548&UG=ASTER01